>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

vittoria_Marjah_550
Ricordate Marjah? Ecco la «vittoria»
Stampa
  Text size
Ricordate la battaglia per strappare ai Talebani Marjah, cittadina (o abitato) di Helmand in Afghanistan? Annunciata a gennaio dagli americani con gran spiegamento di pubblicità e di mezzi  (15 mila Marines e forze varie NATO, 60 caccia ed elicotteri e missili e droni), più reparti dell’esercito e della polizia afghana, doveva essere una dimostrazione delle capacità del generale McCrystal di condurre una guerra-lampo: quattro gioni. Poi, otto: i Marines erano bloccati da «un tiro efficace e costante di cecchini» e da ordigni esplosivi nelle case. Poi un mesetto, poi otto settimane. Poi, più nessuna notizia sulla stampa.

Adesso, il giornalista Eric Walberg (che scrive per il settimanale Al-Ahram del Cairo) è stato sul posto e riferisce: «Benchè Marjah conti oggi un soldato o un poliziotto ogni otto abitanti, quando scende la notte l’abitato è ‘il regno dei Talebani’, come dice un anziano tribale. Il governo [Karzai] e le forze internazionali non possono difendere nessuno oltre un chilometro dalle loro basi». (The Afghan Ant Hole)

Però adesso la cittadina ha un governatore del governo di Kabul: Haji Abdul Zahir, un afghano sì, ma di cittadinanza tedesca, messo lì dagli occidentali. Dice: i guerriglieri di notte appiccicano delle «lettere» nelle moschee e sui pali della luce e tengono riunioni in case private scelte a caso, esigendo dai residenti che diano i nomi dei collaborazionisti.

Secondo voci, i collaborazionisti vengono poi trovati decapitati. Il governatore Zahir smentisce le voci. Ma Walid Jan Sabir, che è il parlamentare della circoscrizione elettorale (se si può dir così) di Marjah, ride: «Zahir non è del posto, se ne sta rintanato in ufficio, e non sa cosa stia accadendo». Il parlamentare (se lo si può chiamr così) ritiene che la situazione si stia aggravando: «I talebani e gli abitanti di Marjah portano tutti barba e turbante, è impossibile distinguerli».

Ottenuta questa vittoria a Marjah, ora è cominciato un altro blitz a Kandahar, con 2.500 canadesi  che appoggiano forze di Kabul. Primo successo: anche Kandahar ha un governatore che risponde a Karzai, si chiama Turyalai Wesa, ed è cittadino canadese. E’ anche intimo amico del fratello di Karzai, Ahmed Wali Karzai, notorio per i suoi interessi nel business dell’oppio.

Gli occidentali e Karzai sperano, dopo aver mostrato con quanta facilità possono «vincere», di trascinare alcuni capi talebani al tavolo dei negoziati. Dopotutto, ricorda Waberg, lo stesso Karzai era un ministro Talebano fra il 1995 e il ‘98, quando poi fu assunto con ottimo stipendio dal consorzio petrolifero americano-saudita Unocal. E’ la prova vivente che i talebani  possono diventare ragionevoli.

Abdul Salam Zaif
   Abdul Salam Zaif
Però quelli che sono passati dalla parte degli USA, non tutti sono contenti. Abdul Salam Zaif, per esempio, è pessimista. Era ministro dei Trasporti e poi ambasciatore dei talebani in Pakistan dove, dopo l’11 settembre, tenne conferenze-stampa molto affollate in cui condannò l’attentato, asserì che Osama bin Laden non c’entrava, ma a nome del suo governo si offrì di estradarlo in un Paese terzo per un eventuale processo. Dal che si vede come questi fanatici ignorassero tutto del diritto internazionale moderno, orgoglio della civiltà occidentale.

Gli Stati Uniti gliene diedero una lezione: nonostante la sua immunità diplomatica arrestarono Zaif, e l’hanno detenuto a Bagram e a Guantanamo dove a suo dire (ma si sa come mentono questi terroristi) è stato torturato. Rilasciato nel 2005, Zaif vive agli arresti domiciliari, ma in un bell’appartamento a Kabul, vicino all’ex ministro degli Esteri talebano Wakil Ahmed Muttawakil: dall’appartamento, Zaif e Muttawakil hanno fatto appelli all’unità nazionale, nel senso voluto da Karzai e (se si può dire) dagli americani.

Oggi però Zaif ha dichiarato che il processo di riconciliazione è fallito, perchè «gli USA sono un mostro egoista, spietato e crudele», e che tutto ciò che fanno «non farà che rafforzare i talebani». Ingrato.

