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Sionista ruba un miliardo alla Moldavia
Maurizio Blondet
19 Maggio 2015
La Moldavia è il Paese più povero d’Europa, il più sfortunato e il più isolato. Adesso la sua banca centrale ha scoperto l’ammanco di un miliardo di dollari da tre banche; il furto o la truffa sarebbe stato compiuto attraverso oscuri movimenti di crediti a destinatari che restano sconosciuti. Un miliardo di dollari (972 milioni di euro), per il misero Paese, equivale al 12,55 % del suo prodotto interno lordo. Sarebbe come se, in Italia, qualcuno facesse sparire, intascandoseli, 300 miliardi di euro. Oltre 10 mila manifestanti, i rovinati dalla truffa, si sono radunati il 3 aprile scorso nelle piazze della capitale, Chisinau, per esigere le dimissioni del Governo corrotto e anche del procuratore generale e dei giudici della Corte suprema, che hanno coperto lo scandalo. Non trattandosi di una «rivoluzione colorata» antirussa, i media occidentali non se ne sono occupati. Sicché è difficilissimo capire che cosa è successo. Lo stesso corrotto Governo si è rivolto all’agenzia americana di audit Kroll per districare il groviglio. I beni di vari individui sono stati messi sotto sequestro; due persone sono in stato di carcerazione provvisoria: le loro identità sono mantenute segrete. Quando dei criminali si tacciono rispettosamente i nomi, potete subito immaginare il motivo. Infatti bisogna cercare nella stampa americana per far saltare fuori un nome. Il nome del cervello della gigantesca ruberia al popolo più misero d’Europa – secondo il rapporto riservato della Kroll – risponde al nome di Ilan Shor, 28 anni, israeliano abitante in Moldavia, proprietario di una squadra di calcio, di TV, di una flotta di auto di lusso tra Ferrari e Rolls, nonché di Jasmine, una moglie che è una pop-star di origine russa e non manca mai di fare notizia nelle riviste di moda e gossip mondano internazionale.
Insomma un oligarca. Figlio di un oligarca ancor più mostruoso, Miron Shor (defunto nel 2005), un «uomo d’affari» israeliano che oltre due decenni orsono fiutò che per il suo genere di affari il posto giusto era Moldavia, dove ha trasferito sé, la famiglia, e il figlioletto Ilan: al quale, come ha vantato lo stesso giovine, «ha insegnato tutto». Papà Miron, diventato ricchissimo succhiando dai moldavi, non ha cessato di assistere la sua vera patria: era noto come «uno dei maggiori benefattori dell’ebraismo»; in Moldavia, nel 2002, ha fondato lo ORT, la centrale della beneficenza per soli ebrei, di cui oggi è presidente suo figlio.
Come si diventi miliardari in un Paese così miserabile – e come gli oligarchi ebraici diventino ricchissimi in Paesi dell’Est come l’Ucraina, la Romania o la Russia – è uno dei felici enigmi su cui solo i più malvagi antisemiti hanno voglia di indagare — e non ci riescono. Nel caso del delinquente ventottenne, Ilan Shor, bisogna accontentarsi di quel che detto lui in una delle sue scarne dichiarazioni: ha fatto fortuna vendendo sigarette e profumi duty-free all’aeroporto internazionale di Chisinau, che potete immaginare frequentatissimo da centinaia di milioni di passeggeri. L’altra versione, è che si tratti di copertura di attività di contrabbando e borsa nera o ancora più lerce; ma è qualcosa che lasciamo agli antisemiti. Del resto, persino la BBC anni fa spiegò che la Moldavia era il vigneto più fertile dove organizzazioni sioniste praticavano la loro speciale vendemmia: la raccolta di organi da trapiantare in ricchi ebrei del popolo eletto. O nemmeno tanto ricchi: in un Paese dove l’80% vive sotto il livello di povertà, con meno di 2 dollari al giorno, giovani sani e disperati si vendono il rene per 3 mila dollari o meno. In un solo villaggio rurale di 7 mila abitanti, Mingir, la BBC scoprì che 36 contadini avevano subito l’espianto. Lo Stato ebraico favorisce la pratica: anni orsono si è saputo che i cittadini israeliani che partono all’estero in «vacanza-trapianto» sono rimborsati dal sistema sanitario israeliano con 80 mila dollari per l’operazione all’estero. Si aggiungano le coperture delle assicurazioni private sioniste per le altre possibili spese; i costi degli interventi chirurgici che sono bassi perché avvengono in Moldavia, Romania o Bangladesh, e si capisce che è grasso che cola: 3 mila dollari al moldavo o romeno donatore di rene, 80-100 mila dollari agli altri «operatori» del business. E se sei un giudeo, ti chiamano pure «benefattore» di Sion.
