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Il Papa usa le sue divisioni
Maurizio Blondet
07 Settembre 2013
«Quante divisioni ha il Papa?», chiese derisorio Stalin. Il dubbio, e la derisione, percorrono da allora tutta la contemporaneità, anzi si sono aggravati dopo il Concilio e la diserzione generale che ne è seguita. I cattolici sono minoranza nel mondo, sono divisi da ideologie d’accatto e dispersi nelle lingue, insofferenti di autorità... il contrario di un esercito. Dunque, impotenti. Arriva Papa Francesco e dal balcone ordina a questi cristiani la giornata di digiuno e preghiera per scongiurare l’intervento americano in Siria. So che a molti «tradizionalisti» questo Papa continua a non piacere; li invito solo a considerare che Bergoglio non dubita che esistano le masse cattoliche, le divisioni cristiane, e non ha alcun ritegno a dar loro ordini, né il minimo timore che disobbediscano ai suoi comandi. Il suo colto e timido predecessore, non si è mai rivolto ai cattolici così: con un atto di imperio, sicuro dell’obbedienza. È il secondo atto d’imperio che fa Francesco. Il primo fu la sua prima apparizione sul balcone, quando chiese alle persone riunite in piazza San Pietro di impetrare su di lui la benedizione di Dio, e si inchinò per ricevere la benedizione sul capo. I soliti giornalisti (coi tradizionalisti formalisti) dissero che s’inchinava al popolo: sciocchezza. È stato – per citare un osservatore più acuto – il gesto «di un capo carismatico che, con l’appoggio delle masse, intende rovesciare le vecchie élites ramificate, in favore di una struttura di potere più piramidale». Il rapporto diretto col popolo senza mediazioni, di un comandante. Difatti, fu lui fin dal primo momento, a guidare la preghiera di benedizione su di sé, e tutti noi intensamente, la ripetemmo di tutto cuore. E prima, la piazza aveva fatto silenzio, nell’ improvviso e mistico concentrare della volontà collettiva sulla testa dell’Uomo del balcone. Da un secolo, queste mistiche fusioni tra il capo e le sue masse non hanno buona stampa, ed è politicamente corretto evitarle come la peste. Lui non ha avuto scrupolo di adottarle, ed il Papa è l’unico che può farlo a buon diritto. Qui, io ho riconosciuto (finalmente) con tutti i difetti e le eventuali idiosincrasie caratteriali, un uomo di comando. Non a caso ha scelto di essere della Compagnia di Gesù, ordine militare fondato da un guerriero spagnolo, dal comandante di un tercio col corpo coperto di cicatrici e stortato dal mestiere delle armi Questi gesti d’imperio, quando vengono da un comandante, hanno questo effetto insolito: che «formano» la massa dove prima c’era una sparsa folla di dubitanti, di distratti, di spettatori e di insubordinati. L’ordine dato, responsabilizza. Tutti a digiunare sabato? Molti non ci riusciremo; ma tutti tenteremo, sicuri che l’ordine è stato giusto. E miracolo, alle (scarne) divisioni cattoliche si sono subito accodati gli altri: non cattolici, atei compresi, come aveva invitato il Papa stesso. Nessuno s’è smarcato pubblicamente. Persino la ben nota «comunità ebraica» ha, come si dice, dovuto «aderire». No all’intervento occidentale in Siria, no! Al G-20, l’atea digiunatrice Bonino è andata non più isolata. Anzi, a Pietroburgo s’è palesata una forte e concreta maggioranza europea contro le mene di Obama di saldare complicità, di ordinare l’unità bellicista ai vassalli europei. Obama ha fallito. L’isolato è lui. Persino la Polonia, sempre su posizioni neocon ai tempi di Bush Jr., ha detto no. L’Inghilterra ha fatto defezione. Accanto ad Obama resta il ridicolo patetico Hollande. Dite quel che volete, questa disobbedienza generale all’Americano (e alla nota invisibile ma onnipresente Lobby) è un fatto storico. La coincidenza e il contrasto con l’obbedienza chiesta ed ottenuta dall’Argentino salta all’occhio. Dite pure che la rivolta non è merito del Papa, che i tempi erano maturi, dopo dieci e più anni di aggressioni e destabilizzazioni giudeo-americane, per dire «basta». Ma capire il momento ed afferrarlo è appunto una delle doti del buon comandante di divisioni. Miracolo nel miracolo: i media cominciano a render note le atrocità dei ribelli, cosa di cui hanno prima taciuto accuratamente. Il New York Times ha tirato fuori il video dove dei jihadisti trucidano dei soldati siriani presi prigionieri: un video che il NYT aveva in mano da otto mesi («La Storia siamo Noi», della Rai, l’aveva mandato in onda il dicembre 2012). E subito il Corriere – il Corriere – a ripubblicare il video: che coraggio! Persino La Stampa, organo ufficioso di Sion con le corrispondenze di Maurizio Molinari, non tace più il fatto – guarda guarda – che se il regime di Assad cade, i cristiani (il 10% della popolazione) saranno sgozzati e costretti alla fuga – da quei ribelli che l’America arma ed appoggia, adesso, anche con l’attacco. Improvvisamente, i nostri media prendono coscienza che in Siria ci sono dei cristiani; che sono in pericolo; che il pericolo non viene da Assad ma dai suoi nemici. Le Monde, persino, segnala siti come La Riposte Catholique (di cui mai ha parlato prima) che lanciano l’allarme: «La caduta di Bachar al-Assad avrebbe una conseguenza immediata e ineluttabile: il massacro di massa di tutti i cristiani di Siria, in attesa che tocchi a quelli del Libano». E si preoccupa di una rinascita «dell’estrema destra cattolica»: sono questi i problemi per il quotidiano massonico: i diritti negati ai gay e l’estrema destra cattolica. Comunque, rompe il silenzio. Fin qui, ho detto del carattere politico della decisione papale. Il destino dei cristiani in Siria e Medio Oriente è occasione di sottolineare (anche se dovrebbe essere ovvio) la natura altamente religiosa, sacrale, dell’ordine che ha dato: una giornata di digiuno e preghiera è un appello diretto alla forza dell’Onnipotente, la corale richiesta massimamente pubblica di perdono e di intercessione che ricorda altri tempi – il Rosario che il Papa ordinò a tutta la Cristianità di recitare nella giornata di Lepanto – tempi che troppi Papi non hanno voluto ripetere (si ricordi solo il timoroso rifiuto di consacrare la Russia al Cuore Immacolato con un atto pubblico). Gesù consiglia, nel Vangelo, preghiera e digiuno per scacciare i diavoli più forti e tenaci, che l’esorcismo non basta a cacciare. Ciò dice, credo, che il Papa ha chiaro la gravità spirituale di ciò che è in gioco in Siria. Sui motivi politici per cui la Casa Bianca, l’Arabia Saudita e la lobby vogliono spazzar via il regime laico di Assad dalla Siria, si sono spese – anche noi l’abbiamo fatto – ipotesi e valutazioni: appunto, solo politiche. Ma un credente sa che oltre la storia c’è la meta-storia, che una battaglia è in corso da secoli, e forse è arrivata ai tempi ultimi, «in Cielo». I motivi politici di Obama, di Netanyahu, di Hollande e Bernard Henry Lévy possono essere molteplici e persino enigmatici. Il motivo di Satana è chiaro, unico e costante: abolire la Presenza Reale dal mondo. Rendere impossibile, vietare il Sacramento. Le antiche, ormai fossili chiese di Siria – chiese apostoliche, fondate da coloro che videro Gesù e lo udirono – ancora consacrano la Vera Eucarestia ogni giorno; ancora in quella terra il Sangue e la Carne sono «offerti per voi e per molti», ancora la Luce sorge e guarisce, non solo i cristiani ma misteriosamente, non si sa in qual misura, tutti gli uomini. Satana persegue la sparizione della Grazia sacramentale dalla Siria, come da tutte le nazioni; è detto che quando l’Anticristo dominerà, il Sacrificio sarà interrotto per un tempo su tutto il mondo. Oggi, organizza coloro che gli appartengono, con tutte le potenze della tecnica omicida, dei falsi umanitarismi e delle ideologie false, per questo scopo: che nessun prete in Siria elevi più l’Ostia. Da questo angolazione – la visione di Satana – diventa tutto chiaro, anche ciò che è assurdo: l’insensata ostinazione di Obama per un’aggressione che aggraverà e coprirà di altro sangue l’inferno siriano, il perché Washington abbia moltiplicato, ed armi e finanzi nei Paesi islamici ciò che la sua propaganda chiama «Al Qaeda», persino l’odio della Massoneria laicista francese (Hollande) per un regime laico stabilizzatore, e l’alleanza di protestantesimo forsennato americanista, messianismo sabbateo con il sionismo armato, razionalismo umanitario ed oscurantismo takfirista saudita. Un potente grumo di forze, una legione di posseduti e di ossessi dostojevskiani contro cui non valgono che «la preghiera ed il digiuno». Il Papa ha con un solo atto d’imperio smascherato la falsa equazione: Occidente = Cristianesimo (e il suo corollario più falso, il «giudeo-cristianesimo» come pseudo religione noachica) a cui il precedente buon Ratzinger, laudatore del modello liberale americano e del falso Agnello israeliano, ha creduto e che ha benedetto nel decennio di Bush figlio, dei suoi delitti, stermini e dei suoi false flags, convinto in buonissima fede che l’Occidente avesse da fare la Crociata contro i nemici di Giuda. L’amico Siro ben mi ricorda il giorno in cui Benedetto XVI , «deferente, aprì lo sportello dell’auto al mentecatto omicida George W. Bush»: terribile e fatale, per il capo della Chiesa, sbagliarsi di Anticristo nel momento cruciale della sua manifestazione. Oggi, si deve vedere invece lo scompiglio e la rabbia nel campo dei vari teocon, neocon, atei-devoti: nel Foglio, loro organo, la furibonda propaganda di aggressione anti-Assad si coniuga il dispetto per l’iniziativa di Papa Francesco, gratificato di vignette crudeli Giuliano Ferrara non riesce a nascondere la sua rabbia; il nuovo Papa non lo legge più e non lo segue. Ferrara non si trattiene: «Perché non ha indetto una giornata di digiuno per i cristiani in Nigeria, o per l’aborto?», sono i suoi argomenti. È l’argomento di Giuda: «Si poteva vendere questo profumo e darne il ricavato ai poveri». Interessante constatare che sprizza odio e zelo per le armate occidentali contro la Siria anche l’umanitario professionale, e vero assassino, Adriano Sofri. Piuttosto divertente sentire da Radio Maria il tono di Padre Livio, costernato che Il Foglio, il «suo» giornale, non è stavolta dalla parte del Papa. Ancor più divertente l’imbarazzata circolare interna con cui Alleanza Cattolica, più precisamente Massimo Introvigne, ha chiamato i suoi adepti ad obbedire al Papa, nonostante sia in contrasto con «Il Foglio» che «per vario titolo stimiamo», e che s’è schierato «per l’intervento armato in Siria»; dunque parteciperanno al digiuno, ma «mettendo in guardia contro ogni forma di pacifismo». Poi c’è la Fraternità San Pio X che non partecipa perché la veglia notturna in piazza San Pietro sarà interconfessionale, e a quanto pare senza Eucarestia... Non ho commenti, solo sospiro. Uno sforzo per capire da dove viene questo Papa «pacchiano e un po’ tamarro» (amico Siro!) non sarebbe male. Per questo, invito alla lettura di un articolo molto istruttivo. È qui la chiave: Jorge Maria Bergoglio è un peronista. Come tanti sudamericani e tutti gli argentini di destra o sinistra non importa, è intriso della mentalità e degli stili impressi dalla lunga, cordiale dittatura di Jean Domingo Peròn e dalla sua adorata consorte, Evita, oggetto di indiscussa iperdulìa. Peròn, cattolicissimo, vinse le sue prime elezioni con lo slogan «Dios, Patria y justicia Social»; la sua idea di economia era ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, e «caratterizzate da una forte critica al capitalismo e alle sue strutture d’ingiustizia, sfruttamento e oppressione sociale, senza per questo cadere in derive comuniste»: stesse idee ancor oggi nutrite e praticate da Bergoglio. Da studente si fece punire per essere andato in classe con il distintivo peronista in vista; da giovane prete, divenne padre spirituale della formazione peronista Guardia de Hierro, fautrice di una terza via tra le due violenze peroniste, filocomunista-montoneros e destrista Tripla A – già, perché il peronismo in Argentina è «tutto», un mistico tutto che comprende Evita e la giustizia sociale come sogno, e mantiene e contiene il nero e il rosso... e l’anti-americanismo, l’anticapitalismo come tratto comune. Già. Provate a vedere Bergoglio in chiave peronista, e tutto diventa più chiaro: la sua informalità e il suo autoritarismo cordiale e paternalista, la sua «modernità» apparente unita a vera fede senza rispetti umani. Peronismo è stato il suo primo gesto di richiesta di benedizione: gesto – come insuperabilmente sottolinea Andrae Virga – «di un capo carismatico che, con l’appoggio delle masse, intende rovesciare le vecchie élites ramificate, in favore di una struttura di potere più piramidale». Si capiscono e condonano anche certi suoi pressapochismi e ineleganze plebee: in ogni peronista cova una simpatia caratteriale per i descamisados. In questo, rincresce riconoscerlo, è ovvio che uno come lui, che ha passato la vita nella specialissima esperienza argentina, non ha alcuna particolare simpatia per i fautori della Messa in latino, fra cui mi pongo. Il 16 giugno 1955 aerei della Marina Militare bombardarono la folla durante un comizio di Peròn, causando centinaia di morti – e immani disordini per vendetta. Un gesto insensato, o forse ordinato dai referenti politici a Washington di questi anti-peronisti in divisa, liberisti e difensori della borghesia compradora in politica sociale? Certo è che gli aerei che bombardavano la gente, portavano la scritta Cristo Vence. Per un sudamericano cattolico, la richiesta della Messa in latino evoca i generali liberisti e filo-amnericani, la Tripla A; evoca il «dottor Plinio» Correa De Oliveira, la sua Tradiçao Familia Propriedad che – pur con tutti i suoi meriti di banditrice della «dottrina contro-rivoluzionaria» – sul piano sociologico, economico e politico, in Latino America è strumento delle classi possidenti, latifondiste, subalterne agli interessi delle multinazionali Usa, e feroci protettrici dei propri privilegi (1). In Italia non è così. Sappiamo che chi chiede la Messa in latino non è quel tipo umano, né ha a nulla di vedere con quegli interessi. Bisogna convincerne Bergoglio, questo è il punto.
1) Sulle derive del movimento del «dottor Plinio», si può utilmente leggere l’impagabile analisi di Miguel Martinez.
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