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Rai3 ha spiegato come soffrono i russi sotto Putin: sono finite le Audi
29 Dicembre 2014
Agli ultimi dell’anno volevo parlare d’altro, ma sono ancor troppo basito di quel che ho sentito su Rai3. Domenica mattina mi sono svegliato presto e quindi ho ascoltato la rubrica «Radio 3 Mondo», ossia la rassegna della stampa estera. Una rassegna stampa per il solito mediocrissima, fatta non da giornalisti ma da funzionari statali intrisi di progressismo politicamente corretto ultraconformista, da ottusi agit-prop del vecchio PCI, come sono infatti gli occupanti di questa rete «culturale» che ne hanno fatto il loro possesso e il loro fortino. Tutti con accento romanesco (d’ordinanza per tali quadri ben accomodati come topi nel formaggio), e tutti – insisto – ostentatamente, altezzosamente «de’ sinistra». Ora, la voce mattutina di Rai3 Mondo, domenica, ha dedicato l’intera trasmissione a descrivere i patimenti dei poveri russi languenti sotto il tallone di Putin, lo spietato dittatore che li ha portati – colpa sua s’intende – alla corrente crisi economica con relativo crollo del rublo. Tutte notizie esclusivamente prese da fonti americane e britanniche, Economist, New York Times, Wall Street Journal, come è normale per gente «de sinistra». La voce ha descritto, con grande partecipazione e commozione, le miserie della classe media russa riportate da un articolo del New Yorker – rivista molto chic, fashion and style… insomma capite il genere – firmato Masha Gessen (una russa J). Pensate, ha scritto la J: un russo mio amico è entrato da un concessionario Audi a Mosca, ed ha scoperto che restava una sola auto in vendita. E non basta: mentre la provava prima di acquistarla, «qualcun altro l’ha comprata pagandola in contanti» soffiandola sotto il naso all’indeciso, sicché lo sventurato che la stava guidando ha dovuto scendere e rinunciare. Non credevo alle mie orecchie.
Masha Gessen
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La voce della funzionaria s’incrinava, al pensare a quel povero russo rimasto senza Audi. E non basta: «Tutti i moscoviti hanno adesso grandi tv ultimo modello», diceva la funzionaria quasi piangendo, perché si sono buttati a comprarle con la valuta in collasso, insieme a tutti i gadget elettronici più di moda; ma moltissimi devono rinunciare alla vacanza all’estero, perché magari hanno comprato il biglietto aereo, «ma si sono fatti i conti in tasca ed hanno visto che non riescono, a pagarsi l’albergo» data la svalutazione del rublo. La voce c’invitava a partecipare ai dolori di queste masse rese indigenti, e private del sole delle Maldive dalla spietata ostinazione di Putin, costrette a farsi rimborsare i ticket Aeroflot. Per meglio sottolineare la ferocia dell’autocrate, la signora di Rai3 Mondo non ha mancato di dare anche questa tremenda notizia: Vladimir Putin ha costretto tutti gli statali dei Ministeri a lavorare anche durante le vacanze di Natale. Ciò, con la scusa che la crisi c’è per tutti, anche per i pubblici dipendenti. Altro che torture della CIA! Queste sì che sono atrocità! I russi, spiegava la voce addolorata, sono abituati a fare vacanze di Natale lunghe, dal 23 dicembre al 12 gennaio, perché uniscono il Natale dell’Occidente (dello shopping) a quello ortodosso, che cade il 7gennaio. Si capiva che la nostra lettrice de’ sinistra si immedesimava nelle disgrazie dei colleghi statali russi; pensava tremando – se fosse capitato a lei, la ben stipendiata dal denaro pubblico e sotto protezione ferrea sindacale – di dover rinunciare alle vacanze di Natale! Al diritto acquisito alle ferie! Con la scusa che c’è la crisi e tutti dobbiamo essere sulla stessa barca! Stremata dalla pietà e dalla partecipazione per le disgrazie dei benestanti russi, la signora de’ sinistra s’è chiesta: come mai i russi si sono lasciati prendere di sorpresa dalla crisi? E ha dato la risposta, o meglio la risposta che ha trovato dai suddetti giornali USA pari pari: perché «sedati dai discorsi di Putin» – ha detto proprio così, «sedati» – che gli ripeteva, in tante conferenze stampa e in cui accoglie le domande del pubblico, che tutto andava bene. Evidentemente esaurita dalla necessità di fornire notizie sì dolorose, madame de’ sinistra non ha avuto il modo di dare le notizie vere. Una è che Putin, nell’ultima conferenza stampa in cui accetta tutte le domande scomode per ore (cosa che i nostri politici ‘democratici’ non fanno), lungi dal «sedare», ha avvisato i russi che i tempi difficili dureranno due anni, che questa è