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I cosiddetti nuovi posti di lavoro in Usa: solo per vecchi
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«USA: creati più posti di lavoro del previsto», «USA: a novembre più 147 mila posti di lavoro!». Entusiasmo d’ufficio nei media sussidiati: il mondo sta uscendo dalla crisi, è la luce in fondo al tunnel! Monti ha sempre ragione!

Ma se vediamo più da vicino i dati di questo miracolo americano, sgranandolo per classi di età dei «nuovi» lavoratori, il quadro è lievemente agghiacciante. Anzitutto una spiegazione: i posti imprevisti in più si aggiungono alla «normale» crescita di 1,2 milioni di posti di lavoro a novembre, «normale» perché si tratta di assunzioni in vista dello shopping natalizio. Ebbene: i vecchi, tra i 55 e i 69 anni, si sono accaparrati i posti di lavoro creati in più, anzi ancora di più: ben 177 mila. Nella classe di età fra i 24 e i 55 anni, la più produttiva e quella che spunta le buste-paga più alte, i posti di lavoro sono in realtà calati di 359 mila.

È una tendenza costante: da quando Obama è entrato alla Casa Bianca, la classe 55-69 anni ha cumulativamente guadagnato 4 milioni di posti di lavoro; le classi giovanili, dai 20 ai 25 e dai 25 ai 55, ne hanno persi 3 milioni. Tre milioni di posti di lavoro perduti.


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Come si spiega questa tragica distorsione dell’occupazione in America, questa esplosione della manodopera geriatrica e collasso dei lavoratori più giovani? Facile: i vecchi si contentano di paghe più basse. I loro fondi-pensione privati, a cui hanno versato contributi per decenni, sono stati svuotati dal grande crack finanziario speculativo; e con ciò, è andata in cenere la speranza di questa classe di ritirarsi prima dei 70 anni. È la foltissima classe dei baby-boomers (nati attorno al 1945) passata da benestante a bisognosa, che non esige salario pieno, perché o integra piccole pensioncine che da sé non bastano per vivere, o ha qualcosa da parte.

In tal modo, i datori di lavoro hanno a disposizione una forza-lavoro con molta esperienza che non deve essere addestrata come i giovani, abituata a lavorare (contrariamente a molti giovani, anche in USA), e che costa stipendi da immigrato clandestino: tipicamente, WalMart assume questi vecchietti per 7 dollari l’ora, e – spesso – solo fino a Capodanno. Ma questa classe occupa i posti dei giovani, che costerebbero di più; una triste concorrenza interna, il lavoro si delocalizza anche così: invece che in India, si delocalizza per età. Molti di questi «lavori» consistono nel mascherarsi da Babbo Natale, riempire i pacchi dei clienti e simili.

Risultato: oggi in America il numero dei lavoratori «veri», nella classe d’età 25-55 anni che conta 94 milioni di persone, è tornato ad essere quello che era nel 1977, ossia 35 anni fa (Number Of Workers Aged 25-54 Back To April 1997 Levels).




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Per giunta, il 73% dei posti di lavoro creati in USA negli ultimi cinque mesi è nel settore pubblico: federale, Stati, comunità locali. Come in Europa, anche là il «mercato del lavoro» privato è praticamente chiuso. Tranne per 65enni ed oltre, costretti a tornare a lavorare per bisogno.

Presto anche in Italia?

Maurizio Blondet




 
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