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Da scienziati, contro Odifreddi
30 Marzo 2007
Piergiorgio Odifreddi
L'amico Blondet ha stigmatizzato fermamente
(EFFEDIEFFE, 12 marzo 2007,
«Il cretinismo scientifico») le idee di Odifreddi,
che cerca di utilizzare la scienza e la logica per
"spiegare" tutti gli aspetti della vita.
Evidentemente le critiche espresse da Blondet sono sacrosante e le
condivido appieno.
Tuttavia vorrei affrontare la questione in modo completamente
diverso.
Innanzitutto dico che il sarcasmo di Odifreddi sul cristianesimo e
sul cattolicesimo in particolare è utile a stimolare la
mente di chi crede nella trascendenza ma non dedica molto tempo ad
approfondire le ragioni della sua fede.
Lo stesso ottimo articolo di Blondet non sarebbe stato scritto
senza le straripanti opinioni di Odifreddi.
Detto questo, le opinioni di Odifreddi poi non sono neppure
troppo originali.
Infatti si tratta di concetti che risalgono agli albori della
scienza moderna, in particolare allo scientismo della seconda
metà del XVIII secolo.
Persino l'ultra atea e sanguinaria Rivoluzione Francese, dopo aver
creato la dea ragione, sfociò alla fine nel proporre
l'adorazione per un non meglio definito Ente supremo.
Molti credenti non hanno mai dedicato attenzione alle critiche
rivolte alla loro fede.
Quindi è bene che la loro pigrizia mentale venga scossa da
qualche critica, sia pure grossolana.
Tutte le argomentazioni del professor Odifreddi
sembrano dimenticare il tema principale del significato della vita,
che è nella morte.
Ora se tutto deve finire per sempre ed essere cancellato, tanto
vale abbreviare questa attesa straziante e suicidarsi.
E' una soluzione che trova un numero crescente di seguaci, in
particolare quando la morte, grazie ai progressi della medicina,
può venir diagnosticata essere molto prossima. Anzi si pensa
di emanare, anche in Italia, leggi apposite per garantire a tutti
il diritto all'eutanasia.
Non si capisce come le arguzie di Odifreddi e le sue involontarie
spiritosaggini possano tirarci fuori da questo fondamentale
problema, che poi è lo stesso interrogativo eterno e
"banale", sempre riproposto, come ad esempio da
Shakespeare nell'Amleto: «Essere o non
essere?».
L'amico di Odifreddi, il professor Maurizio Ferraris, egualmente
schierato sul fronte dell'ateismo "colto",
commemorando il filosofo Jacques Derrida (1)
all'Università Roma Tre e parafrasando Pascal ha detto:
«…Come diceva Pascal parlando della vita, per
bella che sia stata la commedia, il finale è sempre tragico.
La morte è l'essenza della vita, bisogna tenerne conto, ed
è per questo che si scrive, per fermare una presenza che sin
dall'inizio è in via d'estinzione».
Poco prima aveva detto: «Certo potrei raccontarvela, la
filosofia (di Derrida), ma tanto la conoscete, siamo qui
per questo, perché la conosciamo. La decostruzione (il
centro della filosofia di Derrida) è stato fare i conti
con tutte queste ansie, e con tutte le ansie del
mondo».
Come si vede, parlando in un ambiente colto le spiritosaggini a
sfondo ateo vengono omesse.
Le facezie sgradevoli e stupide quindi sono riservate ai
benpensanti, ai borghesi, che amano essere sbertucciati per
dimenticare la loro mediocrità.
Odifreddi si è convinto che il livello culturale del suo
uditorio sia mediamente quello di certi difensori della fede, come
Zichichi, che è fin troppo facile ridicolizzare (è
come sparare sulla Croce Rossa).
I possibili modelli di realtà, secondo Odifreddi, potrebbero
essere costituiti da un insieme di proposizioni tenute assieme
dalla logica. Ed è proprio questo il suo terreno naturale,
diciamo la base da cui egli trae la legittimazione a discettare
sull'universo mondo.
Questo è anche il terreno su cui intendo confutare le sue
affermazioni apodittiche contro la fede nella trascendenza in
generale e contro la fede cattolica in particolare.
