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Lettura biblica e senso cristiano del castigo
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Tutti i popoli in tutti i tempi, così come la stragrande maggioranza dei viventi, sanno che la natura da sola non è sufficiente a spiegare l’uomo,che l’esistenza umana è legata ad un fine che trascende la vita terrena.
Non c’è in noi una sola facoltà che non rimandi al suo termine spirituale, affinché l’armonia del naturale col soprannaturale nella creatura umana dia frutti, anche terreni.
Ogni filosofare che pretenda di indicare con la sola ragione il fine della vita umana si ritrova in un vicolo cieco.
Non ci può essere quindi scienza, filosofia, storia o politica a sé stante, di natura puramente terrena, «laica».
Di conseguenza, l’uomo saggio cerca di guidare la sua vita personale e seguire una politica sociale alla luce dei segni soprannaturali.
Perciò il cristiano si rivolge alla Chiesa custode della Rivelazione divina e guida della lettura biblica.
Se il cristianesimo è la verità completa, come crediamo, la storia delle società deve avere un senso cristiano per essere decifrabile.
Per molti, però, l’Antico Testamento è una pietra d’inciampo per la fede.

Come leggere il Profeta Samuele?

Questo profeta risulta nella Bibbia come delegato divino per guidare l’ordine in Israele.
Essendo l’ordine il bene più alto per una società, il primo atto di giustizia di un buon governo è di salvaguardare quest’ordine dai disordini ai quali tende la natura umana.
La conoscenza di questa natura è, quindi, premessa dell’ordine.
Perciò la Provvidenza divina ha dotato l’uomo della Rivelazione e per secoli il popolo eletto di governi guidati da profeti che La richiamavano: “Osserverai i precetti, le prescrizioni e i decreti che oggi ti ordino di mettere in  pratica. Per il fatto che avrete ascoltato questi decreti, li avrete osservati e praticati, il Signore tuo Dio manterrà l’alleanza in tuo favore
e la benevolenza che ha giurato ai tuoi padri... Sterminerai tutti i popoli che il Signore tuo Dio ti dona: il tuo occhio non avrà misericordia di loro e non servirai i loro dèi. Ciò sarebbe per te un laccio” (Deuteronomio 7, 12; 16).
Quando il profeta fu dimesso dal popolo che voleva un re conquistatore, tale rifiuto del dono divino ebbe per conse¬guenza il degrado dei governi.
L'Antico Testamento contiene le parole rivolte dal Signore al profeta Samuele, cui il popolo chiedeva un re: «Loro non hanno rigettato te, ma Me, affinché Io non regnassi su di loro»!
(I Samuele 8,12).
Non era giusto, dunque, volere un governo semplicemente umano quando si era già provveduto ad una forma superiore di governo.
Ma gli ebrei, allora, con il pensiero dei gentili, volevano un re, rigettando il paterno governo di Dio esercitato attraverso Samuele, vale a dire il governo del saggio!
E hanno ottenuto il duro giogo dei re conquistatori e spesso idolatri.

Dice San Gregorio: «A questi uomini che non fanno conto dei diritti di Dio, si propongono i diritti degli uomini, ed a questi che hanno disprezzato i consigli di clemenza e di salute del loro Dio, si annunciano i duri pesi della servitù sotto gli uomini».
Il governo ideale in terra è dunque, per la religione divina, quello che distingue ma non disgiunge i due poteri, in modo tale che i princìpi spirituali regolino il potere temporale, e che tutto avvenga secondo il disegno della libertà umana voluta nei limiti della legge di Dio.
La Provvidenza divina ha sempre provveduto i popoli da profeti che La rappresentavano, ma il popolo eletto voleva un re conquistatore e per conseguenza trovò il degrado del potere di re che avrebbero liquidato una serie di profeti che denunciavano il falso profetismo di pace (Matteo 5, 11-12; 23, 34-36; Luca 11, 47-48).
Il passaggio biblico di Samuele è applicabile al momento storico in cui le nazioni moderne hanno separato lo Stato dalla Chiesa, cancellando la Legge divina.
Poteva la Chiesa non stigmatizzare tale «mostruosità» (San Pio X) e accettarla passivamente senza cadere in una grave contraddizione religiosa?
Nel Discorso «Vi ringrazio», ai membri dell’Unione Apostolica, San Pio X, il 18 novembre 1912, diceva: «Il Papa è il guardiano del dogma e della morale; è il depositario dei princìpi che formano onesta la famiglia, grandi le nazioni, sante le anime, è il consigliere dei prìncipi e dei popoli, è il capo sotto dal quale nessuno si sente tiranneggiato, perché rappresenta Dio stesso; è il Padre per eccellenza che in sé riunisce tutto ciò che vi può essere di amorevole, di tenero, di divino».
Quindi il Nuovo Testamento conferma in ciò l’Antico, per cui il Cristianesimo intende la Storia alla luce del basilare conflitto acceso dalla ribellione umana per ergere un ordine autonomo in opposizione all’Ordine rivelato per la vita personale e sociale.
Poiché le manifestazioni divine in terra possono essere solo dirette ad aiutare i popoli a difendere questo Ordine, qui si pone una grave questione: può Dio favorire il potere politico a re sanguinari, a monarchi assoluti e a falsi profeti?
Veniamo allora alla lettura di brani molto difficili del libro di Samuele.

Il profeta Samuele e il re Saul

«Samuele disse a Saul: ‘E’ stato il Signore a mandarmi a consacrarti re sul suo popolo d’Israele: ora dà ascolto alle parole del Signore degli eserciti: ‘Voglio vendicare quello che Amalek ha fatto a Israele quando gli sbarrò la via mentre questo usciva dall’Egitto’. Ora, va e colpisci Amalek; vota all’anatema tutto quello che gli appartiene, non aver pietà di lui, uccidi uomini e donne, ragazzi e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini’».
Saul convocò il popolo e avanzò fino alla città di Amalek e tese un’imboscata nella valle. Saul colpì Amalek, catturò vivo Agag re di Amalek e passò tutto il popolo a fil di spada, ma «Lui e il suo popolo risparmiarono Agag e la parte migliore del gregge e dell’armento, gli animali grassi, gli agnelli e ogni cosa buona: questi non li vollero votare all’anatema; invece ogni cosa di poco valore e magra la votarono all’anatema».
«Allora la parola del Signore fu rivolta a Samuele: ‘Mi pento di aver costituito re Saul, poiché egli si è allontanato da me non eseguendo i miei ordini’. Samuele ne ebbe sdegno e implorò il Signore tutta quella notte. Al mattino Samuele si affrettò ad andare incontro a Saul... Saul gli disse: ‘Benedetto tu dal Signore! Ho eseguito l’ordine del Signore!’».
Ma Samuele disse: «E cosa è questo belato di gregge nelle mie orecchie, e questo muggito dell’armento che sto udendo io?».
Rispose Saul: «E’ stato riportato da Amalek, perché il popolo ha risparmiato il meglio del gregge e dell’armento per poterlo sacrificare al Signore tuo Dio; il resto però l’abbiamo votato all’anatema».

Samuele disse a Saul: «Il Signore ti ha consacrato re su Israele e ti ha inviato a una spedizione dicendo: ‘Va’, vota all’anatema quei peccatori di Amaleciti, e fa’ loro guerra finché non siano sterminati!’. Perché non hai dato ascolto alla voce del Signore, ma ti sei gettato sulla preda e hai compiuto ciò che è male agli occhi del Signore?»
Quindi, il Signore aveva ordinato di votare all’anatema un popolo di idolatri peccatori, secondo un disegno ignorato, ma Saul aveva trasformato l’impresa in rapina in nome di Dio!
Samuele disse allora: «Forse il Signore si compiace degli olocausti e dei sacrifici e non dell’obbedienza? Ecco, l’obbedienza è migliore del sacrificio, la docilità è migliore del grasso dei montoni! Sì, un peccato di divinazione è la ribellione, e vano culto e terafim è l’ostinazione. Poiché hai rigettato la parola del Signore, egli ti ha rigettato dall’essere re!».
Dopo il pianto di Saul Samuele disse: «Conducetemi qua Agag, re di Amalek!» e Samuele sgozzò Agag davanti al Signore... e non volle più vedere Saul fino al giorno della sua morte.
«Morto Samuele, tutto Israele aveva fatto lutto e lo avevano seppellito a Rama, sua città». «Saul aveva fatto scomparire dal paese i negromanti e gl’indovini. Ma quando i Filistei si radunarono... Saul ebbe paura e consultò invano il Signore. Allora disse ai suoi servi: ‘Cercatemi una donna che possieda il potere evocatore, perché voglio consultarla’».
I servi risposero: «Una donna che possiede il potere di evocare sta a Endor».
Saul si travestì e partì con due altri uomini.

