Nonostante ogni sforzo profuso da Benedetto XVI
nel tentativo di raddrizzare il timone della Barca di Pietro,
è innegabile che a (s)parlare in nome della Chiesa,
contrabbandando la loro neo-teologia come magistero indefettibile,
siano i teologi modernisti, quelli stessi che stanno attuando la
fronda contro il regnante Pontefice, intenzionati più che
mai a fermare il «restauratore».
Il cardinale Walter Kasper è tra essi un esponente di spicco
potendo agire pubblicamente nella sua veste di presidente del
Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei
cristiani, il quale ha al proprio interno una Commissione della
Santa Sede per i rapporti religiosi con l'ebraismo.
Kasper, infatti, è il più accanito sostenitore della
neo-teologia cosiddetta delle salvezze parallele o del doppio
soggetto messianico.
Secondo tale neo-teologia Cristo sarebbe venuto per i soli gentili
avendo gli ebrei la loro via esclusiva di salvezza che, in quanto
tale, non abbisogna della Mediazione di Cristo.
In tale prospettiva: «la Chiesa […] -
afferma il cardinale Kasper - in quanto 'popolo messianico',
non si sostituisce a Israele, ma vi s'innesta, secondo la dottrina
paolina, mediante l'adesione a Gesù Cristo morto e risorto,
salvatore del mondo, e questo legame costituisce un vincolo
spirituale radicale, unico e insopprimibile da parte cristiana.
La concezione opposta - di un Israele un tempo (olim)
prescelto, ma poi per sempre ripudiato da Dio e sostituito
ormai dalla Chiesa - benché abbia avuto larga diffusione per
quasi venti secoli, non rappresenta in realtà una
verità di fede, come si vede sia negli antichi simboli della
chiesa primitiva, sia nell'insegnamento dei principali concili, in
particolare del Concilio Vaticano II (Lumen Gentium 16, Dei
Verbum 14-16, Nostra Aetate)». (1)
Durante un incontro dell'Amicizia
ebraico-cattolica, tenutosi a New York nel 2001, il nostro
cardinale tentò di mediare con la lobby scontenta per il
documento di Giovanni Paolo II, redatto dall'allora cardinal
Ratzinger, «Dominus Iesus»,
sull'Unicità della Mediazione Salvifica di Gesù
Cristo.
In tal occasione affermò che «la Grazia di Dio,
che è la Grazia di Gesù Cristo secondo la nostra
fede, si è resa disponibile a tutti. Per questo la Chiesa
crede che il giudaismo, cioè la risposta fedele del popolo
ebraico al patto irrevocabile con Dio sia fonte di salvezza per
loro, perché Dio mantiene le sue promesse».
In altri termini, per pura politica ecumenica, Kasper non ha
esitato a gettare a mare i Vangeli e duemila anni di magistero
ecclesiale da ultimo confermato, appunto, dalla «Dominus
Iesus» (2), alla quale si è
recentemente, proprio in questi giorni, aggiunto un ulteriore
documento, sulla stessa linea, della Congregazione per la Dottrina
della Fede.
L'insistenza del cardinale in favore di questa neo-teologia ha
dell'incredibile.
Nel 2002, al Boston College, egli proclamava la
salvezza per gli ebrei se, seguendo la loro coscienza, credono
«… nelle promesse di Dio così come le
comprendono loro, nella loro tradizione religiosa, perché in
tal caso si troverebbero in linea con i piani di Dio che per noi
giungono al loro completamento storico con Gesù
Cristo». (3)
E' evidente che distinguendo, in ordine alla salvezza, un
«per loro» da un «per
noi», Kasper afferma che esistono due vie parallele di
salvezza, di cui una, senza la Mediazione di Gesù Cristo,
esclusiva per il popolo ebreo.
Al contrario, la Chiesa ha sempre insegnato che quella Mediazione
è assolutamente necessaria alla salvezza di ciascun uomo in
qualunque tempo: il modo in cui poi quella Mediazione agisce nei
confronti di chi non appartiene alla Chiesa è cosa che solo
Dio conosce fino in fondo, sicché nulla impedisce di
ritenere che anche ebrei ed islamici si salveranno ma - attenzione
- solo in virtù di Gesù Cristo.
Ebrei ed islamici si salveranno magari per vie a noi attualmente
non pienamente comprensibili ma sicuramente per la Mediazione
salvifica di Cristo, che è l'unica ed universale Mediazione
tra Dio Padre e l'umanità.
Ora, si da il caso che, benché i neo-teologi giudaizzanti
invochino dalla loro il documento del Vaticano II «Nostra
Aetate», la cui genesi fu fortemente influenzata dalle
pressioni della lobby ebraica, la loro neo-teologia è in
contraddizione non solo, in verità, con la stessa
«Nostra Aetate», se rettamente interpretata
alla luce della millenaria tradizione ecclesiale, ma, ed è
ciò che conta di più, con l'ininterrotta tradizione
e l'indefettibile ed infallibile magistero papale ed ecclesiale,
dai tempi apostolici fino ad oggi.
La neo-teologia delle salvezze parallele o del doppio soggetto
messianico, propagandata da Kasper, è infatti falsa sotto
diversi aspetti.
Innanzitutto va osservato che l'antica teologia della sostituzione
- contrariamente a quanto asserisce il cardinale - non afferma, non
potrebbe contro il magistero di san Paolo, che gli ebrei sono
«per sempre» ripudiati da Dio.
La teologia della sostituzione sostiene soltanto che gli ebrei sono
attualmente in uno stato equivoco che finirà solo alla fine
dei tempi.
San Paolo, nella «Lettera ai Romani», lungi
dall'affermare che la Chiesa si innesta su Israele, come Kasper
pretende di fargli dire, rimprovera i suoi ex-correligionari ebrei
per il loro accecamento nei confronti di Cristo, accecamento che
l'apostolo imputa chiaramente a «durezza del
cuore» ossia, in altri termini, a chiusura spirituale
alla trascendenza che libera dalle pastoie della Legge per donarci
l'essenza vera ed infinita della Legge stessa, ossia l'amore di
Dio.
Al tempo stesso, San Paolo, però, non dimenticava di
ricordare ai cristiani che i «fratelli maggiori»
saranno un giorno reinnestati nell'«olivo
santo», segno dunque che oggi - ed è ciò
che i facili dialogatori come il cardinal Kasper dimenticano o
fanno finta di dimenticare - essi ne sono separati. In altri
termini se gli ebrei alla fine dei tempi torneranno alla fede di
Abramo adempiutasi in Cristo Dio-Uomo vuol semplicemente ed
evidentemente dire che essi oggi non hanno la stessa fede di Abramo
ma l'hanno, essi sì e non i cristiani, sostituita con un
culto spurio: il giudaismo post-biblico fondato sul complesso
esegetico talmudico-cabalista.
In secondo luogo che - come afferma Kasper - gli antichi simboli
della «chiesa primitiva» (4)
e l'insegnamento dei principali Concili non abbiano consacrato la
cosiddetta «teologia della sostituzione» non
è vero.
Come avrebbe potuto tale teologia circolare, incontrastata, per
duemila anni se non fosse stata ritenuta dal magistero papale ed
ecclesiale conforme alla Rivelazione?
Un errore di tal genere, la tranquilla diffusione
di una teologia che ora i neo-teologi giudicano
«eretica», getterebbe, come getta nella
prospettiva infingarda dei neo-teologi, sospetti drammatici sulla
indefettibilità della Chiesa e sull'infallibilità in
materia di fede dei Pontefici.
Ma, come è evidente, il cardinale Kasper, affermando che
l'insegnamento dei principali concili contrasta con la teologia
della sostituzione, intende palesemente riferirsi al solo Vaticano
II, di cui cita per l'appunto la «Nostra
Aetate», o ad un Vaticano II secondo l'ermeneutica
kasperiana.
Ora, a parte che il Vaticano II non è un Concilio dogmatico,
ma solo pastorale, sicché, come afferma Ratzinger/Benedetto
XVI, leggerlo senza la luce della tradizione, ossia
dell'insegnamento dei 20 precedenti Concili e del magistero
millenario della Chiesa, è inventarsi un Vaticano II diverso
da quello effettivo, quali siano in realtà le vere
preoccupazioni del cardinale è lasciato intendere
direttamente dalle sue parole: «Il dialogo e la
collaborazione tra cristiani ed ebrei implica, tra l'altro, che si
faccia memoria della parte che i figli della Chiesa hanno potuto
avere nella nascita e nella diffusione di un atteggiamento
antisemita nella storia e di ciò si chieda perdono a Dio,
favorendo in ogni modo incontri di riconciliazione e di amicizia
con i figli di Israele». (5)
La faciloneria con cui questi cardinali neo-teologi
parlano di storia, imputando, senza senso critico, colpe generiche
e storicamente decontestualizzate ai cristiani, è
incredibile.
Con questa metodologia ben si potrebbe dire - in un'ottica
anticristiana - che i crociati dell'XI-XII secolo oltre ad essere
violenti ed arroganti fossero anche stupidi perché si
ostinavano ad andare in Terra Santa a piedi o via mare, con enormi
sacrifici e fatiche, quando al contrario sarebbe stato più
facile ed economico organizzare un bel ponte aereo!
Con questo paradosso si ridicolizzano tutti coloro, compresi i vari
Kasper e saccenti ecclesiastici, che usano fare dell'anacronismo
storico e pretendeno che i cristiani dei secoli passati
ragionassero con schemi culturali moderni. (6)
In terzo luogo la neo-teologia di cui si fa portavoce il
cardinale Kasper è fondata su una palese falsificazione
ermeneutica della dottrina di San Paolo.
Infatti, l'apostolo delle genti nel capitolo 11, 16-24 della
«Lettera ai Romani» chiama «olivo
santo» la fede di Abramo intendendo per tale, né
poteva essere diversamente date le stesse parole di Cristo in
Giovanni. 8,58 («Prima che Abramo fosse, Io
sono»), il cristianesimo ante litteram.
Quindi, l'apostolo passa ad affermare che da questo
«olivo» l'Israele post-biblico, a causa - lo
abbiamo già ricordato - del suo «indurimento di
cuore», è stato «reciso».
Gli israeliti che non hanno riconosciuto Cristo
sono, per San Paolo, «rami tagliati» per far
posto ad altri «rami», agli
«oleastri», ossia ai gentili, che così
sono chiamati anch'essi da Dio alla salvezza. L'esegesi paolina
deve essere letta, per essere interpretata nel suo vero senso, alla
luce delle parole di Cristo in Giovanni 15, 5-6 «Io sono
la vite e voi i tralci. Chi rimane in me e Io in lui, fa molto
frutto, perché senza di me non potere fare nulla. Chi non
rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi li
raccolgono e li gettano nel fuoco e li bruciano».
Per San Paolo, dunque, la caduta di Israele ha permesso la salvezza
dei pagani e ciò, con tutta evidenza, significa che Israele,
sebbene soltanto temporaneamente, in attesa della fine dei tempi,
è fuori dall'«Alleanza non revocata»,
ossia dalla Rivelazione di Dio ad Abramo compiutasi in Cristo.
Alleanza che, intesa come complesso unitario di Vecchio e Nuovo
Testamento, è detta «non revocata» non
nel senso che essa coincida, attualmente, con il giudaismo
talmudico-cabalista post-biblico, come sostengono i neo-teologi
alla Walter Kasper, ma nel senso, per l'appunto insegnato da San
Paolo, che tale Alleanza, inizialmente pattuita nella sua forma
Antica, è stata definitivamente adempiuta nella, e superata
dalla, Nuova Alleanza stabilita da Cristo e che pertanto solo in
Cristo, e non nell'Israele post-templare, essa ha trovato la sua
continuazione e, quindi, la sua
«irrevocabilità».
Al modo, cioè, del contratto definitivo che, includendolo,
perfeziona e prende il posto del preliminare nell'unico patto tra
i contraenti, ossia, fuor di metafora, Dio e l'umanità.
Nella «Lettera ai Romani», San Paolo non usa
mai, come forzando il senso del testo pretende di sostenere Kasper,
l'espressione «Alleanza non revocata»
attribuendola agli ebrei post-biblici ma sempre e solo alla fede di
Abramo, all'«olivo santo», dal quale
l'apostolo afferma chiaramente che l'antico Israele ha in pratica
apostatato.
A riguardo degli ebrei post-biblici, San Paolo afferma chiaramente
che essi, essendo stati un tempo eletti, ossia scelti, da Dio,
«sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la
chiamata di Dio sono irrevocabili» (Romani 11,28-29).
Con ciò l'apostolo intende dire che il popolo ebreo,
chiamato per primo da Dio, non sarà dimenticato nella sua
attuale caduta perché, appunto, amato non per l'attuale sua
apostasia ma per la fede dei loro padri, fede che con il rifiuto di
Cristo è stata da loro rinnegata, e che pertanto essi alla
fine dei tempi, e solo alla fine dei tempi, in virtù di
quell'antica elezione che Dio non ha dimenticato, in quanto Dio
mantiene sempre le sue promesse, sarà reinnestato
nell'«olivo santo» della Rivelazione,
nell'albero della vita che è la Croce di Cristo, il Logos
fattosi Uomo.
E' chiaro, pertanto, che per San Paolo come per
l'unanimità dei Padri della Chiesa (e l'insegnamento
unanime dei Padri gode, al pari del magistero pontificio, di
infallibilità), e come per secoli la Chiesa ha predicato dai
pulpiti, l'antico Israele è stato sostituito dalla Chiesa
che è il «nuovo Israele», non
più carnale ma spirituale, innestato al posto del primo
sull'«olivo santo».
Piuttosto, ed è questo che la pastorale, al
fine di evitare le mancanze di carità verso gli ebrei di
certi cristiani del passato, non però tutti né la
maggioranza, dovrebbe oggi ricordare costantemente, senza per
questo cambiare la dottrina tradizionale dei Padri, San Paolo,
nello stesso passo sopra ricordato della «Lettera ai
Romani», si preoccupava di ammonire i cristiani
affinché essi non si insuperbissero, a loro volta, contro
gli ebrei, sicché possa accadere loro quel che, per
superbia, è accaduto agli israeliti, ovvero la recisione
dall'albero della vita, dall'«olivo santo»
della Rivelazione.
Come possa, dunque, un cardinale di santa romana Chiesa, se non per
una evidente sebbene silente apostasia dalla sapienza eterna,
primordialmente rivelata all'umanità in Adamo innocente, e
poi storicamente incarnatasi prima nella fede di Abramo e, in forma
figurata, nella storia del popolo israelita e, poi, definitivamente
e realmente in Cristo, affermare che «la Chiesa in quanto
popolo messianico non si sostituisce a Israele ma vi si
innesta», identificando in tal modo il vecchio Israele,
ramo reciso, con l' «olivo santo» della Rivelazione
adamitica primordiale adempiutasi definitivamente in Cristo,
attribuendo inoltre tale scemenza addirittura a San Paolo, è
un «mistero» che senza dubbio rientra in
quell'atmosfera «affumicata», nel senso del
«fumo di Satana penetrato nel tempio» di cui
si lamentava Paolo VI, disilluso dalle avventure della neo-teologia
postconciliare, che da decenni ormai si respira nella Chiesa.
E' che si tratti di «fumo venefico» viene
confermato da Kasper quando nel ricordare che nel 1928 la sede
apostolica, allarmata dall'antisemitismo razziale, che è
cosa del tutto moderna e per nulla cristiana (7),
definiva l'antisemitismo «odium adversus populum olim a
Deo electum» (AAS XX/1928, pagine 103-104), afferma che,
a settantacinque anni di distanza, è necessario modificare
quella sentenza eliminando quell'«olim»
(«un tempo»).
A questo punto ci sia consentito osservare che la neo-teologia alla
Kasper, camuffata con i sacri paramenti cattolici, è del
tutto simile a quella, di matrice protestante, proclamata dai
cristiano sionisti americani e dai loro apocalittici
telepredicatori.
Un teologo cristiano-sionista, Kenneth Wuest, afferma
esplicitamente che: «il Nuovo Testamento è un
patto fatto con la nazione ebraica». (8)
Wuest, con tale espressione, intende evidenziare il nucleo
profondamente talmudico del sionismo cristiano.
Per il cristiano-sionismo, infatti, il popolo
ebreo è in realtà il «messia collettivo»
al quale i «cristiani rinati», ossia i
sionisti cristiani, ed essi soli, si agganciano, mediante Cristo,
per partecipare, con il titolo di «ferventi noachici
delle nazioni», alla imminente teocrazia messianica di
Israele, al regno messianico futuro, che, dopo l'apocalittica
battaglia di Armageddon, inaugurerà il
«millennio» di felicità in terra,
nell'aldiquà, secondo l'interpretazione letterale, da
sempre rigettata dalla Chiesa cattolica, del capitolo 20
dell'Apocalisse.
Nel sionismo cristiano Cristo non è più il Logos
giovanneo (9) ma è innanzitutto ed
essenzialmente un «ebreo», che rende possibile
la partecipazione di alcuni noachici al regno millenario di
Israele. Anziché essere «prima di
Abramo» nella teologia cristiano-sionista Cristo
è «figlio di Abramo».
Diventa così palese che come per altre sette di derivazione
avventista, si veda il caso dei Testimoni di Geova, anche per il
cristiano-sionismo, implicitamente, Gesù Cristo non è
vero Dio e vero Uomo ma soltanto uomo.
Si tratta di una inconfessata «riduzione umanitaria» di
Cristo che rappresenta il frutto maturo di quella velenosa
de-ellenizzazione del cristianesimo iniziata, come ha ricordato
Benedetto XVI a Ratisbona nel 2006, con Lutero.
La Chiesa clericale, quella dei cardinali come Walter Kasper, ha
sequestrato la fede al popolo.
Essa parla troppo del superfluo ma tace sulle questioni essenziali.
Come ricordava a suo tempo Maurizio Blondet, la domanda essenziale
oggi è: il ritorno degli ebrei in terra santa, il loro
feroce recupero del «sacro» esclusivismo, la loro
potenza militare virulenta, sono segni apocalittici?
E precisamente: sono segni dell'imminente «regno di
Dio» o dell'Anticristo?. (10)
Oltre settanta milioni di protestanti fondamentalisti
americani ritengono che il ritorno degli ebrei in terra santa sia
un segno dell'imminenza del «regno di Dio» e
che per questo l'America «cristiana» deve
essere al fianco di Israele nella lotta contro il satanico Islam.
Al contrario, fedele all'insegnamento unanime dei Padri della
Chiesa, il Monte Athos, centro spirituale della Chiesa ortodossa,
ha sancito che lo Stato di Israele è un segno Anticristico.
(11)
I musulmani, dal canto loro, sono sempre più
convinti che stanno combattendo contro il Dajjal,
l'«impostore» dei tempi ultimi.
Persino i pii rabbini del Neturei Karta, pur esplicitamente
talmudici, sono convinti che l'Israele sionista sia una blasfema
bestemmia contro il Dio di Abramo ed aspettano che il vero tempio
discenda, come la città santa dell'Apocalisse, dal cielo,
da Dio, rigettando come blasfemo ogni progetto di ricostruzione del
tempio di Gerusalemme da parte del rabbinato sionista.
Solo la Chiesa cattolica - che parla troppo - tace su questo punto.
Sull'orlo estremo della storia, sforna insipidi
neo-teologie come quella proclamata dal cardinale Kasper.
Gesù indicò come segno dei tempi oscuri la perdita
della Fede: «se il sale diventa insipido... sarà
buono solo ad essere calpestato».
La «chiesa» di Kasper, come la sua
neo-teologia, è, appunto, insipida.
Luigi Copertino
Note
1) Confronta Commissione per i rapporti religiosi
con l'ebraismo, IV giornata europea della cultura ebraica,
riflessioni del cardinale Water Kasper, «
Antisemitismo:
una piaga da guarire», in
www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/relations-jews-docs/rc_pc_chrstuni_doc
2) Citato da Michael E. Jones
«La conversione dell'ebreo rivoluzionario»,
effedieffe.com, 07/01/2007.
Nella «Dominus Iesus» è, contrariamente alle
dichiarazioni di Kasper, testualmente affermato: «Si tratta
di una sola economia salvifica di Dio Uno e Trino, realizzata nel
mistero dell'incarnazione, morte e risurrezione del Figlio di Dio,
attuata con la cooperazione dello Spirito Santo ed estesa nella sua
portata salvifica all'intera umanità e all'universo: 'Gli
uomini non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di
Cristo, sotto l'azione dello Spirito' ». Le dichiarazioni
di Kasper sono contrarie anche all'enciclica di Giovanni Paolo II,
«Redemptoris Missio», nella quale è chiaramente
affermato: «Cristo è l'unico salvatore (Giovanni
14,6) di tutti, colui che solo è in grado di rivelare Dio e
di condurre a Dio. Alle autorità religiose giudaiche che
interrogano gli apostoli in merito alla guarigione dello storpio,
da lui operata, Pietro risponde: 'Nel nome di Gesù Cristo
il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai
morti, costui vi sta innanzi sano e salvo... in nessun altro
c'è salvezza: non vi è infatti altro nome dato agli
uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere
salvati'. (At 4,10)… la salvezza non può venire che
da Gesù Cristo».
3) Citato da Michael E. Jones «La
conversione…», opera citata Kasper, in seno alla
Chiesa, non è l'unico a proclamare dichiarazioni in linea
con la neo-teologia ereticale. Sempre Michael E. Jones ci informa
che nell'agosto 2002, il Comitato dei Vescovi degli Stati Uniti
per gli Affari Ecumenici ed Interreligiosi, sotto la direzione del
cardinale William Keeler, in collaborazione con il Consiglio
Nazionale delle Sinagoghe degli Stati Uniti, ha pubblicato un
documento intitolato «Reflections on Covenant and
Mission», nel quale si afferma: «Una più
profonda valutazione cattolica del patto eterno fra Dio e il popolo
ebraico, in aggiunta all'ammissione che il popolo ebraico ha
ricevuto il mandato di adempiere ad una missione divina
perché fosse testimone dell'amore fedele di Dio, ci fa
concludere che le campagne di conversione al cristianesimo rivolte
agli ebrei non siano più accettabili, da un punto di vista
teologico, da parte della Chiesa cattolica». Per attenuare
l'impatto ereticale di tale documento, il cardinale Keeler
affermò che esso non doveva essere considerato alla stregua
di una posizione ufficiale dei vescovi americani ma che rifletteva
soltanto «lo stato della comprensione tra i
partecipanti» al dialogo «tra cattolici ed
ebrei». Il documento, perciò, non è mai stato
promulgato in veste ufficiale dalla Conferenza Episcopale Americana
in quanto, con tutta evidenza, Roma non ne voleva alcuna valenza
ufficiale.
4) E' sintomatica della sottovalutazione
dispregiativa del cardinale nei confronti del Corpo Mistico di
Cristo il fatto che egli usa riferirsi alla Chiesa senza la
«C» maiuscola e che la definisca
«primitiva». La Chiesa non è mai stata
«primitiva» come si trattasse di un soggetto
storicamente in evoluzione e, dunque, in trasformazione per quanto
riguarda la sua essenza indefettibile. In verità la Chiesa
è nata, dalla ferita del costato di Nostro Signore
Gesù Cristo sulla Croce, già tutta integra sebbene,
come chi dalla potenza deve passare all'atto, non ancora
pienamente sviluppata in tutte le sue potenzialità che si
sono estrinsecate con il trascorrere dei secoli.
5) Confronta Commissione per i rapporti religiosi
con l'ebraismo, IV giornata europea della cultura ebraica,
riflessioni del cardinale Water Kasper, «Antisemitismo: una
piaga da guarire», in ibidem.
6) Schemi culturali moderni che non è poi
detto che fossero sempre e comunque migliori di quelli di un tempo,
quando certamente non si conosceva il concetto moderno di
tolleranza, quello relativista, di concezione massonica, che rende
tutte le religioni un affare privato del quale lo Stato (anche
quando - anzi soprattutto quando - come negli USA è lasciata
alle «chiese» libertà di organizzazione) deve
disinteressarsi, ma si conosceva e si praticata, certamente tra
alti e bassi, una tolleranza di fatto costruita dalle fedi stesse,
dalla storia e dalle secolari consuetudini di rapporti e scambi
culturali ed economici tra le diverse comunità. Tolleranza
di fatto che non impediva certo posizioni di egemonia di una
comunità religiosa sull'altra e viceversa, posizioni
egemoniche che nascevano dai rapporti politico-economici del
momento e non da presunti «mandati divini» (ciò
vale non solo per il cristianesimo ma anche per l'islam: la
«crociata» cristiana ed il jihad islamico così
come la «missione/conversione» in ambito cristiano e la
«protezione/subordinazione dei dhimmi» in ambito
mussulmano avevano una valenza molto più complessa nei
confronti degli «infedeli» di quel che la vulgata oggi
suppone) ma che, consentendo comunque la convivenza tra
civiltà, non pretendeva di fondarsi sulla negazione delle
reciproche identità.
7) L'antisemitismo razziale è, infatti,
del tutto inspiegabile senza l'occultismo esoterico e teosofico
ottocentesco, il positivismo scientista e la falsa scienza
darwiniana. Ma tali origini dell'antisemitismo sono solo accennate
da Kasper che preferisce masochisticamente dilungarsi sul
«mea culpa» per il contributo - tutto da dimostrare
senza cadere nell'anacronismo storico! - che il tradizionale
«antigiudaismo cristiano» avrebbe dato all'emergere
dell'antisemitismo nazista.
8) Confronta K. Wuest «Gli Ebrei nel Nuovo
Testamento», Greco, 1947, pagina 14.
9) Proprio perché Egli è il Logos,
il Verbo di Dio Padre, spettano a Lui, ed a Lui soltanto, titoli
archetipici e messianici come Uomo Universale, Figlio dell'Uomo,
Secondo Adamo, Sacerdote in Eterno al modo di Melchisedeq. Titoli
sui quali l'esegesi patristica ha avuto modo di meditare in
intense e sublimi pagine teologiche.
10) Confronta Maurizio Blondet
«Crisi della Chiesa» in
effedieffe.com, 26/10/2004.
11) Infatti, i Padri della Chiesa hanno
profetizzato che l'avvento dell'Anticristo avrebbe coinciso con
il trionfo di Israele e la ricostruzione del tempio a Gerusalemme.
Israele, affermavano unanimi i Padri, e sulla loro scorta i Dottori
medioevali, visto che ha rifiutato il Messia accoglierà come
proprio capo l'anti-messia. Ecco, per chi voglia documentarsi, un
cospicua rassegna di sentenze irreformabili dei Padri sulla
questione. San Ireneo («Contro le eresie», II secolo):
«L'Anticristo ingannerà gli ebrei ad un punto tale
che essi lo accetteranno come Messia e lo adoreranno»;
«Al tempo del suo regno, l'Anticristo disporrà che
Gerusalemme venga ricostruita in magnificenza, ne farà una
grande e popolosa città, seconda a nessun'altra nel mondo,
e ordinerà che il suo palazzo venga costruito
lì». San Ippolito («Discorso del beato Ippolito,
vescovo e martire, sull'Anticristo», III secolo):
«… l'Anticristo … deve ristabilire il regno
degli ebrei … egli amerà soprattutto la nazione degli
ebrei … nascerà dalla tribù di Dan …
erigerà il tempio a Gerusalemme, lo ristabilirà in
breve tempo e lo consegnerà agli ebrei. E allora si
insuperbirà verso ogni uomo; proferirà bestemmie
contro Dio …». San Cirillo vescovo di Gerusalemme
(«XV catechesi battesimale. Sul secondo avvento di Cristo,
sull'ultimo giudizio e sul suo Regno che non avrà mai
fine», IV secolo). «… l'Avversario, prendendo
l'abbrivio dall'attesa dei semplici e specialmente di quelli
della circoncisione, preverrà l'avvento del vero Cristo col
suscitare un uomo … che usurperà il potere imperiale
tra i romani e il nome di Cristo tra i giudei, per trarre in
inganno i pagani … e i giudei con il nome del Messia che
ancora attendono … L'Anticristo … usurperà
… l'impero romano … Dapprincipio si mostrerà
ragionevole e saggio, simulando benignità, moderazione e
clemenza; ma dopo aver tratto i giudei a seguirlo come il Messia
aspettato … sopravanzerà per comportamenti disumani e
iniqui gli ingiusti ed empi suoi predecessori … Sarà
versipelle e maldisposto con tutti, ma specialmente con noi
cristiani …. Paolo aggiunge: 'L'Avversario
s'innalzerà sopra ogni essere che viene detto Dio o
è oggetto di culto … fino a sedere nel Tempio di
Dio'. Di quale Tempio parla? Di quello giudaico ormai distrutto
… Se si presenterà ai giudei come Cristo con la
pretesa di essere da loro adorato, lo farà per sedurli
più facilmente: col prendersi cura della ricostruzione del
tempio di Salomone vorrà farsi credere della stirpe di
Davide». Sant'Efrem Siro («Sermoni», IV secolo),
il quale conferma anche l'altra dottrina di san Paolo sulla finale
conversione degli ebrei: «Si preparerà l'uomo di
iniquità e venendo entrerà in Gerusalemme;
riedificherà e stabilirà Sion, si proclamerà
Dio ed entrando nel tempio vi siederà, come scrisse
l'apostolo, come se fosse Dio … Quando l'Anticristo
inizierà ad imperversare, gli ebrei dubiteranno che egli sia
realmente il Messia. Egli allora toglierà agli ebrei le loro
cariche e tratterà molti di loro peggio dei
cristiani». Anche sant'Agostino (IV-V secolo) nel capitolo
XX de «La Città di Dio» ricorda la convinzione
patristica sulla finale conversione degli ebrei intesa, appunto,
come ritorno all' «olivo santo», da essi ora
abbandonato: «… non assurdamente si ritiene che il
pensiero, espresso dall'Apostolo con le parole: 'Frattanto chi
ora lo trattiene lo trattenga finché esca di mezzo', si
riferisca all'Impero di Roma … Non v'è dubbio che
in: 'E allora sarà rivelato l'empio', è indicato
l'Anticristo … E' assai ricorrente nelle parole e nei
sentimenti dei fedeli che i Giudei, nell'ultimo tempo prima del
giudizio, crederanno nel Cristo vero (il che significa che in
precedenza hanno creduto in un «cristo falso», ndr),
cioè nel nostro Cristo attraverso l'esposizione della Legge
per mezzo del profeta .. Elia … Quando (Elia) verrà,
spiegando secondo lo spirito la Legge che attualmente i Giudei
interpretano secondo la carne, 'volgerà il cuore del padre
al figlio', cioè il cuore dei padri ai figli …
Questo il significato: che anche i figli, cioè i Giudei,
comprenderanno la Legge come l'hanno compresa i loro padri,
cioè i Profeti tra i quali v'era anche Mosé …
in modo che i Giudei amino il medesimo Cristo, che è il
nostro, mentre prima lo odiavano». Si noti che in tale passo
sant'Agostino richiama l'altra tradizione patristica sul ritorno,
prima del manifestarsi dell'Iniquo, del Profeta Elia a predicare
tra gli ebrei perché la loro conversione impedirebbe
all'Anticristo di palesarsi: non è chiaro in queste antiche
tradizioni se il tentativo di Elia, a cui altri Padri accompagnano
anche Enoch, sia destinato a successo. In alcune versioni, Enoch
e/o Elia saranno martirizzati dall'Anticristo: e questo sembra in
qualche modo collegabile anche all'escatologia islamica del Mahdi,
il «Ben Guidato», che apparirà prima della fine
dei tempi per essere martirizzato dall'Anticristo,
dopodichè, all'aprirsi dei cieli, la Parusia di Issa, ossia
di Gesù, Verbo di Allah e figlio della Vergine Myriam, che
verrà ad uccidere l'Anticristo. Proseguendo nella nostra
rassegna dei Padri e Dottori della Chiesa, San Giovanni Crisostomo
(«Omelia sulla seconda Lettera ai Tessalonicesi», IV-V
secolo): «… l'impero romano sarà distrutto
dall'Anticristo… Ma chi è egli? … si tratta
di un uomo, 'e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o
è oggetto di culto' (2Tes 2,4). Egli non introdurrà
l'idolatria, ma sarà una sorta di oppositore di Dio;
abolirà tutti gli dei, ordinerà agli uomini di
adorare lui anziché Dio e siederà nel tempio, non
solo in quello di Gerusalemme ma anche in ogni
chiesa…». San Girolamo («Epistola CLI ad
Algasiam, quest. II; Commentarium in Danielem, 11, 24», IV-V
secolo) commentando Giovanni 5,43, «Io sono venuto a voi nel
nome del Padre mio e non mi ricevete; se un altro verrà nel
suo proprio nome, voi lo riceverete», afferma: «Non
c'è dubbio che in 'quest'altro' che Gesù dice
verrà di propria autorità e che sarà ricevuto
dai Giudei, Egli intendesse parlare dell'Anticristo».
Tiranio Rufino («Spiegazione del Simbolo», IV-V
secolo): «… l'Anticristo del quale proprio il Signore
ha fatto ai Giudei questa predizione nel Vangelo: 'Io sono venuto
in nome del Padre mio e non mi avete accolto; verrà un altro
in nome proprio e questo lo accoglierete (Giovanni 5,43)».
San Giovanni Damasceno («De Fide Orthodoxa», VII-VIII
secolo): «… il Signore disse loro (agli ebrei): 'Sono
venuto nel nome del Padre e non mi avete ricevuto. Se un altro
verrà in suo nome, lui lo riceverete' . E l'apostolo:
'perché non hanno accolto l'amore della verità per
essere salvi. E per questo Dio invia loro una potenza d'inganno
perché essi credano alla menzogna: e così siano
condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità,
ma hanno acconsentito all'iniquità'. Per cui gli ebrei non
hanno ricevuto il Signore Gesù Cristo e Dio, anche se Egli
era il Figlio di Dio, ma l'impostore che dice di essere Dio lo
riceveranno. Perché si farà chiamare Dio … E
l'Apostolo: 'Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti
dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato
l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si
contrappone e si innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o
è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio' - non
comunque nel nostro ma in quello del passato, quello degli ebrei,
perché egli non (inizialmente) verrà da noi ma dagli
ebrei… Ed Enoch ed Elia il Tisbita saranno inviati per
'ricondurre i cuori dei padri verso i figli' vale a dire condurre
la sinagoga a nostro Signore Gesù Cristo e alla predicazione
degli Apostoli». San Rabano Mauro («Scritti», IX
secolo): «L'Anticristo … ricostruirà il tempio
di Gerusalemme e farà di Gerusalemme la capitale del
mondo…». Sant'Anselmo («Discorso
sull'Anticristo» , XI-XII secolo): «… Il tempio
che Salomone costruì, essendo stato distrutto …, egli
(l'Anticristo) lo riedificherà, si farà
circoncidere, e pronuncerà la menzogna che egli è il
figlio di Dio Onnipotente … Verso la fine del mondo
l'Anticristo attrarrà a sé i cuori degli ebrei con
la sua grande generosità e l'atteggiamento benevolo, tanto
che essi lo loderanno come un semi-dio. Gli ebrei parlando tra loro
diranno: 'Non c'è in tutta la nostra generazione un uomo
più virtuoso, giusto e saggio. Fra tutti gli uomini egli
sarà certamente capace di liberarci da tutti i nostri
patimenti». Infine, san Tommaso d'Aquino («Commento a
II Tess. II, 1-3», XIII secolo): «Ci sono due cose: la
ribellione che precede l'Anticristo e la venuta dell'Anticristo.
La fede deve essere prima accolta in tutto il mondo e poi molti
devono abbandonarla. Altri parlano di ribellioni contro l'Impero
Romano a cui tutto il mondo era assoggettato, ma le nazioni
rifiutarono l'Impero e l'Anticristo non è venuto. Altri
sostengono che l'Impero Romano non ha realmente cessato di
esistere ma si è semplicemente trasformato da regno
temporale in regno spirituale. In questo senso la ribellione deve
essere contro la Fede Cattolica della Chiesa Romana. Questo
è abbastanza logico. Cristo venne quando tutti erano
sottomessi a Roma: perciò, un vero segno della venuta
dell'Anticristo è la ribellione contro Roma. … Egli
(l'Anticristo) affermerà di essere Dio e uomo, e
così in tale veste si siederà nel tempio. Alcuni
dicono che l'Anticristo è della tribù di Dan e che
perciò gli ebrei in un primo momento lo riceveranno e
ricostruiranno il tempio di Gerusalemme, e sarà in questo
tempio che egli siederà. Altri, tuttavia, sostengono
… che egli siederà nella Chiesa, nel senso che molti
della Chiesa lo riceveranno». Si notino due fatti. In primo
luogo, se è vero che la Chiesa cattolica, come dice
l'Aquinate, è l'erede spirituale di Roma, sicché
Dante poteva cantare la «Roma onde Cristo è
romano» (ciò sia di smentita per tutte quelle
interpretazioni che identificano la Babilonia dell'Apocalisse con
l'Impero Romano: l'Apostolo parlava piuttosto della degenerazione
«orientaleggiante» della romanità incarnata dal
potere illegittimo di decadenti imperatori come Nerone, sobillati
contro i cristiani, come ricorda la latinista Ilaria Ramelli, dalla
comunità ebraica locale, e non della romanità in
sé provvidenzialmente preordinata da Dio all'Incarnazione
del Verbo ed alla diffusione del cristianesimo) è anche
vero, e significativo, che sul piano storico l'ultima residuale
sovranità che, in qualche modo, poteva vantare
un'ascendenza ideale fino all'Impero Romano è stato
l'Impero Asburgico, scomparso nel 1918, il cui ultimo Imperatore,
Carlo d'Asburgo, è stato, in un'ottica di
provvidenzialità non casualmente, innalzato sugli altari da
Giovanni Paolo II. In secondo luogo, è alla tradizione
patristica ed ecclesiale circa il ruolo anticristico del giudaismo
post-biblico, ma anche a quella della conversione finale degli
ebrei, che si è ampiamente ispirato Solov'ev nel suo noto
«Racconto dell'Anticristo».