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I bei gesti
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Il consiglio di sicurezza ONU ha votato - all’unanimità - la fatwa che dichiara lo stupro delle donne dei vinti un crimine di guerra. Sul Foglio, Adriano Sofri esalta questa decisione come conquista di civiltà. Si attende che il prossimo consiglio di sicurezza voti il divieto ai soldati di fumare in zona d’operazione, per non inquinare i civili su cui si spara uranio impoverito. Sofri è il «politically correct» incarnato, sempre con le opinioni giuste al momento giusto: quando era «giusto»  l’assassinio politico, lo esaltava come igiene del mondo. Ma persino lui dovrebbe intuire l’ipocrisia nullista della faccenda.

Le convenzioni di Ginevra vengono violate sanguinosamente ogni giorno da USA e Israele - e sono convenzioni «minime», il meno possibile per mantenere una parvenza di civiltà occidentale. Hanno valore solo se Stati responsabili le sottoscrivono. Il divieto dell’uso di bombe a frammentazione (che USA e Israele non hanno firmato) potrà almeno essere contestato ad autorità sovrane che lo infrangano. Ma lo stupro di massa nelle zone invase avviene in obbedienza ad ordini superiori? Se ne può dubitare. Lo strumento usato per questo crimine di guerra è, per eccellenza, un’arma individuale. Castriamo i combattenti? Influirebbe negativamente sul morale. Dunque, si stuprerà in guerra come s’è sempre fatto. Come fecero i sovietici con le donne tedesche, come fanno i soldati USA persino con le loro commilitone.

Ma è un bel gesto, quello dell’ONU. I bei gesti sono forse tutto ciò che la politica può fare, quando è impotente. O peggio: l’Occidente moltiplica i bei gesti mentre, com’è logico nella sua fase terminale, compie azioni orribili in Iraq, a Guantanamo e a Gaza.

Bel gesto anche quello di Berlusconi. Si è messo di nuovo in rotta di collisione con la magistratura «sovversiva», che «lancia accuse inconsistenti miranti a sovvertire il verdetto popolare». Contro una simile magistratura, potrebbe e dovrebbe fare una cosa: legiferare la divisione delle carriere, e magari la nomina per elezione popolare dei procuratori d’accusa. I numeri li ha.

Ma ha preferito il «bel gesto»: ben cosciente che deve la sua sopravvivenza all’anti-berlusconismo, ed è dunque l’antiberlusconismo che deve accendere, contro il morbido abbraccio di Veltroni. Non ha bisogno di larghe intese, ha una schiacciante maggioranza. Se non riuscirà a fare nulla come governante, potrà sempre dire che gli hanno messo i bastoni tra le ruote poteri non eletti. I giornali di «sinistra», con riflesso condizionato, cascano nel tranello: «E’ tornato il Caimano», il Salame «pericolo per la democrazia», eccetera. Anni di lavoro assicurato per Travaglio, Sartori e simili.

Ma le teste, diciamo così pensanti, della «sinistra», sono terrorizzate. Sanno che la deriva girotondina-giustizialista è perdente. Il perchè è ovvio: hanno tenuto su Prodi con la scusa che sennò tornava Berlusconi, ma il vero scopo era quello di difendere e ingrassare la Casta; il blocco sociale solido della sinistra è infatti il parassitismo che sfonda la spesa pubblica.

Quella in corso è una lotta di «gesti», in perfetta malafede: Berlusconi salva se stesso, certo, ma anche la sinistra ha la coda di paglia. Gli elettori, pur rozzi, lo hanno capito: quando si abbandonano gli operai e la «lotta» passa alle nozze gay, al no alle discariche e sì alla ipertassazione per stipendiare milioni di fancazzisti e delegati sindacali in permesso pagato, non c’è più sinistra alcuna.

Infatti, come ha notato un intelligente ascoltatore nella rassegna stampa di RAI3, non è che ha vinto Berlusconi; hanno vinto le «destre», quelle dei minimi termini s’intende, del teppismo calcistico, della xenofobia occasionale. Il popolo italiano è massicciamente di «destra» in questo senso (specie nei tornei di calcio), e lo resterà per  i secoli avvenire. Difatti, il solo partito che sta crescendo a «sinistra» è quello di Di Pietro: ossia una destra, ma  antiberlusconiana. Per i secoli a venire, potremo scegliere fra destra-Salame e destra anti-Salame.

Bel gesto anche la retata di arresti dell’FBI contro i manipolatori di titoli subprime. «In America in banchiere ladro va in carcere», esulta Giannino su Libero. D’accordo - da noi i banchieri di Parmalat girano a piede libero e sono anzi intervistati in ginocchio dai giornalisti economici (nel senso che costa poco comprarli). Ma la retata dell’FBI arriva un pochino in ritardo, ci pare.

Da anni i «banchieri americani» davano mutui al 100% a gente che non li poteva pagare, al solo scopo di confezionarli a pezzi in obbligazioni fruttifere da rifilare ad  ignari o complici. Anzi, davano mutui al 110% sul valore dell’immobile: chi accendeva un mutuo entrava in una casa, e aveva anche un bel pacchetto di dollari liquidi da spendere. Era chiaro che questo sistema serviva ad attrarre persone che i mutui non li avrebbero mai pagati, non i solvibili. Lo stesso hanno fatto le case automobilistiche: compri a rate oggi l’auto nuova, e ti diamo pure un anticipo liquido.

Almeno questo comportamento doveva essere represso tre o quattro anni fa. Ma il governo USA non lo ha fatto. L’espansione mostruosa del credito faceva comodo, era indicato come segno del «benessere crescente», e «stimolava l’economia». Bastava non inceppare il mercato imponendogli regole di Stato; secondo il dogma liberista totalitario vigente, il mercato «si regola da sè».

Infatti si è autoregolato. Le grandi banche speculative hanno creato le agenzie di rating, Standard & Poors, Fitch, eccetera, e le hanno incaricate - a pagamento - valutare i loro «proddotti strutturati» e «derivati». Le agenzie di rating li hanno valutati al massimo, perchè le banche emettitrici  li pagavano per farlo.    Era un delitto, da reprimere subito.

Lo si reprime oggi. Oggi, in USA, le pompe della rincaratissima benzina ti fanno uno sconto di 6 cents a gallone, se paghi in contanti; così i gestori delle pompe cercano di salvarsi dalle esose commissioni che esigono le carte di credito. Ciò avviene nell’impero delle credit cards  e del «benessere»  a vendita rateale. Almeno, i benzinai  americani  fanno partecipare i clienti al beneficio, retrocedono a loro una parte della mancata perdita che andava a beneficio di American Express. E’ il solo mercato che si auto-regola: quello dove si vendono e comprano merci e beni necessari. Il vero mercato è quello rionale.

Non in Italia, s’intende. Al mercato rionale i prezzi non ribassano nonostante la stretta dei consumi, perchè bisogna pagare infiniti parassitismi e rendite. E il governo non ci fa nulla; il grossista è di «destra», tifa Milan, vota Salame. Del resto, non ci ha fatto nulla nemmeno la «sinistra».

Il ministro all’Agricoltura, il leghista Luca Zaia, ha abolito le livree per gli uscieri e i commessi del  suo ministero. «Cancellato un simbolo della Casta», applaude Libero (non più tanto libero oggi che la sua «destra» è al potere). La riforma concreta sarebbe stato vedere quanto guadagnano quei commessi ministeriali - 7 mila euro di stipendio iniziale - e tagliare lì. Ma è il bel gesto quello che conta. Forse la sola politica possibile, è quella dei bei gesti.

Michela Vittoria Brambilla - la coscialunga della repubblica - vuol fare qualcosa di concreto per il turismo. I dati che snocciola sono interessanti: in Spagna il turismo apporta al PIL nazionale il 18%, mentre da noi l’11%, ed è in calo drammatico. Eppure l’Italia attira ancora, tanto che, come prima scelta, il 90% della clientela internazionale si rivolge ai tour operator esteri per venire in Italia; ma poi solo il 36% decide di venire qui davvero. Non è impossibile, dice la Brambilla a ragione, aumentare la quota del turismo sul PIL al 14%: sarebbe la salvezza dei conti pubblici e privati, il ritorno del benessere, forse il boom.

E cosa ha deciso la Brambilla? La riforma dell’ENIT (l’inutile ente per il turismo), e la revisione del sistema delle stelle sugli alberghi. D’accordo, bastava mettersi nei panni del turista. Che sale su treni sporchi e mai puliti, frequentati da figuri che rapinano col metodo del sonnifero. Che arriva a Roma e vede le antiche mura bruttate da graffiti e subito capisce di essere nel Bronx, abitato dalla feccia cafona. Che paga gli alberghi più cari del mondo, eccetto Dubai. Che in Sicilia non riesce ad andare sulla spiaggia, per la fila ininterrotta di casette abusive che orla l’intero litorale come il nero di un’unghia sporca. E che ogni giorno di vacanza ha a che fare con gente maleducata, rozza e ignorante, che non parla alcuna lingua ma ti spilla il quattrino, e con rumori impossibili di giovinastri a motore acceso, con bottiglie di birra spaccate in piazza Navona. Che a Pompei non trova un cesso decentemente tenuto, o anche solo sufficiente, ma trova cammorristi minacciosi che si fingono guide autorizzate con tanto di badge, a 120 euro, prendere o lasciare.

Bisognerebbe cambiare la «cultura» del popolo, quella formatasi sugli spalti degli stadi e nei concorsi per veline e Grande Fratello; insegnare da capo la buona educazione, la gentilezza contro la volgarità. Ma anche  la revisione delle stelle alle pensioni Mariuccia va bene, per cominciare. E’ un bel gesto.


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