Chi porta i talebani in elicottero?
Maurizio Blondet
31 Ottobre 2009
Hamid Gul è il governatore del distretto afghano di Baghlan e-Markazi, nella provincia di Baghlan, colpita da una sanguinosa incursione dei talebani che hanno ucciso diversi poliziotti e agenti dell’anti-droga. Ebbene: il governatore Gul sostiene che i combattenti islamici sono stati sbarcati da elicotteri.
«Non so di che nazionalità fossero gli elicotteri», ha dichiarato Gul all’Institute for War and Peace Reporting, un gruppo di coraggiosi giornalisti sul campo, «ma sono gli stessi elicotteri che portano i talebani da Helmand a Kandahar e da lì qui al nord, specialmente a Baghlan»
(1).
Ora, i talebani non dispongono di una forza aerea; e se anche fosse, la coalizione occidentale guidata dagli USA ha il totale controllo dello spazio aereo. Possibile? Eppure gli elicotteri, secondo gli abitanti del distretto che sono stati coinvolti nella battaglia, erano due.
«Li ho visti coi miei occhi», ha detto uno di loro, Sayed Rafik, al giornalista Ahmand Kawoosh, che opera a Mazar E-Sharif: «Sono atterrati sulla collina ed hanno scaricato decine di talebani coi turbanti e col patus» (il patus è la coperta-scialle, con cui i guerriglieri si coprono dal freddo).
Non sembrano solo voci. Il capo della polizia di Baghlan, Mohammad Kabir Andarabi, ha inviato al governo centrale di Kabul un rapporto su questi elicotteri che avrebbero portato i guerriglieri nella sua zona. E il governatore della provincia di Baghlan, Mohammad Akbar Barizkai, ha tenuto sul tema una conferenza-stampa il 21 ottobre: i suoi servizi di sicurezza gli hanno riferito che elicotteri non identificati erano atterrati in alcuni luoghi della provincia.
«Stiamo indagando».
La stessa voce corre in un’altra provincia, a Kunduz. Il giornalista Kawoosh ha parlato con un soldato del governo Karzai, del 209° corpo Shahin, che è stato impegnato in duri combattimenti, durati mesi, in questa zona del nord.
«Proprio quando le nostre forze erano riuscite a circondare i talebani in un villaggio del distretto di Qala-e-Zaal, abbiamo visto atterrare elicotteri con forze fresche. Sono riusciti a salvare i loro amici dal nostro accerchiamento, ed anche ad infliggerci una sconfitta». Ed ha agiunto: «Che cosa combattiamo a fare? Non ha senso. I nostri ‘amici’ stranieri sono più amici degli altri».
Questa voce, dice Kawoosh, corre in tutto l’Afghanistan del nord: decine di testimoni oculari la confermano. Dicono che i talebani vengono portati lì in volo dal sud per aprire un nuovo fronte, da elicotteri occidentali. E provincie relativamente calme, come Kunduz e Baghlan, sono ora sotto attacchi ripetuti.
L’argomento è ampiamente dibattuto sui giornali e sui blog afghani, che i nostri media ignorano. E’ nata una teoria del complotto.
Il professor Rahim Rahimi, che è docente all’università di Balkh, non ha esitato a scrivere che americani e britannici stanno creando insicurezza in tutto l’Afghanistan, perchè la gente chieda protezione alle forze straniere.
«Destabilizzano il nord quanto più possono: è una scusa per espandere la loro presenza nell’area, per mettere mano sul gas e il greggio dell’Asia centrale», spiega il professore: « Se fossero presenti in forze in questa zona, gli occidentali provocherebbero una dura reazione da parte della Russia e dei governi centro-asiatici. Ma visto che devono combattere i terroristi...».
Anche Karzai ha comunicato che il suo governo sta indagando sui rapporti che parlano di elicotteri «sconosciuti» che trasportano guerriglieri da Helmand al nord, nelle provincie di Baghlan, Kunduz e Samangan.
