Dodici mesi fa, lo stupro di una minorenne sudamericana all’uscita da una discoteca. E a luglio di quest’anno anche una ragazza rumena è stata sua vittima. Ma nonostante le due violenze sessuali di cui era accusato, incredibilmente, per il militare statunitense Jerelle Lamarcus Gray non era stata disposta la custodia in carcere. La procura aveva ritenuto sufficienti i domiciliari all’interno della caserma Del Din (ex Dal Molin). Nella notte tra venerdì e sabato il 22enne ha però tentato di colpire ancora.
Per eludere la sorveglianza gli è stato sufficiente riempire il letto con un fantoccio improvvisato con dei vestiti e calarsi dalla finestra del dormitorio. Una volta uscito dalla base il militare è andato a ubriacarsi e si è poi diretto in un residence frequentato da prostitute. Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, qui ha avvicinato una 27enne – anche lei, come una delle precedenti vittime, incinta – e l’ha aggredita mentre chiedeva una prestazione sessuale, che non ha però ottenuto. Una volta attraversata la strada, stando alle accuse, ha aggredito un’altra donna e l’ha anche colpita al volto. A quel punto si è scatenata una rissa che è stata registrata dalle telecamere di sorveglianza.
Grazie al filmato la polizia è riuscita a intervenire subito. Il militare è stato arrestato per evasione e denunciato per lesioni. “È una dinamica che ricorda l’aggressione della mia assistita – commenta l’avvocato Alessandra Bocchi, che segue la donna vittima della seconda violenza, quella di luglio -. È incredibile che, nonostante i due processi in corso, l’uomo non si trovasse in una cella di sicurezza. Per questo è riuscito a uscire dalla caserma. Ma, qui a Vicenza, quando un procedimento riguarda i militari Usa accusati di violenza sessuale spesso si applicano premure aggiuntive poco comprensibili”.
“Se si fosse trattato di un immigrato di altra nazionalità, vista la gravità dei reati e la loro reiterazione, il trattamento sarebbe stato molto diverso”, le fa eco Anna Zanini, l’avvocato della prima vittima, la 17enne stuprata nel novembre dell’anno scorso. Per il secondo episodio di violenza, quello di luglio, Jerelle Lamarcus e l’altro militare accusato – entrambi si dichiarano innocenti – hanno ottenuto i domiciliari appena una settimana dopo l’episodio. La donna, che al momento della violenza e del successivo pestaggio era incinta di sei mesi, ha partorito a ottobre un neonato con malformazioni all’apparato respiratorio e neurologico. Dopo il parto, è stato tenuto per 20 giorni in terapia intensiva. Sono in corso accertamenti medici per verificare l’eventuale correlazione tra la violenza e le malformazioni.
“Nonostante le promesse via Twitter del ministro della Giustizia Andrea Orlando ancora non sappiamo se il processo si celebrerà in Italia”, prosegue Bocchi. Il luogo di svolgimento del processo è, appunto, l’altro fronte aperto. Come già raccontato da Il Fatto Quotidiano, per una singolare interpretazione dei trattati Nato il 90 per cento dei militari americani di stanza in Italia accusati di reati comuni riesce a ottenere di essere giudicato Oltreoceano. Una volta trasferito il fascicolo alle autorità statunitensi, il ministero della Giustizia smette di seguire il processo, tanto che non è in grado di fornire dati sul numero di assoluzioni o di condanne.
Nelle scorse settimane la base Usa di Vicenza è finita nel mirino del governatore veneto Luca Zaia. Insieme ad altri esponenti leghisti, Zaia si è scagliato contro la decisione di far trascorrere nella base vicentina la quarantena dei militari impegnati contro il virus Ebola in Liberia. Sull’aggressione di venerdì però glissa: “Non conosco abbastanza la vicenda”. No comment anche dai vertici della base: “Rivolgete le domande agli inquirenti”.
Fonte > IlFattoQuotidiano