Giunsero dalla donna di notte.
Egli disse: «Su, praticami la divinazione per mezzo di negromanzie evocandomi colui che io ti dirò».
Gli rispose la donna: «Tu sai quello che ha compiuto Saul, che ha fatto scomparire i negromanti e gli indovini dal paese. Perché tendi insidie alla mia vita per farmi morire?». Allora Saul le giurò: «Per la vita del Signore, non subirai alcun castigo per questo fatto!».
La donna domandò: «Chi devo evocarti?».
Rispose: «Evocami Samuele!».
Ella rispose di vedere un vecchio avvolto in un manto che disse: «Ma perché consulti me, se il Signore si è allontanato da te ed è diventato tuo avversario? Il Signore ha fatto come aveva detto: ha strappato il regno dalla tua mano e l’ha dato a un altro, a Davide. Poiché non hai dato ascolto alla voce del Signore e non hai dato corso all’ardore del suo sdegno contro Amalek, per questo il Signore darà in potere dei Filistei anche Israele insieme con te».
Potrebbe la Rivelazione divina avvallare tale indovinazione spiritica?

L’insegnamento di Gesù Cristo, il Salvatore che ha dato la vita per salvare gli uomini, sia ebrei che filistei, che ha da fare con tali massacri?
Che lezione può ricevere un cristiano da tali brani?
E’ vero che anche i libri e la Liturgia cristiana parlano di simbolici massacri e nell’Apocalisse si legge la storia del Figlio di uomo, «dalla cui bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio».
«All’angelo della chiesa di Pergamo così parla Colui che tiene la spada affilata a doppio taglio. ‘Debbo rimproverarti per alcune cose, che cioè permetti che taluni costì professino la dottrina di Balaam... Ravvediti, perciò; altrimenti non tarderò a venire a te e combattere contro di loro con la spada della mia bocca... Colpirò con la morte i figli (di Gezabele) e così tutte le chiese riconosceranno che io sono colui che scruta i reni e i cuori e che a ciascuno di voi retribuirà secondo le vostre opere... Al vittorioso, quello che osserverà sino alla fine i miei precetti, darò potestà sulle nazioni e le governerà con verga di ferro, come i vasi d’argilla le frantumerà...’ Allora uscì un altro cavallo, rosso-vivo; a colui che lo montava era stata data la potestà di toglier via dalla terra la pace, in modo che gli uomini si sgozzassero l’un l’altro; per questo gli fu data una grande spada... Allora i re della terra, i maggiorenti, i capitani, i ricchi e i potenti, tutti, schiavi e liberi, si rifugiarono nelle caverne e fra le rupi delle montagne, e dicevano alle montagne e alle rupi: ‘Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla presenza di Colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello, poiché è giunto il gran giorno della loro ira, e chi potrà resistere?’... Poi guardai ed ecco una nuvola bianca, e sopra la nuvola uno stava seduto, simile a figlio d’uomo, con in capo una corona d’oro e una spada affilata nella mano. Dal tempio uscì un altro angelo che gridò a gran voce a colui che stava sulla nuvola: ‘Getta la tua falce e mieti, ché giunto è il tempo di mietere; disseccata è la messe della terra’. Allora colui che stava sulla nuvola gettò la falce sulla terra e fu mietuta la terra. Un altro angelo uscì dal tempio celeste; anch’egli aveva nella mano una falce affilata».


Il “furore di Dio” contro il male e l’idolatria

«E un altro angelo, quello che ha potere sul fuoco, uscì dalla parte dell’altare e gridò a gran voce a colui che aveva la falce affilata: ‘Getta la tua falce affilata e taglia i grappoli della vigna della terra, giacché mature sono ormai le sue uve’.
Allora l’angelo gettò la sua falce sulla terra e vendemmiò la vigna della terra, gettandone l’uva nel grande tino del furore di Dio.
Il tino fu pigiato fuori della città e ne uscì sangue che salì fino al morso dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi... Poi vidi un altro segno grande e mirabile nel cielo: sette angeli con sette flagelli, gli ultimi, perché con essi sarà compiuta l’ira di Dio... Udii poi dal tempio una gran voce dire ai sette angeli: ‘Andate e versate sulla terra le sette coppe del furore di Dio’. Il primo andò e versò la sua coppa sulla terra; una piaga maligna e perniciosa si produsse sugli uomini che portavano il marchio della bestia e ne adoravano l’immagine. Il secondo versò la sua coppa sul mare; esso diventò sangue come di un morto, per cui tutti gli esseri viventi che si trovavano nel mare morirono. Il terzo versò la sua coppa sui fiumi e sulle sorgenti di acqua: diventarono sangue. Allora udii l’angelo delle acque che diceva: ‘Giusto sei, tu che sei e che eri, o Santo, se hai inflitto tali castighi!... E vidi la bestia insieme ai re della terra e i loro eserciti radunati per combattere contro il Cavaliere e il suo esercito. Ma la bestia venne presa insieme allo pseudo profeta, quello che per conto di essa aveva fatto prodigi, con i quali aveva sedotto gli uomini, inducendoli a ricevere il marchio della bestia e adorarne l’immagine. Vivi furono gettati i due nello stagno di fuoco che brucia con zolfo. Tutti gli altri furono sterminati dalla spada che usciva dalla bocca del Cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni».
Il “furore di Dio” contro il male è quanto si legge in questi testi.
Ma come applicare ciò nel senso di votare all’anatema tutto quanto è di un popolo nemico, a non aver pietà di essere umani a punto di uccidere uomini e donne, ragazzi e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini?
Può il Signore che non vuole olocausti ma ubbidienza ordinare tali massacri da farli descrivere nelle Sacre Scritture?
Ora, a quel che è scritto corrisponde una lettura e dalla lettera oggettiva si passa alle idee soggettive.
Non sarà che spesso la lettura dell’Antico Testamento è stata distorta, deviata a favore di gruppi dominanti o di un’idea esclusivista a scapito di uno spirito universale?
In questo caso la stessa Scrittura potrebbe chiarire l’inganno in altri suoi brani.

Il caso del Profeta Giona, a chi fu rivolta la parola del Signore: «Su, va’ nella grande città di Ninive e proclama contro di essa che la loro malvagità è salita fino a me!».
Giona partì, ma in direzione opposta e trovata una nave che partiva per Tarsis, pagò la sua quota e vi salì per andare lontano dalla presenza del Signore.
Il Signore allora lanciò un forte vento sul mare e si levò una gran tempesta, cosicché la nave minacciava di sfasciarsi.
I marinai, spaventati, si misero a gridare ciascuno al suo dio.
Giona invece era sceso nelle parti più appartate della nave e dormiva profondamente.
Il capo della ciurma, avvicinatosi a lui, gli disse: «Perché dormi? Alzati, invoca il tuo Dio, se mai Dio si prenda cura di noi e non abbiamo a morire!».
Intanto si dicevano l’un l’altro: «Venite, gettiamo le sorti per conoscere a causa di chi ci è venuta questa disgrazia!».
Gettarono le sorti e la sorte cadde su Giona.
Allora gli domandarono: «Svelaci qual’ è la tua destinazione e da dove vieni; qual è il tuo Paese e qual è il tuo popolo».
Rispose loro: «Io sono un ebreo e temo il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra!».
Quegli uomini ebbero gran timore e gli domandarono: «Che hai fatto?».
Infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva lontano dalla presenza del Signore, come aveva svelato loro.
Gli domandarono: «Che dobbiamo farti affinché il mare si calmi sopra di noi?».
Il mare diventava sempre più furioso.
Rispose loro: «Prendetemi e gettatemi in mare. Così il mare si calmerà sopra di voi! Riconosco, infatti, che per causa mia è venuta su di voi questa gran tempesta!».
Essi tentarono di ritornare a terra, ma invano, perché il mare diventava sempre più furioso sopra di loro.
Allora invocarono il Signore e dissero: «Deh, Signore! Che non abbiamo a perire noi a causa di quest’uomo e non far ricadere su di noi sangue innocente! Tu infatti, o Signore, hai agito secondo il tuo beneplacito!».
Poi presero Giona e lo gettarono in mare.
Allora il mare si calmò dal suo sdegno e quegli uomini, presi da un grande timore del Signore, offrirono un sacrificio a Dio e fecero voti di conversione.

Il Signore dispose che un grosso pesce divorasse Giona

Così Giona rimase nel ventre del pesce tre giorni e tre notti.
Allora [finalmente] Giona levò la preghiera al Signore suo Dio dal ventre puzzolente del pesce: «Ho invocato dal mio carcere il Signore ed egli mi ha risposto; dal profondo degl’inferi ho gridato e ha ascoltato il mio grido. Tu mi avevi scaraventato nel cuore dei mari e un torrente mi aveva circondato; tutti i tuoi flutti e le tue onde si erano riversati su di me! Io ho pensato: sono stato cacciato dalla tua presenza; eppure continuerò a guardare verso il tuo santo tempio. Le acque mi avevano circondato fino al collo, l’abisso mi aveva avvolto; le alghe si erano attorcigliate al mio capo. Ero disceso alle radici delle montagne, in un paese sotterraneo e i suoi catenacci mi avrebbero rinchiuso per sempre. Ma tu hai tratto dalla fossa la mia vita, o Signore, mio Dio! Quando la vita si affievoliva in me, mi sono ricordato del Signore: è giunta a te la mia preghiera nel tuo santo tempio. Coloro che adorano gli idoli abbandonano la loro grazia. Io con voce di lode ti offrirò sacrifici, ciò che ho promesso io compio. La salvezza è del Signore!».
Allora il Signore ordinò al pesce di restituire Giona sulla spiaggia.
Si può immaginare le ore di tanfo pestifero volute perché quel cocciuto di Giona tornasse alla ragione con un respiro di buona poesia!
«Allora la parola del Signore fu rivolta a Giona per la seconda volta: ‘Su, va’ nella grande città di Ninive e annunziale il messaggio che Io ti dico!’. Giona si mise in cammino per andare a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, lunga tre giorni di cammino. Giona, dopo essersi inoltrato in città per il cammino di un giorno, si mise a proclamare: ‘Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!’.
I Niniviti credettero a Dio, che aveva inviato quel profeta poeta, e proclamarono un gran digiuno».

«Vestendosi di sacco dai più grandi ai più piccoli, la notizia arrivò al re di Ninive ed egli si levò dal trono, si tolse di dosso il manto reale, si vestì di sacco e andò a sedersi sulla cenere. Egli fece bandire in Ninive per decreto del re e dei suoi grandi: ‘Uomini e bestiame grande e piccolo non gusteranno alcunché, non pascoleranno e non berranno acqua! Ci si copra di sacchi e si invochi Dio con forza! Ognuno si converta dalla sua condotta cattiva e dalla violenza di cui ha macchiato le mani! Chissà che Dio non si ravveda e cambi, cosicché receda dall’ardore della sua ira e non periamo!».
Dio vide la loro reazione, che cioè si erano convertiti dalla loro cattiva condotta e sospese il castigo che aveva detto di applicare a loro.
E qui si capisce come le profezie divine sono condizionali a causa della libertà umana di poterle accogliere, che è il loro precipuo scopo verso tutti.
Eppure, ciò irritò molto l’iracondo Giona, che disse al Signore: «Deh, Signore! Non era forse questo il mio sospetto quando ero ancora nel mio paese? Per questo io la prima volta ero fuggito a Tarsis, perché sapevo che tu sei un Dio pietoso e misericordioso, longanime e di molta grazia e che ti penti del castigare il male! Ora dunque, prendi la mia vita, perché è meglio per me morire che vivere!».
Il Signore rispose: «Ti sembra giusta la tua collera?».
Allora Giona uscì dalla città e salito su una collina si sedette di fronte alla città.
Si costruì una capanna e vi sedette dentro all’ombra per vedere cosa sarebbe capitato alla città.
Ma il Signore Dio procurò un ricino che crebbe al di sopra di Giona, perché vi fosse ombra sopra la sua testa e fosse liberato dal suo male.
Giona si rallegrò molto del ricino.
Ma al sorgere dell’aurora del giorno dopo Dio inviò un verme che rose il ricino, che si seccò. Quando spuntò il sole, Dio procurò un turbinoso vento del deserto cosicché il sole dardeggiò sulla testa di Giona.
Egli si sentì venir meno e chiese di morire dicendo: «E’ meglio per me morire che vivere!». Allora Dio disse a Giona: «E’ giusto che tu sia irritato per il ricino?». Rispose: «Sì, è giusto che io mi irriti fino a morirne!».
Il Signore soggiunse: «Tu hai pena per il ricino, per il quale non hai faticato né fatto crescere; ché in una notte è sorto e in una notte è finito! E io non dovevo aver pietà della grande città di Ninive, nella quale vivono più di centoventimila esseri umani che non distinguono la destra dalla sinistra e tanto bestiame?».

Il vero ecumenismo traspare da questa storia dove tutti, dai marinai ai paesani di una Ninive pagana, sono propensi a conformarsi a quella Legge di Dio che è universale; diretta ad ogni uomo secondo il giudizio perfetto, colmo di amore e di pietà divina.
Tutti meno Giona, il profeta del popolo eletto che ha una lettura esclusivista dei disegni di Dio. Allora diciamolo. la lettura dell’Antico Testamento insieme a quella del Nuovo fa capire come essa è stata distorta in un senso esclusivista a scapito dello spirito universale.
Ed è la stessa Sacra Scrittura a chiarire molti inganni dedotti dai suoi brani.
Non è stato proprio per cambiare lo spirito della sua lettura che il Signore si incarnò e prese su di Sé tutto quell’astio letale coltivato lungo interminabili generazioni?
Perché l’ordine sia preservato in terra, si legge nelle Scritture che Dio non rifiuta l’opera buona di re estranei alla Rivelazione, come quello di Ninive o di Persia o di Roma.
La loro giustizia imperfetta, serviva comunque a frenare la sovversione dell’Ordine naturale, che richiede perciò un capo fedele ai princìpi fondanti della società, composta d’anima e corpo.
Nella storia dell’Europa si è visto degli imperatori che assicuravano nell’ordine secolare i princìpi cattolici difesi dal Vicario di Dio, giudice della legge divina in terra.
E questa saggezza si fondava nella giusta lettura di brani della Rivelazione che, nella sua dimensione di eternità, parla sì del “furore di Dio”, ma contro il male, che è parte del Suo infinito voler bene e longanime pietà per la debolezza umana.
La limitata intelligenza degli uomini sarà mai capace d’intendere tanto amore, che è allo stesso tempo rispettoso della libertà umana?
Non pare.
Basta pensare che nemmeno quella visione del Terzo Segreto di Fatima, data per essere capita perfino da pastorelli ignoranti, è stata tuttora decifrata.


La «visione» politica dell’evento di Fatima

Tale visione si manifestò dall’inizio e rimase per «chi ha occhi per vedere».
Era l’attenzione di Maria all’operato del Papa («katéchon»), che nel 1917 non era più l’intrepido san Pio X, ma il diplomatico Benedetto XV.
Ma quest’ultimo aveva il gran merito d’essere legato proprio a quella verità di fede che la Chiesa tardava a proclamare: la mediazione universale di Maria, allacciata per forza anche alle Sue apparizioni negli ultimi tempi.
Il noto mariologo padre Gabriele Roschini colloca così la questione di fede: «E’ discusso se nella mediazione mariana, oltre la causalità morale (quella d'intercessione), sia da ammettere pure la causalità fisica strumentale [quella d’intervenzione?] («Dizionario di Mariologia», Studium, Roma, 1961, pagina 349; EC, volume XIII, pagina 576).
Papa Benedetto XV diceva nel Discorso «E’ pur troppo vero» (24 dicembre 1915), «Ella è l’aurora pacis rutilans fra le tenebre del mondo sconvolto ... Ella è Colei che, sempre intervenuta a scampo della gemente umanità nell’ora del pericolo, più celere precorrerà ora al nostro dimandare, Madre a tanti orfani, Avvocata in così tremenda rovina».
Il 5 maggio 1917, Benedetto XV scrisse al cardinale Gasparri sugli «afflittissimi figli» della «gran Madre di Dio» che attendevano la Sua intercessione per la pace «in quest’ora tremenda».
Si presti attenzione a questi testi, importanti per approfondire il modo d’intendere la divina Mediazione di Maria Santissima, soprattutto in quell’ora in cui sulla terra imperversava un’ondata di odio, come mai prima nella storia, «in così tremenda rovina... bisogna presupporre l’intervento di Colei che,... sempre intervenuta a scampo della gemente umanità nell’ora del pericolo, più celere precorrerà ora al nostro dimandare...».
Si può credere che il modo con cui Benedetto XV intendeva qui la mediazione di Maria includesse un intervento miracoloso nella storia umana, come era già avvenuto con la «politica» di Giovanna d’Arco nella storia della Francia?
In questa luce si percepisce il dilemma di Benedetto XV.
Da un lato, mosso dallo spirito di pietà, credeva che l’intervento della Madre di Dio potesse cambiare la storia, ma dall’altro teneva la sua fiducia nell’intimo della propria coscienza, evitando che una «visione pietosa e miracolistica» potesse prevalere in questioni su cui la rigorosa e ieratica teologia romana non si era ancora pronunciata.

La profezia di Fatima: un avviso per la Ninive moderna?

Il cristianesimo è la religione dell’intervento evangelico di Cristo nel mondo; intervento a volte velato, per rispetto all’umana libertà, ma poiché ordinato alla redenzione di anime, dovrebbe essere inequivocabile: una volta riconosciuto come intervento divino, la fede stessa lo accoglierebbe per farne profitto.
Sarebbe idea astratta dire che il Cielo interviene nella politica nel suo più alto senso, del bene della «polis» universale?
Eppure il messaggio di Fatima fece questo quando avvertì degli «errori sparsi dalla Russia» e dei pericoli immani per il mondo, se essi non fossero allontanati.
Dopo la rovinosa Prima Guerra Mondiale, sarebbe venuta «un’altra guerra peggiore».
Se nemmeno dopo questa il mondo rivedesse le sue vie, ci sarebbe un terzo flagello, più devastante delle guerre, talmente subdolo da essere incomprensibile per lungo tempo.
Secondo la visione cattolica, che è quella della Madonna di Fatima, cosa può essere più letale per l’umanità che la «soppressione» del «kathécon», del Pastore della Chiesa e la conseguente apostasia universale?
E’ la questione essenziale del Segreto che, come era già noto, riguardava una persecuzione inaudita in seguito al «grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre».
Quindi, un mondo avviato ad un vuoto politico, ad  un disastro economico e ad una devastazione spirituale peggiore delle grandi guerre, perché persegua e sopprime quanto rappresenta l’autorità di Dio in terra.
Altroché Ninive!

Ciò si può capire solo se si considera che quando il mondo, in nome della libertà, sopprime l’autorità della parola divina, taglia da sé l’ossigeno della vita spirituale e fa svanire con l’amore al bene e alla verità il furore contro il male che regge ogni ordine sociale.
In altre parole, senza la voce di Cristo per richiamare i popoli alla retta via, il mondo è irretito da errori e da delitti; perde la capacità morale che fa tutelare il bene e bandire il male; tolta di mezzo la «politica di Cristo», freno a ciò che rappresenta in terra il male, esso infesta senza ostacoli ogni civiltà.
La visione del Terzo Segreto, ossia dello sterminio del Papa e dei suoi testimoni cattolici, non avrebbe dovuto palesare la rimozione di quest’ostacolo «politico», il «katéchon» (San Paolo ai Tessalonicesi)?
Eppure, tale «decapitazione» papale fu predetta in una comunicazione del Signore a suor Lucia nell’agosto 1931: «Fa sapere ai miei ministri che siccome essi hanno seguito l’esempio del re di Francia nel ritardare l’esecuzione della mia domanda, lo seguiranno nella disgrazia». («Fátima ante la Esfinge», P. Joaquim Maria Alonso CMF. Ed. Sol de Fátima, Madrid, 1979, pagina 97); l’acefalia che significa lasciare l’umanità in preda alla politica deteriore di un occulto signore, il cui infido impero, edonista ma assassino, ecumenista ma ateo, va riconosciuto come il flagello più devastante di tutte le guerre e rivoluzioni mondiali messe insieme.
Eppure, il messaggio con la visione dell’abbattimento del vero ostacolo che impediva la scalata del subdolo e devastante potere anticristico non ha destato né desta una reazione proporzionata alla calamità terminale che rappresenta.

Perché?
I Giona moderni sono partiti in crociera?
Non sarà che il mistero del Terzo Segreto si rende chiaro solo alla luce della grande apostasia dall’autorità di Dio nella persona del Suo Vicario?
Apostasia così vasta che coinvolge, non solo i poveri chierici irretiti dalla democrazia universale, ma tutta l’intellighenzia della cosiddetta «cultura cristiana», resa cieca alla «profezia politica di Fatima»?
Ecco il segreto che precede il gran castigo: ignorare i rimedi che possono farci superare le confusioni letali dell’ora presente.

Arai Daniele


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