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Teilhard de Chardin: aberrazioni
Lorenzo de Vita
05 Maggio 2015
Oggi presentiamo un nuovo libro, a firma del già servo di Dio Pier Carlo Landucci. Questo agile libello di Mons. Landucci entra a far parte della collana di buon successo “Classici cattolici”, da noi lanciata con l’intento di recuperare e far conoscere una nuova divulgazione a tanti preziosi testi dimenticati, sotterrati o scomparsi in questi decenni di “aggiornamenti” conciliari.
Parte dei nostri lettori conoscono già il profilo teologico (anti-modernista) e bibliografico di Monsignor Landucci, grazie ad alcune precedenti sue opere da noi stampate e divulgate, capolavori come Il Dio in cui crediamo e Cento problemi di fede. (Qui è altresì leggibile un articolo di qualche tempo fa a firma del postulatore della causa di canonizzazione in corso). Per assegnazione della stessa Postulazione della causa di beatificazione di Monsignor Landucci (che prosegue, al momento, senza intoppi o impedimenti), EFFEDIEFFE può ufficialmente definirsi la casa editrice di Monsignor Landucci. È per noi un grandissimo orgoglio, vista l’importanza degli scritti del servo di Dio, che in vita, da direttore spirituale nel Seminario Romano Maggiore, quale fu dal 1936 al 1942, preparò ben 7 generazioni di sacerdoti ancora “sani”, e che attraverso le sue opere ha convertito migliaia di persone, e continua a farlo ancora oggi, anche grazie la nostra piccola divulgazione. Ecco allora questa nuova proposta editoriale, in un 2015 che conosce, tra le altre disgrazie, il 60° anniversario dalla morte del “religioso” Teilhard de Chardin (1881-1955) — gesuita notissimo per le sue teorie di “cosmogenesi” (che in Teilhard divenne addirittura “embriogenesi cosmica”), per la celeberrima teoria del punto-omega e per quell’evoluzionismo “cosmico” tanto caro ai materialisti, a cui Teilhard non disdegnò nemmeno di appiopparci tonalità dall’evocazione lontanamente buddista (un vero record per l’epoca). Nonostante la notorietà di questo “religioso” (favorita da ambienti a dir poco eterodossi, massoneria compresa) non tutti conoscono Teilhard de Chardin; altri hanno sentito parlare solo superficialmente delle “cervellotiche” tesi di tale gesuita — che nonostante la loro, a tratti, “incomprensibilità”, vengono, ancora oggi, ampiamente ristampare e divulgate. La pubblicazione di presente scritto del servo di Dio, che mette in luce tutti i più importanti errori e “aberrazioni” del religioso apostatata de Chardin, può essere un’utile occasione per colmare questa lacuna. Con i suoi scritti, Teilhard – durante il corso della sua vita ma soprattutto attraverso le pubblicazioni post mortem – ha provocato danni enormi all’interno della stessa Chiesa, facendosi artefice del “giusto” scandalo per aver cercato, da gesuita-paleontologo quale si presentava, di coniugare evoluzionismo e fede, ed il superamento del dualismo materia-spirito. Il Landucci, nel testo che presentiamo, scrive: «Tale unificazione [della realtà materiale e spirituale] è l’aspetto più caratteristico del pensiero teilhardiano, che si presenta suggestivamente ammantato di apparente genialità e grandezza. Ha infatti il fascino della grande sintesi, il che è uno dei motivi dell’ammirazione dei suoi seguaci”». In ambiente cattolico, furono (e sono) in molti a cascarci. Affermazioni notissime quali: “il Cristo Omega è, oltre che Cristo-Redentore, Cristo-Evolutore” (Christianisme et évolution), ha esaltato nei decenni gli ammiratori cristiani di tutto il mondo. Non a caso, Teilhard fu un grande “protagonista” del periodo post-conciliare (anche se era già morto da più di un decennio), così come i suoi scritti servirono alla bisogna per cavalcare e diffondere quelle novità che inquinarono la retta ragione in ambito cattolico. Il presente studio del Landucci, prima di essere dimenticato per 40 anni, provocò terremoti e scalpore negli ambienti vaticani eccitati da tali e tante “sorprese dello spirito” (come vedete, Bergoglio non ha inventato nulla di nuovo…). Interessante registrare quanto, in appendice al testo di Landucci, riporta il professor Capuzza, attuale postulatore della causa di beatificazione di mons. Landucci: «Benedetto XVI, quando era giovane docente a Tubinga, in due passi del volume “Introduzione al cristianesimo” (1968), sembra favorevole ad affermare la accettazione delle dottrine teilhardiane nelle quali vede solo il pericolo di “un eccessivo biologismo”; ed una seconda volta parla delle “intuizioni” che si trovano nelle sue opere. Anche il cardinale Ravasi, addetto alla cultura della Santa Sede, pare che nutra una certa ammirazione per T. Certo è che alcune espressioni, estrapolate dal contesto, possano suonare geniali e gradite; ma non è così per la sostanza delle sue posizioni “mentali”». Senza volerci addentrare troppo nell’analisi del pensiero teilhardiano durante la nostra breve presentazione (lasciamo il delicato compito all’attenta penna del Landucci), anticipiamo che con questo agile studio il servo di Dio dimostrerà come le tuttora tanto in voga teorie teilhardiane, «[minano] l’effettiva trascendenza dell’ordine soprannaturale rispetto al naturale, presentando l’evoluzione cosmica in modo univoco al mistero salvifico cristiano (…) tale equivoco investe in pieno ovviamente la nozione soprannaturale del Corpo Mistico, perché elevando il ‘Cristo storico’ ad una ‘funzione fisica universale’ ha deformato in senso fisico, ossia materialmente inteso, la concezione essenzialmente soprannaturale e di Grazia del Corpo Mistico e della nostra congiunzione al Capo, Gesù». Tutto il costrutto teilhardiano, come dimostrerà perfettamente Landucci, non fu altro che panteismo, e provocò una altrettanto inevitabile “frattura con la migliore filosofia e con la teologia di sempre”.
Landucci, vera sentinella della Chiesa, con il fuoco della verità presente in tutti i suoi scritti, non andava tanto per il sottile, e su Teilhard, dopo averne smontato le assurde pretese cosmologiche, sentenzierà senza alcun dubbio: «Non potendo dire Messa (da scomunicato) egli fa l’offerta, più gradita a Dio, del Mondo; al posto del supremo sacramento dell’unione, quale è l’Eucaristia, egli panteisticamente si congiunge a Dio, combaciando col Mondo». In conclusione, accenniamo al punto più importante a cui Landucci giunge in questo suo studio contro Teilhard de Chardin: «Il realistico abneget evangelico (Mt 16, 24; Le 9, 23), essenziale per la sequela di Gesù, la salvezza e la santificazione, esula dannosissimamente dal clima spirituale teilhardiano — anche se non ne mancano i richiami — venendo sostituito dall’ottimistica e automatica inserzione nel ciclo fatalmente montante dell’Evoluzione cosmica. Sforzo di azione, sì; rinnegamento, ben poco nominato. Per Teilhard, “la via reale della Croce, è precisamente il cammino dello sforzo umano, soprannaturalmente rettificato e prolungato”. Rispetto a ciò il dramma del peccato si presenta come marginale e la prospettiva del combattimento morale e del rinnegamento devia e si polarizza effettivamente verso il solo impegno dell’azione». Per questo e per molti altri motivi che potrete leggere in questa dissertazione del servo di Dio, il Grande Oriente di Francia, all’Assemblea Generale del settembre 1962, per voce del Gran Maestro Mitterrand, rivendicò il merito della Massoneria per la pubblicazione e diffusione dei libri postumi di T. de Chardin, in quanto dissolvitori della dottrina cattolica (le parole del Gran Maestro Mitterand furono pressappoco queste). Non a caso, il teilhardismo lo si ritrova spesso sulla bocca dei non credenti – confermati come sono nella loro incredulità dalle tesi di questo gesuita rinnegato – come, ahinoi, su quella di molti sprovveduti cattolici. [Provate ad effettuare qualche ricerca nel web a tal proposito: le associazioni ed i gruppuscoli che animano il dibattito intorno allo scandaloso gesuita sono numerosissimi e stanno spuntando ovunque per questo anniversario 2015]. L’immediato risultato è quello, voluto e previsto, di confermare i non credenti nelle loro idee, e di allontanare i tiepidi e gli “indecisi” dalle oggettive verità di Fede. D’altronde, Colui che ci ha preceduto, sentenziò: “O date per buono l’albero e per buono il suo frutto: o date per cattivo l’albero e per cattivo il suo frutto: perché dal frutto si riconosce la pianta (Matt. XII, 33)” — ovvero dalla vita che conducono (Teilhard scriveva alla cugina Margherita che «la spiritualità cristiana poteva trovare il suo bene anche in quell’elogio del mondo della carne»), le opere che fanno, e soprattutto gli effetti (scandalosi in questo caso) che le loro dottrine generano nel prossimo. L’empietà e l’ipocrisia non possono rimanere occultate per lungo tempo senza manifestare un frutto bacato. Dio non lo permette. Come ogni albero produce uno specifico frutto che obbligatoriamente fa conoscere la sua natura, così gli insegnamenti erronei in materia di religione e di morale non tardano a produrre effetti disastrosi, che fanno conoscere il veleno distillato che nascondevano. Lo sentenziò anche San Paolo: «Cap. XI, verso 12. Ma quello che faccio, lo farò ancora, a fin di togliere questo pretesto a quelli che ne cercano uno per apparire simili a noi in quello di cui si gloriano. 13. Apostoli di Cristo. 14. E non c'è da meravigliarsene, perché anche Satana si trasforma in angelo di Luce. 15. Non è dunque un gran che se anche i suoi ministri si travestono da ministri di giustizia, ma la loro fine sarà conforme alle loro opere». (Epistola di San Paolo ai Corinti, Capitolo XI. Versetti dal 12 al 15). Ecco perché il teilhardismo è tutt’oggi tanto propugnato e propagandato sotto mentite spoglie; Roma stessa, come abbiamo detto, in alcune sue “correnti”, ne è drammaticamente impregnata (lo capirete bene leggendo lo studio del Landucci). Gli inquietanti parallelismi a livello “sociale” con l’attuale pontificato di Francesco sono, purtroppo, stra-evidenti. Non a caso, già nel 1929, Teilhard scriverà: «Quel che vale è l’azione fedele, in Dio, per il Mondo». (lettera alla cugina, 30 ottobre 1929) Ed anche per il servo di Dio Landucci, tali “evanescenze teilhardiane” sono dannosissime per la necessaria concretezza del cammino ascetico a cui tutti, chi meglio chi peggio, siamo chiamati: «Psicologicamente Teilhard distrugge quella che si può dire l’“originalità del cristianesimo”, che è la relazione intima e personale con l’individuo concreto e amabilissimo, l’Uomo-Dio Gesù. È questo Gesù storico che esprime infatti in modo ineffabile l’abbassamento della divinità al nostro livello per invitarci alla sua intimità, alimentandola perennemente con l’Eucaristia: una intimità che non ha niente a che vedere col sentimentalismo, ma che è segreto di spirituale sentimento ed amore, e sigillo immancabile della spiritualità di tutti i santi. T. vede invece come una piccineria tale relazione e vi sostituisce il romantico e celebrale omaggio alla figura evanescente e panteistica del suo Cristo Universale, Punto Omega dell’ipotetico suo Evoluzionismo cosmico universale, traducendo poi emotivamente l’impegno con Cristo con l’impegno col Mondo». Pertanto, secondo il nostro parere, è sempre la vocazione all’azione spasmodica, che tutto rovina e tutto disperde, che è necessario combattere come il male peggiore che ha colpito il cattolicesimo post-conciliare: quella malsana idea che, “emotivamente”, l’impegno con Cristo debba sempre tradursi nell’impegno col Mondo, idea a cui tanto bene abituano gli scritti teilhardiani. Il gesuita fu attivissimo promotore di tale deriva dissolutoria. Per concludere, in questo 2015 che segna il 60° dalla morte di T., se vi capiterà di sentire qualcosa sul gesuita apostata, se lo sentirete o lo leggerete osannato e “recuperabile” (magari da qualche amico “sprovveduto”), saprete (leggendo il nostro testo) come interpretare quei tentativi: il Landucci, servo fedele della dottrina immutabile, lo ha definito IRRECUPERABILE.
Ringrazio i gentili lettori per l’attenzione.
Lorenzo de Vita
(104 pagine con bandelle) 8,80 euro 10,00 euro
prezzo speciale per i lettori EFFEDIEFFE fino al 15 maggio
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