Hakim Mujahed
   Hakim Mujahed
Anche Hakim Mujahed, già ambasciatore talebano all’ONU, tornato oggi sotto Karzai (ha formato un gruppo «talebano dissidente» collaborazionista) non è contento. Fa appelli all’Arabia Saudita perchè medii con gli americani su qualche importante particolare, per esempio convincere gli occupanti occidentali a cancellare le taglie da milioni di dollari che gli USA offrono per la loro cattura. Perchè è difficile che si presentino a trattare, dei ricercati: «Viene arrestato e il giorno dopo si trova a Guantanamo», dice (a Zaif è successo).

Anche Mullah Salam, capo talebano, è passato con Karzai tre anni fa, ed è stato fatto governatore del distretto natio, Musa Kala, occupato dai britannici: «Avevano promesso di fare scuole e una moschea e non hanno fatto niente. Siamo schiavi come prima». Lui e gli altri personaggi paiono  rincrescersi di aver aderito al processo di riconciliazione (lo chiamano così) un po’ troppo presto: la loro collaborazione li mette a rischio della vita (Salam ha subito vari tentativi di assassinio). Quella voce delle decapitazioni notturne – benchè smentita ufficialmente – li allarma alquanto.

Questi personaggi, accecati dal fanatismo islamico, sembrano chiedersi a che gioco giocano gli americani: vogliono davvero arrivare alla «riconciliazione» fra il governo e i guerriglieri?

Recentemente, il comando USA ha esaltato come un grande e cruciale successo la cattura, da parte dei pakistani, di Abdul Ghani Baradar: il numero due dopo il leggendario Mullah Omar, nientemento. Ma chissà perchè, i pakistani si sono rifiutati di estradare il catturato, e per di più Karzai si è infuriato per quel successo, sostenendo che stava proprio negoziando con Baradar l’adesione di talebani moderati al processo di pacificazione, e il suo arresto aveva  mandato all’aria tutto.

Il fatto è che questa visione (tipica di terroristi islamici) è condivisa dal rappresentante dell’ONU in Afghanistan, che non è un musulmano ma un norvegese di nome Kai Eid, e che si è dimesso per protesta: l’arresto, ha dichiarato, è stato «un grave errore», avendo bloccato un canale riservato di trattative che l’ONU stessa stava conducendo a Dubai.

Richard Holbrooke, il plenipotenziario della Casa Bianca per la questione afghana, s’è precipitato a smentire il terrorista norvegese: le trattative dell’ONU non coinvolgevano gli USA, e gli americani ne avevano solo «una informazione generale». In seguito, il generale McChrystal ha offerto una sua versione dell’arresto: Baradar è stato catturato apposta per «separarlo» dai suoi colleghi talebani irriducibili, che l’avevano minacciato proprio perchè trattava.

Gli americani hanno loro metodi migliori. A gennaio, in una conferenza sull’Afghanistan tenutasi a Londra, hanno lanciato l’idea di pagare i capi talebani per arrendersi: un mezzo miliardo di dollari già stanziato. Un ufficiale pakistano ascoltato da Walberg e parecchio addentro alla faccenda («Colonnello Imam» si fa chiamare), ritiene questo metodo «vergognoso per una superpotenza» e soprattutto inutile: «Pagare i talebani perchè cambino fronte farà sì che vengano avanti solo finti-capi talebani», dice.

Il colonnello Imam, a suo tempo, addestrò i talebani per volontà degli americani. Oggi dice: il presidenet Obama «sta facendo ciò che non si deve fare mai nella strategia militare: rafforzare l’errore. Più automezzi, più aerei, più convogli di rifornimento significa fornire ai guerriglieri bersagli più grossi. Ne sono felici».

Il generale Hamid Gul
   Il generale Hamid Gul
Il generale Hamid Gul è una vecchia conoscenza: già capo dell’ISI, praticamente ha creato i Talebani («studenti islamici» in Pakistan) in accordo con Washington in funzione antisovietica. Ora a riposo, dice: quelli vogliono dagli USA tre cose, per cominciare a negoziare: un chiaro impegno sui tempi del ritorno delle truppe occidentali, che smettano di chiamarli «terroristi», e che facciano rilasciare tutti i loro militanti detenuti in Pakistan e Afghanistan. E presto, dice Gul, perchè sta avanzando tra la popolazione afghana l’idea che «gli americani sono il passato, i Talebani il futuro».



La casa editrice EFFEDIEFFE, diffida dal riportare attraverso attività di spamming e mailing su altri siti, blog, forum i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore.
 

Home  >  Asia/Africa                                                                                Back to top


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità