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Perché avete la bava alla bocca?
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Pongo la domanda, posatamente, ai miei lettori meridionali. Il tema della separazione fra Nord e Sud ha un serio fondamento sociale, economico e storico. Naturalmente, ci si può opporvisi. Mi aspetto che l’opposizione all’idea di separazione possa esprimersi in molti modi. Mi aspetto costernazione, dolore, o anche indignazione patriottica. Mi aspetto – anche se meno – argomenti come: no, dobbiamo stare uniti perché noi abbiamo scelto un comune destino con voi (una nazione, diceva Rostand, è un plebiscito quotidiano). Mi aspetterei, magari, anche qualche cosa come: no, perché ci sforzeremo di migliorare, siamo capaci di adottare costumi più civili, di non dipendere tanto economicamente dal Nord, che ci trasferisce ogni anno una cinquantina di miliardi. Mi aspetto anche opposizioni dure, ma argomentate.

Invece, perché arrivano insulti striduli, e ululati con la bava alla bocca? Perché la sola menzione della possibilità di secessione fra Nord e Sud – della parola fine messa a questo esperimento fallito, a cui siamo stati forzati – a certi miei lettori meridionali (spero non a tutti) fa perdere il lume della ragione, dire cose insensate da idrofobi? Con una voglia suprema di esprimere odio e veleno?

Mi riferisco a «contributi al dibattito» di questo genere:

«Direttore mi fa specie di sentire da Lei frasi del tipo il Nord era esente da corruzione… mentalità sudista Aho!!! La corruzione cè pure qui in Germania. Che idiozia! che parole da minorati mentali!!!».

«Chi lha importata la corruzione in Germania, Svezia, Finlandia, Islanda, etc.? I Terroni? I napuletani???».

«I lumbardi col gozzo sono puri? Penati, Formigoni, son teroni??? Vergogna scemi!!».


Oppure questo:

«Direttore, La prego cortesemente di non contribuire elevando a Razza Eletta il Padano, nordico o come lo vuole chiamare. O vuole fare uno Stato del Nord come Israele? La razza pura?
Dovrebbe pensarci 1milione di volte prima di dire (mi perdoni) baggianate così».


O anche questo:

«Il vostro progresso è dovuto semplicemente al nostro regresso programmato... Che l’apoteosi del Nord la facciate voi, oggi, sa di ‘popolo eletto’ accanto al quale ben volentieri vi vediamo».

Non so se si rendono conto di quanto siano abietti e falsi e fuori portata questi loro interventi. Dovrebbero conoscermi abbastanza da sapere che mai ho voluto sostenere che «il Padano è razza eletta» o che i lombardi sono «puri»; a meno che non siano nuovi del sito, sapranno che mai ho risparmiato derisione ai motivi della Lega e ai suoi seguaci, da me definiti neo-neanderthaliani.

Però l’equivoco per cui ogni critica ai mali morali del Sud viene interpretata come «razzismo» è così costante, da permettere una sola, triste conclusione: che troppi meridionali non sentono la mentalità mafiosa come un difetto estraneo a sé, ma come una particolarità del loro corpo, qualcosa che riguarda la loro intima identità etnica, la loro natura antropologica; l’hanno cara, la coltivano. E rispondono gettando sull’altro un insulto che intende colpire la sua antropologia. È come se uno, incontrando un amico che si gratta furiosamente la testa, gli dicesse: «Guarda che hai i pidocchi», e si sentisse rispondere inviperito: «E tu allora? Hai il gozzo, tu e tutta la tua famiglia!». Oppure: «Ti credi di razza superiore alla mia?» O persino: «Anche gli svedesi hanno i pidocchi...». Cosa dovrà concluderne l’amico? Che per quello, i pidocchi non sono una imbarazzante affezione esterna da curare con apposite lozioni e shampoo, ma una parte di sé che gli è cara. Che i pidocchi non gli sono capitati, ma che se li è scelti. Che per lui non sono parassiti, ma animali domestici come i gatti e i cagnetti.

Tutto ciò è qualcosa di veramente strano, che dovrebbe preoccuparvi, amici meridionali. Dovreste guardarvi dentro e chiedervi perché questo argomento vi fa uscire di senno e profferire follie insensate.

Al primo lettore dico: nella mia vita sono stato inviato speciale, ho viaggiato molto e conosco i Paesi di cui parla. Posso dirglielo con cognizione di causa: no, in Germania, Finlandia, Svezia Islanda «non» c’è la corruzione che esiste in Campania, Sicilia Calabria. Nulla di paragonabile nemmeno lontanamente alle tre regioni dove la criminalità organizzata impera e intride di sè il tessuto della società, dal basso all’alto fino alla politica e la magistratura. Da parte del lettore, il suo è un negare la specificità e la gravità della cancrena meridionale, equiparandola a una pretesa normalità media pan-europea. Significa che non vede la patologia gravissima, incomparabile, che rende il Sud impraticabile persino ai turisti e che fa fuggire tanti meridionali. Dunque, la malattia del Sud gli sembra normale. E come mai la «corrottissima» Svezia è un Paese avanzato, e la Campania no? Ma è inutile dare corda ai suoi argomenti. Anche il lettore sa che questo suo coinvolgere nella stessa corruzione Svezia e Sicilia, Islanda e Calabria, Finlandia e Campania, è disonesta e ridicola; e lo ammetterebbe se avesse conservato il lume della ragione. Invece, la parola «separazione» gliel’ha fatto perdere. Perché?

Mi stupisce che l’idea di secessione renda idrofobi proprio quei meridionali che, nello stesso grido con cui ci insultano in quanto «padani» o «lombardi gozzuti», denunciano che il Meridione all’Italia è stato annesso a forza, occupato e saccheggiato – cosa verissima. E allora, perché non cogliere l’occasione di separare i propri destini da quelli dell’occupante tanto odiato? Non è desiderabile diventare finalmente padroni di sé, accettare la sfida di essere responsabili del proprio destino e delle proprie istituzioni, come già fu il Sud in passato, quando era il solo Stato unitario realmente esistente nella penisola, il Regno delle Due Sicilie? Invece no. Vogliono stare attaccati a questi settentrionali, per i quali non esprimono altro che odio e disprezzo.

Un lettore che apparentemente accetta l’idea di separarsi, pone condizioni così assurde e demenziali, da essere ovviamente irrealizzabili. Condite da minacce mafiose di usare la pistola, di fregare il borsellino «pieno di soldi» (supposizione ahimè errata), e da una serqua di insulti gratuiti fino alla follia:

«… A me va benissimo la secessione (ma sarebbe più onesto dire fuga col borsellino scippato pieno di soldi), separazione, amputazione o che dir si voglia. A patto che i civilissimi padani mettano civilissimamente mano alla saccoccia e restituiscano tutto quello che hanno fregato al Sud in un secolo e mezzo, prima che gli incivilissimi terroni mettano mano alla pistola a dimostrazione che una giustizia divina esiste, eccome. Si badi bene soprattutto a restituire la dignità, ed anche i 40 milioni di emigranti sparsi per il mondo, compresa quella palude padana che oggi si pavoneggia a Stato grande il doppio del Portogallo (all’atto dell’unità Milano era una squallida stazione militare austriaca di scarsi centomila abitanti, oggi è una metropoli di 5 milioni».

Inutile replicare, per l’ennesima volta, che il Nord trasferisce 50 miliardi l’anno al Sud da almeno vent’anni, e che cosa ha fatto il Meridione di questi miliardi, se non devastare il proprio paesaggio con spazzatura e casotti abusivi sulle ex-splendide spiagge, ed affondare sempre di più nella rumenta, nel dialetto, nella propria secessione morale non dal Nord, ma dal mondo civilizzato? Inutile, perché costui ha voglia solo di rispondere che Milano era una «palude», una «squallida guarnigione austriaca», prima di essere portata al progresso (dall’immigrazione meridionale?!). Una vera manifestazione di pazzia furiosa.

E di odio. Sì, perché nelle proteste di questi lettori meridionali affiora un enorme odio e disprezzo per i loro concittadini, a cui però vogliono restare uniti; non si vergognano di applicare ad essi tutti i più vieti pregiudizi razzisti, i più antiquati e datati, che alludono tutti a qualche difetto fisico, ad una presunta mediocrità intellettuale, e persino a particolarità geografiche: «Avete la nebbia»... Una lettrice calabrese, che abita al Nord, accusa i settentrionali di non avere altra cura che dei «i quattrini e le fabbrichette con gli operai al nero», tanto che «preferiscono lasciare morire di fame e abbandonare nel deserto chi è stato, suo malgrado, compagno di viaggio fino ad ora». Ora, le fabbrichette al nero sono rare al Nord; in Lombardia, Piemonte e Veneto, l’evasione fiscale è minima, è esattamente come in Germania e Francia. Le statistiche dell’Agenzia delle Entrate sono lì a provarlo: il nero, il sommerso, è al Meridione. Evidentemente la lettrice non conosce la realtà in cui vive, la odia e la disprezza; ciò è molto triste.

Torna, nella furia di questi interlocutori, l’argomento: «Voi avete progredito solo togliendo risorse al Sud, il vostro progresso è avvenuto a spese del nostro regresso». È lo stesso «ragionamento» per cui certi cannibali del Pacifico, vedendo che nella loro isola atterravano durante la guerra aerei americani carichi di alimenti e materiali utili e desiderabili (i rifornimenti per la guerra contro i giapponesi), s’erano costruiti la seguente teoria: quei beni, gli dèi li avevano destinati a noi micronesiani; gli americani se ne appropriano deviandoli nei loro campi di atterraggio lisci e illuminati; costruiamo anche noi una pista, spianiamo una striscia di foresta e accendiamo i fuochi ai lati, così gli dei si accorgeranno dell’errore e ci manderanno quell’abbondanza.

Questa teoria è stata chiamata «cargo cult», culto degli aerei da carico. Voglio proprio sperare – per il loro bene – che i nostri lettori meridionali rinuncino a questo tipo di argomento, e capiscano che il «cargo cult» è dettato da una bassa invidia, dal pensiero magico, dall’impotenza e dall’incomprensione profonda della complessità del mondo moderno, anzi una disperata estraneità ad esso.

Questa estraneità – unita a un odio incoercibile – ritrovo nella replica di tale «valter 22». Uno che ha lavorato ed abitato al Nord, e scrive:

«Ai miei colleghi gli ‘cadeva la penna’ (o la tastiera se vuole) alle ore 18:00. Per la gente del Sud come me (io sono di Roma ma ho origini del profondo Sud) non si andava a casa fino a quando tutto era perfetto (potevano essere anche la mattina seguente!!!). Però si lamentavano di me se non arrivavo alle ore 9:00. Strana gente questa del Nord. Ricordo che ero impressionato quando i miei colleghi di allora guardando il Big Boss dicevano ‘.. arriva il Paron...’ (o qualcosa di simile) dimostrando nel profondo la loro sudditanza (eppure il Paron non era che un contadino arricchito... nulla di più). Inoltre non capisco Lei che ci insegna i trucchi del mondialismo (la disintegrazione a piccole entità) quasi quasi urla alla secessione... Boh?!?! Ricordo ancora il veronese che chiamava il mantovano mangia nebbia (come se loro non ce l’avessero...). Quando la Padania nascerà vi dividerete da quelli che a pochi km di distanza hanno un ‘pochino’ di nebbia più di Voi?».

Sarà inutile, credo, fargli notare che proprio in Germania, in Francia e in Svezia alle 18 non c’è più nessuno negli uffici e nelle fabbriche, e che proprio quei Paesi sono più prosperi e produttivi e più civili di quel Meridione dove, secondo lui, «non si va a casa se non quando tutto è perfetto, e poteva essere anche il mattino seguente». Passare la notte al lavoro, se accade (e non mi pare avvenga spesso al Sud), è inutile; è solo effetto di incapacità di organizzarsi. Gli orari rispettati d’entrata e di uscita dal lavoro sono semplicemente organizzazione, comprensione della necessità di coordinarsi con i colleghi, attitudine al lavoro collettivo e metodico.

Stavo su la notte, dice il lettore, «Però si lamentavano di me se non arrivavo alle ore 9:00. Strana gente questa del Nord». Anzi, gente vile, stupida, poco furba, che è suddita del Paròn, in cui il meridionale furbo invece vede «un contadino arricchito e nulla più». Decine di migliaia di questi contadini arricchiti, nel Veneto, sono gli stessi che – pur con il macigno al collo di uno Stato inadempiente, oppressivo e persecutorio, e di un Sud a cui trasferire tanta della loro ricchezza prodotta – riescono ad aumentare le loro esportazioni in piena recessione mondiale, e a guadagnare quei 70 miliardi annui in valuta pregiata, grazie alla quale anche i campani, siculi e calabresi trovano il carburante da mettere nei serbatoi delle loro auto; in qualche modo gratis, perché Sicilia, Campania e Calabria invece non sono in grado di esportare nulla mentre importano quasi tutto, la loro bilancia è in pesante passivo permanente (strutturale). Ancorché notoriamente in quelle regioni «si lavori fino a notte fonda, a volte fino al mattino»... Io provo simpatia, gratitudine e solidarietà per quei Paròn, e per gli operai sgobboni che li ammirano, pur vedendo che sono contadini, che se avessero più cultura farebbero meglio all’Italia.

Caro valter 22, col suo intervento lei non fa che confermare l’assunto che intende contrastare: dopo 150 anni di unità, ancora la sua mentalità meridionale resta profondamente estranea ed ostile all’Italia unita, non sa e non vuole fondersi un poco con i concittadini settentrionali, non ne apprezza le virtù – che trova mediocrissime, dunque facili da imitare – e non le vuole adottare. Resta uno straniero, e se ne vanta pure. «Da voi c’è la nebbia... », dice, e non si vergogna di scriverlo.

Lo stesso lettore dice:

«È l’ambiente che crea le persone non la latitudine... Dr. Blondet!!! Bisognerebbe solamente togliere quei mafiosi ai posti di comando per far tornare a splendere il sud. Provate voi a combattere il mafioso con la ciarla quando lui ti ammazza prima te e poi la tua famiglia!».

Ha ragione, per una volta: non è la latitudine a fare i mafiosi, ma «l’ambiente». Ma anche avendo ragione, sfiora il cuore del problema senza capirlo. Che cosa è infatti «lambiente» a cui il meridionale è soggetto? Un intellettuale siciliano che abita a Firenze, ha raccontato con dolore il seguente episodio:

Tornato ad Agrigento dopo anni per la morte di sua nonna, è dovuto andare in Comune per ottenere un certificato di morte. Allo sportello aveva davanti non più di due persone. Ma l’impiegato al di là, riconosciuto in lui un antico compagno di scuola, ha chiuso lo sportello in faccia agli altri in attesa e, aperta la porta dell’ufficio, ha fatto segni e ammiccamenti al narratore: l’ha fatto entrare in ufficio, e gli ho detto: «Che certificato ti serve? Te lo faccio io subito».

Che senso ha questa «estrema cortesia»? L’intellettuale siciliano stesso l’ha spiegata così: «L’impiegato comunale mi ha voluto dare come un favore quello che era un mio diritto; e mi ha voluto mostrare, e far pesare, la sua briciola di potere che possiede; e che gusto ha avere potere, se non se ne abusa?».

Ecco, questo è l’ambiente meridionale, il contesto che ben conosco. Anche a me, quando feci un’inchiesta sull’economia siciliana e andai per ottenere dati e cifre al Banco di Sicilia, il capo-ufficio stampa, che mi conosceva da meno di due ore, già mi offriva un mutuo col Banco a tassi di favore. Cortesia? No, esibizione di potere, sotto forma di capacità di abuso e arbitrio. Bontà, generosità? Nient’affatto: a parte che è «generosità» a spese d’altri, se avessi accettato quel «favore» (indubbiamente grosso), sarei poi stato «in debito» con lui e con loro, e dunque «obbligato»: obbligato a ricambiare quando lui e loro mi avessero chiesto un favore in contraccambio. Poteva essere la richiesta di un articolo falso e simpatizzante, poteva essere – come in un famoso film con Alberto Sordi – la richiesta di portare una valigetta a New York senza far domande; e se avessi rifiutato, sarei stato «un infame». E si sa come la mafia tratta gli infami.

