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E il Banana ci portò in guerra. A sua insaputa.
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Passano le ore, ma i media sussidiati si ostinano a non dare la notizia. La notizia la sapete tutti, perché è invece su tutti i blog economici. Nel 2011, Berlusconi prospettò in sede europea di farci uscire dall’euro, e per questo è stato fatto fuori, tramite manipolazione sullo spread dei titoli italiani ed altre manovre, e sostituito al governo italiano da fiduciari scelti da fuori.

Direte: «Lo si sapeva». Vero. Ma la novità è che a dirlo non è uno degli inascoltati complottisti che PG Battista, il maggiordomo del Corriere, copre di odio e disprezzo anche oggi (ce l’ha col parlamentare 5 Stelle che ha dubitato della versione ufficiale sull’11Settembre). Stavolta, a rivelare il complotto è Lorenzo Bini-Smaghi: il banchiere che è stato fino alla fine del 2011 nel Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea (BCE) – il direttorio di sei membri – in qualità di delegato per l’Italia: insomma il «nostro» banchiere centrale a Francoforte, un potente. Bini-Smaghi l’ha scritto nel suo libro «Morire di Austerità»: strano, nessun giornalista italiano ha ancora avuto il tempo di leggerlo, né i grandi media di recensirlo. L’ha fatto il giornalista inglese del Telegraph, il solito Evans-Pritchard (troppo bravo: in Italia sarebbe disoccupato, l’avrebbero licenziato persino da Avvenire).

Lorenzo Bini-Smaghi
  Lorenzo Bini-Smaghi
Si spiega così tutto ciò che è avvenuto dopo: il rialzo improvviso che i «mercati» hanno chiesto all’Italia per degnarsi di comprare i nostri Bot e BTP, e repentinamente disceso dopo che il Banana si dimise, come si vede nel grafico; lo spread che allargava il costo del nostro debito a livelli insostenibili, e «obbligò» alla rimozione del governo di centro-destra. Tutto si spiega: il golpe di Napolitano per mettere al posto del detronizzato un tecnico idiota ma di fiducia della Merkel, che gli italiani non avevano votato e si rifiuteranno di votare anche dopo, Mario Monti; si spiega il simultaneo accelerare della macchina giudiziaria come se i procuratori avessero ricevuto ordini urgenti; si spiega la complicità del PD, l’ambigua assenza dalla campagna elettorale del suo segretario da quattro soldi, Bersani, che si preparava – ma non poteva dirlo – a fare un governo non-eletto con Monti (progetto silurato dalla stupidità di Monti medesimo, che s’è voluto presentare al voto). Tutto, tutto si spiega: la sospensione della democrazia, l’irregolare seconda conferma di Napolitano «garanzia per l’euro», i governi da lui creati con personaggi tipo Letta; la nomina di una mezza dozzina di senatori a vita omogenei all’eurocrazia, fino alla ultima, scandalosa nomina presidenziale di Giuliano Amato alla Corte Costituzionale. Tutto, tutto, è stato fatto per blindarci dentro l’euro, inchiodarci ai debiti, e intanto blindare la classe parassitaria dei fiduciari esteri; tutto, fin nei minimi particolari, strappare dalla stanza dei bottoni Berlusconi, incarcerarlo, minacciarlo nei suoi beni, demonizzarlo, per punirlo in modo esemplare: ché non venisse in mente a nessun altro politico nell’Europa schiacciata dalla moneta unica, di imitarlo. «Colpiscine uno per educarne cento».



Merkel e Sarkozy, con la complicità dell’eurocrazia e l’immancabile aiuto dei nostri traditori interni (una costante della storia patria), hanno sferrato la guerra contro l’Italia: le guerre di oggi, che si svolgono nei palazzi dei congressi e fra reciproci salamelecchi europeisti; ma una guerra vera, come dimostra il fatto che siamo costretti a pagare danni di guerra da 50 miliardi di euro l’anno per i prossimi vent’anni («Ci siamo impegnati a rientrare dal debito», dicono i traditori) oltre che gli interessi sul debito stesso, i soliti 90 miliardi annui.

A questo punto, si sarà tentati di rivalutare Berlusconi, mettergli l’aureola dell’eroe sfortunato come Jefferson Davis (il primo ed ultimo Presidente dei Confederati) e il generale Lee gloriosamente sconfitto. Sbagliato. E il perché lo dice una frase di Bini-Smaghi: da Berlusconi, «L’ipotesi d’uscita dall’euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi degli altri Paesi dell’euro».

Capito? In colloqui privati. S’era confidato, il Banana, con altri governi. E con quali? Sarko e la Merkel, secondo Evans Pritchard: cioè i suoi e nostri due nemici. Quelli che pochi giorni prima s’erano scambiati il celebre risolino e lo sguardo d’intesa a spese del Banana, davanti alle telecamere di tutto il mondo.







Questi qua, con i quali si sentiva tanto in confidenza, tanto simpaticone, quelli che palpava e sbaciucchiava ignaro del loro fastidio, i compagnoni di tanti spassosi vertici europei con photo-opportunity facendo le corna... Magari avrà chiesto loro consiglio: «Che ne dite se esco dall’euro?».

O magari no. Magari ha «minacciato» di far uscire l’Italia. «Guardate che lo faccio»... Senza naturalmente avere in realtà un piano per dare seguito alla minaccia. A parte che sono vent’anni che Berlusconi «minaccia» i magistrati di riformarli e minaccia le grandi riforme dello Stato, in quei giorni la vacuità della minaccia sarebbe saltata all’occhio anche di un babbuino: se ricordate, Berlusconi era in rotta con Tremonti, il suo ministro-chiave per un atto di forza contro l’euro, non trovandolo abbastanza di manica larga ed ottimista come lui; Tremonti era odiato da tutti i ministri, da Brunetta alle escort di cui Silvio aveva riempito il governo, perché teneva stretta la borsa. Conclusione: se fu una «minaccia», fu la solita sortita da bauscia brianzolo, una pagliacciata senza un minimo di preparazione e di seria volontà. Sarà stato convinto di averli impressionati, la Culona inscopabile e il nanetto parigino.

È risuscito solo ad irritarli, allarmarli e indurli a decisioni drastiche. Merkel e Sarkozy sono rapidissimi nel colpire, come appunto si deve fare in guerra. E ne avevano motivo: come spiega Bini-Smaghi, «la Germania è in attesa di ricevere crediti per un valore di 574 miliardi di euro che la Bundesbank ha erogato alle banche centrali di Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia, Cipro e Slovenia. Nel caso di default di un Paese membro dell’Eurozona, la Banca Centrale del Paese non riuscirebbe ripagare le passività accumulate in relazione ad altri membri dell’Eurozona... L’insolvenza provocherebbe perdite notevoli per le controparti in altri Paesi dell’Eurozona, inclusi Stati e Banche Centrali».

Le banche francesi e tedesche ci hanno riempito di prestiti, denaro dei loro risparmiatori e delle loro imprese esportatrici: la Culona e il nano Eliseo non avevano nessuna intenzione di farsi impallinare dai loro elettori inferociti dalle perdite che subirebbero se permettessero all’Italia di uscire. Ed hanno mosso tutti i loro sicari: interni ed esterni, per mettere sotto amministrazione controllata il debitore Italia: che paghi fino all’ultimo centesimo.

Berlusconi era entrato in guerra a sua insaputa. E alla nostra. E s’è fatto rovesciare. In fondo, è una vecchia e ricorrente storia italiana, l’impreparazione e la superficialità, la sottovalutazione del nemico, il pressapochismo, la chiacchuera al posto dell’azione. L’altro giorno, parlando di Putin, gli abbiamo riconosciuto la capacità suprema del governante, quella di cogliere il momento, il kairos. Ecco, di Berlusconi si può dire il contrario.

Anzitutto: «ventilare» l’uscita dall’euro. Certe cose – specie così pericolose e complicate – si devono fare senza dirlo. Oppure non si dicono. Magari, accordarsi di nascosto con gli altri Paesi che l’euro ha massacrato, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda: dopotutto, l’Italia è il Paese più grosso del Club Med, e poteva aspirare al ruolo di leader della rivolta. Sì, ma quale leadership poteva invocare Silvio su quelle capitali? Vi era ormai noto soprattutto come Mr. Bunga, come quello della nipote di Mubarak, come quello che faceva la corna nelle foto ai vertici... mettersi in ridicolo, costa un certo prezzo, l’autorevolezza non si può spendere quando serve, se uno se l’è ciucciata in cretinerie grassocce da avanspettacolo (e ci sono berlusconiani che ancora non lo capiscono).

E poi: la promozione dei nemici interni e futuri traditori. Fateci caso, ma i commissari europei nemici, i principali traditori interni, come Mario Monti e Draghi, sono stati nominati da lui, Silvio, alle alte cariche eurocratiche. Ovviamente, cominciata l’offensiva, il Cavaliere e quella che si può chiamare per ridere la sua «compagine governativa» – un pollaio di litigiosi pennuti l’un contro l’altro accesi – non sembrano aver capito la gravità dell’attacco. Brunetta farfugliava che «lo spread non conta», che «i mercati» ce l’avevano con loro... Non sembra una lucida e completa analisi. Alla mala parata, potevano fare ancora una cosa: dire esattamente al popolo italiano cosa stava succedendo, indicare il suo nemico, spiegare chi ci stava attaccando, e chiamare la gente al sacrificio supremo in vista della liberazione dalla macina da mulino-euro. Insomma la guerra di popolo.

Invece, come al solito, i tentativi di ottenere qualche grazia, qualche condono sottobanco per sé e i suoi, cedendo ai diktat di Draghi e di Berlino anzi eccedendo in zelo di austerità e collaborazionismo: se c’è da formare u governo di garanzia per i creditori alla Merkel, perbacco, ecco il Pdl che si avanza per fare le larghe intese... E acceleriamo di un anno il rientro dal deficit, e mettiamo scritta nel bronzo della Costituzione il divieto di sforare, e incensiamo Napolitano, adeguiamoci al suo golpe e mettiamoci nelle sue mani, forse ci darà la grazia o il condono. L’Euro? Siamo i primi a crederci, ad averne fede e a lodarlo.

Insomma la vecchia storia italiana che ricorre: fino all’8 settembre e forse a piazzale Loreto. Nella forma politicamente corretta oggi ammessa: non appesi per i piedi, ma forse per lui anche peggio: la famigerata procura di Milano avrebbe pronto il decreto di sequestro delle azioni Finivest detenute dall’ex premier. I suoi avvocati, Ghedini e Longo, smentiscono: «Non ci risulta nulla del genere». Il famoso Ghedini, il famoso Longo che tanto bene l’han difeso. Ma se l’è scelti lui anche quelli.

Ci sono modi gloriosi di essere sconfitti. Questo è il vergognoso: anche questo una costante storica. Gli italiani, cioè tutti noi, saremo tosati e torchiati per i prossimi vent’anni, ridotti al Terzo Mondo, e pagheremo i creditori tedeschi fino all’ultimo euro, pur restando senza industrie (produzione industriale -4,3% in un mese: uno schianto come i bombardamenti di Milano del ‘44) e senza lavoro (2 milioni di disoccupati in più dal 2008), e tutto perché non abbiamo il coraggio di riprenderci la nostra sovranità.

L’altro ieri ho sentito un politico (non serve dire quale, sono tutti equivalenti) che alla radio si rallegrava che la popolazione italiana non facesse ancora manifestazioni di piazza come i greci e gli spagnoli... gli sembrava impossibile che non reagissimo, davanti alla prospettiva di un arretramento storico dei livelli di vita e a un mezzo secolo di miseria senza prospettive mentre li mantenevamo, quelli come lui, con stipendi da favola. Ma per rivoltarsi, bisogna avere l’unità collettiva, invece siamo un coacervo di individualismi rissosi, metà nemici dell’altra metà, in permanente guerra civile potenziale e talvolta reale. Lo dice anche il nostro inno «nazionale»: Noi siamo da secoli/calpesti e derisi/ perché non siamo popolo/ perché siam divisi.

Frattanto, giornali tv e radio continuano a non dare importanza alla rivelazione di Bini-Smaghi. Come non ne danno tanto nemmeno alla crisi in Siria, né alla sostanziale chiusura dell’Ilva e alla perduta del settore industriale dell’acciaio per le paturne di procuratori fanatici ed ignoranti. Anzi: «Siamo all’inizio della ripresa». L’argomento centrale di tutti i notiziari resta quello di mesi fa: Berlusconi è incandidabile? Cadrà il governo Letta? I transfughi del 5 Stelle sosterranno il Letta-bis? Eccetera eccetera.



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