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Buchi neri nello spirito
14 Settembre 2010
«Scoperto un nuovo tipo di buco nero che influenza la vita delle galassie. In una remota galassia distante dalla Terra 300 milioni di anni luce. Lo inseguivano da tempo, da anni, il nuovo mostro celeste. Ora gli astrofisici sono riusciti a catturarlo in una remota galassia distante dalla Terra 300 milioni di anni luce. Il soggetto in questione è un buco nero di nuovo tipo, caratterizzato da una dimensione media rispetto a quella dei superbuchi neri incastonati di solito nel cuore delle isole stellari. Ma i conti dei teorici avevano predetto che la popolazione di questi mostri celesti doveva essere variegata includendo quello strano tipo finalmente identificato e che conferma i loro calcoli. L’impresa è riuscita utilizzando il Very Large Telescope dell’Eso, in Cile, il quale ha raccolto immagini della più luminosa sorgente di raggi X battezzata con la sigla HLX-1, come ha raccontato sull’Astrophysical Journal, Klaas Wiersema dell’Università di Leicester. Il getto di raggi X è accanto a una sorgente luminosa in ottico, la quale si ritiene associata all’emissione della potente radiazione. Ora si scruterà in dettaglio questa sorgente per definire meglio il risultato, costruendo un preciso identikit del nuovo e atteso appartenente alla famiglia dei ‘mostri del cielo’. La loro indagine è ritenuta preziosa perché aiuta a comprendere l’evoluzione delle galassie dal momento che sono in grado di influenzarla pesantemente» (1).
Nell’universo si ritiene oramai pacifica l’esistenza dei cosiddetti buchi neri. E’ strano che proprio Stephen Hawking, scienziato britannico che si è occupato di questi fenomeni misteriosi, neghi apertamente e con una incredibile sicumera (comprovata da che? Non è dato sapere!) l’esistenza del Creatore. Meglio credere ad ipotesi fantascientifiche che all’evidenza della logica in buona fede del credente?! Da bravo successore della cattedra di Newton, a Cambridge, non poteva rifiutare gli esiti e le derive del suo afflato esoterico (l’ateismo). Eppure tra buco e nero e spiritualità c’è forte analogia.
Corpo celeste in fase di collasso gravitazionale che, raggiungendo una densità ed una massa infinita, acquista una forza di attrazione tale da riuscire a bloccare persino la luce. Oggetto più pericoloso dell’universo; distorsione spazio-temporale; natura unidirezionale (si può solo uscire e non entrare). Si tratta di cose mai viste davvero! La teoria, tuttavia, è accettata dalla maggior parte di scienziati, però soltanto da anni ‘90. Come lo si trova? E’ invisibile! Se ne cercano quindi gli effetti, in particolare attraverso l’esame dei raggi x. La forza principalmente coinvolta: la gravità. A massa maggiore corrisponde maggiore forza di gravità: si intuì che in un corpo di massa pari 100 milioni di volte il sole, la gravità è talmente forte da impedire la fuoriuscita della stessa luce.
Il Buco nero nasce dall’esplosione di una supernova: per poter dare origine ad una supernova è necessario avere una massa originaria (massa della stella d’origine) di almeno 8 volte quella del Sole. Per produrre un buco nero, invece, è necessario però che la massa dopo l’esplosione sia superiore a 3 masse solari. Occorre ricordare che le stelle in fase pre-supernova perdono circa il 90% della loro massa, quindi per ottenere un buco nero, la stella iniziale dovrebbe essere di almeno 25 masse solari (altrimenti si avrebbe una Stella a neutroni), collasso inevitabile: all’interno si forma entità oscura, che divora tutto intorno a sé. Attrazione gravitazionale talmente elevata da non permettere l’allontanamento di alcunché dalla propria superficie. Questa condizione si ottiene quando la velocità di fuga (la velocità minima necessaria per potersi allontanare indefinitamente da una sorgente di campo gravitazionale) è superiore alla velocità della luce: il cosiddetto orizzonte degli eventi, coordinata utile per spiegare la soglia oltre cui la gravità inghiotte ogni cosa.
A questo punto interviene la singolarità: ove tutto è ridotto ad un punto densissimo e piccolissimo; lì anche lo spazio-tempo, come ogni altra grandezza diverrebbe infinita, a seguito dell’enorme depressione, alla quale segue la spaghettificazione, materia risucchiata. Eppure l’inferno non è diverso da un enorme buco nero.
La causa dell’inferno, la caduta di un astro brillante, che, chiamato a salire alle vette del cielo, si è inabissato in profondità oscure, senza via d’uscita. Eppure, leggendo le conclusioni degli scienziati, in materia, non si capisce per quale motivo sorprenda tanto l’eternità dell’inferno. Il peccato, collasso dello spirito, imprigiona l’anima nella dimensione della singolarità, ove tutto il non-senso dell’esistenza è un vortice gravitazionale di dolore e di sofferenza unici. La luce della salvezza non esce di lì e dall’inferno non è possibile uscire. Esso si può vedere nei suoi effetti, in tutti coloro che ne sperimentano i frutti.
San Giovanni Crisostomo dice: «Se tu dirai mille inferni, non avrai ancora detto nulla che possa uguagliare la perdita di Dio». Sant’Agostino insegna: «Se i dannati godessero la vista di Dio non sentirebbero i loro tormenti e lo stesso inferno si cambierebbe in paradiso».
San Brunone, parlando del giudizio universale, nel suo libro dei Sermoni scrive: «Si aggiungano pure tormenti a tormenti; tutto è nulla davanti alla privazione di Dio». Sant’Alfonso precisa: «Se udissimo un dannato piangere e gli chiedessimo: ‘Perché piangi tanto?, ci sentiremmo rispondere: ‘Piango perché ho perduto Dio!’. Almeno il dannato potesse amare il suo Dio e rassegnarsi alla sua volontà! Ma non può farlo. E’ costretto a odiare il suo Creatore nello stesso tempo che lo riconosce degno di infinito amore».
Santa Caterina da Genova quando le apparve il demonio lo interrogò: «Tu chi sei?». «lo sono quel perfido che si è privato dell’amore di Dio!» (…).
Santa Teresa d’Avila, che fu una delle principali scrittrici del suo secolo, ebbe da Dio, in visione, il privilegio di scendere all’inferno mentre era ancora in vita. Ecco come descrive, nella sua Autobiografia ciò che vide e provò negli abissi infernali.
«Trovandomi un giorno in preghiera, improvvisamente fui trasportata in anima e corpo all’inferno. Compresi che Dio voleva farmi vedere il luogo preparatomi dai demoni e che avrei meritato per i peccati in cui sarei caduta se non avessi cambiato vita. Per quanti anni io abbia a vivere non potrò mai dimenticare l’orrore dell’inferno. L’ingresso di questo luogo di tormenti mi è sembrato simile a una specie di forno, basso e oscuro. Il suolo non era che orribile fango, pieno di rettili velenosi e c’era un odore insopportabile. Sentivo nell’anima mia un fuoco, del quale non vi sono parole che possano descrivere la natura e il mio corpo contemporaneamente in preda ai più atroci tormenti. I grandissimi dolori che avevo già sofferto nella mia vita sono nulla in confronto a quelli provati all’inferno. Inoltre, l’idea che le pene sarebbero state senza fine e senza alcun sollievo, completava il mio terrore. Ma queste torture del corpo non sono paragonabili a quelle dell’anima. Provavo un’angoscia, una stretta al cuore così sensibile e, nello stesso tempo, così disperata e così amaramente triste, che tenterei invano di descriverla. Dicendo che in ogni momento si soffrono le angosce della morte, direi poco. Non potrò mai trovare espressione adatta per dare un’idea di questo fuoco interiore e di questa disperazione, che costituiscono appunto la parte peggiore dell’inferno. Ogni speranza di consolazione è spenta in quell’orribile luogo; vi si respira un’aria pestilenziale: ci si sente soffocare. Nessun raggio di luce: non vi sono che tenebre e tuttavia, oh mistero, senza alcuna luce che rischiari, si vede quanto vi può essere di più ripugnante e penoso alla vista. Posso assicurare che tutto quanto si può dire dell’inferno, quanto si legge nei libri di strazi e di supplizi diversi che i demoni fanno subire ai dannati, è un nulla in confronto alla realtà; c’è la stessa differenza che passa tra il ritratto di una persona e la persona stessa. Bruciare in questo mondo è pochissima cosa in confronto a quel fuoco che provai all’inferno. Sono ormai trascorsi circa sei anni da quella spaventosa visita all’inferno ed io, descrivendola, mi sento ancora presa da tale terrore che il sangue mi si gela nelle vene. In mezzo alle mie prove e ai dolori richiamo spesso tale ricordo ed allora quanto si può soffrire in questo mondo mi sembra cosa da ridere. Siate dunque eternamente benedetto, o mio Dio, perché mi avete fatto provare nel modo più reale l’inferno, ispirandomi così il più vivo timore per tutto ciò che può ad esso condurre» (…).
L’inferno è eterno. Che l’Inferno sia eterno è verità di fede definita nel IV Concilio Lateranense e nel Concilio di Lione. Il documento più importante sul carattere eterno della pena infernale è la scomunica scagliata, con l’approvazione del Papa Vigilio, dall’imperatore Giustiniano che nel 543 pose termine alla controversia Origenista:
«Se qualcuno dice o ritiene che il supplizio dei demoni e degli uomini empi è temporaneo e avrà fine..., costui sia scomunicato (Dz. 211)». (2)
Stefano Maria Chiari
1) www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/10_settembre_09/nuovo-buco-nero 2) http://apologetica.altervista.org/libri_inferno3.htm
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