>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

Il Parassita Pubblico è pronto a sparare
Stampa
  Text size
Tutti avrete letto del vicecomandante dei vigili di Cardano al Campo – tale Giuseppe D. Pegoraro, di 61 anni – che ha fatto irruzione nel municipio ed ha sparato, ferendoli gravemente, contro il sindaco Laura Prati e il vicesindaco. Si è appurato che intendeva fare una strage: aveva in auto una lista di persone da eliminare (una vigilessa, un sindacalista, giudici, finanzieri, giornalisti) e due pistole, un fucile a pompa ed uno a cannocchiale, e 700 proiettili.

Abbiamo appreso anche il motivo del suo rancore sterminatore: era stato sospeso dal servizio – non licenziato, ma solo sospeso – per truffa e assenteismo, coinvolto ripetutamente in una storia di dipendenti che timbravano il cartellino per i colleghi. Atti illeciti, che lui evidentemente riteneva un suo «diritto acquisito», da esercitare serenamente e senza controlli.

Ci sono molti modi di considerare il mancato stragista. Uno, il più facile, è quello di ritenere il Pegoraro un folle solitario e irrazionale. Io propongo di vederlo come l’esemplare militante della Casta parassitaria pubblica, come il vertice e l’avanguardia politica di quel corpo di stipendiati che, abituato a ricevere soldi pubblici senza sentirsi in dovere di dare in contraccambio una qualsiasi prestazione, è pronto ad uccidere per proteggere i propri privilegi indebiti. E, siccome, causa la gravissima recessione economica, questa casta sente che i suoi emolumenti e illeciti lucri sono in pericolo di decurtazione, è bene che impariamo con chi abbiamo a che fare.

Qualunque minima speranza di rilancio collettivo passa, lo sappiamo, per la necessaria «riforma» della pubblica amministrazione, ossia per lo snellimento, la moralizzazione, la riduzione ad efficienza, a disciplina e a moderazione degli appetiti smodati, dei favoritismi, delle corruzioni, della incompetenza di questa massa inadempiente, che non contenta di pesare sui contribuenti, li ostacola in tutto: oggi questo corpo di parassiti è già mobilitato contro questa eventualità, già pronto a prendere le armi per continuare la spoliazione di noi, i suoi sfruttati: il vigile Pegoraro è solo l’avanguardia di quello che è – e sa di essere – il nostro vero nemico di classe. È bene rendersi conto che il nemico interno è capace di tutto, e imparare quale mentalità distorta lo possieda. Quella, appunto, manifestata dal vigile truffatore del denaro pubblico il quale, invece di pentirsi e riconoscersi inadempiente, fa una strage – o ci prova – di chi gli ha tolto i suoi indebiti privilegi.

Scusate se ve lo faccio notare: nella condizione presente, di miseria economica ed oppressione fiscale mai vista, a scendere in piazza, a prendere le armi dovremmo essere noi privati, non i pubblici dipendenti. Quelli che i soldi allo Stato li danno, non quelli che i soldi dallo Stato li prendono, e tanti, e senza controllo e con impunità in tutti i modi, legali e illegali; tanti, che riempiono le cronache del malcostume ogni giorno.

Invece no. I cittadini si lasciano esodare, ossia privare della pensione cui hanno diritto perché hanno pagato per decenni i contributi; si fanno licenziare da aziende che chiudono per l’oppressione fiscale; si lasciano perseguitare da cartelle esattoriali «pazze», ossia che esigono pagamenti immotivati, minacciando con la forza pubblica. Mentre la crisi si approfondisce (in gran parte per il peso ostile e divoratore dei parassiti pubblici, che ci succhiano la ricchezza prodotta in vari strati sovrapposti di spesa), i lavoratori privati accettano decurtazioni delle paghe per evitare riduzioni del personale; danno un esempio commovente di solidarietà civile e reciproca. E come agnelli al macello, si lasciano tosare e dissanguare senza una reazione politica, un progetto di rovesciare gli oppressori. Infinita pazienza, passività, sonno vile: non so.

Invece «quelli» sono già sveglissimi al pericolo che la rovina comune di tutta la nazione possa costringere a decurtare anche le loro paghe; si coalizzano ringhiosi per impedire ogni riforma, per sfruttare fino alla morte noialtri, che essi considerano il loro gregge. Sono pronti ad ogni atto estremo non per difendere i loro «diritti acquisiti», ma i loro privilegi delinquenziali. In quanto massicci ed abituali, anche questi se li arrogano ormai come «diritti»: il vigile Pegoraro è il caso plateale, fallito perché viene da un parassita di basso livello, un rozzo mascalzone che difendeva il suo «diritto all’assenteismo» e alla falsificazione del cartellino a revolverate. Ma elementi delle Caste superiori, quelli con emolumenti da 400 mila euro annui, stanno facendo le stesse cose criminali. Con l’astuzia, essendo di alta classe giuridica e stipendiale, e con le vere leve del potere pubblico in mano, di non spargere sangue, e di mantenersi «dalla parte del diritto».

Non esagero. Di recente, s’è avuto un vago tentativo del governo non già di tagliare – questo no, per carità – ma di frenare la crescita degli stipendi dei magistrati, i cui aumenti scattano automaticamente, crisi o non crisi. Si proponeva di bloccare per qualche anno l’aumento automatico del 5%, per alleviare la spesa pubblica, della casta fra le caste, inadempiente, scandalosamente strapagata.

Ebbene: la Corte Costituzionale ha silurato il provvedimento, dichiarandolo incostituzionale. Con la motivazione che rallentare l’automatismo a favore dei giudici e procuratori sarebbe «un vulnus» (sic) «all’autonomia e indipendenza della magistratura». Senza nemmeno un’ombra di vergogna, i supremi giudici sono scesi come un sol uomo a proteggere gli indebiti stipendi della Casta, di cui essi stessi sono ovviamente parte: e parte da4-500 mila euro annui a testa. Plateale, arrogante ripugnante conflitto d’interesse; ma si sa che il conflitto d’interesse è qualcosa che si oppone sempre e solo a Berlusconi...

Sicché, adesso, mentre i privati cittadini si sacrificano pesantemente per rendersi competitivi, e si fanno abbassare le paghe del 10% in certi settori, un magistrato che ( tipica cifra per quella casta ) nel 2011 prendeva 174 mila euro l’anno, oggi ne riceverà 182 mila; un aumento di 8 mila euro tutto d’un colpo: l’introito annuo di un pensionato minimo.

È importante prendere coscienza che il vigile-sparatore e la Consulta sono mossi dallo stesso animus, dagli stessi moventi corporativi e dalla medesima ideologia. E che il più pericoloso non è il primo: quello è un improvvisato criminale: invece la Corte ha una strategia e la sta applicando: sistematicamente, freddamente, con la «legalità» coercitiva dalla sua parte – che del resto, se la fabbrica da sé. Tant’è vero, che la stessa Consulta, mentre scrivo, ha anche affondato la misera riforma delle provincie, che prevedeva l’accorpamento di alcune – misura moderatissima, ancorché simbolica: si cominciava a chiudere qualche foro del colabrodo da cui zampillano i nostri soldi – con la scusa, stavolta, che per una tale riforma, il decreto-legge non è utilizzabile. La Corte ha accolto il ricorso presentato da 8 Regioni, questi enormi buchi del colabrodo, dando loro ragione: non occorre altro per dimostrare che – a difesa dei suoi sporchi, indebiti interessi e scandalosi emolumenti – la Casta agisce come corpo unico, secondo un piano senza scrupoli, e con una coordinata, massiccia coesione che noi sfruttati, ahimè, siamo ben lungi dall’avere.

Insisto: tanta coesione, e decisione senza scrupoli, viene dall’ideologia che anima il Parassita Pubblico come Corpo sociale. La stessa ideologia che ha mosso il vigile, è quella che anima di ostilità la magistratura verso i privati, i tecnocrati regionali verso gli amministrati, e la Consulta verso ogni necessaria riforma dello spreco.

