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Meno male, è solo Magdi Allam
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Confesso: alla lettura della notizia: «Il Papa battezza un convertito musulmano» mi si sono rizzati i capelli in testa. La seconda reazione però è stata di sollievo: «Ah, è solo Magdi Allam… Grazie Gesù».

La prima reazione, come è ovvio, era motivata dal rischio enorme cui il Papa si esponeva con il battesimo di un ex-musulmano in forma così pubblica e solenne, a Pasqua e a San Pietro: atto che milioni di fondamentalisti islamici giudicano certamente una provocazione sanguinosa, da lavare col sangue.

E al timore per la vita del Santo Padre, si aggiungeva la certezza dei pericoli in più che correranno,  d’ora in poi, le comunità cristiane nei Paesi musulmani, già decimate ed assediate; e l’inevitabile naufragio, dopo una tale «provocazione», delle difficili aperture recentemente avvenute nel mondo islamico, dalla lettera che 138 studiosi islamici inviarono al Papa nell’ottobre 2007 («Una parola comune tra noi e voi»), fino alla chiesetta che il Qatar ha consentito fosse aperta a Doha perché migliaia di lavoratori filippini potessero partecipare alla Messa; il primo luogo di culto cattolico
in 14 secoli in un tale Paese.

La ragione del sollievo è altrettanto ovvia: non credo ci sia un solo musulmano che ritenga valga la pena di punire col sangue la «conversione» di Magdi Allam, per rabbia di aver perso un così  prezioso fedele del Profeta: perché i musulmani sono convinti che Allam sia non un musulmano egiziano, ma un egiziano copto.

Lo sostiene Tariq Ramadan, il celebre intellettuale francofono; lo sostiene anche Massimo Palazzi alias Abdul Hadi, lui convertito all’Islam e discussa figura di neo-musulmano «moderato». Lo sostiene anche Dimitri Buffa, che non è musulmano né cristiano, ma un giornalista radicale (pannelliano) molto filo-israeliano che scrive su La Padania, e di Allam è amico personale. Avranno le loro ragioni e le loro informazioni.

Secondo Miguel Martinez, autore del sito Kelebkler, la verità starebbe a metà strada: poiché ai copti in Egitto sono chiusi i livelli alti delle carriere, il nonno di Magdi si sarebbe fatto musulmano; poi il papà sarebbe tornato alla fede copta.

Come che sia, in Egitto Magdi Allam ha frequentato fin dall’asilo le scuole cattoliche delle suore, è andato al rinomato liceo dei Salesiani al Cairo, scuola frequentata dalla classe dirigente cairota senza distinzioni di fede; inoltre vive in Italia da almeno 35 anni.

«Lo si può dire ‘egiziano’ come di me si può dire che sono messicano», nota Miguel Martinez. Diciamo che chiamare Allam «egiziano» è come chiamare Mike Bongiorno «un americano».

Della sua fede precedente, del resto, lo stesso Magdi ha testimoniato: «Mai stato praticante. Mai pregato cinque volte al giorno col capo rivolto verso la Mecca: solo di rado in moschea. Mai digiunato durante il Ramadan. Nasco musulmano in quanto figlio di musulmani, ma sono come mio padre, che pregava poco o niente e beveva, anche troppo».

Lo ha fatto in un’intervista con Stefano Lorenzetto su il Giornale, in cui ha spiegato che cosa lo ha portato giovanissimo in Italia: «Avevo sete di libertà. Tu pensa che cosa significa, per un ragazzo
di 15 anni, passare una giornata nelle mani del Mukhabarat, il servizio segreto egiziano, sottoposto ad un durissimo interrogatorio con l’accusa d’essere una spia d’Israele». Già allora?

No, spiega Allam: «Parlavo al telefono in francese con la mia fidanzatina del Cairo. Senza sapere che era sì egiziana però ebrea. Immagina tu nel 1967, con la guerra dei sei giorni... Ma a me che importava della religione? Ero solo innamorato».

Si è di nuovo innamorato, recentemente, di Valentina Colombo, docente di arabo a Bologna, che ha sposato civilmente nell’autunno 2007: civilmente perché Magdi Allam aveva sposato qualcun’altra molti anni fa, un’italiana, tant’è che ha due figli dal primo matrimonio, trentenni. Valentina Colombo è ebrea e molto filo-Likud. Lui invece dice che è «cattolica non praticante».

Fatto è che Valentina e Magdi sono andati insieme alla sinagoga di Roma l’estate scorsa, dove il rabbino Di Segni ha ringraziato il giornalista per il suo ultimo libro, dal titolo discreto: «Viva Israele». Valentina, hanno detto le agenzie, era allora incinta: «Chiameranno il figlio Davide». E’ divorziato, il convertito? Si può avere il battesimo con due matrimoni? Che dire?

Magdi Allam ha fatto tutta la sua luminosa carriera di giornalista nella veste di «musulmano che rivela le magagne dell’Islam»: per questo riceve dal Corriere uno stipendio di 22 mila euro mensili come «direttore ad personam».  Nella parte di «cattolico che rivela le magagne dell’Islam» rischia di essere meno utile: varrà ancora 22 mila mensili?

La risposta che si può azzardare, forse, è di tipo molto interno alla professione giornalistica, un segreto di bottega. Viene un momento in cui giornalisti di mezza tacca ma di grande notorietà, incapaci di trovare le notizie, hanno un’idea: fare di sé stessi la notizia. Diventare «personaggi», recitare la parte, andare da Bruno Vespa, scrivere pezzi che cominciano con la prima persona singolare: «Io».

Intendiamoci, questo tipo di giornalismo minore ha anche versioni più dignitose. Di tanto in tanto c’è un giornalista americano che si tinge la faccia e per quindici giorni finge di essere negro, per poi scrivere come lo hanno trattato i bianchi.

Alla Notte, defunto quotidiano milanese del pomeriggio, i giovani praticanti venivano regolarmente mandati a fingersi Rom nelle strade di Milano, o a convivere coi barboni alla Stazione Centrale, mascherati opportunamente per la bisogna. Poi scrivevano pezzi che cominciavano con Io: «Io, barbone alla Centrale».

Persino Vittorio Feltri, il miglior direttore ruspante della stampa italiana, ai tempi del Corriere s’è finto lavavetri polacco: in tuta candida, di figura signorile com’è e con l’inequivocabile accento  lumbard, ha fatto un sacco di soldi in offerte. Niente di male, ogni tanto ci dobbiamo inventare anche questa. Magdi, come musulmano, ha forse giocato tutte le sue carte, e doveva inventarsi una novità per tener vivo il suo personaggio?

Ma una cosa è dire «mi sono finto lavavetri e vi racconto com’è andata», e un’altra è «mi fingo musulmano per farmi battezzare dal Papa».  E qui, smettiamo di sorridere. Se è così, è una specie di simonia; un tristo giocare con le cose sacre per ragioni di cassetta. Speriamo solo che la conversione sia autentica, nel profondo della coscienza in cui solo Dio può giudicare.

Un dubbio lo mette lo stesso Magdi. Nella già citata intervista a Lorenzetto, egli racconta come «si fosse accostato all’Eucarestia» molto prima della conversione: «Al Cairo, avrò avuto 13-14 anni. Agii d’impulso, pur sapendo che era un atto blasfemo, non essendo io battezzato. Ho sempre provato attrazione per la religiosità, anche quando mi sono professato ateo o agnostico. Oggi sono convinto che l’Occidente possa riscattarsi solo riscoprendo Dio». Che è la stessa idea di Giuliano Ferarra. O di Daniel Pipes, che Magdi Allam frequenta molto.

Magari si dovrebbe dire qualcosa, piuttosto, su chi nella Curia di Roma ha indotto il Papa a questo battesimo. La buona fede del Pontefice è fuori discussione: ha sempre detto che la Chiesa è missionaria o non è, ed ha ragione. Ma in Vaticano esiste una forte, collaudata organizzazione che - per missionarietà senza dubbio - si premura di trasformare le grandi funzioni pubbliche, specie se riprese in mondovisione, in «eventi» spettacolari.

L’abbiamo già visto nel Giubileo del 2000, quando il vecchio e già cadente Giovanni Paolo II fu fatto apparire con un immenso piviale simil-Missoni, che sbatteva nel vento come un paracadute (ne aveva la vastità), mentre due falsi araldi muscolosi, culturisti hollywoodiani, soffiavano dentro  due finti «jobel», i corni ebraici che annunciavano il Giubileo. Operazione  molto lodata dai vescovi, ma di profonda tristezza spettacolare, per ogni fedele un po’ sensibile.

Ora la stessa organizzazione ha indotto il Papa ignaro a battezzare un probabile copto, per mettere in scena la conversione? E’ troppo persino farsi questa domanda.

Ma alla fine, occorre dire che questa triste scena ha davvero creato una «realtà» precostituita: magari - Dio non voglia - come «ragione» precostituita di un attentato a Benedetto XVI, per mano «islamica», come già minacciato da Osama nel suo ultimo messaggio. Osama bin Katz, intendo. Ma la stampa dirà che invece è stato Osama bin Laden, proprio come ripete che Magdi Allam è un «musulmano convertito».

Naturalmente, il mio sarà un eccesso di malfidenza, forse mi porterà diritto all’inferno. Lo saprò per certo la prossima Pasqua: quando, ne sono sicuro, il Santo Padre battezzerà pubblicamente un ebreo convertito, magari Giuliano Ferrara, un giornalista-notizia che ha intrapreso un suo arduo cammino… Allora mi confesserò di questo peccato mortale.

Ma leggerò con piacere ciò che diranno gli ebrei Di Segni, Gad Lerner e Pacifici, di questa «provocazione del Papa». Si sa infatti che gli ebrei detestano anche solo la preghiera della Chiesa per la loro conversione, al punto da considerarla offensiva. Spero che Dio mi dia un altro anno di vita.

 

 

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