>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

Destabilizzano il Pakistan
Stampa
  Text size
A volte basta giustapporre un paio di articoli per capire.

Uno, su un giornale pakistano del 4 ottobre, dice: «Laccordo per il gasdotto Iran-Pakistan: Gazprom invitata a partecipare». Vi si spiega che il progettato gasdotto dovrebbe cominciare a funzionare dal 2014, e che il costo per il tratto in territorio pakistano è valutato a 1,65 miliardi di dollari; esso fornirà ad Islamabad il 20% della attuale produzione pakistana di energia, con sostanziali risparmi rispetto alla produzione di elettricità corrente, con petrolio ad alto contenuto in zolfo e carbone. (IP gas pipeline laying deal: Gazprom invited to participate)

Già questo accordo non piace a Washington e a Israele, che hanno imposto un embargo mondiale su Teheran, e vorrebbero vedere l’Iran isolato e senza amici. Ma per di più, adesso, il governo pakistano «ha invitato formalmente la russa Gazprom, il più grande estrattore di gas nel mondo, a partecipare alla stesura del gasdotto». Ne hanno parlato il presidente Medvedev e il premier Ali Zardari nel loro incontro avvenuto l’agosto scorso. Altri incontri seguiranno a livello dei ministri dell’energia, per firmare l’accordo finale. L’Iran, invece di essere isolato, si porrebbe al centro di una solida rete d’interessi nella sua area centro-asiatica, stabilendo legami durevoli con il Pakistan alleato dell’Occidente nella lotta globale al terrorismo.

(D)Javid Bey
   Nato Supply Line
Da qui l’altra notizia, apparsa sul Wall Street Journal di Murdoch il 2 ottobre: «La CIA intensifica gli attacchi in Pakistan. Il Pentagono storna droni dal fronte afghano per sostenere le operazioni USA alla porta accanto». Difatti abbiamo avuto notizia di una recrudescenza degli attacchi con droni, elicotteri NATO, assassini mirati, incursioni di soldati americani dall’Afghanistan sul territorio sovrano pakistano, con cui formalmente nè NATO nè USA sono in guerra, anzi.

La recrudescenza, con i relativi aumenti di danni collaterali (civili massacrati) ha esasperato i responsabili pakistani (specie gli alti gradi militari) che per ritorsione contro le ultime imprese dei droni della civiltà hanno chiuso per undici giorni il Khyber Pass, l’unica ed essenziale strada per i rifornimenti via autocarri alle truppe d’occupazione in Afghanistan. Apparentemente, non sembra davvero il caso di irritare i pakistani fino a quel punto: se la strada del Khyber resta chiusa, i nostri ragazzi restano senza carburante, ricambi, munizioni e razioni, e bisognerà salvarli con un ponte aereo (1). (CIA Escalates in Pakistan)

Ma, spiega il Wall Street Journal, la CIA ha raddoppiato i voli con droni armati – affittandoli dal Pentagono – per « colpire i militanti nei loro santuari pakistani». A questo scopo si adopera la CIA e non direttamente il Pentagono, perchè «il Pakistan ha vietato operazioni militari USA sul suo territorio» (guarda che insolenza) e tuttavia «i militari pakistani non hanno la capacità o la volontà» di colpire i guerriglieri in Waziristan; le operazilni della CIA «benchè ben note, sono tecnicamente clandestine» e dunque aggirano il divieto sovrano...

Sono operazioni clandestine che però si vuole che i pakistani conoscano. Per condurre le quali s’è dovuta superare la resistenza di diversi generali USA che non volevano cedere i loro droni alla CIA, dicendo che servono in Afghanistan (« Non ne vengono fabbricati con sufficiente rapidità per il continuo e veloce aumento delle esigenze»). Anzi, attualmente «non cè nulla di più urgente che colpire le aree tribali (pakistane) coi droni», dice un anonimo funzionario americano.

Via via che si legge, si apprende che l’alleato Pakistan, dalle cui strade passa la maggior parte dei rifornimenti pesanti destinati alle truppe d’occupazione in Afghanistan, viene ormai considerato come un nemico.

«Islamabad fa il doppio gioco», specie «alcuni elementi dellISI» (lo spionaggio pakistano) che cotinuano a sostenere «la rete dei guerriglieri Hakkani», quei tizii che «montano aggressioni oltreconfine dal Nord Waziristan», dove le truppe pakistane non vogliono entrare a fare pulizia perchè le loro forze armate dicono (insolenti) di essere state ridotte all’incapacità di condurre «operazioni su vasta scala» dalla necessità di fare protezione civile per la enorme alluvione che ha colpito il Paese (guarda che cosa vanno ad inventarsi, questi doppiogiochisti). Eppure in Nord Waziristan «i dirigenti USA credono si nascondano i più alti capi di Al Qaeda».

Al Qaeda: in casi come questi, l’evocazione di Al Qaeda è inevitabile.

Il Wall Street Journal aggiunge che l’intensificazione delle incursioni in territorio pakistani mira « in parte» – in parte – a interrompere la sospettata preparazione ad un attentato di Al Qaeda in Europa Occidentale. Precisamente «in Gran Bretagna, Germania o Francia», sospettano gli strateghi americani. Si tratta dell’«attentato stile Mumbai» che sarebbe stato ordinato direttamente da Osama bin Laden, promesso o minacciato da Washington (pardon, Al Qaeda) per punire gli europei non abbastanza caldi nella lotta al terrorismo: con un «allarme ai viaggiatori americani» che è stato ridicolizzato da vari osservatori statunitensi (fra cui il giornalista Bob Woodward) ed accolto con vari gradi di incredulità ed esasperazione dai servizi d’intelligence europei a Londra, Berlino e Parigi: allarme esagerato, basato su informazioni vecchie e già note.

Persino il ministro tedesco dell’Interno Thomas de Maizière ha espresso la sua esasperazione agli annunci allarmistici americani, e per una volta (è tutto dire) pubblicamente, ad alta voce. Solo il nostro governo del Salame mostra di averci creduto: sull’attenti di fronte al padrone, «i nostri ragazzi muoiono là perchè il terrorismo non arrivi qua», eccetera. (Barack Obama accused of exaggerating terror threat for political gain)

Scampato pericolo? Forse. Ma il Wall Street Journal scrive: « Alti dirigenti USA dicono che un riuscito attentato terroristico contro lOccidente che partisse dal Pakistan potrebbe costringere gli Stati Uniti a unazione militare unilaterale». Poveretti, sempre costretti ad azioni uilaterali. In realtà, si tratta di una minaccia agli europei tentati di andarsene («tensioni transatlantiche» sono segnalate da qualche giornale, non certo italiano) trascinandoli in un conflitto più ampio, una strategia americana già vista in Vietnam con escalation clandestina in Laos e Cambogia del tipo: «Se non riesci a vincere in Afghanistan, prova ad allargare il conflitto al Pakistan», e una minaccia diretta ad Islamabad.

Anche Arnaud De Borchgrave, ex direttore del Washington Times e ben ammanicato coll’intelligence militare, nota (forse con preoccupazione) che «per certi dirigenti USA» è ormai il Pakistan «il centro mondiale del Terrore», da neutralizzare con mezzi estremi.

Si può capire: è il solo Paese musulmano con testate atomiche. E adesso vuol fare un triangolo petrolifero con Teheran e con Mosca. E come ha dimostrato il successo della visita di Ahmadinejad in Libano, l’influenza e la capacità d’azione dell’Iran nella regione sta crescendo invece di calare sotto i colpi delle draconiane sanzioni USA e ONU. La Turchia sfida apertamente le sanzioni, anzi sta creando una zona di libero scambio sul modello europeo con Libano, Girodania e Siria, da cui l’Iran non trarrà che benefici; la Corea del Sud ha trovato qualche trucco per continuare a commerciare con Teheran di nascosto; la Cina sembra non abbia sentito dire che sono state ordinate le sanzioni draconiane, e continua a fare dell’Iran uno dei suoi principali fornitori energetici.

L’egemonia di USA e di Israele nell’area diventa ogni giorno più malferma, nonostante le minacce, e gli sforzi militari sempre più costosi, insensati e unilaterali (2). (Ahmadinejad and the Limits of American and Israeli Power)

E’ insomma il grande progetto americano di insediamento nel vuoto di potere lasciato dall’URSS in Asia centrale ad essere in via di sgretolamento; e i circoli americani che lanciarono il progetto dietro il presidente Bush jr., danno segni di isteria: non vinciamo in Afghanistan perchè il Pakistan è diventato «il centro mondiale del Terrore», andiamo a combattere anche là.

Fra tutti la professoressa Cora Sol Goldstein (immaginate di quale lobby) docente alla State University of California, «si duole che il contesto nazionale e internazionale renda impossibile per gli USA combattere una guerra totale in Afghanistan e in Pakistan», e soprattutto che «luso di armi nucleari nella regione non sia ancora giustificato». (Empire Going Mad)

Non ancora. Però se Osama bin Laden mette a segno un attentato «stile Mumbai» in Europa, gli USA saranno costretti ad intraprendere un’azione militare unilaterale, e l’uso di armi nucleari in AfPak sarà giustificato. Guerra totale, finalmente. Islamabad come Hiroshima.

«L’Impero sta diventando folle», commenta Thomas Ruttig, analista strategico sull’Afghanistan per Foreign Policy.

A.Q. Khan
   A.Q. Khan
Il risultato di questa isteria, analizza De Borchgrave, può essere questo: che i generali pakistani faranno un altro dei loro colpi di Stato, e c’è il rischio che mettano come capo del loro governo il professor A.Q. Khan, il «padre dell’atomica pakistana», accusato dagli USA e da Israele di aver diffuso know how nucleare a vari nemici dell’Occidente (Corea del Nord, Iran, Libia) arrestato su loro ordine, e perciò divenuto un attivo politico anti-americano, di alto prestigio e popolarità fra la sua gente.

Bisognerà nuclearizzare il Pakistan, come prescrive la Cora Goldstein, appena Obama sarà sconfitto alle elezioni congressuali prossime? O sarà lui, il Nobel per la Pace preventivo, a ordinare la nuclearizzazione sperando di ingraziarsi gli ebrei e così vincere le elezioni?





1) Circa il 70% dei rifornimenti necessari alla guerra e all’occupazione dell’Afghanistan viene scaricato al porto pakistano di Karachi, e caricato su TIR compie i 1.600 chilometri di strade dissestate e montagnose fino al Khyber, poi a Kabul. La chiusura della forntiera ordinata dal Pakistan, in 11 giorni, ha prodotto una fila di 1.200 camion e autobotti, lunga decine di chilometri, bloccati. La resistenza afghana ne ha approfitatto per dar fuoco a 125 di questi automezzi. Spesso, per passare, i trasportatori e forse i militari ocidentali pagano un pedaggio sottobanco ai guerriglieri, insomma finanziano i talebani.
2) Ogni proiettile, pezzo d’artiglieria, litro di carburante; ogni veicolo o elicottero ed ogni razione devono essere portati in Afghanistan non solo da migliaia di miglia di distanza dagli USA, ma attraverso altri Paesi, Pakistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan (l’Iran è ovviamente escluso in quanto nemico): Paesi le cui infrastrutture sono miserabili, e dunque limitano oggettivamente i volumi e i pesi di materiali che possono far transitare. La sola ferrovia utilizzabile per la zona di guerra ha una capacità di 4 mila tonnellate al mese, meno del 5% del fabbisogno delle truppe USA e NATO; ampliamenti ordinati dalla NATO dovrebbero essere conclusi nel 2011. La capacità del trasporto su strada è limitata dai valichi difficili e d’alta montagna, che riducono obbiettivamente le dimensioni di una forza armata ostile in Afghanistan, come sempre nella storia. Per esempio, gli americani non hanno potuto dispiegare i carri armati Abrams, semplicemente intrasportabili e consumatori eccessivi di carburante; e una quantità rilevante di materiale deve giungere per la costosa via aerea. Durante la guerra del Vietnam il Pentagono calcolò che il costo di ogni soldato sul terreno gravava sul bilancio bellico 7 mila dollari. Oggi, è sul milione di dollari, cifra insostenibile, che condanna alla sconfitta. In certe zone afghane, costa 400 dollari far arrivare un gallone di carburante, e nel 2009 le truppe USA e NATO ne consumavano oltre mezzo milione di galloni al giorno. Per di più la cifra è quasi raddoppiata oggi, a causa del surge ordinato da Obama, così come è raddoppiato il tonnellaggio di materiali richiesti per mantenere sul terreno le nuove truppe. Così l’effetto del surge non è stato altro che quello di mettere i soldati occidentali nella zona-pericolo del collasso dei rifornimenti: come in Russia è decisivo il generale Inverno, così è la logistica, come sempre nella storia, a sconfiggere gli invasori dell’Afghanistan.(In Afghanistan, the Handwriting Is on the Wall)

La casa editrice EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.   


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità