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La «Nostra aetate»... del «nuovo (dis)ordine» terminale
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La Fede trinitaria è la fede della Chiesa, nata dal Sacrificio redentore del Figlio e suscitata negli uomini dal Padre per mezzo dello Spirito Santo.
Il dogma della Trinità divina è il fondamento della Fede.
E il Signore volle la sua Chiesa apostolica, conferendo potere agli Apostoli da Lui inviati ad annunziare la legge evangelica e la fede trinitaria in tutto il mondo: «Abbiamo ricevuto la grazia dell’apostolato, per ottenere l’obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del Nome suo, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo» (Romani 1, 5).
Ecco il «segno» dato alla Chiesa di Cristo.

Il nuovo «segno» subliminale del Vaticano II: la Chiesa sacramento


Dice il professor Johannes Dörmann: «La breccia nella teologia per far riconoscere le religioni non cristiane come vie divine di salvezza e fare ammettere l’universalità della redenzione e della grazia nel senso dei ‘cristiani anonimi’ si era già aperta prima del Vaticano II. In questo contesto 1a Chiesa era già presentata come ‘segno’ della redenzione universale e come ‘mezzo’ per fare prendere coscienza di quanto era soltanto anonimo... Non c’è nessuna difficoltà a comprendere o interpretare il testo conciliare - senza cambiarvi una sola parola - nel senso della redenzione universale. Salta agli occhi che il concetto di sacramento impiegato dalla Lumen gentium (1,1) non corrisponde all’uso biblico del termine mysterion né all’uso che ne fanno i Padri di mysterion-sacramentum, ma è solo l’espressione dell’ecclesiologia moderna. Se l’umanità non cristiana rappresenta un ‘cristianesimo anonimo’, esiste a priori
una unione incosciente di tutti gli uomini in Cristo e un’unità ontologica velata tra
la Chiesa e l’umanità, si può dunque considerare tutta l’umanità come una Chiesa ‘latente’. La Chiesa sarebbe sia il ‘segno’ della redenzione universale sia il ‘mezzo’ dell’unità di tutto il genere umano per il fatto che, attraverso il suo ‘dinamismo missionario’, lei fa prendere coscienza dell’unità velata dell’umanità in Cristo e proclama a tutti gli uomini con la predicazione della rivelazione a posteriori il dono fatto da Dio a priori ad ogni uomo: la missione della Chiesa sarebbe dunque di far prendere coscienza dell’‘unità di tutto il genere umano’ in Dio e in Crist
o» («L’Étrange théologie de Jean-Paul II», (2 volumi) P. Johannes Dormann, Edizioni Fideliter, F-57230 Eguelshardt, 1992, pagina78).

La Chiesa è, in verità, il Corpo Mistico del Signore in cui i fedeli sono incorporati come tralci nella mistica Vite e, nutriti dalla grazia, portano frutti per sè e per gli altri, per salvarsi e salvare.
Essa è l’unico ovile di Gesù Cristo, fuori del quale nessuno può salvarsi.
Arca di salvezza, è la figura della Chiesa che, nella tempesta dei delitti e degli errori del mondo, invia i suoi uomini con le luci della fede e spalanca le sue porte per raccogliere i naufraghi immersi nelle tenebre.
Sono alcune delle molte immagini della Chiesa missionaria di ogni tempo, avvolta ora nei fumi di un neoecumenismo che propone, con un vago monoteismo, l’idea di una Chiesa pneumatica, oceanica, già condannata da Pio XII nella «Mystici Corporis»: «Si allontanano dalla verità divina coloro che immaginano la Chiesa come se non potesse raggiungersi né vedersi, quasi che fosse una cosa pneumatica (come dicono) per la quale molte comunità di cristiani, sebbene vicendevolmente separate per fede, tuttavia sarebbero congiunte tra loro da un vincolo invisibile».

L’apostolato cattolico esiste per diffondere tra tutti gli uomini il Verbo divino che si è rivelato nell’Antica Legge e incarnato nella pienezza dei tempi, per chiamare alla conversione dell’amore di Dio, suscitando la fede per dare frutti di carità.
Non è possibile amare Iddio senza conoscerLo con la fede, come Egli si è rivelato, senza alcun miscuglio d’inganni religiosi, ma ‘in spirito e verità’, secondo la sua adorabile Volontà.
Ecco allora l’inizio della carità per cui vogliamo Dio conosciuto ed amato da tutti gli uomini.
L’apostolicità è così una delle caratteristiche della Chiesa e dei suoi membri che, intimamente congiunta alle altre, rivela l’unità e la carità soprannaturale di questa istituzione divina che ha per principio la Volontà e la gloria di Dio Uno e Trino, e per missione la salvezza delle anime.

La vera teologia può solo avere per centro la Verità divina irradiata dal Verbo di Dio nella misura in cui può essere ricevuta secondo la Sua autorità teandrica, nella direzione da Dio all’uomo.
E in questo senso il Nemico ha seminato una «nuova teologia» androteistica; una rivoluzione semantica il cui tema iniziale vuol essere sì il «Dio della maestà infinita», ma per dedurne che tale idea divina è irraggiungibile dagli uomini, ragion per cui la teologia, più che scienza di Dio, sarebbe scienza del pensiero umano sul divino.
E’ l’alienazione del vero senso teologico a favore di speculazioni con intenzioni ecumenistiche.
La «nuova teologia» è espressione di tale tentativo, come spiega il teologo Dörmann:
«Il punto di partenza dell’esperienza soggettiva dell’esistenza coincidente a ben riflettere con l’esperienza mistica è tuttavia significativo. Ciò implica che Dio, in linea di principio, può essere esperimentato da ogni uomo. La coincidenza fra filosofia e mistica ha avuto una grande tradizione non solo nel pensiero orientale, ma in quello occidentale. Si pensi alle Enneadi di Plotino e la diffusione che conobbe il neoplatonismo» («La Teologia di Giovanni Paolo II», P. Johannes Dormann, Edizioni Ichthys, 00041, Albano Laziale, Roma, 1996, pagina 48).

La «soluzione ecumenista» per il problema umano si poggia sulla visione di evoluzione storica dell’uomo nella direzione di una sintesi divina.
Tale visione svela all’uomo l’itinerario per la sua ascesa interiore secondo un soggettivismo mistico di una theologia naturalis che fa a meno dei dogmi e perciò del fine oggettivo della storia.
Tale esperienza religiosa sarebbe guidata da iniziati nei misteri della meditazione trascendentale, che illuminerebbe la via degli uomini verso una socializzazione universale per realizzare un’«unione vivente tra Dio e lo spirito dell’uomo»; tutto in vista di una grande fraternità terrena.
Tale piano massonico considera la collaborazione con ogni religione permeabile all’utopia, per cui la natura coincide con la grazia.
Ma la religione rivelata, che professa la verità oggettiva, dogmatica, che insegna lo stato umano decaduto a causa del peccato originale e perciò la necessità della grazia per «accogliere» Dio, dev’essere rivista.
Si tratta di elaborare una «nuova filosofia religiosa» (modernista) e dedurre un comune denominatore per ogni coscienza religiosa; capace di chiarire anche la notte scura degli atei o agnostici.
Lo spirito del Vaticano II insinuando che Dio conduce tutti alla fede, non-cristiani e perfino gli atei, per vie oscure che solo Lui conosce («Ad Gentes», 7), indica tale ermetica «presa di coscienza» in questioni religiose nel senso dell’uomo a Dio, dal pensiero umano sul divino: il deísmo esoterico delle logge per neutralizzare la fede cristiana.
Allora a che serve la Chiesa e il Papa?
Vi sono elementi di tale deismo sincretista nella «Nostra aetate» del Vaticano II?

L’«apostolicità» della dichiarazione «Nostra aetate» (28 ottobre 1965)


Il Vaticano II per dare impronta di apostolato alla sua missione di infondere una «nuova coscienza teologica ecumenista», deve spostare la barriera del dogma per cui «fuori della Chiesa non vi è salvezza».
In precedenti documenti («Decreto Unitatis redintegratio», «Costituzione dogmatica Lumen gentium», «Costituzione pastorale Gaudium et spes») tale operazione fu eseguita estendendo l’appartenenza alla Chiesa non solo ai pancristiani, ma anche alle anime di buona volontà, secondo la propria coscienza; ossia di una «salvezza» nel senso di raggiungere la propria idea di dignità umana.
La «Nostra aetate» si spinge oltre la dottrina cattolica affermando che non vi è incompatibilità tra le religioni.
Tutte sarebbero depositarie di salutari germi della grazia e perciò anche senza la Chiesa cattolica c’è salvezza.
Vediamo.

«Nostra aetate»

1. La Chiesa sulla natura delle relazioni con le religioni non cristiane
a) Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l’interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane.
b) Nel suo dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa esamina qui innanzitutto tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino. [...]
c) Gli uomini dalle varie religioni attendono la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo…

2. Il mistero di Dio nel Buddismo e nell’Induismo: La Chiesa accetta quanto di vero vi è in queste religioni, ma è suo dovere annunciare il Cristo.
a) Dai tempi più antichi fino ad oggi, presso i vari popoli si trova una certa sensibilità
di quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, ed anzi talvolta si riconosce la Divinità Suprema o il Padre.
Sensibilità e conoscenza che compenetrano la loro vita di un intimo senso religioso.
b) Le religioni, invece, connesse col progresso della cultura, si sforzano di rispondere alle stesse questioni con nozioni più raffinate e con un linguaggio più elaborato.
«Il principio direttore della ‘Nostra Aetate’ sulla missione della Chiesa: ‘... promuovere l’unità e la carità tra gli uomini, tra i popoli... costituire una sola comunità per... vivere insieme il loro comune destino».
«Tale affermazione si rapporta alle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane! Presa in se stessa suona come preludio ad Assisi» («La teologia di Giovanni Paolo II», pagine 25-26).

Ecco il programma in cui l’unione è prioritaria sulla Fede:
«La Chiesa avrebbe dunque per compito promuovere l’unità dell’umanità. Questo modo di definire la missione della Chiesa corrisponde perfettamente all’affermazione capitale del Vaticano II, secondo cui la Chiesa è il sacramento per l’unità di tutto il genere umano» («Lumen Gentium» 1,1).
La dichiarazione ‘Nostra Aetate’ pone le basi teologiche del dialogo interreligioso che dovrebbe condurre a questo scopo in ragione del principio che quanto è comune a tutti gli uomini sbocca nella comunità di tutti gli uomini.
Per quanto concerne le religioni, questo assioma si traduce così: quanto è comune a tutte le religioni conduce all’unione di tutte le religioni; e quindi insomma ad una religione mondiale».
«Quanto è comune a tutte le religioni - fantasia sorta dal secolo dei Lumi -, anche se questo esistesse nella storia delle religioni, non potrebbe sfociare, dopo la soppressione di quanto fosse un po’ troppo specifico, che ad un accordo su ben poche cose, ad una sorta di sentimento irrazionale della divinità nel senso di Rudolf Otto,  fondatore della nuova scienza delle religioni e che ha dato vita a una ‘Associazione religiosa dell’umanità’ con il fine di ‘favorire l’unità delle religioni e la pace nel mondo per mezzo del senso religioso della responsabilità’ ».
La missione della Chiesa secondo la «Nostra Aetate» così si presenta: prendete quel che è comune in tutte le religioni e a partire da ciò, guidate tutti i popoli all’unità e alla comunità religiosa! Succede però che quest’ordine per una missione è essenzialmente diverso da quello trasmesso da Gesù Cristo alla sua Chiesa (Matteo 28, 18-20). («La teologia di Giovanni Paolo II», pagine 137, 138).
«L’alta stima dell’enciclica (‘Redemptor hominis’) e della ‘Nostra aetate’ per le religioni non cristiane, che pretende poggiarsi sul Concilio e sui i Padri della Chiesa, in verità non ha basi valide né sulle sante Scritture, né sui Padri della Chiesa, né sull’insieme dei documenti conciliari».

La tesi dei «cristiani anonimi»

«Le vere fondamenta del nuovo concetto teologico sulle religioni non cristiane potrebbe ben essere [in questa tesi] che ha preceduto il Vaticano II e l’apertura conciliare del dogma della Chiesa, origini della nuova ‘piena e universale coscienza della Chiesa’. L’interpretazione unilaterale dei documenti conciliari e il disprezzo per i Padri della Chiesa si poggia su questa base teorica» («La teologia di Giovanni Paolo II», pagine 140-141).
Il Signore istituì la Chiesa per liberare gli uomini, di sensibilità religiosa, dalle forze misteriose e dai fantasmi che conducono i popoli verso inganni nefasti.
E la Chiesa annunciò in tutto il mondo il Vangelo, trasmettendo la Fede che risponde ai «reconditi enigmi della condizione umana».
Insegnò sempre che «quanto di vero» vi è nelle diverse credenze e culture viene da Dio, sola Via, Verità e Vita per tutti i popoli.
Tantissimi suoi missionari furono trucidati nel predicare il Vangelo: «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede», la cui pienezza è esclusiva, «rivela la giustizia di Dio con la fede che conduce alla fede, come sta scritto: Il giusto vive di fede».
Dio rivelò la Verità affinché gli uomini possano evitare quanto è falso e la colpa di mescolarla con le proprie credenze.
«In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato.[...] perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli» (Romani 1, 16-24).
Una nuova evangelizzazione vede il bene della cultura pagana e feticista in se stessa; spinge a conviverci.

Il giorno 8/5/1989, mentre il gran sacerdote del Lago Togo invoca le «potenze dell’acqua, del fuoco, dei venti e del tuono», venerate dagli stregoni locali, Giovanni Paolo II è presente in rispettoso silenzio, pronto a ricevere gli arcani influssi della natura.
Egli non trascurò l’invito ai pellerossa che portarono la pipa della pace ad Assisi, dove non mancarono nemmeno gli adoratori della Trimurti di Brahma, Siva e Vishnù - le tre eterne energie della natura - invocate e adorate davanti all’altare di Santa Maria nella stessa riunione d'Assisi.
Ciò fu giustificato in anticipo nella «Nostra Aetate»:

2b) Nell’Induismo, gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; essi cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza.
Nel Buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi e con l’aiuto venuto dall’alto. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare in vari modi, l’inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri.

c) La Chiesa nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni.
Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini.
La pienezza della Fede non consiste in ciò che Dio ha rivelato sul bene e sulla verità, per il discernimento del male e del falso?
Denzinger 1806: «Il Dio vivo e vero, creatore e Signore nostro può essere conosciuto con certezza dalla luce naturale della ragione». Dice San Giovanni: «Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo. Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’Anticristo...» (1 Giovanni 4, 1-3).
«Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l’intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: Egli è il vero Dio e la vita eterna. Figlioli guardatevi  dai falsi dèi!» (ibidem 5, 20).

Tale inesauribile fecondità dei miti non può essere perciò che un eufemismo conciliare per riferirsi ad un esecrabile politeismo, e i penetranti tentativi della filosofia non sono che le vane illusioni di cui parla il Salmo (95, 5): «Tutti gli dèi delle genti sono demoni».
«Non unitevi a un giogo estraneo con gli infedeli. Cosa ha che fare la giustizia con l’iniquità? La luce con le tenebre? Che accordo tra Cristo e Belial? Quale collaborazione tra il fedele e l’infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli?» (2 Cr 6, 14-16).
Qui la «Nostra Aetate» insinua che ci sono una perfetta liberazione e una illuminazione suprema, aliene dalla Fede e dalla Chiesa, come se l’Incarnazione, Passione e morte del Signore fossero superflue: i Buddisti potrebbero acquisire uno stato di perfezione e di suprema illuminazione con i propri sforzi e senza la fede in Dio.
Ora, se l’aiuto venuto dall’alto è allusione alla grazia, senza la quale non bastano i propri sforzi, essa è data per la vera fede.
Essa può essere velata nell’anima di un buddista, non nel Buddismo, che non è né uno solo né una religione: la sua illuminazione esclude la fede in un dio, nega l’esistenza dell’anima individuale, non ritiene la vita umana un bene, ma qualcosa che si deve disperdere, liberandosi nel nirvana. Se è eretico credere che l’uomo possa fare a meno della grazia, o riceverla nella miscredenza, più ancora lo è dichiarare perfetta e suprema l’idea che fa a meno di Dio Uno e Trino.

«La Verità vi farà liberi».
Si trovano delle verità in tutte le credenze, non perché appartengono ad esse, ma perché sono riconducibili al patrimonio di Verità della Religione rivelata da Dio.
Può chi ha il dovere d’annunciare Gesù Cristo giustificare una (amorosa e confidente) ricerca di un rifugio in un dio assimilato alle forze naturali?
Che paragone c’è tra il Dio tre volte santo e le vacche sacre, i simboli fallici della fecondità, o Kali, divinità brahamanica, sposa di Siva, dea dell’inferno raffigurata con quattro mani sostenenti ciascuna una testa umana?
Nel suo santuario in India è stato segnato in fronte Giovanni Paolo II, con scandalo dei Protestanti e forse dei Musulmani, ma non dei pastori conciliari!
Che dice la «Nostra Aetate» dei musulmani?

3a) «La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, Creatore del cielo e della terra che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; essi onorano la sua Madre Vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure essi hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, il digiuno e le elemosine.
b) Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, si esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare la mutua comprensione nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la libertà e la pace».
Che la giustizia sociale, il diritto, i valori morali, la libertà e la pace, siano valori accettati nello stesso modo da cristiani e musulmani è falso.
Basterebbe citare la guerra santa (jihad), la poligamia, la mutilazione come pena giudiziaria, che appartengono alla «rivelazione» coranica, e il premio che Allah concede ai suoi fedeli costituito da delizie sensuali comprendenti gli incanti di giovani efebi.
La mutua difficoltà di comprensione è proprio d’ordine religioso.

Parlano i fatti del mondo e dell’Europa, dove si trovano ormai milioni di musulmani.
Questa presenza potrebbe essere l’occasione di seguire le esortazioni della Chiesa cattolica: «Si ponga anzitutto impegno nel toglierli (gli infedeli) dalle tenebre dell’errore in cui miseramente giacciono e condurli alla verità cattolica e alla madre amantissima, la Chiesa, che non cessa mai di tender loro le sue mani materne...» (Denzinger 1678).
Ma il Vaticano II ha altri piani ed esorta alla convivenza e al dialogo, che esclude ogni proselitismo, preoccupato di una «giustizia sociale» che non converte nessuno se non all’abbandono della responsabilità personale a causa di un alienante assistenzialismo statale.
Anche qui è presente in germe l’idea tanto ripetuta dopo il Vaticano II, e in primo luogo da Giovanni Paolo II, che nelle religioni monoteistiche si adora lo stesso Dio.
E’ bene chiarire: Dio è certamente uno solo, per tutti e anche per gli atei.
Ma le varie religioni che non accolgono la sua Rivelazione, affidata alla sua unica Chiesa, non possono adorarLo in spirito di verità perché non seguono quanto Egli stesso ha rivelato di Sé.
Può chi ignora Gesù Cristo, Figlio di Dio vivo, adorarLo?
Può chi nega e disprezza la Santissima Trinità divina adorare Dio Uno e Trino?
No.
Credono e adorano un dio secondo le loro credenze, non nella fede suscitata dallo stesso Dio che trascende ogni conoscenza: «Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che Lo ha mandato» (Giovanni 5, 23).

«Per l’intemperanza di un ecumenismo che non mira più solo all’unità dei cristiani, ma alla fusione di tutte le religioni, si insegna oggi che Islam e cristianesimo hanno in comune un medesimo Dio unico. E’ falso: il nostro Dio è primitivamente trinitario e non c’è un anteriore Dio che si accomuna con l’Islam e al quale poi il cristianesimo imprimerebbe lo stampo trinitario. Il Dio dei cristiani è assolutamente trinitario e non può pareggiarsi al Dio uno e abissale dell’Islam» (Romano Amerio, Sì sì no no, 15 ottobre 1992).

Il Corano, come il Talmud, non sono vie per la sottomissione a Dio Verità che è rivelato nell’Antico Testamento e si è Incarnato per redimerci.
Chi Lo «cerca con tutto il cuore», onora la Legge naturale e venera Gesù e Maria, potrebbe essere vicino a riconoscerLo se fosse aiutato dai suoi ministri, ma non certamente con le falsità di questo documento contrario al precetto divino di apostolato per la conversione universale alla Parola di Dio.
Le parole della «Nostra Aetate» confermano sia l’ormai ripetuto contatto dei musulmani e seguaci di altre religioni col mondo cristiano, sia l’antiapostolato conciliare che depreca il proselitismo cattolico, cioè l’opera di conversione secondo il Vangelo.
Alla domanda: «Che dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?» Gesù risponde: «Questa è l’opera di Dio: credere in Colui che Egli ha mandato» (Giovanni 6, 28-29).
«Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Matteo, 28, 20).
Nel mutamento esplicito di questa missione è implicita, con la prevaricazione dell’autorità, che è finalizzata alla propaganda fide, l’eresia e l’apostasia dalla fede cattolica, che è apostolica.
Ora, le deviazioni spirituali dei popoli hanno sempre conseguenze sociali di portata storica.
Per esempio, il declino della Fede trinitaria, che fa perdere il senso cristiano della storia, ha minato nel passato le difese dei paesi della cristianità.

A questo proposito, Ignacio Olague, storico spagnolo, pubblicò uno studio col titolo significativo: «Les Arabes n’ont jamais envahi l’Espagne» (Paris, 1969, Flammarion).
Il Professore Julio Garrido, della Reale Accademia di Scienze di Spagna, parimenti spiega («Que Pasa?» Madrid) che gli storici, trascurando l’influenza delle idee anti-trinitarie nella genesi e nello sviluppo della dominazione araba in Spagna, non potranno mai capire la ragione per cui il Paese è stato conquistato in soli tre anni e mezzo, con le armi e i mezzi d’allora.
Infatti, vasti strati del popolo cristiano erano infettati da idee unitariste, cioè da un vago sincretismo di sapore ariano o sabelliano che vedeva con simpatia l’Islam.
Perciò questi unitaristi ecumenici erano accomunati ai musulmani.
Non è forse l’Europa oggi esposta alla stessa situazione?
Se vedrà dominare una fede diversa dalla sua, non dovrà imputare ciò al solo agnosticismo, ma anche a tale ecumenismo conciliare.

L’Ebraismo nel Nuovo apostolato del Vaticano II

L’antico popolo messianico era custode dell’Antico Testamento in quanto scelto da Dio per annunziare al mondo il Messia, il Desiderato delle nazioni.
AvendoLo rifiutato, non può più dirsi strumento per annunciare il Messia, né creditore della Promessa ordinata a questo Volere divino, ma un popolo che, nella sua diaspora, avversando Gesù Cristo e la sua Chiesa, si oppone a Dio.
L’origine della questione è sempre la stessa: un’idea religiosa di uomini che pretende dettare il bene umano, come si deve intendere la religione, cosa debba essere la Volontà divina.
E per molti antichi giudei ciò si traduceva nella fede in un messia come re per salvare e dare gloria ad Israele; un «salvatore» ordinato ad un «popolo eletto» e non il popolo eletto per annunciare il Salvatore universale, conforme alla fede teandrica, rivelazione di Dio all’uomo, senza l’interferenza di impurità e interessi umani.
Nell’Antico Testamento si legge che tutto nella religione, dalle misure dell’altare fino ai minimi particolari del culto (confronta Levitico) lo detta Dio, che fulmina chi con la mano infrange l’ordine di non toccare la Sua arca, nemmeno in bilico, come fece Oza (2Re 6, 6-7).
Ebbene, l’opposto della religione teandrica: Dio-uomo, sono le gnosi deistiche: uomo-dio, gli uomini che dettano quale sia il «bene» umano, sottoforma di ideologia, scienza o religione.
Tipica manifestazione di tale rapina prometeica, per quanto concerne il pensiero, sono
le filosofie moderne; per quanto concerne il potere nella società, sono tutte le forme
di Massoneria; nel campo religioso, le sette.
Ma attenzione, non è setta perché chiusa in sé, ma perché fondata da un’idea religiosa propria; col marchio dell’umano che si presenta come divino.
I castighi per chi non compie i dettati di Dio, tra cui l’abominazione della diaspora (33), sono nello stesso Libro (Lv 26).
Si può ignorare che ciò si applica, e all’ennesima potenza a causa del rifiuto di Cristo,
il Figlio di Dio vivente?

4a) «Scrutando il mistero della Chiesa, il Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.
c) [...] quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l’Antica Alleanza, e che si nutre della radice dell’ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell’ulivo selvaggio che sono i Gentili. La Chiesa crede, infatti, che Cristo, la nostra pace, ha riconciliato gli ebrei e i Gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in Se stesso.
e) Come attesta la Sacra Scrittura, Gerusalemme non ha riconosciuto il tempo quando è stata visitata; gli ebrei, in gran parte, non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione. Tuttavia, secondo l’Apostolo, gli ebrei,  in grazia dei Padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento. Con i Profeti e con lo stesso Apostolo la Chiesa attende il giorno che solo Dio conosce in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e ‘lo serviranno appoggiandosi spalla a spalla’.
f) Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei,
il Vaticano II vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto dagli studi biblici e teologici e da un fraterno dialogo».

Il vincolo in Abramo e l’elezione divina

La «Nostra aetate», omettendo la verità sulla natura di questo vincolo, elezione e promessa, già in ciò opera una radicale inversione di rotta in rapporto all’apostolato cattolico, apre la porta ad una «catechesi» inventata all’insegna di un abbaglio madornale.
Infatti, che senso ha riferirsi al popolo «carissimo a Dio» senza ricordargli il supremo beneficio ricevuto, senza renderlo edotto di come l’amore divino si è manifestato nella Fede?
Sarebbe come parlare del ‘»Popolo della Promessa», che è il Messia, dimenticandoLo.
Il principio e il fine dell’Antico Testamento sono l’annuncio della venuta del Redentore, a cui è ordinata la scelta del popolo giudeo.
E’ falso il contrario, cioè che il re da venire sarebbe stato il Messia universale perché venuto in Israele.
Con la venuta del Messia, l’elezione si compì in quelli che Lo accolsero: i cristiani della Chiesa, Nuova Israele e Gerusalemme celeste.
Di quel popolo è rimasta l’immagine di un’elezione divina non corrisposta.
L'elezione divina era finalizzata al disegno di gloria e di salvezza, malgrado le manchevolezze umane di quel popolo.
La Bibbia descrivere questo popolo: «Figlio dell’uomo ti mando tra i figli d’Israele, razza d’apostati dalla faccia di bronzo, dal cuore durissimo, gente esasperante» (Ez 2, 3); recriminava Elia: «Hanno distrutto il tuo altare e ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo e cercano di togliermi la vita» (I Re 14/14); Mosè: «Israele, conosco il tuo spirito ribelle e la tua dura cervice. Dopo la mia morte agirete iniquamente e molti mali vi sopravverranno negli ultimi tempi quando avrete peccato al cospetto del Signore» (Dt 31, 27).
«Ditemi voi che volete essere sotto la Legge: non l’avete letta la Legge? Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla libera. Quello dalla schiava è nato secondo la carne; quello dalla libera, in virtù della promessa. Ora, tali cose sono dette per allegoria: le due donne rappresentano le due Alleanze: una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, e questo è Agar, il monte dell’Arabia; corrispondente alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava con i tuoi figli. Invece, la Gerusalemme di lassù è libera, è la nostra madre» (Gl 4, 21-26).
Ecco che in realtà questa «nuova catechesi» non fa altro che inneggiare ad una riconciliazione col mondo che, con i suoi potenti orchestratori, opera proprio una sua generale scristianizzazione, per far prevalere una «religione mondiale», quella descritta prima, prodotto di un’idea gnostica androdeistica.

g) «E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua Passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo.
h) E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, nè come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della Parola di Dio non insegnino alcunchè non conforme alla Verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo.
i) La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore
del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei, e spinta non da motivi politici,
ma da religiosa carità evangelica deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque».

Il patrimonio comune è quello ricordato da Santo Stefano e poi da San Matteo evangelista.
Era la Sacra Scrittura che in ogni sua riga annunciava la venuta del Messia, il Desiderato delle Nazioni, il Re di tutta la terra che non sarebbe stato riconosciuto, ma trafitto dai suoi stessi compatrioti.
Ora questo patrimonio è oggetto di un divino testamento: fu ricevuto da alcuni e rifiutato da altri.
Perciò non appartiene se non a chi lo riceve.
Per quanti lo rifiutano diviene «segno di contraddizione»: «Tribolazione e angoscia per ogni uomo che opera il male, per il giudeo prima e poi per il greco (2, 9). Se ti vanti di portare il nome di Giudeo e ti riposi sicuro sulla legge, e ti glori di Dio, del quale conosci il volere e, istruito come sei dalla legge, sai discernere ciò che è meglio, ... come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso?» (Romani 2, 17; 21).
Sant’Ignazio di Antiochia ha sintetizzato nel II secolo la separazione del giudaismo e cristianesimo nella sentenza della Lettera ai Magnesi (capitolo 10): «Christianismus enim non in Judaismum credidit, sed Judaismus in Christianismum» (Non è il cristianesimo che deve credere nel giudaismo, ma il giudaismo nel cristianesimo).
Infatti, solo l’Incarnazione del Figlio di Dio può spiegare pienamente tutto l’Antico Testamento.

L’idea opposta è coltivata da tutti i «mondialisti», poiché serve nel campo religioso un denominatore comune, che potrebbe essere la «religione di Noè», al cui «codice» si rimanderebbe l’origine comune delle credenze dell’umanità.
Gli gnostici sovrappongono all’itinerario della verità religiosa, perfezionata da Dio in Gesù Cristo, un itinerario umano per trovare gli elementi di natura storica per una grande unione mondiale, senza divisioni religiose.
Per risolvere la secolare «questione giudaica», anche Marx, che da giovane ebbe un periodo di devozione cristiana, considerava il cristianesimo un risultato storico del giudaismo, a cui doveva ritornare con la rivoluzione per l’edificazione della società senza classi.
Si trattava quindi di accettare un monoteismo depurato dalla Fede trinitaria, come lo auspicava anche lo statista inglese Disraeli e altri, come lo avevano voluto i «giudaizzanti» in Russia già nel XV secolo.

Le persecuzioni religiose

Come si poteva conciliare, di fronte alla volontà divina, l’elezione a ricevere Cristo con la negazione di Lui?
L’apostolato della Chiesa di Dio ha trovato dall’inizio l’opposizione del mondo, ma in speciale del popolo che attendeva il Messia come il suo re potente e non riconoscendolo in Gesù lo crocefisse, passando a perseguitare i suoi Apostoli e la sua Chiesa.
Dopo aver visto che la «Nostra Aetate» è in rotta con la verità del Vangelo, vediamo, alla luce di quanto seguì la sua approvazione, i principali traguardi cui essa mirava, ricordando che la peggiore persecuzione è interna: contro la Fede stessa.

La missione del «Segretariato per l’unione dei Cristiani» fu estesa ai rapporti religiosi con l’ebraismo per via di una speciale Commissione.
Il 1/12/74, essa emanò un documento che, portando il marchio di un Dicastero vaticano, perciò dell’autorità conciliare, rappresenta l’interpretazione ufficiale del §4 della «Dichiarazione Nostra Aetate» del Vaticano II, (AAS 6/7/75):

Orientamenti e suggerimenti per l’applicazione della «Dichiarqazione Nostra Aetate». 4 (OR.4)
- «I cattolici si sforzeranno di comprendere le difficoltà che l’anima ebraica prova davanti al mistero del Verbo incarnato, data la nozione molto alta che essa possiede della trascendenza divina.
- Le commissioni incaricate delle traduzioni liturgiche porranno particolare cura al modo di rendere quelle espressioni e quei brani che possono essere interpretati tendenziosamente dai cristiani [...] si può, in una versione destinata all’uso liturgico, rendere più esplicito il significato di questo testo... E’ così che l’espressione ‘i giudei’ in San Giovanni, indica talvolta... i capi dei giudei, o gli avversari di Gesù Cristo, espressioni che esprimono meglio il pensiero dell’Evangelista ed evitano di mettere in causa il popolo in quanto tale» (pagine14-16).

Si tratta di una «trascendenza deistica», l’inverso della nozione di trascendenza divina, vera, teandrica, da Dio all’uomo; solo tale stortura può far ritenere incredibile l’Incarnazione del Figlio di Dio al popolo in attesa del messia.
Per coerenza, tale «nozione molto alta della trascendenza», dovrebbe far dire lo stesso della Parola divina rivelata, che ha preso forma nelle Sacre Scritture da ritenere incredibile ogni promessa divina, non meno della «terra promessa», per cui oggi il mondo è in stato di guerra.
E’ vero che il mistero di Dio che interviene nel mondo con la grazia inestimabile della sua misericordia è appena raggiungibile dagli uomini, ma gli uomini sono interamente raggiungibili dal Dio trascendente, «che sonda le reni di ogni uomo».

Abbiamo dunque di nuovo due vie: nella prima l’uomo usa tutta la sua intelligenza per capire segni ineffabili e corrispondere all’Amore divino.
Nella seconda, come per esempio la «Formgeschichte Schule», si vede alcuni a studiare le strutture filologiche scritturali per razionalisticamente dedurre cosa sia accettabile per le scienze dell’uomo moderno.
Ecco un brano del libro del professor Disandro («La Herejía Judeo-Cristiana», Struhart, 1983, La Plata, pagine 52-55), che si rifà alla prima via: «... si riferisce al vocabolario del Nuovo Testamento, come lo fanno gli autori del monumentale Kittel, ‘Theologische Wörterbuch zum Neuem Testament ’».
Il P. C. Spicq, O. P. nei suoi lavori, per esempio riguardo il termine greco Agape («Prolegomènes a une étude de theologie neotestamentaire», Louvain, 1955)... attraverso questo ed altri termini fondamentali, si può misurare l’assoluta novità dell’espressione di San Giovanni «o Theós agápe estin» (Deus Charitas Est), che definisce l’assoluta novità della rivelazione neotestamentaria. […]
Il cristianesimo come religione «agapistica» non è la continuazione del giudaismo, ma una rottura, una nuova e definitiva rivelazione la cui lingua sacra è inassimilabile dal giudaismo; un nuovo culto di realtà misteriche, una nuova intelligibilità, dottrina, mistica.
Mal si può parlare di continuità, quando siamo nella presenza di una nuova «specie»
di «religione», non «intramondana», ma assolutamente «anothen» (dall’Alto).

La questione dell’anti-giudaismo dottrinale è spiegata da monsignor Spadafora («Cristianesimo e giudaismo», Krinon, 1987): «La circoncisione era stata comandata da Dio stesso. Essi, per aderire al Cristo, avevano ricevuto il battesimo: ma non era forse necessario per un gentile, per un incirconciso, ricevere prima la circoncisione e, soltanto dopo, il battesimo? Ecco il grave problema che praticamente avrebbe paralizzato lo sviluppo della Chiesa, e avrebbe legato il cristianesimo alla sinagoga. Ma oltre questa considerazione pratica, c’era un problema di fondo, di sostanza: sostenere una tale soluzione, era svalutare, sminuire la portata, il significato della Redenzione, non comprendere affatto il rapporto tra il Vecchio e il Nuovo Testamento. Non si trattava, infatti, di una ‘giustapposizione’, di un abbinamento, ma, secondo il preciso e chiaro principio enunciato dal Cristo, di ‘perfezionamento’, di completamento che eleva, e, per ciò stesso, assorbe e supplisce, prende il posto».
Il frutto non si abbina al fiore, ma lo sostituisce.
E’ la soluzione sancita da Pietro nel «concilio» di Gerusalemme (Act. 15)» (p. 74).
La Chiesa, ascoltando Paolo che rimproverava la «prudenza» di Pietro, ribadisce per la voce proprio di San Pietro il principio del definitivo superamento della legge ad opera della Redenzione.
Le fonti di una contro-esegesi sul rapporto cristianesimo - giudaismo sono: - quella generale della pressione del mondo sulla Chiesa con le persecuzioni e le rivoluzioni che oggi prendono la forma del mondialismo agnostico; - quella particolare del sincretismo religioso che pèrora una amicizia ebraico-cristiana-islamica attraverso un «monoteismo» che scarta la Fede trinitaria.

Per quanto riguarda il § 4 della «Nostra Aetatae», (OR.4) cioè l’amicizia ebraico-cristiana, la fonte individuabile è il contenuto del libro Gesù e Israele, dell’israelita Jules Isaac.
Ricevuto da Giovanni XXIII nel giugno 1960, fu messo in rapporto di lavoro col cardinale Bea.
Il suo libro fu tradotto e accolto negli ambienti clericali e il P. Gregory Baum, un israelita convertito, su di esso estese una nuova esegesi («The Jews and the Gospel». A Re-examination of the New Testament, Londra, 1961).
Monsignor Carli notò subito le deviazioni auspicate da questo libro, che però «anticipa tesi sostenute dal cardinale Bea in Civiltà Cattolica», figurando in testa alla stretta bibliografia di tale articolo.
La fonte comune al Baum e al cardinale Bea è appunto questo libro di Jules Isaac.
Ciò è confermato dal padre domenicano Pierre de Contenson (Presentazione dell’edizione italiana), segretario della Commissione per le relazioni con l’ebraismo: «vero e proprio classico tra quelle opere che hanno contribuito all’instaurazione del dialogo ebraico-cristiano».
E lo considera la fonte «degli insegnamenti di Nostra Aetate e degli Orientamenti del 1° dicembre 1974 da parte delle autorità centrali della Chiesa cattolica».

Il pensiero ebraico aveva, nella Bibbia, il mezzo per predisporsi secondo i disegni di Dio all’accoglienza di Gesù Cristo.
Ma ci rivelano i Vangeli che il Signore fu respinto per il fatto di non essersi presentato come re potente: l’atteso liberatore.
Alte nozioni della Trascendenza?
Il disegno divino fu respinto allora dal popolo, che però continuò a ritenersi eletto a riceverLo; parimenti lo è oggi da chi nega l’Incarnazione.
Eppure il testo della «Nostra Aetate» giustifica l’incredulità davanti al Verbo incarnato.
Il 19 aprile 1985, vent’anni dopo il lancio della «Nostra Aetate», la Commissione per
i rapporti religiosi con l’ebraismo fu ricevuta da Giovanni Paolo II per presentare e divulgare ufficialmente i suoi «Sussidi per una corretta presentazione degli ebrei e dell’ebraismo».
«Come per ogni documento pubblicato da un Dicastero della Santa Sede, sono stati consultati gli altri Dicasteri competenti in materia e le loro osservazioni sono state prese in considerazione» (J. Mejia, segretario).
L’Osservatore Romano, OR, del 24-25 giugno 1985 riporta ampiamente la questione sotto il titolo «Insegnamento religioso ed ebraismo», facendo riferimento al pensiero di Giovanni Paolo II: «Il cristianesimo e l’ebraismo sono legati al livello stesso della loro identità» (6 marzo 1982) e «ha presentato questa realtà permanente del popolo ebraico con una formula teologica particolarmente felice nell’allocuzione pronunciata per i rappresentanti della comunità ebraica di Magonza (17 novembre 1980): ... popolo ebraico dell’Antica Alleanza, che non è mai stata revocata ...».
Il nuovo insegnamento ritiene «necessario adoperare contemporaneamente e accoppiandoli insieme, vari termini in cui si esprime il rapporto tra le due economie, dell’Antico e del Nuovo Testamento: Promessa e adempimento - continuità e novità - singolarità e universalità - unicità e esemplarità».

Ciò comporta, per i nuovi teologi e catechisti, di ignorare le parole di San Paolo agli Ebrei, 8,7: «Se infatti quella prima alleanza fosse stata irreprensibile, non si sarebbe dato luogo ad una seconda. E’ infatti un rimprovero che rivolge loro quando dice: - Ecco, vengono giorni, dice il Signore, e io realizzerò per la casa d’Israele e per la casa di Giuda una nuova alleanza, non secondo l’alleanza che feci per i loro padri nel giorno in cui presi le loro mani per condurli fuori dall’Egitto: perché essi non sono rimasti nella mia alleanza, e io mi sono disinteressato di loro, dice il Signore.[...] Dicendo nuova, rende vecchia la prima; ora, ciò che è antiquato e vecchio, è presso a sparire».

OR.4,  7). In virtù della sua missione divina, la Chiesa, che è mezzo generale di salvezza [perché ce ne sarebbero tanti altri, particolari!] e che è la sola nella quale si trova «tutta la pienezza dei mezzi di salvezza (UR .3) [perché tali mezzi sarebbero diffusi parzialmente altrove] per la sua stessa natura deve annunciare Gesù Cristo al mondo.[...] Gesù afferma (Giovanni 10,16) che vi sarà ‘un solo gregge ed un solo pastore’. Chiesa e ebraismo non possono essere presentati dunque come due vie parallele di salvezza [ma convergenti!] e la Chiesa deve testimoniare il Cristo Redentore a tutti nel più rigoroso rispetto della libertà religiosa, così come essa è insegnata dal Vaticano II» (DH).
Nella presentazione del documento, firmato dal presidente della suddetta commissione, Willebrands, il segretario, J. Mejia, più tardi fatto segretario della Congregazione per i vescovi da Giovanni Paolo II, la spiega nell’articolo «Viva coscienza del patrimonio comune a tutti i livelli» (stesso n° dell’OR): «ciò non vuol ovviamente dire che gli ebrei non possano e non debbano trarre dalle loro tradizioni dei doni salvifici».

Perciò nell’ebraismo, senza e contro Gesù Cristo e fuori della Sua Chiesa, ci sarebbe salvezza! In occasione dell’incontro per la pace promosso da Giovanni Paolo II in Assisi, lo stesso J. Mejia ha scritto sulla «convergenza velata di tutte le religioni» (OR. 28 novembre 1986).

Fine prima parte


Arai Daniele


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