Ciò che nessun sistema di rappresentazione della
realtà riesce a descrivere è la fine del tutto.
Sempre implicita è la presenza di una voce narrante fuori
della scena, una alterità di riferimento.
Nella fisica moderna è stato scoperto il ruolo essenziale
dell'osservatore. Anzi si è arrivati ad ipotizzare che
senza un osservatore non esisterebbe neppure la realtà
fisica.
Odifreddi continua a parlare di travisamenti gravi del teorema di
Gödel e di quelli derivati da questo, ma è certo che
è stato dimostrato come la ragione da sola non possa reggere
un sistema di realtà qualsivoglia.
Mi attengo al lavoro di Odifreddi:
"Metamorfosi di un Teorema" del 1994.
In questo lavoro viene riportato un pezzo del poeta Hans Magnus
Enzensberger che illustra in estrema sintesi il famoso teorema di
Gödel:
"In ogni sistema sufficientemente ricco
si possono formulare proposizioni,
che all'interno del sistema stesso
non si possono né provare né confutare
a meno che il sistema
non sia incoerente".
Già Kant nella "Critica della ragion pura" (1781) e
nei "Prolegomeni ad ogni metafisica futura" (1783) aveva
formulato il concetto dell'"incompletezza della ragione",
anticipando quindi il teorema di Gödel.
Chi ha formulato una filosofia basata sulla ragione deve ricorrere
ad una qualche forma di trascendenza, la cui esistenza risulterebbe
quindi dimostrata "razionalmente"
dall'impossibilità di costruire una realtà
esclusivamente razionale.
Alla fine Kant arrivò alla conclusione che «se la
ragione vuole essere coerente, non può essere
completa».
Quindi la ragione, in questo caso un qualsivoglia insieme coerente
di proposizioni atte a descrivere un sistema (fisico-matematico)
isolato, non può esistere senza un legame con l'esterno.
Per di più in questo ipotetico sistema abbiamo omesso di
introdurre la scadenza temporale, quindi la sua morte, della quale
peraltro il sistema dovrebbe avere autocoscienza.
La conclusione ovvia è che la ragione, anche quando è
stata deificata, è sempre apparsa del tutto inadeguata.
Tuttavia gli scientisti "moderni" (come
Odifreddi e il suo amico Ferraris) affermano categoricamente che la
ragione deve soppiantare la fede religiosa.
Di che cosa dovrebbero vivere gli uomini in attesa della morte, che
neppure il sarcasmo e le buffonate di Odifreddi possono rendere
banale?
Se poi Odifreddi vuole proseguire sulla strada dell'ateismo
militante, avversando in particolare la Chiesa cattolica, vorrei
suggerirgli di adottare uno stile migliore, eventualmente seguendo
Bernard Shaw.
Nel lontano 1914, come proemio e commento alla commedia
"Androclo e il Leone", Bernard Shaw scrisse un saggio dal
titolo: "Io e il Cristianesimo", dove viene demolita la
veridicità dei Vangeli, ma si salva il loro contenuto
sociologico, anzi si arriva a dire che Cristo uomo fu il più
grande uomo di buon senso che sia mai esistito.
Il saggio inizia con l'affermazione che tutti noi in realtà
siamo seguaci della religione di Barabba e non di quella di Cristo,
i cui insegnamenti sarebbe opportuno tentare di mettere in pratica
seriamente.
Gli insegnamenti di Cristo sono stati preceduti da profezie e
antesignani come Socrate, la religione buddista e quella di
Zarathustra, oltre ai profeti di cui si parla nella Bibbia.
Ci sono molti punti in comune tra la religione predicata da
Zarathustra ed il cristianesimo ed anche molte coincidenze, come
l'esito cruento della sfida al potere politico e religioso
dominante, sfida che si concluse con l'uccisione dei Magi voluta,
sembra, dall'imperatore Ciro.
Ma il punto in comune, che più interessa sottolineare,
è il valore sacro e divino che entrambe le religioni
assegnano alla verità.
In un certo senso sono entrambe religioni della verità.
E' utile ricordare che la scienza non consiste nella sua
collezione di scoperte, che, a priori, sono tutte dichiarate
provvisorie, ma nel metodo scientifico, che consiste nella
sacralità della verità, perseguita ad ogni costo.
Quando Cristo dichiarò lo scopo della Sua missione, durante
il processo innanzi a Pilato, disse: «Per questo io sono
nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza
alla Verità. Chiunque è della Verità, ascolta
la mia voce» (Giovanni 18, 36).
A questa affermazione Pilato, figlio del pensiero greco-romano
disse, senza aspettare risposta: «Che cosa è la
Verità?» (Giovanni 18, 38).
A questo punto della storia Shaw si era già affrettato a
dire che Cristo era impazzito per l'ossessione di adempiere alle
profezie contenute nella Bibbia circa il Messia, in cui si era
identificato.
Poi, con grande coraggio, andò incontro alle torture di una
morte crudele ed infamante pur di compiere ciò che era stato
scritto.
La scienza, sin dal suo apparire sulla scena politica
con l'Illuminismo e con la Rivoluzione Francese, ha
sempre esercitato un fascino irresistibile su tutti coloro che
aspiravano ad appartenere alla classe colta.
La scienza viene invocata come guardiana contro la stupidità
delle superstizioni, anche se poi molti, che credono ciecamente
nella scienza, hanno di questa una conoscenza molto vaga ed
invocandola ad ogni occasione, in soccorso delle loro idee
claudicanti, evitano di fare ragionamenti sensati.
Bernard Shaw non sfuggì a questa moda e parlando dei Vangeli
concluse dicendo: «…Esamino alla luce della
scienza moderna certe idee e certe dottrine in essi (i
Vangeli) contenute, dottrine che hanno prodotto l'impressione
irresistibile che Cristo, sebbene ripudiato dalla posterità
come un sognatore, e mandato al patibolo dai contemporanei come un
anarchico pericoloso e pazzo bestemmiatore, fosse più grande
dei suoi giudici. (…) perdé la vita e
credette di essere un dio nel senso crudo e primitivo della parola;
e in tale illusione volle e sofferse una morte crudele sul
patibolo, convinto di risorgere poi da morte e di venir a regnare
glorioso sopra un mondo rigenerato. (…) I vangeli,
come documenti storici e come esposizioni suggestive di una
dottrina sociologica e biologica sono di vitale importanza per la
società moderna, e sebbene si chiudano con il racconto di
una illusione psicopatica, sono in tutto credibili, comprensibili e
interessanti per un pensatore moderno. Sotto qualunque altro
riguardo non sono credibili, né intelligibili, né
interessanti, se non per coloro che si lasciano suggestionare da
quella tale illusione».
Invece Odifreddi è ben più sbrigativo e poco
obbiettivo, cioè poco scientifico nel suo approccio,
perché dice:
«Del Gesù 'storico' c'è poco da dire,
letteralmente, perché di lui non ci sono praticamente tracce
nella storia ufficiale dell'epoca: in tutto una ventina di righe
nelle opere di Plinio, Tacito, Svetonio e Giuseppe Flavio, tra
l'altro di incerta interpretazione (il "Chrestus" di
Svetonio) o dubbia autenticità (la lettera a
Traiano di Plinio). Se dunque veramente Gesù è
esistito, dev'essere stato irrilevante per i suoi contemporanei,
al di fuori di una ristretta cerchia di parenti, amici e
seguaci».
Cristo non fu certamente irrilevante per i suoi contemporanei, ma
fu accuratamente e ferocemente perseguitato con i suoi seguaci
dagli ebrei che rifiutarono il suo messaggio.
La vera persecuzione dei cristiani inizialmente venne compiuta
direttamente dalle organizzazioni ebraiche e venne quindi attuata
dai Romani su istigazione degli ebrei.
Ad onor del vero si deve ricordare che fino a tempi recenti i
peggiori persecutori del cristianesimo furono gli stessi cristiani,
divisi da infinite eresie. Queste persecuzioni resero molto
difficile la conservazione dei documenti originali.
Una migliore conoscenza della storia dei primi secoli del
cristianesimo eviterebbe di fare affermazioni così lontane
dalla realtà storica.
Con conoscenze storiche così approssimate ed incomplete
Odifreddi pubblica un libro dal titolo: "Perché non
possiamo dirci cristiani (e meno che mai cattolici)".
Durante un'intervista (2) in cui viene definito
amichevolmente: «divulgatore impertinente»,
Odifreddi dice: «Sostanzialmente, io vedo una
incompatibilità tra l'atteggiamento scientifico e quello
cattolico (sia chiaro, non quello
religioso in generale)» (infatti, con prudenza, si
guarda bene dallo sfiorare con le sue critiche la religione
islamica, mentre sembra abbracciare quella buddista, che è
assolutamente innocua).
«E' difficile da un lato affidarsi a verifiche
sperimentali e ragionamenti logici, e dall'altro a dogmi e
pronunciamenti ex-cathedra. Soprattutto ora che le
problematiche sull'universo, la vita e la coscienza stanno
slittando dal terreno religioso (o,
più in generale,
umanistico) a quello scientifico.
Addirittura, il premio Templeton (che è l'analogo del
premio Nobel per la religione) è stato dato nel 1995 a
Paul Davies, e nel 2000 a Freeman Dyson! (Davies è un
astronomo australiano, Dyson è un fisico-matematico inglese.
Due scienziati illustri che si sono dedicati alla divulgazione
della scienza, mettendo in evidenza i legami tra scienza e fede
religiosa, proprio ciò che ripugna ai nostri filosofi atei).
«Per dirla proprio tutta, comunque, io non credo neppure
che esistano dei cattolici! La fede cattolica ha lo svantaggio di
essere perfettamente definita: non basta genericamente accettare
l'insegnamento di Cristo o di Paolo: bisogna credere a tutti i
dogmi. Basta non accettarne uno, e si è fuori dalla Chiesa
di Roma! Sarebbe proprio interessante fare una bella indagine, per
sapere non solo quante delle vecchiette che vanno in chiesa la
domenica, ma anche dei seguaci di Casini o Mastella (tanto per
non far torto a nessuno dei due Poli), conoscono la lista
completa dei dogmi della fede che sostengono di professare. Non
parliamo poi dell'accettazione di questi dogmi: chi può
interessarsi e credere, oggi, alla duplice natura e volontà
di Cristo stabilita dal Concilio di Calcedonia, o anche solo
all'Assunzione della Madonna proclamata da Pio XII? Chi dice di
essere cattolico, nella migliore delle ipotesi professa soltanto un
generico cristianesimo».
Il Prof. Ferraris (4) ha creato un sito in cui si
dibatte l tema: "Chi crede in che cosa crede?".
Ci sia consentito tuttavia applicare simmetricamente
queste considerazioni: si può affermare che la
maggior parte di chi dice essere ateo crede più o meno
ciecamente nella scienza.
Allora poniamoci la domanda: chi non crede nella trascendenza in
che cosa crede?
La scienza (e la tecnica) compiono ogni giorno
"miracoli" che sono sotto gli occhi di tutti.
Sono proprio i "miracoli" della scienza a
convertire alla sua adorazione moltitudini ogni giorno più
numerose.
Il professor Mario Silvestri, ingegnere nucleare, saggista e
storico, analizzando l'evoluzione del mondo prodotta dai progressi
della tecnica, si rese conto che con il trascorrere degli anni la
gente perdeva progressivamente la nozione della complessità
delle macchine grazie alle quali vive.
La progettazione delle nuove macchine e la manutenzione di quelle
in esercizio richiede il lavoro di una cerchia sempre più
ristretta di specialisti, sempre più estranei al corpo
sociale.
In altre parole le macchine si avviano a diventare entità la
cui natura è sconosciuta ai più.
Le macchine diventano idoli con tutte le caratteristiche di mistero
e di estraneità all'umano proprio di idoli non sempre
benigni.
Egli propose allora che ogni giorno tutti fossimo indotti a pensare
alle macchine delle quali siamo circondati, al loro funzionamento e
a chi le aveva progettate. Egli propose l'ora giornaliera di
"adorazione" della macchina, un'adorazione
ragionata e non fanatica ed irrazionale.
La proposta scatenò allora le mie critiche, che oggi ritengo
ingiuste.
Infatti una riflessione quotidiana sulla realtà sociale
delle macchine avrebbe evitato di trasformare poi di fatto le
macchine in idoli da adorare senza riflettere.
Bernard Shaw diceva che i miracoli compiuti da Cristo furono un
ostacolo alla diffusione del suo messaggio.
Al contrario io sono convinto che gli eventi miracolosi sono parte
essenziale dei suoi insegnamenti.
Anzi fu proprio il fascino dei miracoli sulle folle a far decidere
il Sinedrio a mandarlo a morte con l'astuta macchinazione intesa a
far apparire responsabile della condanna Pilato, il rappresentante
dell'odiatissimo Impero Romano.
La cosa risulta da un passo di un antichissimo Talmud di Babilonia,
nel trattato del Sinedrio; nel commento del testo della
Mishnà si legge di come un reo di blasfemia o eresia deve
essere condotto alla lapidazione.
«Prima un banditore dichiara: "Chiunque sappia qualcosa
in suo favore, che si presenti e parli". … Prima grida il
banditore. … Contro questa affermazione si dice: "La
vigilia di Pasqua fu appeso Gesù. Quaranta giorni prima, il
banditore aveva gridato: "Verrà lapidato per aver praticato
la stregoneria, per aver sedotto e condotto fuori strada Israele.
Chiunque sappia qualcosa in suo favore, venga e lo dichiari". Ma
non trovarono alcuno in sua difesa e lo appesero alla vigilia di
Pasqua. Ulla rispose: "Credi che fosse necessario cercare qualcuno
che lo difendesse? Era un seduttore, e il Misericordioso dice: Non
avrai pietà di lui e non occulterai la sua colpa. Ma per
Gesù era differente perché era vicino al
governo"». (3)
Cristo non venne lapidato, ma crocefisso in base ad una
condanna emessa dal governo in carica: quello esercitato da Pilato,
in modo da distruggere la sua contiguità con i Romani.
Secondo le consuetudini ebraiche dell'epoca sarebbe dovuto morire
con la lapidazione. Ma non sarebbe stato facile a causa del favore
popolare di cui godeva.
Farlo condannare alla crocifissione da Pilato è stato un
vero capolavoro d'astuzia del Sinedrio.
Cristo viene accusato di praticare la stregoneria con cui avrebbe
traviato il popolo di Israele.
Era difficile negare i tanti fatti miracolosi accaduti sotto gli
occhi di tutti. Quindi non venne accusato di falsi miracoli ma di
miracoli autentici compiuti però con l'aiuto del demonio,
esattamente ciò che riportano i Vangeli.
Abbiamo quindi una testimonianza che viene proprio dalla parte di
chi ha perseguitato ed ha fatto condannare Cristo ed i suoi
seguaci.
Torniamo alla domanda: chi non crede nella trascendenza in
che cosa crede?
Certamente molti di questi "non credenti"
ripongono molte speranze nella scienza, anzi alcuni ne sono
fanatici sostenitori, affidando alla scienza tutte le loro
certezze, incorrendo in una grossolana contraddizione perché
dichiaratamente la scienza non elargisce certezze ma solo
"verità" provvisorie.
Se poi la scienza, attraverso la tecnica non avesse compiuto
moltissimi "miracoli", essa sarebbe rimasta
confinata nei salotti degli intellettuali (si veda il
"Newtonanesimo per le dame" dell'Algarotti).
Se dalla scienza non fossero usciti a profusione macchine e sistemi
straordinari, che la gente usa e percepisce come miracoli, non
avremmo avuto le grandi rivoluzioni illuministe che si sono
susseguite a partire dalla Rivoluzione Francese sino a quella dei
Soviet in Russia, seguita da quella cinese e da quella vietnamita,
per non citare quelle fasciste e naziste come intermezzo.
Tornando ai modelli matematici che dovrebbero rappresentare il
pensiero si deve notare che questi modelli hanno tutti un difetto
che li rende totalmente errati.
Infatti in questi modelli si concepisce la razionalità e la
logica come entità senza tempo, fuori del tempo, come
avviene anche per molti concetti della fisica che si basano sulla
concezione di una realtà astratta che semplifica le basi di
partenza ma che costruisce modelli validi solo come ipotesi al
limite.
Si veda ad esempio l'inadeguatezza della Relatività
Ristretta che costringe a passare alla Relatività Generale.
Con la Relatività Generale è stato possibile
concepire l'intero universo come costruzione dello spazio e del
tempo condensati in una sola entità. Ma si tratta di un
universo che non comprende la vita.
Nei sistemi che vengono proposti per costruire un modello
razionale, che poi non si regge da solo (senza un riferimento
esterno, cioè la presenza di una Entità assoluta), si
è dimenticato il fatto essenziale che permetterebbe di avere
un minimo di somiglianza con la realtà dell'uomo: il
modello dovrebbe essere in grado di vivere in presenza della
consapevolezza della sua stessa morte, del suo annullamento, quindi
della perdita del principio stesso di realtà.
A meno che non si introduca surrettiziamente ancora un osservatore
esterno, una voce narrante e pensante, cioè Dio. (Derrida
concluse dicendo: «Non ci resta che
la divinità»)
Allora credo che sia cosa giusta avere un grande rispetto per tutte
le manifestazioni di religiosità, anche se molte si
manifestano in forme aberranti che non possono essere condivise,
come le tante sette pazzoidi e schizofreniche che nascono negli
USA.
Si deve fare un'ultima osservazione: le cose
non sono andate sempre bene per il nostro Odifreddi, che ha avuto
accoglienze molto ostili (5) quando si è
arrischiato ad esprimere qualche critica alla politica di Israele.
Allora tutti i favori di cui gode quando critica la Chiesa
cattolica svaniscono improvvisamente e si traducono in una condanna
senza appello.
Eppure si era limitato ad applicare solo una piccola parte dei
principi che ha seguito per criticare il cattolicesimo.
Professor Raffaele Giovanelli
Note:
1) Maurizio Ferraris, " Ontologia
ansiosa", Rivista di estetica, numero, 27 (3/2004), XLIV
2) Gianvito Lo Vecchio: " Odifreddi, matematico
impertinente, Noi scienziati più normali dei preti" (21
settembre 2006) - Scuola & Giovani - Repubblica_it.
3) José Miguel Garcìa, " La vita
di Gesù nel testo aramaico dei Vangeli", BUR, 2005
4) Tratto da: In cosa crede chi crede? Blog di
Maurizio Ferraris
http://www.labont.com/public/Archivio%20Ferraris/Blog/Credenti%20e%20secredenti.doc
Odifreddi si appella a molti che hanno espresso scetticismo verso
la religione. Cita Borges che della religione non diceva proprio
« che è una barzelletta, ma quasi: più
precisamente, che è un ramo della letteratura fantastica. E
infatti, come questa, essa richiede una sospensione del principio
di realtà: lo si fa quotidianamente, quando si leggono
romanzi o si guardano film non realisti e io credo addirittura che
proprio qui stia uno dei motivi per cui la gente ancora crede:
perché è abituata fin da sempre ad accettare storie
inverosimili per il solo gusto di sentirsele raccontare, e di
lasciarsene stupire ed emozionare. Ad esempio, i bambini di oggi
vivono nelle favole, nei programmi televisivi, nei videogiochi, e
gli adulti non sono da meno, coi loro reality show e la loro
letteratura di evasione. Tutto questo prepara il terreno a credere
all'inverosimile e, a questo punto, la religione non sembra essere
tanto diversa. Anzi, io mi chiedo, più in generale, se
l'intero genere "fantasy", religione compresa, non sia altro che
una rimozione della realtà e un sintomo di psicosi
collettiva. il che, in fondo, era la diagnosi che ne dava Freud,
anche se lui poi sottolineava pure l'aspetto di nevrosi
collettiva, a proposito dei riti e delle pratiche religiose.
Naturalmente, vale anche il contrario: cioè, che le psicosi
e le nevrosi non sono altro che religioni personali. Può
suonare un pò iconoclasta, ma in fondo è stato una
persona insospettabile come il Dalai Lama a dire che "le religioni
sono cure per le malattie dell'anima", intendendo che malattie
diverse richiedono cure diverse. Il mio corollario, però,
è che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di
religioni».
Il suo intervistatore è il filosofo Ferraris che aggiunge:
« Potrebbero però facilmente obiettarti che non
c'è malattia peggiore di quella che non si riconosce come
tale, e che non c'è malato più grave di quello che
si sente sano. In fondo, molte religioni ragionano proprio
così: siamo tutti peccatori, o comunque siamo tutti malati.
Io, poi, per quel che mi riguarda, non mi sento particolarmente
sano, né vedo in giro tanta gente che scoppia di salute,
anche mentale, e anzi, per ciò che riguarda la salute
mentale, "scoppiare di salute" ha un aspetto vagamente sinistro...
Non per questo mi curo con la religione. Forse starei meglio, ma
proprio non riesco a crederci, è più forte di me, che
pure, in età diverse, mi sono appassionato a Sandokan e a
Madame Bovary, senza mai credere alla Resurrezione. Ed è qui
che avviene la cosa più imbarazzante. Immaginiamo che fossi
una ascoltata guida spirituale e che un giorno, sporgendomi alla
finestra, dicessi che bisogna votare in un certo modo perché
altrimenti Sandokan si offende, o anche solo che un valido motivo
per attuare la pace nel mondo sta nel fatto che in quel modo si
realizzano le aspirazioni di Tremal Naik e di Charles Bovary. Non
stento a pensare che questo comportamento getterebbe nella
costernazione chi mi è affezionato. Ma - e davvero questo
per me è un problema, non una domanda retorica - c'è
qualcosa di radicalmente diverso nella religione cattolica? Si
dirà che per i cattolici le vicende bibliche ed evangeliche
non sono romanzi, ma è un'arma a doppio taglio. Non sarebbe
meglio che la moltiplicazione dei pani e dei pesci fosse un
romanzo?» (si dovrebbe dire che è impagabilmente
stupido e che, per uno che pretende di essere considerato un
filosofo, equivale ad una squalifica definitiva)
A cui Odifreddi di rimando:
« John Nash, il matematico che ha ispirato il film "A
beautiful mind" e che di malattie mentali e di guarigioni
"miracolose" se ne intende, mi ha detto testualmente che "essere
mentalmente sani, significa VOLER ESSERE mentalmente sani". E
questo è il problema: molti malati, mentali o spirituali,
non vogliono affatto guarire, e stanno benissimo come sono,
cioè malati. E' un paradosso, ovviamente, lo star bene
quando si sta male, ma è precisamente quello che succede ai
religiosi: i quali, io credo, non desiderano altro se non
prolungare per tutta la vita i "piaceri dei tormenti infantili".
Perché, per come la vedo io, le religioni rispondono appunto
a esigenze tipicamente infantili: il volere, cioè, dare un
senso al mondo e alla vita in generale. Così come, sempre
per come la vedo io, l'esistenzialismo affronta problematiche
tipicamente adolescenziali: non a caso, leggere Dostoevskij o
Sartre sconvolge a quindici anni, ma annoia a quaranta. Così
come i fumetti divertono da bambini, ma appaiono sciocchi quando si
è adulti (mentalmente, ovviamente, non
anagraficamente)'...».
Ferraris: « Difatti (o, meglio, difetti, dato
l'argomento), questo è proprio il punto su cui mi
piacerebbe che si riflettesse. Non ho particolare gusto nel
polemizzare con la religione, anche perché sotto questo nome
c'è una infinità di cose. Ma, anche a concedere alla
religione (cioè, in Italia, essenzialmente al cattolicesimo)
tutto quello che vuole, e cioè tra l'altro anche cose
difficili da accettare come l'intromissione nella vita politica, e
il pontificare su questioni scientifiche nello stesso momento in
cui si parla tranquillamente dei miracoli, resta un problema di
fondo nella mentalità religiosa». (Ma la gente,
almeno nell'inconscio, si aspetta i miracoli e quindi aboliamo
questa aspettativa per legge. Avremmo costruito la peggiore
dittatura, che finirebbe puntualmente nel sangue dei suoi
sostenitori). « Paolo non solo diceva che se Cristo
non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede. Ma aggiungeva che se
Cristo non fosse risorto noi saremmo i più miserabili tra
gli uomini. Ecco, proprio mi sfugge. Perché dovremmo
considerarci miserabili solo perché non rinasceremo,
perché la nostra vita non ha niente di miracoloso,
perché prima o poi finisce?» (Paolo si riferiva
ai seguaci di Cristo che avrebbero nutrito una fede senza
fondamento) « Da questo punto di vista, noi moderni che ci
consideriamo tanto superiori agli antichi abbiamo fatto dei passi
indietro spaventosi. Nel libro cito, alla fine, una epigrafe che si
era fatta incidere sulla tomba un legionario romano, dunque non un
sofisticato intellettuale: "Sono sicuro che non c'è
domani". Sembra una frase piena di iattanza, ma sembra
soltanto. Perché l'alternativa sarebbe il famoso argomento
di Pascal della scommessa: "mi conviene pensare che c'è un
domani, tanto cosa ci perdo? Al massimo, niente". Ecco, magari lo
scommettitore non ci perde niente, e non si accorgerà
nemmeno di aver perso la scommessa se, come è probabile, la
perderà; ma gli altri, che magari non hanno scommesso,
devono sottostare ai gusti dello scommettitore, che
( a seconda delle varie
religioni) potrà decidere di farsi saltare
con una cintura esplosiva, di non autorizzare le trasfusioni ai
figli, o semplicemente di fare obiezione di coscienza, se medico,
alle interruzioni di gravidanza. Non sarebbe più serio,
più giusto, e alla fine anche più nobile non
scommettere su cose tanto importanti? Ricordo di aver visto da
ragazzo la tomba di Jim Morrison al Père Lachaise, e con lo
spray qualcuno aveva scritto più o meno "Jim è morto
/ non importa / perché un trip ce lo riporta". Era
già più realistico che la Resurrezione. Ma non
è meglio, anche moralmente, non è più giusto e
più serio rassegnarsi e basta? Come si legge su una pietra
tombale romana: "E' così, è ciò che vedi, non
può essere altrimenti"».
5) Mario Baudino, La Stampa
http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=6&sez=110&id=19613
« Ma, del resto, la propensione di Odifreddi all'esame
"critico", in nome del quale disprezza la Bibbia come "piena di
sciocchezze e orrori", apparentemente si arresta di fronte
all'Islam, sul quale, pur dichiarando di essere "contrario a tutte
le religioni, non solo a quella ebraica", non spende una parola.
Assoluto è il disprezzo che Odifreddi ostenta per i fatti:
"Il progetto dello Stato ebraico si basa sul principio che la
Palestina sia stata destinata da Dio a Israele", sentenzia.
" Theodor Herzl, il fondatore del sionismo, era un laico",
ribatte Baudino.
" Non importa" taglia corto il matematico autodefinitosi
"i mpertinente" (in realtà rispettosissimo dei dogmi
del politicamente corretto). Qualcuno dovrebbe spiegargli che
la storia non può essere ricostruita a priori, in base ad
assiomi ideologici. A giustificazione della sua adesione ai
più tipici pregiudizi antisraeliani e alla propaganda
d'odio contro lo Stato degli ebrei, Odifreddi ripete inconsistenti
banalità come "non sono certo antisemita: uno scienziato non
può credere alle razze. Però altra cosa è
l'antisionismo" ed elegge a suo maestro l'immancabile nume
tutelare ebreo dell'"anti-sionismo". In questo caso il più
famoso di tutti: il linguista e guru della sinistra Noam Chomsky.
Ancora una volta, gli argomenti di Odifreddi non tengono conto
né dei fatti, né della logica: l'antisemitismo
può anche non avere immediatamente a che fare con le teorie
razziste, com'è provato dalla storia dell'antigiudaismo
religioso, e l'essere d'accordo con un ebreo non prova che
non si è antisemiti. Conta ciò che viene detto, non
chi lo dice. Ma sul sionismo il "razionalista" Odifreddi si
converte al principio di autorità».
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