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Irlanda Del Nord: martirio oscurato e nascosto
Luciano Garofoli
07 Aprile 2013
Tiocfaidh ár lá Il nostro giorno verrà (Bobby Sands) Se posso trattare questo argomento con completezza, devo un ringraziamento particolare ad Alessia Lai, una coraggiosa giornalista e scrittrice di Rinascita, quotidiano davvero controcorrente e sempre in prima fila nella ricerca della Verità anche se questa può risultare scomoda e può causare, spesso, dei forti problemi, soprattutto economici. Alessia mi ha fornito tutta una serie di informazioni che lei ha raccolto, di prima mano, in vari viaggi in Irlanda del Nord, fatti negli ultimi due anni. Breve Carrellata Storica Quando parliamo di storia irlandese, purtroppo essa si lega a tutta una serie di lotte e di guerre che gli abitanti della terra di San Patrizio, dovettero subire e porre in essere per affermare la loro identità nazionale e la loro indipendenza dalla invadenza e protervia britannica. L’Irlanda fu elevata dal rango da Signoria a Regno a tutti gli effetti, sotto Enrico VIII. Già dal XII secolo, periodo dell’antica lordship, l’Irlanda aveva ottenuto, ricalcando il modello britannico, un suo parlamento bicamerale, consistente in una House of Commons (Camera dei Comuni) ed in una House of Lords (Camera dei Lords). I membri di entrambe le assemblee erano tuttavia un numero molto ristretto di persone che avevano poteri limitati: non potevano essere Gaelici ed ogni iniziativa, secondo la Poynings Law del 1494, doveva essere approvata dal Privy Council inglese. Dopo il 1541, Enrico VIII ammise nel Parlamento anche i lord Gaelici e riconobbe i loro titoli terrieri, in cambio della loro sottomissione ed il riconoscimento, da parte loro, del titolo di Re d’Irlanda. Il reale potere, tuttavia, non era detenuto dal Parlamento, bensì dal Lord Deputy, sorta di Viceré d’Irlanda, che era nominato direttamente dal Re d’Inghilterra per governare effettivamente l’isola. Il Parlamento, quindi, si riuniva soltanto quando lo decideva il Lord Deputy, se era necessario passare nuove leggi o istituire nuove tasse. Con l’istituzione di un governo locale, il passo successivo di Enrico VIII fu quello di estendere il controllo effettivo inglese su tutta l’isola, sia negoziando, sia combattendo con i Signori e Re irlandesi indipendenti. Questo processo, per arrivare al termine impiegò quasi un secolo e costò enormi perdite di sangue per assimilare completamente i Lord, o anche, a volte, per sopprimerli, essendo in molti casi titolari di regni, spesso, più vecchi di settecento anni, quindi con un forte radicamento nelle popolazioni locali. La totale riconquista ed assoggettamento alla corona Britannica fu completata durante i regni di Elisabetta I e Giacomo I, dopo vari sanguinosi conflitti. Le Ribellioni Desmond (1569–1573 e 1579–1583) avvennero nella provincia meridionale del Munster, quando la dinastia dei Fitzgerald, Conti di Desmond, cercò di resistere all’imposizione di un governatore inglese nella regione. La seconda di queste ribellioni fu sedata con l’uso di una carestia forzata (vi ricorda forse quel che fece Stalin, tra le due guerre?) che potrebbe aver ucciso fino ad un terzo della popolazione del Munster: all’epoca gli uffici dell’anagrafe erano, fortunatamente, molto sommari. Dalla metà del XVI secolo e fino all’inizio del XVII secolo, i governi della Corona attuarono una politica di colonizzazione conosciuta come le Plantations. Protestanti inglesi e scozzesi venivano mandati come coloni nelle province del Munster, dell’Ulster e nelle contee di Laois ed Offaly. Il più grande di questi progetti, la Plantation dell’Ulster, insediò circa 80.000 inglesi e scozzesi nel nord dell’Irlanda. I cosiddetti Ulster Scots erano sostanzialmente presbiteriani e si distinguevano dagli inglesi che, ovviamente, erano anglicani. Questi nuovi insedianti, con marcata identità britannica e protestante, avrebbero formato la futura classe dirigente amministrativa in Irlanda. Un vasto numero di leggi penali discriminò tutte le pratiche legate alla fede Cattolica, o che comunque non fosse quella Anglicana, imposta come religione di stato nella forma della Church of Ireland. Le principali vittime furono ovviamente i Cattolici, che vennero affiancati nel XVII secolo anche dai presbiteriani. Dal 1605, i Cattolici vennero esclusi dagli uffici pubblici e dalle armate. Nel 1615, le rappresentanze del Parlamento irlandese furono modificate in modo tale che i Protestanti fossero sempre in maggioranza in ogni votazione. A questo punto arriviamo a quella criticità, che ancora oggi è alla base della grave situazione dell’Ulster. Il re d’Inghilterra Giacomo II Stuart, diventato cattolico, sale al trono d’Inghilterra. È cugino di Luigi XIV di Francia, ma ovviamente il suo regno è molto avversato dall’elemento anglicano e protestante, che vuole impedire, a tutti i costi, il ritorno dell’Inghilterra all’obbedienza di Roma, sempre vista come un’interferenza della libertà e degli interessi britannici. Il re, dopo la nascita di un erede maschio, è costretto a fuggire in Francia e rifugiarsi dal cugino Luigi XIV. Il re di Francia gli mette a disposizione, ancora una volta, quell’esercito che Giacomo aveva rifiutato e che aveva determinato la sua abdicazione e l’assunzione della corona, in condominio, tra la figlia Maria, protestante, e lo Statolder d’Olanda Guglielmo II di Orange Nassau Questi era stato chiamato dal parlamento inglese per verificare l’effettivo funzionamento delle libertà civili inglesi. In realtà Guglielmo si preparò ad una vera e propria invasione dell’Inghilterra. Nel 1689 Giacomo sbarcò in Irlanda e, ben presto, riuscì a controllare tutta l’isola cacciando Guglielmo e occupando, le ultime roccaforti inglesi. Nonostante tutto, nel giugno del 1690 Guglielmo d’Orange, riuscì a sbarcare nei pressi di Belfast, con 15 mila uomini e si diresse subito verso sud dove era l’esercito di Giacomo. Il primo luglio sul fiume Boyne Guglielmo d’Orange sconfisse Giacomo costringendolo alla fuga. Sul finire del XIX secolo la maggioranza del popolo irlandese chiedeva l’indipendenza dal governo inglese; il Partito Nazionalista Irlandese chiese alla Camera dei Comuni britannica l’istituzione dell’autogoverno (in inglese Home Rule) in tutto il territorio irlandese. Tale atto avrebbe garantito al Regno Unito, il possesso dell’Irlanda nell’ambito del suo immenso Commonwealth, ma, contemporaneamente, avrebbe dato agli irlandesi la possibilità di gestire da soli la politica e l’economia interna della loro isola, cosa del resto già concessa senza problemi a Canada ed Australia. Nel 1886 e nel 1893, questa proposta passò con voto favorevole alla Camera dei Comuni britannica, ma in entrambi i casi fu respinta dalla Camera dei Lord. Questo portò a gravi conseguenze politiche, che costarono addirittura delle modifiche alla legislatura inglese: nel 1911, infatti, fu approvato un decreto che toglieva il potere alla Camera dei Lord di rigettare le proposte di legge avanzate da quella dei Comuni: a questo punto, la firma sul decreto di autogoverno sembrava imminente nel giro di poco tempo. Ma gli Unionisti protestanti erano nettamente contrari a tale ipotesi e chiedevano il rispetto del precedente Atto di Unione del 1800 che stabiliva la definitiva e perenne unione del territorio dell’Ulster alla Gran Bretagna. Il 28 settembre del 1912, James Craig, capo degli unionisti, redasse un documento con cui chiedeva che l’Ulster fosse escluso dall’autogoverno, raccogliendo ben 450.000 firme. Il gesto era significativo. L’Irlanda del Nord era la regione più ricca dell’isola, e Belfast era un porto privilegiato per i traffici con la Scozia e l’Inghilterra. La massiccia colonizzazione inglese della regione aveva portato anche ad un sensibile squilibrio religioso: in Ulster, la maggioranza era nettamente protestante, mentre il resto dell’isola era sempre stato, storicamente, cattolico. Nel frattempo il governo inglese passava dai Laburisti ai Conservatori, che non vedevano assolutamente di buon occhio l’autogoverno irlandese, e nel Parlamento era dato ampio spazio agli Unionisti. Spinti dalla situazione politica favorevole, nacque il primo gruppo armato paramilitare irlandese: gli unionisti dettero vita ai Volontari dell’Ulster. Gli indipendentisti reagirono, a ruota, creando il Gruppo dei Volontari d’Irlanda. In questi frangenti scoppiò la prima guerra mondiale e si decise di soprassedere in attesa di risolvere il più grave problema scoppiato sul continente. Tuttavia, anche in piena guerra, qualcosa si continuò a muovere. Durante le celebrazioni pasquali del 1916, ci fu la cosiddetta Sollevazione di Pasqua, in cui gli indipendentisti, guidati da Thomas Clarke e James Connolly chiedevano la fine dell’autogoverno, che secondo loro era troppo filo-inglese. La rivolta, che non suscitò l’entusiasmo popolare, neppure negli ambienti repubblicani e nazionalisti, venne repressa dopo pochi giorni. Fu, invece, la brutale esecuzione di alcuni insorti, tra cui uno dei principali esponenti della rivolta, James Connolly, avvenuta nel carcere di Kilmainham, nelle settimane successive, a mutare radicalmente l’atteggiamento della pubblica opinione sulla Sollevazione di Pasqua, chiamata successivamente anche Pasqua di Sangue. Nel 1917 i Volontari Irlandesi assunsero le leve del comando del partito Sinn Féin (Noi soli), rimasto senza capi, e nel 1919 cambiarono il nome delle loro truppe in Irish Republican Army (Esercito repubblicano irlandese), conosciuto con l’acronimo IRA. Dopo la fine della guerra, la crisi tra Irlanda e Regno Unito si fece più acuta. Alle elezioni per il rinnovo del Parlamento britannico, il nuovo partito indipendentista irlandese ottenne 23 dei 30 seggi destinati ai rappresentanti dell’isola. Ma questi si rifiutarono di sedere nel Parlamento inglese di Westminster e ne costituirono uno fuorilegge, il Dáil Éireann. Questo proclamò l’indipendenza di tutta l’isola, che però non fu riconosciuta da nessun paese estero; fu così che iniziò la Guerra d’indipendenza irlandese. Guerra d’indipendenza irlandese Dopo un’aspra guerra di indipendenza, nel 1921 i rappresentanti del governo britannico ed i rappresentanti del Dáil Éireann, parlamento fuorilegge irlandese, negoziarono la pace. In ambito internazionale lo stato irlandese fu riconosciuto con il nome di Stato Libero d’Irlanda (in gaelico Saorstát Éireann, in inglese «Irish Free State»). Il nuovo Stato libero avrebbe dovuto coprire in teoria l’intera isola, ma le due parti concordarono che l’Irlanda del Nord (che era già diventata un’entità autonoma) potesse scegliere se rimanere sotto il Regno Unito, cosa che fece. Il Dáil Éireann approvò il trattato di pace. Una volta assicuratasi la fedeltà al Regno Unito, l’Irlanda del Nord, mise in atto una feroce vendetta verso tutti quelli che, in un modo o nell’altro, venivano considerati troppo vicini alla politica dell’Eire: furono ridisegnati i confini elettorali, in modo da inserire i cattolici in distretti a maggioranza schiacciante protestante, estromettendoli così dal potere. L’insegnamento del gaelico venne quasi proibito, in favore dell’inglese. La minoranza cattolica e nazionalista veniva messa in una condizione di vera e propria soggiogazione. Il comportamento dell’Inghilterra dimostra in questa, come in altre circostanze similari, un farisaismo ed un modo sadico di affrontare le situazioni. Il desiderio di vendetta guida una repressione ed una riduzione degli avversari in uno stato di semi-schiavitù. Questo è ancora oggi l’atteggiamento dominante degli Unionisti nei confronti della minoranza cattolica nord irlandese: soprusi, vessazioni, ostentazione di supremazia e di sfida sfacciata, sono quotidianamente inferti, a mo’ di sfregio, alla tormentata popolazione cattolica dell’Ulster. Nessuno ovviamente, né le prefiche prezzolate americane dei diritti umani ad oltranza; né «le vergini dai candidi manti» di casa nostra che levano le loro urla contro gli antidemocratici di tutto il mondo; né i pacifisti prezzolati a tempo pieno, né assolutamente i Soloni dell’Unione Europea si degnano di levare almeno una nota formale di protesta contro il comportamento davvero obbrobrioso, che le autorità britanniche tengono in Ulster. Insomma gli Inglesi non si toccano, sono i primi della classe, i nobili