Questo è l’ambiente meridionale che forma gli esseri umani, e che mette i mafiosi ai posti di comando. È questa la cancrena che infetta la società intera, purtroppo. Sa perché rifiutai la ghiotta offerta fattami «in amicizia» dal dirigente del Banco di Sicilia? Perché sentivo di non volere, di non essere in grado, di «sdebitarmi» e contraccambiare. Perché non intendevo i mio mestiere, pur di qualche prestigio – inviato speciale in economia al Giornale di Montanelli – come un «potere», bensì come una «funzione», un servizio; e specificamente, non come un potere di cui potessi disporre a mio arbitrio, come appartenente a me solo; era del giornale il potere, e la mia lealtà mi legava a dire la verità ai miei lettori, al mio direttore.

Questa è la sola virtù lombarda che mi riconosco. Non credo affatto che i lombardi siano nel complesso migliori e superiori; apprezzo però il contesto, l’ambiente, e desidero che non venga ulteriormente infettato da mafiosità. Non voglio che un contesto di diritti diventi un contesto di «privilegi» e «favori», e i doveri si tramutino in «obblighi» e «contraccambi». Sono pronto a denunciare i difetti dei settentrionali: anche loro non sono capaci di autogoverno, e sono stati per secoli – dopo gli Sforza – sotto dominio straniero, prima spagnolo, e poi austriaco. Sono dunque imbelli. La loro virtù è la loro laboriosità e docilità, che sta nel contesto, ed è fragile.

Una lettrice crede di sfidarmi:

«Lei sa quanti milioni di meridionali, di stirpe e di spirito, vivono e lavorano oggi al Nord e contribuiscono alla sua ricchezza?».

Eccome lo so. Ho lavorato 40 anni a Milano, spesso a fianco di immigrati: perfettamente integrati, ossia inseriti volontariamente nel contesto, quel contesto dove i «diritti» non sono «privilegi e favori», e i doveri non sono «obblighi» del genere siciliano. È la prova che il meridionale non ha alcuna inferiorità razziale; che ha tutte le qualità personali, anzi alcune di più, che bastano ad inserirsi in un contesto più civile. Il che è peggio, se vogliamo. Significa che la malattia del Sud non è genetica; che ha i pidocchi, e dai pidocchi ci si può liberare con apposite lozioni. Ma se volete tenervi i pidocchi, se li difendete, se amate tanto i pidocchi mafiosi come interni alla vostra natura, allora non c’è che da separarsi. Il Nord non è esente per natura dai pidocchi. Ciò che ha di buono non sono le qualità personali di questo e di quello, ma solo «l’ambiente»... E l’ambiente – siamo italiani, ossia imbelli – è fragile, aggredibile.

Come? Dite che voi i vostri pidocchi, ossia i mafiosi e i camorristi, non li amate? Protestate che vorreste liberarvene, solo che quelli sparano? Mah. Vi riporto questo intervento da un altro sito:

«Ho passato un soggiorno di 2-3 giorni ospite a Napoli da un’amica... dopo averle fatto notare che c’erano parcheggiatori abusivi che ti chiedevano soldi anche per parcheggiare in aree pubbliche (se non vuoi avere poi la macchina rigata), automobilisti che oltre a passare col rosso, una volta che si scontravano non si fermavano nemmeno a fare la constatazione, immondizia da Terzo Mondo entrando in città, etc.. etc. ... insomma le stavo per dire, la tua città è una m..., lei mi risponde stizzita “ma se tutto funzionasse non sarebbe Napoli...” ».

Ecco com’è. La bava alla bocca. Gli ululati di rabbia. La voglia di esprimere odio per i concittadini più a Nord, perché? Domandatevelo, amici.



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