Come il giovin figlio di tanto padre ha rubato il miliardo ai moldavi? Ditte della famiglia Shor hanno gradualmente preso il controllo delle banche coi soldi, e hanno emesso grossi prestiti ad altre ditte possedute o controllate dagli Shor. Sono tante. Oltre ad essere presidente della Banca de Economi (una delle tre coinvolte nello scandalo), lo Shor junior è il capo delle Dufremol, la compagnia che ha l’esclusiva per il duty free all’aeroporto, Avia-Invest (la ditta che gestisce il medesimo aeroporto), due TV, EuroTV and AltTV, la compagnia assicurativa Klassica, la squadra di calcio Milsami Orhei, altre aziende non meglio identificate che si chiamano Danmira, Davema, Caritas Group, Contrade, and Voximar. Il miliardo dirottato a queste ditte sotto forma di «prestiti» pare sia finito in quattro banche russe: e la Moldavia non ha buoni rapporti con la Russia, dato che tiene ferme le sue pretese sulla Transnistria, la provincia russofona che la Moldavia, che era parte della Romania fino alla seconda guerra mondiale, non ebbe mai fino ai tempi in cui il regime sovietico gliela annetté (come la Crimea che Kruscev ha regalato all’Ucraina negli anni ’50), e che s’è dichiarata indipendente, ed è protetta da Mosca. L’elenco delle aziende degli Shor basta a far capire che hanno già risucchiato tutto il divorabile in questo sfortunato paesello di 3,5 milioni di abitanti di lingua romena, privo di attività economiche vere e proprie, parte dell’URSS fino a vent’anni fa, oggi chiuso fra la Transnistria ribelle e la lunga frontiera con l’Ucraina — un vicino che nessuno vorrebbe avere. E giusto per sottolineare la realtà, nel 2011 il giovine Shor, quando si è sposato con la sua Jasmine, ha voluto tenere il ricevimento di nozze (fastoso e pacchiano, come potete indovinare) nel palazzo dell’ex parlamento moldavo: un colpo di chutzpah nel più puro umorismo ebraico. Così i moldavi hanno potuto aver chiaro che il loro Governo, il giovane Shor se l’era comprato, e se voleva, poteva fare ricevimenti anche nel palazzo presidenziale. Cosa restava da prendere ancora? I quattrini dei depositi e dei risparmiatori. Detto fatto: Chutzpah. Ilan Shor con la sua Jasmine al ricevimento di nozze nell’ex parlamento moldavo, 2011 Avvenne in Bielorussia Nel 1797 e ’98, sotto il regno dello Zar Paolo I, la Bielorussia fu colpita da gravissime carestie: i contadini «si nutrivano di erbe cotte con crusca di farina» , erano «pallidi ed esangui come cadaveri». Era una sciagura misteriosa, sulla terra più fertile del mondo che mai aveva conosciuto la fame. Il Governo mandò a porre rimedio alla misteriosa piaga il senatore Gavril Romanovic Derzavin (1743-1816), che era anche il miglior poeta della Russia prima che la sua fama venisse eclissata da Puskin, e che sarebbe poi diventato governatore di Tambov, e Ministro della Giustizia sotto Alessandro I. Questo fine intellettuale ed uomo di Stato sperimentato e di grande visione scoprì che nei villaggi, gli ebrei (la Russia ne aveva ereditato un milione dalla spartizione della Polonia) s’erano dati alla distillazione: vendevano la vodka ai mugiki, dapprima a caro prezzo e poi a credito; li indebitavano fino a sequestrargli tutti i miseri beni nelle loro isbe, il poco bestiame, e financo gli attrezzi agricoli. Ciò, scoprì Derzavin, in accordo coi proprietari terrieri polacchi: «che appaltano agli ebrei nei loro villaggi il commercio dell’acquavite, contraggano prestiti solo presso questi appaltatori (tre volte più cari) e non vendano i loro prodotti a questi appaltatori ebrei... essi riducono così i campagnoli alla miseria, specie quando questi devono restituir loro il grano preso in prestito (...) e restituirne, beninteso, il doppio... Li spogliano dalla testa ai piedi, e li gettano in una completa indigenza». Derzavin prese i provvedimenti necessari, comprò grano nelle provincie vicine per sfamare i mugik fino al prossimo raccolto, fece chiudere le distillerie e le bettole sorte come funghi, diede un’energica sveglia ai latifondisti (che inviarono alla Corte rapporti calunniosi contro di lui). Nella sua Memoria, mostra una generosa compassione anche per gli ebrei: «nella grandissima maggioranza si trovano in stato di estrema indigenza», sfruttati «dai membri dei kehalim che al contrario sono ricchi e vivono nell’abbondanza», taglieggiano e tengono in soggezione i meno fortunati del loro popolo. Il senatore identifica nella «educazione» che ricevono i giudei attraverso il Talmud la radice del loro spietato parassitismo: «...per tutti gli altri che non condividono la loro fede non hanno che disprezzo. (I capi) inculcano nel popolo la continua attesa del Messia (e) l’idea che il Messia, dopo aver sottomesso gli uomini alla sua autorità materiale, sarà il padrone secondo la carne e restituirà loro l’antica monarchia, gloria e magnificenza». Propose di mandarli a scuole civili e obbligatorie per farne «dei cittadini utili»: per questo il senatore-poeta è stato seppellito sotto la bolla di antisemita, come tutto il regime zarista della Santa Russia (1).
…E ora in Ucraina I Ministri americano-ucraini inseriti nel Governo di Kiev hanno lanciato un piano radicale di privatizzazioni per «risanare le finanze», ossia pagare i debiti del Paese: oltre 300 aziende pubbliche, fra cui una trentina di miniere, aziende del gas e del petrolio, elettriche, industrie siderurgiche, la gigantesca OPZ (Officina Portuale di Odessa). Ora, «la maggior parte del debito del Paese è stata riacquistata dal fondo d’investimento USA Franklin Templeton per la famiglia Rotschild». I Rotschild «controllano i titoli di valore di numerosi clienti, fra l’altro preparano la vendita della ditta Roshen, di Piotr Poroshenko. Dietro l’insieme del processo di raccatto dei debiti ucraini possono esserci gli USA: per impedire a Putin di ottenere voce in capitolo nel consiglio dei creditori, e rendere l’Ucraina completamente dipendente economicamente». Monsanto vuol comprare le rinomate terre agricole, Soros «investirà» un miliardo di dollari su Kiev; anche Hollande e imprenditori francesi si sono buttati sul business, che evidentemente giudicano grasso, nonostante molte di queste imprese siano ritenute catorci. Ma «ci sono dichiarazioni indignate secondo cui il Governo di Kiev conta di ricavare meno di un miliardo di dollari dalle vendite previste nel 2015 — ossia la somma che gli investitori erano pronti a pagare cinque anni fa per la sola OPZ». Ecco come. Il cosiddetto Occidente ha cominciato il saccheggio dell’Ucraina. I suoi abitanti hanno diritto a provare le gioie del mercato libero globale. E infine, Macedonia: quattro americani fra i ribelli albanesi... Come sapete, il 9 maggio c’è stata una vera e propria guerra in Kumanovo, cittadina della Macedonia: ribelli della minoranza albanese (ci hanno detto), che gemono sotto il tallone del corrotto Governo un po’ filorusso (ha accettato il passaggio del Turkstream), ha cominciato la sua propria liberazione. Nella capitale macedone, Skopje, è già pronta la «società civile indignata» a fare la Maidan locale, una rivoluzione colorata invocando libertà, trasparenza e Occidente.
Vi hanno detto molto meno che i ribelli albanesi venivano tutti da fuori: elementi dell’UCK, il gruppo criminale del Kossovo armato a suo tempo dagli americani contro la Serbia, che in proprio si dedica ad affari come il traffico d’organi e lo spaccio. Alcuni nomi tra il gruppo che ha ingaggiato una vera e propria guerra, riportato da Meyssan: Sami Ukshini detto “Comandante Sokoli”, la cui famiglia ha svolto un ruolo storico in seno all’UÇK. Rijai Bey, ex guardia del corpo di Ramush Haradinaj (lui stesso trafficante di droga, capo militare del dell’UÇK e poi Primo Ministro del Kosovo. Fu processato due volte dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia per crimini di guerra, ma assolto perché 9 testimoni cruciali furono uccisi durante il suo processo). Dem Shehu, attuale guardia del corpo del leader e fondatore del partito BDI albanese, Ali Ahmeti. Mirsad Ndrecaj detto il “Comandante della NATO” (sic), nipote di Malic Ndrecaj comandante della 132ma Brigata dell’UÇK. I principali responsabili di questa operazione, tra cui Fadil Fejzullahu (morto durante l'assalto) sono vicini all’ambasciatore degli Stati Uniti a Skopje, Paul Wohlers. Ma c’è di più: «Ci sono quattro americani tra i 14 guerriglieri ‘albanesi’ uccisi durante lo scontro di Kumanovo»: lo ha affermato Milenko Nedelkovski, che è il più famoso giornalista della Macedonia. Che aggiunge un particolare: i sei ambasciatori del cosiddetto Occidente si sono precipitati dal presidente Ivanon e dal capo del Governo Gruevski con richieste ultimative, come se il Governo macedone fosse il colpevole di quel che era successo. Hanno chiesto «riforme giudiziarie, dialogo con l’opposizione, garanzie per quelli che soffiano informazioni sulla corruzione governativa («dev’essere la stessa garanzia che gli Usa Hanno adottato per Snowden, vero?» domanda Nedelkovski), tutto il bla bla della società libera... Ma la vera intimazione è stata un’altra: che i tribunali non dicano «i nomi dei quattro terroristi americani e britannici uccisi a Kumanovo». Effettivamente, il Governo ha ceduto: ha emanato i nomi di solo 10 degli uccisi. Il giornale Dnevnik di Skopjie ha di fatto confermato: un suo editoriale dice che quattro degli uccisi non venivano né dal Kossovo, né dalla Macedonia né tantomeno dall’Albania, ma da «un’altra nazione».
Jess Bailey
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Nedelkovski accusa direttamente l’ambasciatore britannico come il mandante del golpe fallito. Ma anche l’ambasciatore USA, Jess Bailey detto ‘Himmler’, è un esperto di primavere: «È stato attivo come strumento del tentato colpo in Turchia, dove alcuni civili sono morti nel corso di proteste durate mesi»; quelle per il ponte che avrebbe distrutto un parco di Istanbul. Anche qui il golpe è cominciato con uno scandalo di intercettazioni telefoniche, come quello che ha indignato la «società civile» in Macedonia (2).
La transparency prima di tutto. Poi il caos, e il saccheggio «occidentale».
1) La vicenda è stata raccontata da Aleksandr Solgenitsin, «Due secoli insieme – Ebrei e Russi prima della Rivoluzione» (vol.1), Controcorrente 2007, pagine 54 e seguenti. 2) Secondo la giornalista Danica Radisc, «alcune registrazioni rivelate dall’opposizione macedone sembrano suggerire che il controspionaggio di Skopje ha intercettato illegalmente più di 20mila cittadini su ordine del primo ministro Nikola Gruevski e di alcuni membri della sua famiglia. Tra le persone intercettate nel corso di almeno quattro anni, fa notare la giornalista, ci sono «funzionari del Governo, membri dell’opposizione, dei giornalisti, dei direttori editoriali e gli ambasciatori […] dei sei Paesi più influenti in Macedonia». Sembra l’Italia. La differenza tutta nostro favore è che da noi le intercettazioni contro gli avversari politici le fanno i magistrati che poi passano le più succose al Fatto Quotidiano: quindi è tutto legale. Sono atti dovuti.
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