e gelosi custodi dei diritti umani e delle libertà personali: sono sempre stati i migliori e se anche dovessero, per disgrazia, fare pipì a letto, tutti sarebbero pronti a giurare che hanno abbondantemente sudato! Nessuno è disposto a ricordare come in India tirassero secchiate di orina di bovini contro i dimostranti indipendentisti non violenti, o come solessero tirare pelli di maiale contro i mussulmani pachistani, cosa che rendeva altamente impuri, per mantenere l’ordine pubblico e disperdere i dimostranti. Negli anni 50 l’IRA iniziò una vera e propria lotta armata, dapprima in maniera molto sporadica, poi facendole assumere un crescendo sempre più rilevante. Si arriva così al fatidico 1968, anno di contestazioni e disordini mondiali, in Irlanda del Nord i disordini sfociarono in una vera e propria rivolta armata e, di conseguenza, il governo britannico inviò l’esercito per separare le fazioni. Ma la funzione specifica dell’esercito non era quella di mantenere la separazione delle parti, garantendo così una forma di convivenza civile, ma la sua presenza più o meno velatamente, favoriva la popolazione protestante e filo britannica in maniera smaccata. Nel 1969, si ebbe la prima uccisione di un soldato britannico: questo episodio fu l’inizio di una presa di coscienza da parte della popolazione cattolica, sempre più angariata e lesa nei suoi diritti fondamentali civili e politici. A Derry, il 30 gennaio 1972, durante una delle innumerevoli manifestazioni di protesta contro l’impiego dell’esercito britannico, i paracadutisti di Sua Maestà aprirono il fuoco ed uccisero tredici manifestanti disarmati. L’episodio prese, poi, il nome di Bloody Sunday (domenica di sangue). L’eco dell’episodio violento e barbaro, pose in primo piano il gravissimo problema dell’Ulster e gli fece guadagnare le prime pagine dei giornali del mondo.
Le forze speciali britanniche manganellano un cattolico durante il Bloody Sunday
E fu proprio a causa di questi fatti che Robert Gerard Sands detto Bobby (Roibeard Gearóid Ó Seachnasaigh in Irlandese), trasferitosi con la famiglia a Belfast, decise di unirsi ai Povisional dell’IRA, gruppo dissenziente che si era formato dopo gli avvenimenti della Bloody Sunday. Bobby Sands così racconta la sua decisione: «Avevo visto troppe case distrutte, padri e figli arrestati, amici assassinati. Troppi gas, sparatorie e sangue, la maggior parte del quale della nostra stessa gente. A 18 anni e mezzo mi unii all’IRA». Divenne membro del Primo battaglione della Brigata Belfast. L’IRA cercava di rintuzzare la campagna di violenze condotte dai vari gruppi Lealisti, tra i quali si distingueva l’UDA (Ulster Defence Association), la situazione degenerò fino quasi a sfociare in guerra civile. Nell’ottobre del 1972 Sands fu arrestato dagli Inglesi per detenzione di quattro pistole e rimase in carcere fino all’aprile del 1973 senza processo. In Ulster a causa del perdurare dello stato di guerra era prevista la possibilità di detenzione, anche sul solo sospetto, in attesa di giudizio. Questa procedura, in verità, sarebbe stata cassata dagli accordi detti del Venerdì Santo del 10 aprile 1998, ma in realtà l’abolizione è rimasta solo sulla carta ed ancora oggi si assiste all’applicazione arbitraria di questa norma, grazie al controllo che gli Unionisti hanno sull’apparato statale ed in particolare sulla polizia. Dopo essere stato ritenuto estraneo all’attentato contro un mobilificio, fu anche assolto dall’accusa di aver partecipato ad un conflitto a fuoco contro uomini del Royal Ulster Constabulary. Nel settembre 1977 Sands fu processato per possesso illegale di armi da fuoco e condannato a 14 anni di carcere. Fu inizialmente rinchiuso nel carcere di Crumlin Road, in cui fu coinvolto in tumulti a causa dei quali fu tenuto nudo per 15 giorni e costretto al digiuno una volta ogni tre giorni. Fu poi trasferito nel carcere di Long Kesh, ribattezzato dagli inglesi Maze dopo che era stata costruita una nuova ala di massima sicurezza del carcere, formata da 8 edifici a un piano a forma di H, che divennero tristemente noti come H-Blocks, Blocchi H.
Monumento allo H-block, Bogside, in memoria dei morti nello sciopero della fame
In carcere Sands divenne scrittore e giornalista: scriveva su cartine di sigarette e su pezzi di carta igienica che venivano rocambolescamente fatti uscire dal carcere con degli stratagemmi e poi pubblicati, sotto lo pseudonimo di «Marcella», dal giornale repubblicano An Phoblacht-Republican News. I prigionieri dell’IRA organizzarono una serie di proteste per cercare di riottenere lo status di prigionieri politici. Questa condizione particolare era negata loro dal governo in quanto i loro reati erano stati commessi dopo il 1º marzo 1976. Lo scopo era quello di non essere soggetti alle normali regole carcerarie. Le forme di protesta iniziarono con la blanket protest (protesta delle coperte) nel 1976, nel corso della quale i detenuti si rifiutarono di indossare la divisa carceraria e si vestirono solamente di una coperta. Nel 1978 iniziarono la dirty protest (protesta dello sporco), escalation che vide i prigionieri vivere nello squallore: spalmavano gli escrementi sui muri delle celle e buttavano l’urina sotto le porte, poiché venivano sistematicamente e duramente picchiati dai secondini quando lasciavano le celle per andare al bagno a svuotare i buglioli. Ancora oggi, nella prigione di Maghaberry, i detenuti politici devono sottostare alle «strip searches» umilianti perquisizioni personali, anche molto profonde ed intime, ogni qual volta lasciano la cella. Alcuni di loro hanno deciso di attuare di nuovo la dirty protest per non essere malmenati ogni qual volta devono raggiungere i bagni. Nonostante le ripetute denunce e le proteste il ministro della giustizia di Stormont David Ford difende come legittime queste pratiche assolutamente disumane, in quanto elementi repubblicani hanno minacciato di morte alcuni secondini della prigione. Dopo più di 4 anni di vita carceraria in condizioni disumane, i detenuti decisero di risolvere la questione una volta per tutte e il 27 ottobre 1980 iniziarono uno sciopero della fame. Guidati da Brendan Hughes, fino ad allora OC (Officer Commanding) dei detenuti dell’IRA, sette detenuti digiunarono per 53 giorni fino al 18 dicembre, quando Sean McKenna, con uno di loro ridotto ormai in fin di vita, decisero di porre fine al digiuno, anche sulla base di vaghe promesse formulate del governo inglese guidato dalla Lady di Ferro Margaret Thatcher la quale, una volta cessato lo sciopero, non mise in pratica i cambiamenti del regime carcerario che prima aveva promesso. Il primo marzo 1981 Bobby Sands, diventato OC al posto di Hughes all’inizio del primo sciopero, cedette il comando dei detenuti a Brendan Bik McFarlane e cominciò a rifiutare il cibo. Sands decise che gli altri prigionieri avrebbero dovuto unirsi allo sciopero della fame, ad intervalli regolari, con l’obiettivo di aumentare l’impatto propagandistico e la pressione sul governo britannico, ogni volta che un detenuto in sciopero raggiungeva la fase critica del digiuno. Mentre era in svolgimento lo sciopero della fame, morì il deputato al parlamento britannico Frank Maguire. Lo Sinn Fein portò Sands come candidato e fu eletto superando il candidato dell’Ulster Unionist Party: era il rappresentante dichiarato Anti H-Blocks/Armagh (1) Political Prisoner. Con la solita solerzia e rigidezza repressiva, il Governo del Regno Unito cambiò la legge, poco dopo, introducendo il Representation of the People Act. Questo proibiva ai detenuti di partecipare alle elezioni, e richiedeva un periodo di cinque anni dal termine della pena, prima che un ex detenuto potesse candidarsi. Non so se ricordate la presentazione nelle liste del Partito Radicale di personaggi come Enzo Tortora e Tony Negri i quali, eletti, ottennero l’immunità parlamentare e poterono svolgere il loro mandato. Nonostante l’elezione Bobby Sands restò in galera, non solo, tre settimane dopo morì nell’ospedale della prigione, dopo 66 giorni di sciopero della fame. Immaginate cosa sarebbe successo in Italia se un governo avesse lasciato morire di fame Curcio, o Moretti, o Franceschini delle BR, immaginate anche se il governo avesse rifiutato la scarcerazione ad uno di questi personaggi dopo una loro eventuale elezione a Montecitorio: nessuno alzò un dito o osò criticare la Lady di Ferro, nessuno cominciò per protesta lo sciopero della fame per solidarietà, o per denunciare quello che era un vero e proprio assassinio politico. In Ulster l’annuncio della morte di Sands, diede il via a rivolte che durarono diversi giorni, nelle zone nazionaliste dell’Irlanda del Nord. Oltre 100.000 persone si schierarono lungo il percorso del suo funerale, dalla casa di Sands a Twinbrook, West Belfast, fino al cimitero cattolico di Milltown, dove sono sepolti tutti i volunteers dell’IRA di Belfast. Dopo di lui, altri nove uomini morirono tra il maggio e l’agosto del 1981. Gran parte dei repubblicani irlandesi e dei simpatizzanti dell’IRA guardarono a Sands e agli altri nove, come a dei martiri che resistettero all’intransigenza del governo britannico e molti nazionalisti irlandesi, che pure disapprovavano l’IRA e la sua metodologia di lotta, furono scandalizzati dalla posizione del governo di Sua Maestà.
Martiri dello sciopero della fame del 1981 Bobby Sands Francis Hughes Patsy O’Hara Raymond McCreesh Joe McDonnell Martin Hurson Kevin Lynch Kieran Doherty Thomas McElwee
Michael Devine
La copertura mediatica che circondò la morte di Bobby, produsse un nuovo flusso di consenso per l’IRA, che ottenne molti nuovi membri e incrementò la sua capacità di raccogliere finanziamenti. Molte persone si sentirono spinte a cercare di spezzare la connessione britannica aiutando l’IRA, non vedendo altre opzioni di fronte all’atteggiamento intransigente e la chiusura totale dei politici inglesi nei confronti dell’Irlanda del Nord. Così lasciò scritto di sé Bobby Sands: «Ero soltanto un ragazzo della working class proveniente da un ghetto nazionalista, ma è la repressione che crea lo spirito rivoluzionario della libertà. Io non mi fermerò fino a quando non realizzerò la liberazione del mio Paese, fino a che l’Irlanda non diventerà una sovrana, indipendente, repubblica socialista». C’è chi ancora oggi così scrive, con una fortissima sensibilità ed un altrettanto profondo senso di umanità:
«Bobby Sands non fu Ghandi né Pannella. E il suo sciopero della fame ad oltranza è stato l’ultimo atto di violenza di un terrorista dell’IRA contro uno stato che considerava nemico, la Gran Bretagna di Margaret Thatcher. Quando il 5 maggio 1981, Bobby Sands morì nella prigione di Maze, a pochi chilometri da Belfast, aveva 27 anni, un terzo dei quali passati in prigione. E lo sciopero della fame lo aveva iniziato per protestare contro l’abolizione dello status di categoria speciale. Lo Special Category Status (Scs) che veniva garantito, a partire dal 1972, a tutte le persone che venivano arrestate per cause legate al movimento separatista dell’Irlanda del Nord. La sua abolizione, voluta saggiamente dalla Thatcher, era stata venduta dal movimento terrorista come una misura per criminalizzarlo e allontanare la questione dell’Irlanda del Nord dal piano politico per renderla solo un problema di ordine pubblico.
Eppure bastava vedere la storia della criminalità organizzata durante il proibizionismo alcolico in America per accorgersi che in realtà l’Ira tra il 1919 e il 1933 stava ai contrabbandieri di whiskey dell’epoca, come oggi le Farc stanno ai narcos della cocaina in Sud America. Altro che ideali».
Non penso che questo pezzo di prosa, così esaltante, abbia bisogno di commenti. Oggi se un detenuto politico inizia lo sciopero della fame in Irlanda del Nord, viene sottoposto ad alimentazione forzata per evitare che possa ripetersi quanto successo nel 1981: sempre con un tipo di approccio al problema, estremamente morbido e rispettoso dei diritti di chi lotta per un ideale politico. Ma parafrasando il Giulio Cesare di Shakespeare posiamo affermare: «Ma gli Inglesi si sa sono uomini d’onore!»
Il funerale di Bobby Sands
Lungo tutti gli anni settanta e ottanta, gli estremisti di entrambi gli schieramenti, portarono avanti una serie di brutali omicidi, spesso commessi, anche a danno di civili innocenti. Poi sono arrivati gli Accordi del Venerdì Santo del 10 aprile 1998, che avevano acceso tante speranze: a cinque anni di distanza il disagio della popolazione cattolica è rimasto intatto. Con l’aggravante che ormai sempre meno persone hanno voglia di seguire Sinn Fein nel suo appiattimento nei confronti degli unionisti. È già nata la Real IRA che in clandestinità combatte, ancora, la battaglia repubblicana indipendentista. Le città restano divise da muri, cancelli, i protestanti sono sempre allo stesso livello di arroganza e di sopraffazione provocatoria; la crisi economica è sempre più mordente e non risparmia, lei sì imparzialmente, né i ghetti operai e proletari protestanti che quelli cattolici. Il disagio giovanile, la disoccupazione spingono sempre più persone in braccio alle opposte fazioni che fanno dell’appartenenza religiosa solo una pallida foglia di fico. Regolarmente ogni anno, intorno alla metà di luglio, le Logge Orangiste (sì avete letto bene Logge Orangiste i cui capi sfilano in bombetta, grembiulino e manicotti sull’avambraccio, oltre che con l’immancabile collare da cui pendono tanto di squadra e compasso) organizzano le loro marce e parate anticattoliche con la pretesa di sfilare su strade in cui da un lato abitano solo protestanti, dall’altro solo cattolici, creando frizioni e scontri fomentati da elementi sempre più giovani. Come se non bastasse per la notte del 12 luglio, vengono preparate enormi pire fatte di materiali da ardere: potature di alberi, pallets da imballaggio alla sommità delle quali vengono poste o delle bandiere verdi bianco gialle simbolo dei repubblicani «dissidenti», oppure pupazzi con in testa una mitra o una tiara vestiti da preti o da Papi: in tarda serata viene loro appiccato il fuoco e le fiamme illuminano sinistramente tutta la città. Intorno a questi giganteschi e sinistri roghi gli unionisti ballano, cantano bevono alcoolici e si ubriacano insultando e deridendo le minoranze avversarie delle Sei Contee. Sentite cosa scrive Alessia Lai:
«Twaddel Avenue sbocca sulla Crumlin Road. Non è un semplice incrocio stradale. È l’angolo in cui finisce una via lealista e inizio un quartiere irlandese di Belfast. Non ci sono muri o cancelli, come succede in altre parti della città. In pochi metri si passa da un quartiere protestante, fedele a Sua Maestà, ad un sobborgo cattolico, bastione della resistenza nazionalista repubblicana irlandese. Finiscono le bandiere britanniche e iniziano i tricolori irlandesi. Il muro, qui, è invisibile. Ma c’è. Ed è qui che inizia il quartiere dell’Ardoyne, dove la rivolta irlandese di questi giorni è esplosa più forte in risposta alle provocatorie marce orangiste…
(gli Orangisti) Educano. I bambini inglesi, tanti, spesso in testa ai gruppi, mentre reggono stendardi e nastri, imparano l’arroganza del potere. La respirano celebrando la superiorità della propria comunità sulla minoranza irlandese delle Sei Contee. …L’odio si impara fin da piccoli. Lo sanno bene gli altri bambini, quelli irlandesi dei sobborghi cattolici della città. In prima fila nelle proteste: figli, nipoti, cugini di carcerati e perseguitati dai britannici…. …Nei muri dei loro quartieri lo Sinn Fein cancella con pennellate di verde i manifesti che ricordano e sostengono i prigionieri repubblicani del carcere di Maghaberry, che lottano per riottenere lo status di detenuti politici e contro trattamenti inumani e degradanti dei carcerati e delle loro famiglie. Nella civile Europa ci sono carcerati che devono urinare e defecare nei contenitori vuoti del latte o del succo di frutta, che non si possono fare una doccia, perché vengono quotidianamente picchiati e umiliati. Nulla trapela nella stampa internazionale. La stessa Bbc dedica ai riots di Belfast di questi giorni qualche articolo di secondo piano, figuriamoci quale spazio possono avere le condizioni dei prigionieri di Maghaberry. Il partito di Gerry Adams ha barattato i diritti e la libertà del popolo irlandese con la gestione del potere politico nelle Sei Contee. Gli scranni nel parlamento di Stormont valgono bene il voltafaccia nei confronti della comunità nazionalista, di quelli che vengono definiti dissidenti repubblicani. Mentre l’Unione Europea, che racchiude in sé anche le Sei Contee, sembra non essersene mai accorta».
E che dire del caso di Marian Price sentiamo ancora Alessia Lai:
«…detenuta dal 15 maggio 2011, arrestata per aver retto materialmente un foglio dal quale un uomo col passamontagna aveva letto un discorso in occasione dell’annuale commemorazione dell’Easter Rising a Derry. Pochi giorni dopo la celebrazione, infatti, il segretario di Stato per il Nord Irlanda, Owen Paterson, aveva revocato l’ordine che le permetteva di stare fuori dal carcere, ottenuto in seguito ad una grazia reale – e quindi non una semplice licenza –, contro la quale Paterson non avrebbe potuto nulla. Di fronte a questa contestazione Paterson e il Northern Ireland Office hanno affermato che l’unica copia del documento che attestava la grazia sarebbe andato distrutto e quindi la concessione reale non poteva in alcun modo essere dimostrata».
La Price soffre di una grave forma degenerativa di malattia ed è in fase terminale, sarebbe necessario che fosse sottoposta ad un costante monitoraggio, mentre le medicine che le servono sono di difficile reperibilità nell’infermeria del carcere di Hydebank: ogni qual volta gli amministratori britannici si vedono troppo esposti a critiche che rischiano di travalicare anche i confini delle Sei Contee, fanno qualche passo indietro. Nei suoi confronti nessuna accusa precisa è stata formulata e fino ad ora si trova rinchiusa in prigione da innocente. Come negli anni ’70 basta essere dei militanti repubblicani per finire in cella, senza prove, senza accuse. Il torto, per Londra, è ancora quello di essere Irlandesi e di volere le Sei Contee libere dall’occupazione britannica. La cosa che forse genera più tristezza è che l’EIRE, a suo tempo accettò il referendum che permettesse, alle Sei Contee di scegliere se restare con il Regno Unito o se far parte del nuovo stato irlandese. Oggi la stessa EIRE si disinteressa del tutto a ciò che avviene nel nord dell’isola, anzi guarda con molta attenzione all’Inghilterra più che alla sua tradizione di indipendenza e di cattolicità: per i reietti nessuna solidarietà! Il governo di Sua Maestà spende dei bei milioni di sterline ogni anno, per incitare la popolazione, specialmente i pensionati, a trasferirsi nel Nord Irlanda, o almeno trascorrere un periodo di vacanza nell’Ulster, vero paradiso per i vacanzieri britannici: tanto per non alterare gli equilibri tra le due comunità delle Sei Contee. Tutto ciò non trova, naturalmente, spazio in nessuna pagina e nemmeno in un trafiletto dei nostri illuminati giornaloni così solleciti a piangere calde lagrime nei confronti di una Baraldini o verso i prigionieri politici di qualsivoglia stato a loro inviso. La cosa più assurda è che nessun tipo di reprimenda, nemmeno verbale arriva al Foreign Office di Londra da nessuna parte, né dall’ONU e men che meno dalla sempre tanto saputa UE : Londra è la capitale della tolleranza, della democrazia delle lotte in favore di tutti i diritti degli oppressi. In realtà niente è cambiato da quando le cannoniere di Sua Graziosa Maestà britannica arrivavano nei porti dei paesi del terzo mondo seppellendo sotto i colpi di cannoni tutto quello che era loro portata. Né oggi qualcosa di nuovo si intravvede di diverso, da quanto avveniva nelle colonie britanniche, dove un dominio imposto con la forza, spoliava e saccheggiava le risorse di interi paesi africani ed asiatici per fare più grande e più ricco il Brithis Empire. Che qualcuno oggi si azzarda a criticare l’operato di Cecil Rodhes in Sudafrica o di Lord Mountbatten quando era Viceré in India? Oppure in Ulster vengono forse applicati metodi diversi da quelli usati, sempre in Sudafrica, contro i Boeri? O qualcuno si allarmò perché la Gran Bretagna sostenne una guerra con l’Argentina per il possesso delle Malvinas? Qualcuno criticò gli inglesi dicendo che erano degli imperialisti e dei colonialisti? L’Inghilterra continua a vivere più o meno di dorati ricordi nel suo splendido isolamento, lodata, venerata e presa ad esempio da tutti: infondo quando a Calais c’è mare grosso è il Continente ad essere isolato e non è vero che gli Inglesi guidino a sinistra, sono gli altri che guidano dalla parte sbagliata! Luciano Garofoli
1) Armagh era il carcere femminile in cui erano recluse le prigioniere dell’IRA
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