Un Nunzio filomassonico
Si è visto che il professore modernista Angelo
Roncalli, da quanto scrisse Andreotti, aveva molto imparato da don
Ernesto [Buonaiuti, che fu scomunicato], che ebbe l'unico torto di
non aver saputo aspettare l'evolversi dei tempi [«A ogni
morte di Papa», Rizzoli, 1982].
Roncalli imparò allora ad aspettare la sua ora lavorando per
la propria carriera.
Ciò perché doveva superare la tappa di professore di
storia a lui interdetta in quanto sospetto di modernismo.
Era risaputo e Benedetto Croce lo conferma che i
«modernisti, simpatizzando con i positivisti, con i
pragmatisti e con gli empiristi di ogni risma, addurranno che essi
non credono al valore del pensiero e della logica, cadranno di
necessità nell'agnosticismo e nello scetticismo. Dottrine,
queste, conciliabili con un vago sentimentalismo religioso, ma che
ripugna affatto ad ogni religione positiva».
Che i modernisti simpatizzino anche coi massoni e coi comunisti,
condividendo con essi idee umanitariste, è un fatto
ricorrente nella vita politica del passato come del presente; essi
osteggiano solo la tradizione.
Dovevano, quindi, rovesciare il «Syllabus» di
Papa Pio IX attraverso un concilio pastorale come il Vaticano II;
rivoluzione religiosa nata dalle utopie prodotte dalla teoria
dell'evoluzione dell'umana coscienza che, una volta matura (vedi
il cristiano adulto di Karl Rahner), si svincolerebbe dalle
autorità gerarchiche legate alla tradizione biblica.
Così il mondo moderno passerebbe finalmente dal principio di
trascendenza a quello
dell' immanenza, professando la religione antropocentrica in
prospettiva di un umanitarismo globale; ideale che affratella
massoni, socialisti, liberali e democristiani modernisti del
Vaticano II.
Questa mentalità, condannata dal magistero cattolico,
dominava la mente di molti infiltrati nella Chiesa per aggiornare
la fede e le autorità cattoliche al progresso del mondo
moderno.
Era il pensiero di Roncalli, la cui religiosità seguiva un
profetismo evocante i segni dei tempi, non riferiti alla
spiritualità cristiana, ma alla chimera di un nuovo ordine.
Tale piano, modernista e massonico, si doveva realizzare operando
la mutazione della Chiesa dal suo interno, attraverso una nuova
classe clericale con nuovi poteri gerarchici, fino ad arrivare a un
nuovo Papato.
Questo nuovo potere gerarchico avrebbe allora operato per
aggiornare la tradizione ai bisogni dei tempi col potere delle
chiavi, cioè in nome di Dio stesso, e perciò contando
dell'appoggio di un mondo cattolico pronto a giustificare ogni
idea e gesto dei Papi finalmente «buoni».
Il canonico Roca descrive il programma
massonico
Il piano in causa era segreto, ma è stato descritto
esplicitamente da un suo araldo, il canonico Roca che, nel
centenario della Rivoluzione Francese, col suo scritto
«Glorieux centenarie», ha dato fiato alle
trombe annunciatrici dell'ammirabile nuovo mondo religioso che
sorgeva.
Dal libro «Le infiltrazioni massoniche nella
Chiesa» del P. E. Barbier, edito nel 1910 e favorito da
molte approvazioni episcopali, abbiamo il brano: «La
Massoneria ha concepito il proposito infernale di corrompere
insensibilmente i membri della Chiesa, anche del clero e della
gerarchia, inoculando in essi, sotto forme seduttrici e di
apparenza inoffensiva, i falsi principi con i quali pianificava di
sovvertire il mondo cristiano».
Nei documenti dell'Alta Vendita poi, si legge: «Per
ottenere un Papa nella misura richiesta, si tratta, per primo, di
preparargli una generazione all'altezza del regno che ci
prefiggiamo...; si lasci da parte la vecchiaia e anche
l'età matura; andate alla gioventù...: è
questa che va convocata senza che sospetti di essere sotto la
bandiera delle Società Segrete... Non abbiate nemmeno una
parola d' empietà o d'impurità ... Una volta
assodata la vostra reputazione nei collegi, nelle università
e nei seminari... questa reputazione aprirà l'accesso alle
nostre dottrine nel clero giovane come nei conventi... E'
necessario perciò diffondere i germi dei nostri
dogmi».
Naturalmente tale piano non teneva conto che la mutazione di quanto
procede da Dio è impossibile. Perciò il risultato
reale di tale processo non sarà mai cambiare, ma devastare
il cristianesimo che, come hanno sempre insegnato i Papi, non
potrà mai essere né liberale, né socialista,
né associato a un altro ordine che quello suo, cristiano.
Voler battezzare con immensa simpatia l'umanesimo laico, il culto
dell'uomo che si fa Dio, come detto da Paolo VI alla chiusura del
Vaticano II (7 dicembre 1965), non è solo empietà, ma
un'impossibilità alla luce della fede e pure del buon
senso.
