Quando impareremo a riconoscere la propaganda?
Maurizio Blondet
02 Ottobre 2009
Scrive un lettore:
«Signor direttore,
ho ricevuto in posta, da un amico, alcune fotografie (che allego) riguardanti una manifestazione islamica svoltasi a Londra recentemente: non posso credere a quello che vedo!!! Come possiamo, noi occidentali, essere così indifferenti a questo pericolo ormai imminente??? Aspetto un cortese commento.
Giancarlo»
Il caro lettore è fortemente impressionato: se vuole, possiamo preparargli in cinque minuti un book fotografico come quello che ci ha mandato: foto, diciamo, di manifestanti tedeschi neonazisti coi crani pelati, il braccio alzato, le svastiche e i ritratti di Hitler. Il tutto col titolo: «Il nazismo torna in Germania! Prendiamone atto! Vegliamo contro il ritorno di Hitler!». Poi, magari, i tedeschi vanno alle elezioni (come le ultime) e si scopre che il terribile neonazismo prende lo zero virgola qualcosa.
Con un po’ più di tempo e un po’ più di denaro, possiamo organizzare al lettore una manifestazione reale per impaurirlo: nazisti, comunisti, musulmani, c’è l’imbarazzo della scelta. E con i cartelli giusti per allarmarlo.
Nelle foto inviateci, i giovani musulmani arrabbiati hanno cartelli che paiono scritti da Rita Katz, per farci paura. Ma quanti sono? Che percentuale rappresentano della comunità islamica? Qual è la loro vera capacità di nuocere?
Non è difficile organizzare simili manifestazioni. I servizi segreti, e nel caso la Digos, sanno come fare (la Digos lo fece coi giovani «fascisti» negli anni della strategia della tensione). Nel caso in esame, gli agenti vanno in strada o in moschea e cercano giovani musulmani arrabbiati per qualcosa, magari perchè disoccupati e trattati da sporchi immigrati; se occorre, ci sono programmi per renderli arrabbiati se già non lo sono. Poi, dato loro il «giusto» stato emozionale, un agente si presenta a questi giovani come un angelo salvatore, dà loro i mezzi per quel che si ritiene utile: in questo caso, cartelli esplosivi da far fotografare, in altri, delle bombe da piazzare. «Terrorismo islamico! Ci mette tutti in pericolo!».
So di non aver convinto il lettore spaventato: perchè può darsi gli piaccia odiare, e trovare una scusa nel suo spavento. Ma parlo per antica esperienza: ho visto una mezza generazione di 16-18 enni «neri» in Italia cadere in queste provocazioni, essere forniti di esplosivi e bombe a mano, e poi traditi perchè dovevano solo far apparire reale il «pericolo fascista», e poi sparire in galera.
Ma provi il lettore almeno a chiedersi: quanti italiani sono stati uccisi dai «terroristi islamici» in Italia? Cerchi nelle statistiche: zero. E quanti, poniamo, sono uccisi ogni anno dalla ndrangheta e dalla camorra? Qualche centinaio. Ma nessuno allarma sul terrorismo camorrista, nessuno incita ad aver paura della ndrangheta.
La realtà non è che i musulmani ci invadono. La realtà è che due Paesi musulmani sono invasi da otto anni, e un terzo viene minacciato giornalmente di bombardamento, mentre un milione e mezzo di abitanti di Gaza vengono di continuo massacrati e affamati. Ma il lettore non vede questa realtà, vede l’altra, quella creata apposta per lui.
E’ guerra psicologica, è la giustificazione per queste e future aggressioni.
Esse devono essere preparate per farlo sentire dalla parte del giusto: e ciò si ottiene satanizzando l’avversario, disumanizzandolo. Così è facile ammazzare e angariare un sub-umano, è persino moralmente giustificato.
E’ già avvenuto nella storia, e ci si casca sempre: c’è ancora chi crede che i tedeschi, nella prima guerra mondiale, tagliavano le mani ai bambini belgi, o che le truppe di Saddam gettavano i neonati fuori dalle incubatrici in Kuweit, o che a fare l’11 settembre è stato bin Laden e non Rudy Giuliani, Bush e il Mossad...
Quando si imparererà a riconoscere la propaganda di guerra?
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