I comandi occupanti negano con ovvio sdegno. Il capitano Tim Dark, del corpo britannico stanziato ad Helmand: «Credere che noi britannici aiutiamo i talebani è indecente: abbiamo avuto 85 perdite solo quest’anno». Il generale di brigata Jurgen Setzer, tedesco, da poco comandante dell’ISAF, si sdegna: «Abbiamo investigato, sono solo voci senza fondamento. Abbiamo il controllo dello spazio aereo nel Nord».
E magari hanno ragione anche loro. Dopotutto, gli occidentali hanno in Afghanistan poco più di centomila soldati regolari; ma vi operano 200 mila mercenari, arruolati dagli USA, delle nazionalità più diverse, che non obbediscono alla catena di comando. E Blackwater, per dirne una, dispone di elicotteri. Forse questi combattono una loro guerra, di altro tipo e con altri fini?
Lo ventila un commentatore dal nome non islamico: Patrick Buchanan, grande giornalista, conservatore, cattolico, che è stato anche candidato presidenziale. Buchanan ha commentato il recente mega-attentato messo a segno dal movimento islamista Jundullah, che in Iran, nel Sistani, ha massacrato una quarantina di Guardie della Rivoluzione
(2). Il regime di Teheran ha accusato come mandanti gli americani: perchè è noto che «la CIA è stata in collegamento con Jundullah nel quadro del programma di destabilizzazione di Bush».
Ma Buchanan procede: «Però Barak Obama non avrebbe mai autorizzato una simile aggressione alla vigilia di un incontro critico con l’Iran sul programma nucleare. Il dipartimento di Stato ha condannato l’azione di Jundullah come terrorismo e ha fatto le condoglianze alle famiglie».
Insomma, in questo momento a Washington nessuno avrebbe dato l’ordine per un simile attentato.
«Ma se non l’abbiamo autorizzato noi, chi l’ha fatto?», domanda Patrick Buchanan: «Il momento scelto per l’attentato è stato una coincidenza? L’operazione non aveva rapporto con i colloqui USA-Iran? Oppure qualcuno sta cercando di silurare le trattative, e mettere USA e Iran in rotta di collisione militare? Perchè quella è stata una provocazione. Chiunque abbia ordinato l’attentato vuole devastare i negoziati con l’Iran, far abortire un riavvicinamento e portarci alla guerra».
Chi è dunque che ha questo interesse? Buchanan prova a fare un elenco: «I sauditi, gli arabi del Golfo, Israele...».
Che io sappia, è la prima volta che un giornalista noto, che scrive su media ufficiali, avanza esplicitamente questa ipotesi: che il governo Obama non controlli gli apparati di sovversione di Stato, che una parte di questi apparati agisca per sè, perseguendo una politica propria, in contrasto con quella della Casa Bianca.
In Afghanistan, 300 mila armati occidentali non riescono ad aver ragione di un numero di talebani, calcolato a circa 25 mila. Chi sposta i talebani in elicottero? Chi sta tradendo i soldati della coalizione, i «nostri ragazzi»?
Sembra una domanda che dovrebbero porsi tutti i responsabili: l’America stessa è manovrata?
Invece, altre voci parlano di una prossima dimissione di Robert Gates, il ministro del Pentagono che Obama ha mantenuto dalla precedente amministrazione Bush jr. Gates, un «realista», messo al fianco di Bush figlio da Bush padre se ne andrebbe prima del previsto. Doveva restare fino al 2011, ma sembra essere lui a volersene andare prima. Si fanno giù due nomi per il posto al ministero della Guerra: John Hamre o Richard Danzig. Due che hanno già lavorato nell’amministrazione Clinton, uno come sottosegretario alla Difesa, l’altro come segretario alla Marina militare.
Sarebbe la prima volta che un ebreo o l’altro avrebbero il comando totale delle forze armate della ultima, boccheggiante superpotenza rimasta.
1) Ahmad Kawoosh, «Helicopter rumors refuse to die», Asia Times, 29 ottobre 2009.
2) Patrick Buchanan, «The fruits of intervention», AntiWar. com, 30 ottobre 2009.
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