Tra la religiosità umanitarista e la religione cristiana non
vi è alcun accordo, ma i modernisti vantano la bontà
della riconciliazione totale, idea che comporta, in extremis,
quella tra bene e male! Ecco il profetismo ecumenista per servire i
bisogni del nuovo ordine mondiale che pervase tanti chierici
modernisti fautori del Vaticano II.
Qui si inquadra l'oscuro enigma del modernista Roncalli,
professore, nunzio, patriarca...
L' apparato modernista interno alla Chiesa in
Italia
Chierico di Bergamo, con ampie aperture mentali, Roncalli fu
inviato nel 1901 dal suo vescovo progressista, Camillo Guindani,
per studiare e far carriera a Roma.
Nel 1904 in una conferenza di Marc Sangnier (il fondatore del
Sillon che, con l'occhio fisso ad una chimera, preparava il
socialismo e fu poi condannato da san Pio X), consolidò le
sue visioni moderniste.
Roncalli nel 1950 a Parigi confesserà alla vedova del
Sangnier che quel ricordo è il più vivo della sua
formazione sacerdotale.
Le amicizie moderniste si estendevano in tutta Europa e Roncalli
è presto entrato in contatto coi pezzi grossi di tale
processo, come il cardinale belga Mercier, i cardinali Ferrari di
Milano e Maffi di Pisa (il Mercier italiano), oltre a Radini
Tedeschi di Bergamo.
Tutti operatori di quella svolta epocale di cui la Chiesa aveva
bisogno per adeguarsi ai tempi.
Allora Roncalli insegnava storia nel seminario locale, seguendo
l'«Histoire» del Duchesne e collaborando con
le iniziative progressiste.
Ma alla sua nomina per la cattedra di storia scolastica nel
seminario romano fu posto il veto nel 1912 perché di dubbia
ortodossia (Lorenzo Bedeschi, in Paese Sera, 13 dicembre 1972).
Chiusa la porta romana, il vescovo modernizzante di Bergamo, Radini
Tedeschi, riaprì la sua porta per farlo segretario e
insegnante nel locale seminario.
Dopo la guerra e sotto un nuovo vescovo, Luigi Marelli, la carriera
romana di Roncalli ricominciò nel novembre 1919 con una
prima udienza col Papa Benedetto XV, e un anno dopo il cardinale
olandese von Rossum, Prefetto della Propaganda Fide invitò
Roncalli a presiedere il Consiglio centrale di quella Congregazione
per riorganizzare le opere missionarie nelle diocesi italiane.
Roncalli parte per Roma e il 12 febbraio 1921.
Viene ricevuto dal Papa che lo nominerà poi monsignore.
La promozione di un professore sospettato di modernismo poteva solo
avvenire nel giro delle influenze di Radini Tedeschi, uomo di
Rampolla (loggia P1?), presso i suoi successori Della Chiesa e
Gasparri.
Infatti, durante il Pontificato di Della Chiesa, Benedetto XV, gli
ecclesiastici apprezzati da san Pio X furono emarginati mentre per
altri si aprirono le porte vaticane.
E' il caso del giovane Giovanni Battista Montini che
stabilì a Roma dal 1924 una lunga amicizia con Roncalli.
Morto Benedetto XV, fu eletto Papa Achille Ratti, Pio XI, che
confermò come Segretario di Stato il rampolliano Gasparri, e
proseguì la linea diplomatica del predecessore molto vicina
alla sua.
Pio XI, riguardo ai rapporti internazionali, fu il Papa dei
Concordati, ma riguardo alla rampante tendenza interreligiosa, ne
fu strenuo oppositore.
In vista della deviazione pancristiana promossa da don Lambert
Beauduin OSB, ha scritto la sua enciclica «Mortalium
animos».
Per Roncalli il piano ecumenista in questione, base del piano
massonico, era quello buono.
Non sorprende, quindi, che a lui si attribuisca l'iniziazione
rosacrociana e massonica (Pier Carpi, «Le profezie di
Papa Giovanni», Mediterranee, 1976, Roma).
Sapeva il Santo Ufficio che Roncalli aveva una visione massonica?
I documenti che potevano registrare le sue deviazioni e spergiuri
sono spariti dall'archivio vaticano (confronta Nichita Roncalli,
pagina 4l).
Anche il dossier di Montini, parimenti sospetto, è stato
ritirato dallo stesso Giovanni XXIII, per farne regalo
all'interessato.
Ad ogni modo, in Vaticano si sapeva abbastanza sui rapporti
negativi riguardo alla dottrina di Roncalli, ragion per cui solo
con una forte raccomandazione egli avrebbe potuto accedere alla
carriera diplomatica.
L' operato ecumenista di Roncalli in
Bulgaria
Sulla relazione di Roncalli con le deviazioni ecumeniste del
pancristianesimo, vediamo un'occasione in cui esse si palesarono
in contrasto con le direttive dottrinali della Chiesa e del Papa.
Quando Roncalli nel 1925 fu nominato arcivescovo di Areopoli con
l'incarico di Visitatore Apostolico in Bulgaria, il suo caro amico
don Lambert Beauduin, in vista di ciò disse che la missione
di Roncalli in Bulgaria poteva assumere un risultato [ecumenistico]
molto positivo, opinione condivisa da Montini.
L' importante Enciclica «Mortalium animos»
del 1928 fu scritta proprio in vista delle deviazioni ecumenistiche
di don Beauduin, l' uomo di fiducia del cardinale Mercier, che in
seguito si è visto costretto a dare le dimissioni da priore
del monastero di Amay.
Ma mentre Pio XI accusava gli errori del metodo Beauduin, Roncalli
lo applicava.
Per spiegare i particolari della vicenda ci sarebbe da dilungarsi
troppo.
In Bulgaria ed in Turchia, lo strano nunzio operò proprio al
contrario di quanto allora era insegnato nell' Enciclica
«Quas primas», sulla regalità sociale
di Gesù Cristo: la peste che infetta la società, la
peste del nostro tempo, è il laicismo.
Ma Roncalli era per il «principio basilare»
della laicità dello stato: la Chiesa si guarderà bene
dall'intaccare o discutere questa laicità .
«Io cerco in ogni cosa di sviluppare più
ciò che unisce, che ciò che ci divide».
E' curioso che mentre difende il laicismo della nuova Turchia
Roncalli si impegna ad aiutare i sionisti di passaggio per la
Palestina che volevano far rinascere una nazione ebraica.
Il Vaticano, già dal tempo di san Pio X, si era dimostrato
contrario a quest' impresa che avrebbe creato un conflitto
insanabile con gli arabi e innescato, per ragioni evidentemente
religiose, una graduale ma inarrestabile esclusione dei cristiani
dalla Terra Santa.
Tale era la preoccupazione di Roma, altra la visione e
probabilmente l' interesse verso nuove amicizie di Roncalli.
Quindi, siamo davanti a questioni di fede e di diritto divino,
disprezzate da un nunzio per ragioni ecumenistiche.
In quest'ottica arrivò perfino a far cancellare in Turchia
il «Filioque», che in aperta polemica con gli
ortodossi, era scritto a grandi lettere sull' ingresso della
delegazione apostolica (Spinelli, Biblioteca Sanctorum, voce:
Giovanni XXIII, Prima Appendice, Città Nuova, Roma, 1987).
In Turchia Roncalli aveva fatto la sua pubblica professione di fede
nella fraternità universale dicendo nella cattedrale di
Istanbul: «Noi siamo tutti fratelli senza distinzione di
religione, di legge, di tradizioni e di classe». (P.
Tanzella, Papa Giovanni, edizioni Dehoniane, 1973, pagina 140).
Nella Pentecoste del 1944 disse in un' omelia: «I
cattolici, in particolare, amano distinguersi dagli altri: fratelli
ortodossi, protestanti, ebrei, mussulmani, non credenti e credenti
di altre religioni... Devo dirvi che nella luce del Vangelo e del
principio cattolico questa è una logica falsa.
Gesù è venuto ad abbattere tali barriere; egli
è morto per proclamare la fraternità
universale».
Si tratta della fraternità massonica, al disopra delle
religioni; fraternità dell' ONU, della «Nostra
aetate» del Vaticano II, dei suoi successori e del nuovo
ordine mondiale.
Questo programma fraterno imponeva il concetto: cercare in ogni
cosa più ciò che unisce, che ciò che divide.
Quindi, bisognava lasciar da parte i dogmi cattolici, la
necessità di conversione, l' autorità del Vicario di
Cristo, insomma Gesù Cristo stesso.
Roncalli sistematicamente rifiutò aiuto a quanti volevano
avvicinarsi alla Chiesa di Roma: lo ha sempre fatto con tutti i
giovani ortodossi.
Ciò implica anche il rifiuto del Papato.
Che idea aveva Roncalli sulla missione e il potere del Papa?
Roncalli inviato a Parigi
Ecco un altro rebus della sua carriera.
Come mai un nunzio di seconda scelta dimenticato in Turchia fu
scelto personalmente da Pio XII per una mansione assai difficile in
una delle prime sedi della diplomazia vaticana?
Non certo per il lavoro svolto, che già dal tempo di Pio XI
aveva suscitato molti dubbi
Sull' ortodossia di quel tipo dall' apparenza tanto pacioccona
quanto furbesca.
Un giorno forse si saprà.
Il fatto è che l' invio di Roncalli fu la risposta di Pio
XII al generale De Gaulle che, prima ancora dell' entrata degli
alleati a Parigi (25 agosto 1944), il 30 giugno 1944, aveva chiesto
un' udienza a Pio XII.
Si trattava di ottenere dal Papa la rimozione di nunzio, prelati e
sacerdoti che in Francia avevano accettato il governo
collaborazionista di Vichy del maresciallo Pétain.
Papa Pacelli non cedette alla pretesa del generale, né
riconobbe subito il nuovo governo.
Ma la questione andava affrontata con quella prudenza vaticana
consistente nel temporeggiare il più possibile.
Ecco il ruolo adatto, nel bene e nel male, per Roncalli, che come
personaggio di basso profilo avrebbe pure ridimensionato le pretese
del generale.
Ma ricordiamoci che accanto a Pio XII c' era il suo amico Montini,
che deve aver suggerito il suo nome.
La versione più plausibile di questa scelta, che non esclude
né il ridimensionamento delle pretese del generale,
né il suggerimento di Montini, o del caso, la si ipotizza
nelle righe che seguono.
All'epoca, tutti erano a conoscenza che monsignor Roncalli era
privo d'ogni importanza carrieristica, tra quelli che veramente
contavano; di lui nessuna considerazione per puro caso lo avevano
designato delegato apostolico ai quarantamila cattolici della
piccola Bulgaria.
Presso la sezione per gli affari con gli Stati della segreteria di
Stato, il suo operato era ritenuto pressappoco una frana e lui
veniva tenuto a bada.
Spesso faceva trovare Roma davanti a fatti compiuti, che
rasentavano il pressappochismo nelle severe procedure dei rapporti
diplomatici con l'autorità dello Stato bulgaro prima e in
seguito di quello turco.
Più volte gli rammentavano che come delegato apostolico, in
Bulgaria prima e poi in Turchia, non era un accreditato presso il
governo a pieno titolo, ma solo un rappresentante pontificio presso
i vescovi e le chiese cattoliche locali; invece, spesso di sua
iniziativa, monsignor Roncalli coinvolgeva la Santa Sede in
situazioni che la segreteria di Stato riteneva nient'affatto
condivisibili. In quel tempo, ad esempio, era impensabile che il
rappresentante del Papa prendesse dimestichezza con i capi delle
chiese ortodosse al di fuori dello stretto protocollo, per evitare
facili strumentalizzazioni e fraintendimenti.
In segreteria di Stato stavano aspettando l'occasione propizia per
ritirarlo dall'incarico diplomatico, anticipandogli il non
meritato riposo pensionistico, possibilmente spedendolo in quel di
Sotto il Monte.
Sennonché, a Parigi, Charles De Gaulle in quegli
anni era ai ferri corti con il nunzio apostolico monsignor
Valerio Valeri sul fatto dei trenta vescovi francesi che -
affermava il generale - avrebbero collaborato col governo
Pétain e che per questo lui voleva far dimettere.
Come ovvio il Vaticano si guardò bene di aderire a tale
insano proposito, e istruiva il nunzio a opporglisi decisamente.
I rapporti con la Santa Sede erano ai limiti di rottura.
Al punto che De Gaulle aveva chiesto e ottenuto l'allontanamento
di monsignor Valeri al quale, richiamato a Roma, il Papa
anticipò la porpora cardinalizia.
II Vaticano non aveva gradito il comportamento di De Gaulle, e per
ripicca tardava la difficile designazione del nuovo nunzio.
La schizzinosità del presidente francese faceva di tale
designazione un vero rompicapo.
In Segreteria si chiedevano: quale rappresentante pontificio gli
sarebbe potuto andare a genio?
In che modo venirne a capo?
Sulla piazza all'epoca non se ne trovava uno adatto.
Per De Gaulle il lungo ritardo nella provvisione era un'amara
ritorsione diplomatica che non riusciva a trangugiare.
Un giorno il presidente francese riceve le credenziali dell'
ambasciatore di Turchia e, dopo il protocollo ufficiale in
colloquio privato, il discorso scivola sulle difficoltà
diplomatiche che un capo di Stato incontra, quando sullo stesso
territorio con gli stessi cittadini subentrano interessi di poteri
spettanti a due diverse potenze, come ad esempio la Santa Sede.
Manco a dirlo, era pane per i loro denti.
Il governo turco, proprio per combattere codesta norma diplomatica
contraria al Corano, si fa nemico di mezzo mondo, compresa la
potenza del Vaticano.
A De Gaulle gli si rizzano le orecchie e chiede: «Allora
come vi regolate?».
E il diplomatico turco: «Il mio governo si regola volta
per volta secondo i personaggi che rappresentano la Santa Sede che,
sia pure come delegazione e non nunziatura, riveste tuttavia
l'importanza di una delle più influenti potenze
internazionali. Ad esempio, questo Delegato Apostolico che ora
abbiamo tra i migliori finora avuti, monsignor Giuseppe Roncalli,
buono, umano, disponibile, furbacchione come tutti i
preti».
De Gaulle se lo appunta.
Si fa raccontare qualche altro aneddoto, come quello dei trecento
bambini da Roncalli dichiarati battezzati per porli in salvo, e
pone termine all'udienza.
Due ore dopo, parte un cifrato da Parigi in Vaticano con
l'indicazione di gradimento del governo francese per il Delegato
Apostolico di Turchia nel caso che il Vaticano lo nominasse nunzio
a Parigi.
L'imbecco del gradimento per ottenerne la designazione.
Monsignor Domenico Tardini, della Sezione dei
rapporti con gli Stati esteri, che di quel delegato, pasticcione e
ciarliero, aveva la personale impressione del tutto negativa,
rimane strabiliato di fronte alla proposta di Parigi.
Visti i rapporti tesi con la Francia, monsignor Roncalli non
sarebbe potuto essere all'altezza della delicata e complessa
situazione del momento, dove i diplomatici più abili avevano
fatto cilecca. Ancora un'altra stranezza da aggiungere alla lista
proveniente dall'Eliseo.
Si decide di tirare le cose per le lunghe, ritardando la risposta.
Si era ai primi di dicembre del 1952, non mancava molto a Natale;
De Gaulle doveva ricevere gli auguri del Corpo diplomatico, porti
secondo l'accordo di Vienna prima dal nunzio apostolico (decano,
non ancora designato!).
In mancanza, sarebbe subentrato il vicedecano che - guarda caso -
era l'ambasciatore russo, comunista di zecca, a De Gaulle, di una
presunta destra.
All'epoca le forme erano essenziali.
Lo smacco era noto a quel Corpo diplomatico.
De Gaulle segnala la cosa al Vaticano, perché si
regolassero.
Non c'era tempo da perdere.
Tardini, pressato, fa un cifrato a monsignor Roncalli a Istanbul,
pregandolo d'affrettarsi a venire a Roma per poi raggiungere la
nunziatura apostolica di Parigi, quale nunzio in Francia.
Roncalli, al quale giungevano insistenti voci di un suo richiamo
dalla diplomazia, pensa subito a uno scherzo di cattivo gusto da
parte di qualche burlone; monsignor Tardini questa volta dovette
essere più esplicito, affrettandosi a dirgli che la cosa era
più che seria e che urgeva trasferirsi ancor prima di
Natale.
Doveva affrettarsi!
E si trasferì subito.
Papa Pacelli gli raccomandò di stare attento a quello che
avrebbe dovuto dire nel discorso augurale a principio dell'anno;
anzi gli suggeriva di farlo rivedere in segreteria di Stato, prima
di leggerlo.
Monsignor Roncalli promise di fare del suo meglio, ma non ebbe
tempo di coordinare le idee per buttar giù una bozza.
Una volta a Parigi, tra i primi impegni di Roncalli vi fu quello di
rendere visita al vicedecano, l'ambasciatore russo (!), che lo
tenne a cena.
Tra una portata e l'altra, tra un bicchiere e l'altro, tra il
brusco e il losco, i rapporti divennero subito amichevoli e
fraterni.
Monsignor Roncalli prende la palla al balzo e a bruciapelo chiede
all'amico russo: «Lei, signor ambasciatore, cosa avrebbe
detto per gli auguri, se io non fossi venuto in tempo?».
Gioco fatto!
L'ambasciatore vicedecano passò il
ciclostilato nelle mani del neodecano Roncalli; questi lo
spuntò, lo reintegrò, e con l'enfasi del neofita lo
declamò al cospetto di De Gaulle e di tutti gli ambasciatori
del Corpo diplomatico francese, che rimasero meravigliati per i
punti più salienti da lui toccati con fine
sensibilità di provetto diplomatico.
Solo quello russo rideva sotto i baffi.
Le congratulazioni andavano anche al presidente De Gaulle, che
così si salvava dagli avversari d'oltretevere.
Soddisfatto di tanto, i trenta vescovi non furono defenestrati.
I rapporti divennero concilianti con la Francia gollista.
Il nunzio Roncalli faceva da raccordo in ogni circostanza delicata
tra Santa Sede, Francia e tutti gli altri Paesi d'oltrecortina, i
cui problemi politici si dipanavano con l'intervento del
bonaccione nunzio sempre sorridente, stimato oltrecortina.
Roncalli in questa nuova veste trovò in Parigi il centro per
sviluppare il suo giro di nuove cospicue amicizie, che possono ben
riflettere le sue scelte.
Il nuovo nunzio, da rinomato ghiottone, sapeva come allietarle con
la buona tavola.
Sembra uno scherzo ma la brillante soluzione del nunzio Roncalli
per quei gravi problemi consistette nel contattare il miglior
cuoco di Parigi.
In questo modo Roncalli si fece allora tanti amici noti, come Leon
Blum, l' ebreo socialista che, operando l' unione a sinistra del
Fronte Popolare, era giunto al potere nel 1936.
Ma vediamo quelli speciali.
Edouard Herriot, presidente del Partito Radical-Socialista,
divenuto presidente del Consiglio nel 1924 e 1932.
Famoso anticlericale, del suo governo scrive Leon de Poncins
(Christianisme et F.M.): l'immissione della Massoneria nelle cose
del Parlamento ed il suo dominio sulla maggioranza... si era
affermata più forte che mai durante il ministero Herriot del
1924.
Il suo governo [salutato pubblicamente dai massoni], decretò
una serie di leggi socializzanti, prefigurazione delle leggi del
Fronte popolare di Leon Blum, leggi elaborate in precedenza nelle
logge massoniche («Forces Secretes», pagine
63-64).
L' altro, Vincent Auriol, ateo e socialista, ministro delle
Finanze nel governo del Fronte popolare e primo Presidente della
4a. Repubblica (1947-54).
Costui più tardi volle servirsi di un vecchio privilegio del
governo francese per imporre la Berretta cardinalizia al Nunzio in
Francia, Roncalli, allora eletto cardinale e perciò
papabile.
Un altro amico fu il diplomatico svizzero Carl Burckhardt, massone,
professore di storia, specializzato in Voltaire e Goethe,
commissario della Società delle Nazioni e presidente del
Comitato internazionale della Croce Rossa.
Quando Roncalli fu eletto Papa nel 1958 lui scrisse all' amico Max
Richer una lettera che descriveva la vita che l'amico Roncalli
conduceva a Parigi: «Girava come un giovane funzionario
d'ambasciata, lo si incontrava dappertutto... Cambierà
molte cose; dopo di lui la Chiesa non sarà più la
stessa».
Ma l'amico più intimo, fu il Barone Yves Marsaudon, nipote
di monsignor Le Cam, collaboratore di Rampolla, nominato nel 1946
Ministro dell' Ordine di Malta a Parigi, poi dal 1926, fratello
massone della Gran Loggia di Francia, e infine dal 1932 Maestro
Venerabile 33° grado della Loggia della Republique.
Quando egli, avendo problemi di coscienza per queste appartenenze
segrete, si consigliò con Roncalli, si sentì dire di
restare pure in Massoneria!
Il conciliatorismo modernista era la tendenza
politica contraria alle direttive della Chiesa, per cui
anche le questioni politiche hanno un aspetto dottrinale, come era
il caso del «Non expedit» di Pio IX e dell'
anticomunismo dei Papi recenti.
Ma quel che importava a Roncalli (che mirava a ciò che
univa) e anche all'arcivescovo di Parigi Suhard, era aggiornare la
Chiesa, conciliandola col progresso (dello scientismo) e con la
modernità (del democratismo) (80° proposizione
condannata dal «Sillabo» di Pio IX).
In questo senso Roncalli ha appoggiato in pieno l' iniziativa dei
preti operai.
Essi andavano a lavorare nelle fabbriche per essere in contatto con
i lavoratori e, se possibile, avvicinarli a qualche parola
evangelica.
Ma il fatto è che invece di convertire quelli alla
religione, si convertivano loro al comunismo.
Con tali risultati Roma reagì ed impose un intervento di
Suhard, che nel febbraio 1949 fa una dichiarazione in proposito,
giudicata carente dal Vaticano.
Roncalli, invece, interviene a favore di quell' iniziativa
rovinosa per la fede, e fa pubblicare su L'Osservatore Romano, con
l' aiuto di Montini, un elogio di tale missione in atto a Parigi e
del suo patrono Suhard.
Quando Pio XII, il 30 giugno 1949 decreta la scomunica dei
comunisti atei e di quanti in qualche modo favoriscono il
comunismo, Roncalli parte da Parigi in un lungo giro in provincia,
svelando come intende evitare il problema.
Assenza che ripete in occasione della pubblicazione dell'
Enciclica «Humani Generis» (12 agosto 1950),
che condanna la «nuova teologia».
Col Vaticano II si capirà perché le dottrine e i suoi
autori, che i Papi cattolici condannano, sono da promuovere per
Roncalli e successori.
Per fare qualche nome: Danielou, De Lubac, von Balthasar, Chenu,
Congar, ecc.
E' vero che il monito contro il loro ispiratore, Teilhard de
Chardin, ormai morto, è rimasto in corso sotto Giovanni
XXIII, ma solo per non scandalizzare troppo, perché in
sostanza, il massone Teilhard fu il vero mentore della rivoluzione
del Vaticano II.
Ricordiamoci, però, che si trattava di una rivoluzione
venuta da lontano e che non raccoglie solo le idee e direttive di
personaggi conosciuti.
In essa tutto è ordito nel segreto.
Aleggia perfino il nome di Rudolf Steiner e della sua antroposofia.
Perciò la scelta di Roncalli richiede ancora una seria
investigazione.
Un comunicato sull'elezione a Papa di
Roncalli?
Il francese Jean-Gaston Bardet, che poi si saprà essere un
noto massone, autore di libri della tendenza dell' esoterismo
cristiano, scrive nell' agosto 1954 a Roncalli, e poi lo visita a
Venezia per ripetergli che sarà Papa: non solo predice che
lui diventerà Papa, ma indovina anche il nome che
sceglierà da eletto e che il suo pontificato sarà
contrassegnato da interventi dottrinali e riformatori.
Poiché tutto ciò si è avverato e ci sono altri
indizi che Roncalli sapeva che sarebbe stato eletto, si può
dedurre: i poteri occulti avevano già individuato in lui,
che perciò andava avvertito in tempo, il candidato per il
prossimo Conclave; che la scelta della persona e del nome era
centrata sul suo curriculum, conforme ai loro bisogni, e non alla
sua decisione.
Un altro episodio strano è stato ricordato nel programma
Enigma di RAI3 del 2003.
Si tratta di un rapporto del 1954 dell' ambasciatore Francesco
Giorgio Mameli al ministro Piccione della Repubblica Italiana,
indicando Roncalli come il candidato a Papa da favorire.
Roncalli doveva essere il Giovanni Battista, il precursore di
Montini, patto interamente accettabile e pure voluto da lui, come
era la convocazione del concilio voluto dalle logge.
Si può dunque capire che l' operato ecumenista di Roncalli
nel prossimo Oriente gli aveva aperto tutte le porte: come nunzio a
Parigi e poi come papabile delle logge: il Papa buono secondo le
loro idee.
Dopo aver favorito monsignor Feltin, presidente della Pax Christi
(pacifismo cristiano), per la successione del cardinale Suhard a
Parigi, Roncalli nel 1953 ritorna in Italia e in vista del suo
brillante operato in Francia, che delineava il profilo della sua
decisa fede modernista, viene nominato patriarca di Venezia.
Roncalli a Venezia
Papa Pacelli, seguendo la dignità spettante al nunzio a
Parigi, lo fece patriarca di Venezia e cardinale (1956), dove
avrebbe completato una carriera prestigiosa che lui mai si sarebbe
potuto sognare.
Tornato definitivamente in Italia dopo tanti anni all' estero,
Roncalli certo non ignorava i grandi problemi della politica
italiana e mondiale, sia per la sua posizione di nunzio, sia per i
suoi continui ritorni a casa, in Italia.
Professando una conciliazione ad oltranza, Roncalli ha sempre
resistito in modo velato all' azione di Pio XII per contenere il
comunismo e la dilagante rivoluzione socialista e libertaria.
Adesso poteva dimostrare questa sua linea a Venezia con la scusa
della buona ospitalità cristiana. Per esempio, quando l'
arcivescovo Feltin di Parigi ha visitato Venezia, lui ha voluto che
la banda suonasse la Marsigliese, come se essa non fosse pur sempre
un simbolo rivoluzionario.
Ma il caso più emblematico fu quello del 1957, col benvenuto
al XXX° Congresso del Partito Socialista Italiano di Pietro
Nenni, che aveva nella sua bandiera la falce ed il martello.
Già prima Roncalli aveva difeso i suoi preti richiamati da
Roma per aver proposto sui periodici locali l' apertura dei
cattolici ad una collaborazione con i socialisti.
Costretto dal cardinale Pizzardo a definire la sua posizione,
critica nella pastorale del 12 agosto 1956 l'apertura a sinistra
ad ogni costo, ma non firma il richiamo episcopale ai preti
(Dorigo).
Se costui scriveva quanto lui stesso pensava, come poteva firmare
quella condanna?
La tattica modernista si ripete, gli stessi inganni del 1914, di
fronte al cardinale Lai, si sono ripetuti fino a questo del 1956
davanti al cardinale Pizzardo.
Quando Pio XII trasferisce Montini a Milano, Roncalli esprime la
sua perplessità al segretario Capovilla: «Adesso
dove troveranno uno che sappia redigere un documento come sapeva
fare lui?».
Roncalli anticipa a Venezia un principio del Vaticano II: cercare
in ogni cosa di sviluppare più ciò che unisce, che
ciò che divide.
Un'' idea condivisibile in alcuni campi, ma non in quello
religioso, dove riflette un larvato indifferentismo.
La Chiesa deve chiedere scusa per i suoi
«peccati» commessi in ogni tempo e direzione.
In tal modo la nuova classe clericale non ha fatto altro che
screditare la Chiesa del passato e in extremis, Gesù Cristo
stesso, a favore della «bontà e
comprensione» di quella chiesa del presente e dei suoi
«umilissimi» e
«buonissimi» pastori.
Quanto all' onore dovuto alla Madre di Dio, esso va pesato e deve
rivestirsi di molta prudenza!
Roncalli si rifiuta di firmare la petizione per l' istituzione
della nuova festa della regalità di Maria, che precede di
sei mesi l' enciclica di Pio XII «Ad Coeli
Reginam», per la festa e la consacrazione del 31 maggio.
Il suo ecumenismo va in ogni direzione, meno in quella mariana,
perché in fondo tutti sono cristiani, anonimi, anche senza
volerlo.
In questo senso Roncalli invitava alla sua tavola veneziana tutti,
protestanti, ebrei, musulmani, senza distinzioni, il che
scandalizzava molti perché era la messa in opera di un
indifferentismo senza confini.
Se mirava a conversioni, questa non poteva che essere al suo credo
ecumenista!
La Massoneria mirava ad un «Papa
buono»
Furono massoni il primate della chiesa anglicana Fischer e il
patriarca Atenagora della chiesa ortodossa, con i quali Roncalli
iniziò un' apertura di dialogo ecumenico in un clima di
fraterna comprensione (il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo lo
rivela nel suo libro «Filosofia della
Massoneria», Marsilio Editore pagina146).
Avendo il patriarca ortodosso Atenagora di Costantinopoli, e alcuni
altri, paragonato Giovanni XXIII a Giovanni Battista, si può
pensare che questo sia dovuto allo stesso personaggio che in
diverse occasioni ha parlato di nuove vie, ecc.
Tre giorni prima dell' indizione del Vaticano II Roncalli confida
ad Andreotti: «Molte delle anticipazioni di allora
[del modernismo] erano poi divenute feconde
realtà».
Il Concilio le avrebbe costituzionalizzate (pagina104).
La novità del nome scelto da Giovanni XXIII stupì
molti, ma la sua logica segreta era nota agli addetti ai lavori:
quel Pontificato doveva preparare la via a Montini e annunciare la
novità
Dell' aggiornamento della tradizione e particolarmente degli
ultimi Pontificati, da Pio IX a Pio XII. Ci avrebbe pensato poi
Montini, divenuto Paolo VI, ad imporre ai cattolici l'inversione
religiosa subdolamente perseguita.
Roncalli massone?
Non c' è dubbio che Roncalli dava molta importanza ai
simboli.
Forse attraverso di essi si potrebbe capire meglio cosa era nell'
animo di questo chierico che fa togliere dalla facciata della
delegazione apostolica lo stemma con la parola
«Filioque», un simbolo della fede cattolica,
ma che ha nella sua croce pastorale l' occhio nel triangolo, usato
dalla Massoneria.
Queste cose non sono una prova della sua affiliazione alla setta,
ma dimostrano le sue scelte iconografiche delle sue associazioni
mentali.
Ora, come si è visto, per il pensiero massonico, ogni fede e
ideologia può essere accettata se depurata da un' idea
assoluta, per costruire la fratellanza universale.
Questo era pure il pensiero manifestato da Roncalli in Turchia
nella Pentecoste del 1944.
Perciò il giornalista Pier Carpi non deve aver inventato
niente sulla sua iniziazione rosacrociana e iscrizione massonica
(«Le profezie di Papa Giovanni», Mediterranee,
1976, Roma): furono non solo le sue parole ed atti ad esprimere
concetti massonici, ma pure le sue amicizie e frequentazioni.
Certo, non ci sono prove pubblicate dai servizi segreti francesi,
ma risulta da un ufficiale addetto alla protezione del nunzio, che
ogni giovedì Roncalli si recasse a una loggia.
Ho ripetuto questa informazione al cardinale Oddi, che era stato
suo aiutante a Parigi.
Non l' ha contestata, ma la storia non si scrive con ammissioni
silenziose e mosse della testa.
Poi, anche a saperlo, cosa cambierebbe di fronte alla demolizione
provocata?
Incontri massonici
Diversi Gran Maestri massoni della Francia e Italia hanno
confermato pubblicamente le aperture del futuro Giovanni XXIII.
Nel 1989 la rivista dei Francs-massons
«Humanisme», numero 186, racconta l'incontro
del nunzio Roncalli con Alexandre Chevalier, che ha avanzato
proposte riguardo al diritto canonico e altro.
All' intesa segreta tra il futuro Giovanni XXIII e chi è
diventato poi il gran maestro nel 1965, invitato all'incoronazione
di Giovanni XXIII a Roma, fa eco l' ipotesi che la loggia
L'Etoile polaire (l'Atelier), «era all'origine
del Vaticano II». (1)
Quale può essere la risposta alla domanda su Roncalli
massone?
Si è visto che ci sono indizi che lo confermano durante la
sua carriera, ma essi non conducono a prove definitive.
Resta, però, che quanto non appare provato durante la sua
carriera clericale, può risultare evidente dai frutti del
suo operato pontificale.
Essi vanno approfonditi.
Nel nuovo clima postconciliare tutte le religioni sono più o
meno buone e la conversione non è più necessaria per
gli ebrei, che rimangono saldi nella Vecchia Alleanza.
Anzi, la loro visione del futuro sarebbe analoga a quella cristiana
nel catechismo derivato dal Vaticano II: l'attesa della venuta (o
del ritorno) del Messia !!! (Catechismo della Chiesa Cattolica,
numero 840).
La materia dell' adesione di Giovanni XXIII alla fede modernistica
o massonica [un massone è fuori dalla Chiesa, non potrebbe
esserne il suo capo, nemmeno se votato dall' unanimità dei
cardinali, che comunque si possono ingannare (vedi Bolla
«Cum ex apostolatus», Papa Paolo IV, 1559)]
è molto delicata.
Potrebbe, tale immane sciagura, essere figurata simbolicamente
nella visione del Terzo Segreto di Fatima, della città mezza
in rovina, che dopo l' eccidio del suo capo va in completa
distruzione?
Potrebbe essere il segreto, storicamente censurato proprio da
Giovanni XXIII, che dava molta importanza ai simboli?
In questo caso, però, davanti ad un segno del cielo, sembra
aver mancato perfino all' evocazione della sua sfinge: deciframi o
ti annullerò.
Daniele Arai
Note
1) Jacques Ploncard d'Assac,
«
Présent», Parigi, 20 luglio 1989.