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Verso il governo mondiale. In fretta. E in segreto.
14 Novembre 2013
Berlusconi farà cadere Letta? Alfano e Santanché si dividono? E non vi appassionate delle primarie del PD? La Germania sotto accusa dalla UE per eccesso di export? Mentre i tg ci vogliono far interessare a queste notizie, ovviamente tacciono la più importante: il Patto di Commercio Trans-atlantico – quello che farà di noi una succursale Usa – avanza a tappe forzate. Ufficialmente, si chiama «Partnership Transatlantica per i Commercio e l’Investimento». Sia detto anzitutto che la Commissione Europea s’è fatta dare da un consiglio dei ministri europei, un mandato segreto, per trattare tale accordo di libero-scambio, in segreto. Solo qualche fuga di notizie ha rivelato i contenuti. Perché la cosa deve essere tenuta segreta? Cosa non devono sapere i sudditi europei? Molto, quasi tutto. Ma la cosa più grave è la normativa confezionata per «regolare le vertenze» che, nel mercato comune USA-UE, possono nascere tra uno Stato e gli investitori privati (Investor-State Dispute Settlement, ISDS). In pratica, si tratta di questo: viene creata una istanza giuridica internazionale davanti alla quale un investitore (una multinazionale, poniamo Monsanto, o una mega-finanziaria, poniamo Goldman Sachs) potrà trascinare uno Stato europeo, se questo ha messo in atto misure – sociali e sanitarie ad esempio – che possono ridurre il profitto di questo investitore. E farlo condannare a pagare i danni. In questo modo, e a nostra totale insaputa, le imprese private globali sono messe sul piede di parità con gli Stati, e il capitale elevato allo stesso livello di legittimità politica che la sovranità democratica. Vi sembra astratto? Nei supermercati americani, vedete i quarti di pollo di un bel colore roseo, freschissimo, invitante; nei supermercati italiani, i quarti di pollo sono smorti e giallini.
Pollo americano, roseo e bello
Pollo italiano, giallino
Sapete perché quelli americani sembrano così freschi? Perché il pollame è nutrito con arsenico organico, che dà appunto quel bel colore e permette un ingrassamento con meno mangime. In Usa, le cosiddette autorità hanno deciso dal 1940 che l’arsenico nel pollo è innocuo (solo qualche giorno fa la FDA ha ritirato tre componenti all’arsenico usati nel mangime, ma non tutti). Quando sarà completato il Patto Transatlantico, le imprese americane del settore («investitori») verranno qui a vendere il pollo all’arsenico, e se le nostre autorità sanitarie si opporranno, l’Italia sarà tradotta in giudizio – e sicuramente condannata. Ovviamente, Monsanto potrà «legalmente» smerciare i suoi OGM con erbicida annesso, e i vitelli gonfiati all’ormone saranno, finora da noi vietati, dovranno essere accettati. Ovviamente, anche lo Stato sociale è nel mirino: i contributi che il datore di lavoro deve pagare per le pensioni dei lavoratori, ovviamente, «riducono il profitto dell’investitore» americano: dunque lo Stato li deve cancellare, oppure rischiare una multa per miliardi di dollari. Non vi pare una notizia da tg? E invece: Alfano e Santanché, Renzi, Saccomanni, e l’imprescindibile intervista a Gasparri. Il nuovo diritto commerciale Vi diranno che i complottisti esagerano. Il fatto è che già adesso nel mondo le multinazionali persino senza un accordo sottoscritto, trascinano in giudizio gli Stati incolpandoli di ridurre i loro profitti, e vincono le cause: è una nuova forma di «diritto internazionale» in via di consolidamento. In Canada, le autorità nazionali hanno revocato due brevetti di proprietà della Eli Lilly (la mega-farmaceutica statunitense) perché questa non aveva apportato prove sufficienti della effetti benefici che affermava i due farmaci avessero. Eli Lilly sta pretendendo dal governo canadese danni per 500 milioni di dollari, e pretende che le leggi canadesi sui brevetti sanitari siano cambiate. Ed avrà ragione, perché il Canada fa incautamente parte del NAFTA (accordo commerciale nordamericano di libero commercio, con Usa e Messico) che lo lega a questa normativa. Il nostro Patto Transatlantico USA-EU è appunto il NAFTA concepito per noi. Un responsabile del governo canadese, citato dal Guardian, ha detto a proposito del NAFTA: «Negli ultimi cinque anni ho visto piovere sulla mia scrivania lettere di studi di avvocati di New York e Washington, i quali intimano al governo canadese di non applicare nuove leggi o proposte di legge in materia ambientale. Dai prodotti chimici per lavaggio a secco ai farmaci, dai pesticidi alle leggi brevettuali, in pratica tutte le nuove iniziative politiche in questo campo sono state prese di mira e, per lo più, silurate». L’Argentina, durante la sua crisi finanziaria, ha congelato le bollette di acqua ed elettricità, che salivano alle stelle. Ma aveva privatizzato i settori (come raccomanda il FMI), che ora erano in mano alle multinazionali dei servizi acqua-luce-gas. Queste mega imprese hanno portato in giudizio Buenos Aires perché, appunto, aveva ridotto i loro profitti impedendo loro di rincarare le tariffe. Ebbene: l’Argentina è stata condannata a pagare un miliardi di dollari di indennità. In Salvador, certe comunità locali sono riuscite a far rimangiare al governo la decisione di sfruttare un giacimento d’oro, con il motivo che l’industria estrattiva avrebbe inquinato le acque. Una dura lotta, che ha compreso anche l’assassinio di tre dei capi della rivolta. Ma ecco: la ditta mineraria canadese che aveva ottenuto la concessione ha trascinato in giudizio lo stato del Salvador, e pretende un risarcimento di 315 milioni di dollari – a titolo di «compensazione della perdita dei profitti futuri anticipati». Il governo australiano, dopo dibattito parlamentare, ha obbligato i fabbricanti di sigarette a confezionare i pacchetti con colori anonimi e scritte dissuasive del tipo «Il fumo provoca cancro al polmone». Ma gli studi legali della Philip Morris, scoperto che l’Australia aveva firmato un accordo di libero scambio con Hong Kong, si sono appellati ad un tribunale «internazionale» (offshore, come i paradisi fiscali) esigendo un risarcimento miliardario per la perdita di quello che la Philip Morris chiama «la sua proprietà intellettuale», ossia il design dei suoi pacchetti di sigarette. Come si vede, un po’ in tutto il mondo le grandissime imprese strumentalizzano gli accordi liberisti per smantellare le normative sanitarie che proteggono la popolazione o l’ambiente, e distruggere le previdenze sociali. In Amazzonia, la Chevron (statunitense) ha imbastito una causa simile per non pagare 18 miliardi di dollari di danni per i danni ambientali che ha prodotto. Sta vincendo, perché nel nuovo «diritto internazionale» in fieri il capitale e il profitto hanno diritti assoluti e supremi sopra le leggi dei singoli Stati, e sopra la salute dei cittadini. La stessa Chevron aspetta con ansia lo stabilirsi del Patto Transatlantico USA-EU da cui conta di ottenere «la più forte protezione possibile» (così un suo comunicato) contro limitazioni governative che possono interferire sui grandi investimenti che progetta in Europa e limitare i suoi profitti: delicata allusione agli ostacoli che incontra da noi la tecnica del fracking, la fratturazione idraulica degli scisti bituminosi. Il Canada è già stato perseguito dalla estrattiva americana Loine Pine, per aver introdotto una moratoria sul fracking: la società «danneggiata» pretende dal governo colpevole qualcosa come 250 milioni di dollari. In Europa, gli investitori americani sono già aggressivamente all’attacco, in vista del prossimo Patto, che darà la stura a una serie di cause che, oggi, sarebbero giudicate temerarie. Basta pensare che persino la Germania, per la sua decisione (sovrana) di rinunciare al nucleare, è chiamata in giudizio dalla Vattenfall (multinazionale svedese dell’energia) che pretende da Berlino 3,7 miliardi di euro di risarcimento di mancati profitti... «Nel 2012 il numero di vertenze tra investitori e stati ha raggiunto un record», si legge in un rapporto dell’UNCTAD (Conferenza dell’Onu per il Commercio e lo Sviluppo, ente di nessun potere) «mostrando ancor più la necessità di un dibattito pubblico su questi meccanismi di arbitraggio e sul modo di riformarli». Campa cavallo. La direzione della storia sta andando dalla parte opposta. «Nel 2012 sono state avanzate 62 nuove cause», dice l’UNCTAD, «Si tratta del numero più alto di azioni intentate in base a un accordo internazionale di libero scambio (...) Gli investitori stranieri hanno intentato cause contro un largo ventaglio di misure governative, chiedendo la modifica di regolamenti interni riguardanti il gas, il nucleare, lo commercializzazione dell’oro e i cambi, le revoca di licenze ed autorizzazioni (nel settore minerario, delle telecomunicazioni e del turismo) , il ritiro di sovvenzioni (per esempio nel settore dell’energia solare) e per espropri». (Recent Developments in Investor- State Dispute Settlement (ISDS)) Il Patto Transatlantico «aprirà a chiamate in giudizio per milioni di euro da parte di imprese che contestano politiche democraticamente assunte per difendere l’ambiente e la sanità pubblica», hanno scritto i un loro rapporto due ong, Corporate Europe Observatory e il Transnational Institute. (Investor privileges in EU-US trade deal threaten public interest and democracy) «Si sta creando un mercato comune che sarà sottomesso ad un organo d’arbitraggio cogente e punitivo sul modello dell’organo per le vertenze presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Sarà un passo da gigante verso la spossessione del nostro destino, u ulteriore grande arretramento della democrazia...la fine di ogni speranza in un’Europa europea»: così ha concluso Raoul Marc Jennar, specialista di diritto commerciale internazionale e consigliere al parlamento europpeo per la Sinistra fino al 2007. Dispotismo per profitto Come abbiamo detto, il Patto crea un «organo d’arbitraggio internazionale», un tribunale supremo per dirimere le vertenze tra le imprese straniere e gli Stati. Ebbene: le sedute di questo tribunale saranno segrete. Il dibattimento avverrà a porte chiuse. I cittadini e le comunità interessate alle vertenze non avranno alcuna rappresentanza legale. Essi non hanno il diritto di accedere a questi tribunali per esigere protezione contro i danni e la rapacità di queste imprese. Non è previsto diritto di appello . E chi sono i giudici? Sono un ristretto gruppo (si parla di tre elementi) di giuristi internazionali ed esperti che lavorano, nella loro consueta attività professionale, per grandi imprese dello stesso settore d’attività di quelle di cui giudicano gli affari. Questo è la più spudorata violazione del diritto come l’abbiamo inteso fino ad oggi; nessun dispotismo ottomano, né la favoleggiata Inquisizione né il Consiglio dei Dieci della Serenissima si sono mai arrogati un simile potere di arbitrio senza contrappeso. La Commissione Europea ha avuto la sfrontatezza di giustificare questo metodo d’arbitraggio con l’argomento che i tribunali nazionali non offrono alle grandi imprese una protezione sufficiente, in quanto «potrebbero essere parziali o non indipendenti» (sic). «È un sistema giudiziario privatizzato per le grandi aziende mondiali», secondo la definizione del gruppo d’opposizione Democracy Now. Tre individui sono investiti del potere di revisione, senza alcuna restrizione o procedura d’appello, di tutte le azioni del governo, tutte le decisioni dei suoi tribunali e tutte le leggi emanate dal parlamento della nazione. Come è potuto accadere che i governi di stati sovrani abbiano accettato l’arbitraggio sugli investimenti? Senza discussione pubblica né contradditorio? Domanda forse ingenua. Perché, mentre l’eurocrazia (con l’autorizzazione dei governi) avanza a tappe forzate questa «Transatlantic Partnership», dall’altro lato del mondo viene forzata in gran fretta e in segreto una «Transpacific Partnership», sempre con gli Usa al centro e Giappone, Malaisia, Messico, Australia, Peru, Cile, Singapore e persino Vietnam. Di ciò si sa pochissimo: Wikileaks però ha rivelato, il 13 novembre scorso, il capitolo di questo accordo Transpacifico sulla proprietà intellettuale: da cui si è scoperto che esso intende stroncare la diffusione dei farmaci detti «generici» (ossia copie economiche dei farmaci brevettati dalle grandi case), e mira a far pagare l’uso di Internet. E tutto ciò, come al solito, in segreto, tanto da suscitare l’indignazione persino di parlamentari americani, come il senatore Ron Wyden e il deputato Darrell Issa. Senza alcun esito, ovviamente. (Leaked Treaty: Worse Than SOPA and ACTA) Sono palesemente due metà di uno stesso processo mondialista. Rivediamone le tappe: prima l’unificazione del mercato comune europeo, indi la moneta unica europea che ci ingabbia; poi questa Europa senza democrazia né sovranità viene disciolta nel «mercato comune» americano ad egemonia Usa, che è già costituito fra Canada e Messico (NAFTA); presto il gran mercato Atlantico verrà fuso col gran mercato Transpacifico – e dunque impererà un solo «diritto internazionale» fatto su misura delle mega-corporations, col definitivo svuotamento degli Stati – e dei diritti dei loro cittadini. È il Governo Mondiale in fieri, che viene attuato rapidamente e senza che gli organi di informazione ce ne informino. Si noti che da questa fusione generale sotto il segno del profitto viene lasciata fuori la Russia (finché c’è Putin, suppongo) e la Cina, apparentemente. La scusa dell’eurocrazia – quando si degna di far sapere qualcosa – è che il patto transatlantico aumenterà i commerci Usa-Europa (che sono già quasi la metà del commercio mondiale), accrescerà del 28% l’export europeo verso il nord-America, creerà nuovi posti di lavoro, farà entrare in tasca ad ogni famiglia di 4 persone ben (tenetevi forte) 547 euro in più l’anno... più o meno le stesse promesse con cui ci hanno fatto entrare nell’euro e nel suo meraviglioso mondo di benessere. Chi si oppone? In Francia, il Front National è esplicitamente e duramente contro; e contro è anche il Front de Gauche. Nel Regno Unito, Nigel Farage. In Italia, a quanto si può capire e fatta la tara dalla stupidità e nessuna lucidità, il M5S sembra contro; e così la Lega, e il suo europeo Salvini. Ovviamente tutti i partiti «moderati» sono già stati messi in allarme dai circoli che contano (1): devono lottare contro «il populismo» con ogni mezzo, anche la calunnia. La Stampa di Torino si è prodotta come ordinato, accusando Marine Le Pen di essere antisemita e negare l’Olocausto; è «eurofoba», e naturalmente omofoba. Ed ha dedicato due pagine fitte al pericolo della coalizione «anti-europea» che Marine Le Pen sta cercando di mettere insieme.
1) Per esempio la Massoneria. Un suo circolo massonico, le Cercle Ramadier, ha indetto per lunedì 18 novembre una giornata di studio sul tema: «Come combattere le estreme destre?». Dove si tiene l’incontro? All’Assemblée Nationale, al parlamento insomma. (Colloque franc-maçon: "Comment combattre les extrêmes droites?")
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