Enunciare questa ideologia non è agevole, perché non l’hanno scritta e formulata esplicitamente, e se la tengono per loro, come stato d’animo collettivo, come «cultura aziendale» parassitaria. A definirla ci ha provato, in un saggio da rileggere (Cancro in Occidente), il filosofo Vittorio Mathieu, indicandola come il «cancro» dello Stato, nel senso proprio di divoratore dell’organismo che parassita, e di cui avrebbe interesse a mantenere in vita. Più o meno, il principio ideologico delle Caste pubbliche si esprime così: «Ai singoli come tali non è lecito agire», o in altre parole: i privati che agiscono secondo la loro privata volontà, commettono un delitto per il quale vanno puniti.

È ovvio che un tale principio non può comparire se non come tendenza, avverte Mathieu: se fosse compiutamente attuato, tutti i privati sarebbero incarcerati, dunque non potrebbero più produrre la ricchezza di cui la Casta vive tanto bene, servendosi a quattro palmenti, e la Casta stessa morirebbe. È un caso dimostrativo del fatto che «l’essenza» dello Stato burocratico è nemica della sua «esistenza»: ossia che quanto più la Casta realizza il suo «ideale», ciò che crede essere l’essenza dello Stato, tanto più lo strangola e gli rende impossibile di esistere (il sovietismo fece la stessa fine). Dunque, l’ideologia – comune al vigile Pegoraro come i giudici della Consulta – si manifesta solo come «tendenza», ma come tendenza la si vede molto bene. I privati, per il solo fatto di agire come privati, non possono essere incarcerati come vorrebbero; possono e devono, però, essere controllati ad ogni movimento, intercettati quando telefonano, frugati nella loro intimità, devono rendere conto delle loro spese e mostrare i loro conti correnti a qualsiasi ispezione, sono trattati continuamente come sospetti di evasione e di corruzione. La loro libertà di agire non può essere eliminata del tutto; ma sarà quanto possibile ristretta, limitata da norme, regolamenti e direttive meglio se assurde e continuamente proliferanti, nonché da tassazioni e balzelli punitivi: punitivi della pretesa di agire per i propri interessi o gusti privati e non secondo la Volontà Generale. La burocrazia di tutte le burocrazie – quella eurocratica – arriva a vietarci di scegliere le mele del calibro che vogliamo, e di mangiare banane che non abbiano la curvatura prescritta: l’esempio, comico e paradossale, esprime bene come tendenza il principio detto sopra: «Ai singoli come tali non è lecito agire». Con il corollario: «Hanno titolo ad agire solo i singoli che agiscono a nome dell’amministrazione pubblica».

Da questa «cultura» vengono tutte le schifezze del parassitismo pubblico. Questa «cultura» ha armato la mano del vigile: si ritiene legittimato anche a timbrare il cartellino di colleghi assenteisti, in quanto lui e i colleghi sono l’amministrazione pubblica e dunque titolati a fare qualunque cosa. Ma la medesima cultura detta le sentenze della Consulta: si sente esente da ogni «conflitto d’interesse», perché esso riguarda solo i privati, anzi un privato in particolare...

E adesso tutti insieme, più familiari, amici e parentado, ecco il Corpo Parassita a difendere i propri emolumenti enormi, senza alcun rapporto con i salari del resto della società: come un sol uomo, e con le armi in pugno, se occorre. Si arma a vietare ogni controllo, a rifiutare ogni rendimento di conti sulle sue azioni; si asserraglia nel fortino della paghe miliardarie e delle pensioni d’oro. Con la coscienza di esercitare la più alta moralità, che però coincide con i propri interessi.

Il Corpo Parassita nutre un disprezzo profondissimo per «noi amministrati», e non manca occasione di dimostrarlo. Il settore pubblico ha mancato di pagare le forniture che riceve dai privati fino a farli fallire; il governo centrale (perché i peggiori delinquenti sono le autonomie locali) cerca di far liquidare una parte di quei miliardi; ma i contabili locali non hanno nemmeno contabilizzato i loro debiti, non sanno né vogliono sapere quanto devono, sicurissimi come sono che non pagheranno mai il dovuto. Questa incuria dei libri dei conti regionali e provinciali esprime lo stesso disprezzo per il popolo, in base al quale in altri tempi, il nobile faceva bastonare dai suoi servi il sarto che veniva, col cappello in mano, a implorarlo di saldare l’enorme arretrato per gli abiti di lusso. È la stessa «cultura», quella del dispotismo arrogante; l’ancien régime odioso, sono loro.


L’arsenale di Pegoraro


Altro caso, titanico. Abbiamo da poco saputo, dalla Corte dei Conti, che Equitalia e l’Agenzia delle Entrate non riescono a riscuotere che l’11,6% delle imposte, tasse e balzelli che hanno messo a ruolo, ed ammontano alla astronomica cifra, cumulata in 12 anni, di oltre 596 miliardi. Molto è dovuto ad accertamenti irrealisti, a capocchia, fatti da lorsignori del fisco, che non reggono al confronto quando il contribuente tartassato si oppone. Molto altro, come ha rivelato la Corte, o meglio lo ha nascosto sotto espressioni sibilline: il problema, dice è aver dato ad Equitalia da riscuotere «crediti delle pubbliche amministrazioni in molti casi estranei all’obbligazione tributaria e, proprio per questo, esposti a forti criticità. (…) Sotto un unico soggetto, infatti, sono confluiti crediti eterogenei per natura e fondatezza, non poche volte viziati da procedure accertative approssimative». A tale proposito la Corte dei conti ricorda le «numerosissime iscrizioni a ruolo, derivanti da violazioni al codice della strada effettuate in passato dagli enti locali».

Ecco che si capisce qualcosa, alla fine. È il personale delle amministrazioni locali che lavora (usiamo questa parola impropria) come capita, a casaccio, alla carlona. Il vigile che scrive il verbale di una multa, sbagliando il numero di targa, indicando ora e luogo sbagliati; o l’impiegato che in Comune «processa» la pratica, che la completa male, in modo approssimativo e raffazzonato, sia per incompetenza o vero e proprio analfabetismo, per mancanza di controllo, sia per incuria o perché ha timbrato il cartellino ed è andato a fare spese. Perché tanto, poi, la pratica raffazzonata (e quindi a cui il contribuente si oppone con successo) la si passa ad Equitalia, e pensi lei a questa gatta da pelare. Una immane irresponsabilità generale, e da noi pagata fino a dissanguarci.

La Corte dei Conti però, invece di accusare questo esercito di dipendenti pubblici così palesemente malfacenti, da non riuscire nemmeno ad estrarci dalle tasche tutto quel che pretendono, che fa? Dice che l’incapacità di Equitalia di sifonarci tutti i 596 miliardi «eterogenei per natura e fondatezza e viziati da accertamenti approssimativi» deriva dalle poche norme umanitarie che hanno tolto al Befera «le possibilità di espropriazione immobiliare e la pignorabilità di stipendi e salari», e limitato «l’ipoteca sugli immobili da parte del fisco, ciò che «ha finito per indebolire oggettivamente l’azione di riscossione coattiva dei tributi». Tributi che aveva detto in gran parte non dovuti, o arbitrari o approssimativamente accertati; però esige che vengano restituite ai Befera tutti i poteri «coattivi» per estrarceli dalle tasche.

Vedete che anche la Corte dei Conti (altra accolta di strapagati) non è lontana dal condividere la mentalità del vigile di Cardano al Campo: quelli sono tutti, dal primo all’ultimo, disposti a spararci per farci sputare quel che serve a garantire i «diritti acquisiti» ai loro emolumenti, assenteismi e pressapochismi. Dico: dovremmo essere noi a sparare, e invece sono loro ad essere pronti.

La sola cosa che mi consola un poco, è che faccio conto sulla loro inefficienza, pressapochismo e incompetenza. Il vigile di Cardano aveva 700 proiettili, e non è riuscito a ferie che due persone. Posso assicurare che qualunque privato avrebbe fatto incomparabilmente meglio, ed avrebbe usato con più efficienza i ragguardevoli mezzi a disposizione.


L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità