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Bernanke alla banche: condonare i mutui
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STATI UNITI: I pignoramenti di case gravate da mutui che i proprietari non riescono più a pagare toccheranno quest’anno i due milioni.

Una tragedia per due milioni di famiglie buttate sul marciapiede; ma un dramma anche per le banche prestatrici, che si troveranno con due milioni di immobili da vendere su un mercato che sta crollando (i prezzi delle case esistenti sono scesi in USA per la prima volta dalla Grande Depressione), e probabilmente resteranno invendute.

Per questo Ben Bernanke, parlando ad una riunione di uomini d’affari a Orlando in Florida, ha invitato i prestatori a condonare ai debitori una parte del capitale.
«Questo può essere il mezzo relativamente più efficace per scongiurare insolvenze e pignoramenti», ha detto, che rinegoziare i tassi d’interesse (1).

Ogni rata di mutuo, come si sa, è composta di due parti: una parte è la restituzione del capitale, un’altra gli interessi.
Il segretario al Tesoro USA Hank Paulson ha finora esortato i banchieri a rinegoziare gli interessi (a tasso variabile, nodo scorsoio per i debitori), prolungano la durata del mutuo.

Ben Bernanke l’ha scavalcato in «socialità», con una proposta rivoluzionaria per un banchiere centrale: condonare parte del capitale significa, anzitutto, ammettere che non è più tempo di lasciar agire la mano invisibile del mercato, ossia la legge della domanda-offerta; significa anche che le banche devono riconoscere che una casa che hanno ipotecato per un valore 100, oggi - dopo il collasso della bolla immobiliare subprime - vale 80 o 60.
E che il debitore ha il diritto morale di pagare il mutuo su 80 (o 60), non su 100.

Il che è la pura verità, nel senso che rispecchia la realtà di fatto.
A preoccupare Bernanke sono appunto i milioni di debitori il cui mutuo supera il valore, agli attuali prezzi di mercato, della casa su cui il mutuo grava.

Questi disgraziati hanno un perverso incentivo a non pagare, rendersi insolventi (stanno pagando troppo un attivo svalutato), e persino a farsi pignorare la casa, che ormai è un nodo scorsoio di ratei crescenti.

Gli effetti a catena sull’economia generale di 2 milioni di immobili buttati su un mercato che non compra, e venduti all’incanto in piena crisi, sarebbero spaventosi sull’intera economia; i prezzi degli immobili, già calanti, precipiterebbero nell’abisso, volatilizzando trilioni di dollari di «valore»; l’attività edilizia sarebbe paralizzata per anni; le banche e in generale i prestatori ne soffrirebbero per la diminuzione generale dei «valori» su cui hanno concesso mutui e prestiti.
Un avvitamento in un circolo vizioso dalle conseguenze esplosive sulla società intera.

Giustamente Bernanke ha detto che «un più ampio uso dei condoni di capitale sarebbe nell’interesse sia dei creditori che dei debitori», specie se - ha aggiunto – «con una valutazione condivisa».
I banchieri e i debitori dovrebbero accordarsi sul valore attuale e minore del bene immobile.

Dal punto di vista dell’ideologia liberista, la proposta di Bernanke è un’inaudita eresia (2).
Il capitalismo iper-speculativo si è già sollevato contro come un sol uomo: chi ha comprato a man bassa le varie obbligazioni «garantite da  mutuo», ora teme che il valore di quelle obbligazioni, già precipitato obbligando le banche a confessare miliardi di dollari di perdite di crediti, cali a zero e sottozero.

I creditori non hanno mai accettato di riconoscere la svalutazione della quota-capitale, perché è su quel «valore» che essi costruiscono i loro trucchi finanziari, e devono continuare a far credere che quel valore sia solido e fisso; preferiscono concedere rinegoziazioni sulla quota-interessi.

Le proposte del segretario al tesoro Hank Paulson risponde appunto alle preoccupazioni della finanza speculativa e virtuale.

L’idea di Bernanke invece - e questo è rivoluzionario - intende rispondere alle preoccupazioni delle famiglie reali che abitano nelle case reali: lasciarli abitare in quelle case svalutate - e svalutate in modo che le rate del mutuo diventino miti e pagabili - è sempre meglio che aver due milioni di senzatetto.
Inoltre, i «valori» del «capitale» a cui le banche tengono tanto, sono già svalutati nella realtà.

Le banche stesse praticano la riduzione del capitale quando, alle prese con crediti difficili da esigere, li vendono ad agenzie di recupero  al 40% del «valore», avendo comunque realizzato un guadagno netto una volta detratte le loro spese.

Perché dunque non fare alle famiglie debitrici lo sconto che fanno alle agenzie di recupero-crediti?
Certo per la speculazione questa svalutazione degli immobili reali sarebbe «napalm sul fuoco», come ha detto Julian Mans, gestore del fondo First Pacific Advisory (che ha minacciato: «Se il capitale collaterale è diminuito, io chiederò interessi altissimi per comprare debito da mutui»).
Ma per l’economia reale, sarebbe una guarigione.

Ribassati i valori degli immobili a termini più realistici, per esempio l’industria edilizia - parte notevole del PIL di ogni Paese - potrebbe riprendere a costruire, attività che ora è bloccata; le banche stesse, imbarcate le loro perdite, potrebbero passare oltre, in un’economia che riprende e non quella di oggi, paralizzata da montagne di debiti inconfessabili.

Basta ricordare che il rifiuto di svalutare e condonare i debiti, con le banche che si tenevano crediti ormai inesigibili scritti a valori irreali sui loro libri contabili, è stata la causa della decennale recessione-deflazione giapponese.

L’idea di Bernanke segnala la fine del capitalismo senza freni, e l’inizio dell’intervento pubblico nella finanza.
Ogni tanto, gli usurai hanno bisogno che lo Stato indìca un giubileo: per il loro stesso bene.



1) John Brinsley, «Bernanke Call for Mortgage Forgiveness Puts Pressure on Paulson», Bloomberg, 5 marzo 2008.
2) James Politi, «Bernanke asks banks to ease loan terms» financial Times, 5 marzo 2008.


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