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Giochi di parole
13 Agosto 2010
Non bastano i media; adesso, la giurisprudenza che conta fissa, i parametri normativi di costituzionalità di una normativa; obbliga, in certo modo, il legislatore (già schiavizzato dalle pressioni delle diverse lobby) a prendere decisioni fondamentali per il bene comune dei cittadini.
«Dopo la sentenza che in California ha definito incostituzionale vietare le nozze fra omosessuali, facciamo un viaggio fra i Paesi in cui le nozze sono riconosciute e in quelli che riconoscono pari diritti a tutte le coppie o ne concedono alcuni alle unioni civili, anche gay e lesbiche. I primi sono stati i Paesi Bassi, nel 2001. L’Italia non ha alcuna legge di tutela.
L’ultima è stata l’Argentina. Con la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, con il pieno sostegno della presidente, Cristina Kirchner, è diventata il primo Paese dell’America Latina a riconoscere questo diritto. Il decimo al mondo. Ed è di questi giorni la notizia che la Corte Suprema del Messico ha detto sì alle nozze fra persone dello stesso sesso, votando a favore della legge che da sei mesi le consente solo a Città del Messico e respingendo il ricorso della Procura secondo cui la norma vìola il principio che costituzionalmente protegge la famiglia. Città del Messico era stata la prima città dell’America Latina ad aver approvato il matrimonio gay, nel dicembre del 2009. Lo stesso parlamento aveva già ammesso le unioni civili nel 2006. A questi, rileva Arcigay, se ne devono aggiungere altri 17 che riconoscono pari diritti a tutte le coppie o, in alternativa, concedono alcuni diritti alle unioni civili, anche gay e lesbiche. A livello globale, Asia e Africa sono i continenti in assoluto più indietro dal punto di vista dei diritti delle persone Glbt (un acronimo utilizzato come termine collettivo per riferirsi a persone lesbiche, lay, bisessuali e lransgender, cioè transessuali, ndr).
Basti pensare che solo in Africa, in 38 Stati su 53 l’omosessualità è punita dalla legge e, spesso, si può finire in galera anche solo per essere sospettati di aver avuto una relazione di questo tipo. Sono stati i Paesi Bassi, nell’aprile del 2001, i primi a permettere il matrimonio tra omosessuali, riconoscendo loro gli stessi diritti e doveri delle coppie eterosessuali. Con 107 voti a favore e 33 contrari, il Parlamento eliminò ogni forma di discriminazione esistente in materia. La legge richiede oggi che, per sposarsi, almeno una delle due persone sia un cittadino olandese o risieda nei Paesi Bassi. Il 30 gennaio del 2003 è toccato al Belgio, che ha licenziato una legge con una larga maggioranza parlamentare. In Spagna il matrimonio tra omosessuali è divenuto realtà dal 2005 e c’è anche la possibilità di adottare bambini (accanto al matrimonio, continuano ad esistere le leggi e i registri delle coppie di fatto). In Svezia, così come avviene in Norvegia, i gay si possono anche sposare in chiesa, dopo il sì alla legge del Parlamento all’inizio del 2009. Dal novembre dello stesso anno, la chiesa luterana svedese si è infatti detta pronta a celebrare le unioni davanti all’altare, nonostante al suo interno si fossero levate voci contrarie alla decisione. Il Canada ha legalizzato questi matrimoni nel luglio 2005, aprendo le porte anche a cittadini residenti all’estero (il 10 agosto, toccherà a due cittadini italiani di Milano e di Torino convolare a nozze). In Portogallo, l’ok ai matrimoni arriva lo scorso mese di maggio, con la firma del presidente portoghese Anibal Cavaco Silva, cattolico praticante. A differenza di quanto avviene in Spagna, in questo Paese non sono ancora consentite le adozioni. In Islanda, la legge che consente di celebrare matrimoni omosessuali è stata inaugurata, lo scorso mese di giugno, dalla premier Johanna Sigurdardottir, che ha voluto sposare la sua compagna storica, Jonina Leosdottir, con la quale si era già unita civilmente nel 2002. Il Sudafrica è l’unico Stato africano ad aver legalizzato dal novembre 2006 le unioni civili tra omosessuali. La cerimonia religiosa è opzionale, anche se le diverse Chiese possono rifiutarsi di celebrare queste unioni, mentre il rito civile è aperto a tutti. Qui le coppie gay possono adottare già dal 2002.
Oltre a questi dieci Paesi, ricorda Arcigay, ve ne sono altri 17 che riconoscono pari (o alcuni) diritti alle coppie, indipendentemente dal loro sesso. Si tratta di Austria (unioni civili dal gennaio 2010), Francia (i Pacs sono stati adottati nel 1999, per omosessuali ed eterosessuali), Danimarca (primo Paese al mondo ad autorizzare, nel 1989, il matrimonio civile o partenariato registrato tra omosessuali), Regno Unito (dal 2005, il ‘partenariato civile’ tutela anche le coppie gay), Lussemburgo (in vigore dal 2004 la partnership registrata), Germania (qui è in vigore un ‘contratto di vita comune’), Svizzera (‘partenariato registrato’ dal 2005, esclusa l’adozione), Slovenia (una legge garantisce alle unioni civili diritti limitati nel campo delle relazioni di proprietà e dell'eredità), Ungheria (dal febbraio 2010 è possibile per le coppie omosessuali stipulare unioni civili, parificate a quelle eterosessuali), Repubblica Ceca, Finlandia, Andorra, Croazia (una legge adottata nel 2003 garantisce ‘reciproco sostegno’ e diritto all’eredità), Irlanda (a luglio, il presidente irlandese Mary McAleese ha ratificato una legge, già approvata dal Parlamento, che istituisce le unioni civili), Colombia, Nuova Zelanda (la legge garantisce dal 2004 alle coppie omosessuali gli stessi diritti di quelle etero), Uruguay (il 17 aprile 2008 è stata celebrata la prima unione gay nell’aula di un tribunale di Montevideo).
Negli Stati Uniti la situazione, come dimostra anche la sentenza del giudice distrettuale in California, è soggetta a continui cambiamenti, su una materia oggetto di scontri molto accesi tra conservatori e chi, invece, è a favore delle unioni gay. In tutto, sono cinque gli Stati a riconoscere i matrimoni gay, oltre ad un distretto federale: Massachusetts (dal 2003, con un provvedimento della Corte Suprema che ha dichiarato discriminatorio, perciò incostituzionale ed illegale, escludere le coppie dello stesso sesso dal matrimonio), Connecticut (stessa decisione della Corte Suprema, nel 2008), Iowa (la Corte Suprema afferma all’unanimità l’esigenza costituzionale di riconoscere questo tipo di unione), Vermont (dal settembre 2009), New Hampshire (dal gennaio 2010), Washington D. C. (legge firmata nel dicembre del 2009, primi matrimoni celebrati nel marzo del 2010). Il matrimonio viene anche riconosciuto da una tribù di indiani dell’Oregon. Infine, da citare anche il Brasile, dove le unioni tra persone dello stesso sesso sono riconosciute dal 2004.
L’Italia, come è noto, non ha alcuna legge di tutela per le unioni gay. ‘Siamo, insieme alla Grecia, l’unica nazione a non riconoscere diritti alle coppie dello stesso sesso e rappresentiamo un’eccezione in Europa e tra i Paesi avanzati’, osserva il presidente di Arcigay, Paolo Patanè. ‘La discriminazione che impedisce alle coppie omosessuali di accedere all’istituto del matrimonio - conclude - è tanto inaccettabile quanto assurda per uno Stato di diritto che ha tra i suoi valori fondati l’uguaglianza e la libertà dei suoi cittadini. La Corte Costituzionale italiana ha recentemente affermato lo stesso concetto, impegnando il parlamento ad affrontare e risolvere le discriminazioni che affliggono le omosessualii». (1)
Si parla di gay. Il termine gay, traducibile con felice, identifica un vero tentativo di distorsione semantica. L’identificazione di omosessuale come di un individuo gioioso è un estremo tentativo di forzare il destino delle persone. Non vorrei essere ripetitivo, ma l’omosessuale difficilmente è una persona felice. Allo stesso modo, la normativa vigente dovrebbe essere sinonimo di legalità, ossia di conformità a giustizia (vera) dei fatti identificati come giuridicamente rilevanti.
L’abbiamo già detto: non ce l’abbiamo con gli omosex (ferme restando le nostre osservazioni morali sul comportamento omosessuale in sé!); ma il fatto che si uniscano ad altre persone del medesimo sesso è assolutamente irrilevante dal punto di vista giuridico, perché non è neppure lontanamente paragonabile ad un matrimonio secondo natura, aperto alla vita, e, pertanto, con effetti sociali notevoli! L’aberrazione dell’adozione non è neppure commentabile; mi domando soltanto: nessuno pensa ai diritti di quei poveri bambini!?
L’ipocrisia dilagante della società perbenista che si scandalizza ed urla al linciaggio di ogni sacerdote, anche semplicemente sospettato di qualche illecito morale, non può non manifestarsi infatti anche in semplici accorgimenti linguistici, penetrati ad hoc nel sostrato della cultura sociale dominante. Il linguaggio è un’arma potente perché in grado di plasmare le abitudini delle persone e quindi adeguare le coscienze.
Ma le parole, formatesi nel corso degli anni, hanno un sostrato radicato nella stessa quotidianità, vivono della realtà e cercano di tradurla in figurazioni verbali di senso; sono un qualcosa di diverso rispetto alle velate e ripetute imposizioni dei media. Non si tratta di essere razzisti né insensibili; semplicemente le cose, a volte, devono essere chiamate per nome, senza la paura di offendere o di essere eccessivamente invasivi; è l’atteggiamento ed il modo con cui si dicono o fanno certe cose è quello che davvero può toccare il cuore delle persone.
Veniamo ad altri esempi di evoluzione linguistica. Oggi non è più in uso utilizzare il vocabolo cieco, che viene dal latino caecus, a sua volta risalente alla radice sanscrita kha - ska, che significa coprire, oscurare; in greco skotos (ombra) e corrispondente al latino obscuro. Ma cieco non si può dire: al massimo è consentito non vedente o videoleso.
Stesso dicasi per audioleso; sordo viene dal latino surdus, a sua volta originato dalla radice svar/suar con qualche prefisso negativo andato perduto: significa suonare, ma si collega anche con la radice svard/suard, che, invece, si riferisce all’essere oscuro o cupo, da cui sordido.
Stesso discorso per zoppo: dal germanico shoppen, che sta per urtare il piede, vacillante; come monco: dal latino mancus, radice identica di mancare, essere manchevole di qualcosa.
Siamo nella grande categoria del diversamente abile.
Da wikipedia riportiamo una riflessione condivisibile:
«L’espressione ‘diversamente abile’ pone l’enfasi sulla differenza qualitativa nell’uso delle abilità. Esso viene utilizzato per specificare che attraverso modalità diverse si raggiungono gli stessi obiettivi. Vi sono delle situazioni di disabilità in cui questo uso può essere adeguato. Ad esempio allievi non vedenti o ipovedenti possono raggiungere lo stesso adeguati risultati scolastici e sociali utilizzando le risorse visive residue (potenziate con adeguati strumenti) o abilità compensative (ad esempio quelle verbali). Vi sono altre situazioni, come quelle riguardanti due terzi di tutti gli allievi certificati e cioè quelli con ritardo mentale, in cui l’uso della terminologia diversamente abile può risultare fuorviante. Consideriamo il caso di un tipico allievo con sindrome di Down. Dal punto di vista della qualità della vita forse si può anche dire che utilizzando le proprie capacità (o abilità) egli può comunque raggiungere obiettivi paragonabili a quelli di tutte le altre persone. In altre parole può raggiungere un benessere che non può essere considerato inferiore. Se questo è il riferimento, l’espressione ‘diversamente abile’ potrebbe anche essere utilizzata. Se il riferimento diventa invece quello delle prestazioni scolastiche, sociali e di autonomia, l’espressione ‘diversamente abile’ può risultare ingannevole, in quanto ‘nasconde’ il fatto che tali prestazioni sono inferiori rispetto a quelle tipiche della normalità». (2)
In realtà l’accusa ipocrita di questa società è quella di additare l’utilizzo di termini radicali (ma precisi nelle definizioni! Al contrario dei vocaboli moderni utilizzati!) come una sorta di razzismo. Definire un omosessuale, per esempio, invertito sarebbe oltremodo lesivo della sua sensibilità; ma, scusate, non è forse vero che si tratti di un invertito rispetto alla natura? Almeno alla natura non patologica, se sappiamo ancora distinguere il nero dal bianco?
Forse è proprio questo il problema: il principio di non contraddizione, che obbliga al ragionamento logico e razionale (strumento utilissimo alla retta filosofia e quindi utile alla fede!) deve essere allontanato in ogni modo dalle strutture del pensiero. Diversamente abile, invece di malato, infermo, zoppo, ecc…
Attenti al linguaggio! Perché la bocca parla dalla sovrabbondanza del cuore!
Stefano Maria Chiari
1) http://www.repubblica.it/esteri/2010/08/06/news/matrimoni_gay 2) http://it.wikipedia.org/wiki/Disabilit%C3%A0
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