guerra contro la Russia, ed è meglio si preparino. La seconda, un tantino più importante in termini geopolitici — la signora funzionaria l’ha taciuta benché riportata dall’americanissima Bloomberg: l’attacco speculativo al rublo (sì, s’è trattato di attacco speculativo) è fallito. Almeno per il momento. Ed è fallito per un preciso motivo: perché qualcuno, nelle giornate attorno al 22 dicembre, ha operato «una contro-speculazione», ossia «una speculazione per il rublo e contro il dollaro USA», facendo anche molto male a certi speculatori occidentali, che ci hanno lasciato le penne. E di chi è la mano che ha svenduto dollari comprando rubli? Bloomberg risponde: «La Cina. La Cina sta subentrando al FMI come prestatore di ultima istanza per alcuni Stati finanziariamente in crisi . Le autorità cinesi hanno segnalato d’essere pronti a espandere un programma di swap da 24 miliardi per aiutare la Russia a alleviare la peggior crisi dai tempi del default del 1998». E mica solo la Russia: la Cina ha fornito 2,3 miliardi di fondi all’Argentina da ottobre, e a novembre ha prestato 4 miliardi al Venezuela. Ora, i nomi dei tre Stati bastano a far capire che la Cina non ha fatto un «investimento» speculativo secondo la logica di Goldman Sachs, per cavarne uno svelto profitto; ha fatto una scelta politica eloquente. Contrariamente ai funzionari di Rai 3, Bloomberg capisce il senso della notizia: «Il presidente cinese Xi Jinping, prestando a Stati tagliati fuori dai mercati di capitale, aumenta la sua influenza nell’economia globale e taglia la strada al Fondo Monetario Internazionale come finanziatore inaggirabile per i Paesi in difficoltà finanziaria. Mentre il FMI tende ad esigere riforme in cambio dei suoi prestiti, gli analisti ipotizzano che le condizioni poste dalla Cina siano più tese ad assicurare gli interessi cinesi in questi Paesi ricchi di risorse». «Al contrario dell’Ucraina, dove il Governo pro-occidentale ha ricevuto un salvataggio di 17 miliardi di dollari, Russia Argentina Venezuela sono spesso in urto con gli USA e i suoi alleati, ciò che li taglia fuori dal Fondo Monetario, ammette Bloomberg. La Cina, con le sue riserve valutarie più grandi del mondo, 3890 miliardi di dollari, è in grado di colmare il vuoto». Magari è una notizia più seria questa, rispetto al tentativo di impietosirci sulla sciagura di un russo rimasto senza Audi, o degli statali russi che devono lavorare a Natale? Che i funzionari statali occupanti la rete radio «culturale» italica non abbiano il senso della notizia (bisogna essere giornalisti), non è una novità assoluta. Anche la fede pronta cieca e assoluta ai media in ciò che scrivono i media americani ed anglosassoni è una cosa più volte constatata; gli ex comunisti italioti, persa la fede ideologica di prima, si sono messi al servizio obbedientissimo dei poteri forti globalisti, senza se e senza ma, con una subalternità culturale all’America che non conosce scostamenti. Quel che però fa vergognare per loro è che non solo adottino la demonizzazione di Putin dettata dall’Occidente, ma che – da gente de’ sinistra – non siano capaci di chinarsi, almeno, sulle difficoltà che a causa del rublo svalutato devono affrontare i milioni di russi che certamente non sono corsi a comprare l’ultimo Sony a 72 pollici, e che tirano la carretta guidando la vecchia Lada. Evidentemente, sentono come vicino il russo che s’è fatto soffiare l’ultima Audi da un altro russo che ha pagato sull’unghia. Domando: è solidarietà di classe? Il sospetto l’avevamo avuto da tempo. Dai giorni in cui la Rai3 e i suoi occupanti de’ sinistra si scappellavano davanti al Governo di Mario Monti, pieni di rispetto e di soggezione, insieme a tutta la sinistra PD ex PCI, non meno della CGIL, dispostissima a lasciargli fare la macelleria sociale che sappiamo. La stessa sinistra che oggi fa il diavolo a quattro per l’articolo 18, una norma che riguarda solo i già garantiti, ha lasciato gettare sul lastrico 400 mila pensionabili, esodati senza stipendio né pensione, senza sollevare la minima critica. Lo smantellamento dello Stato sociale come preteso dal Fondo Monetario e dalla UE, l’hanno lasciato fare senza una critica, non un’ora di sciopero, non una manifestazione. Scusate, ripeto la domanda: La vostra simpatia per i ricchi, banchieri, Mario Draghi, globalisti tagliagole, è forse solidarietà di classe? E adesso, cari stipendiati funzionari del partito, partecipate alla demonizzazione di Putin. Non avete dubbi: vi schierate contro la sua Russia per l’America. E so perché. Perché voi siete per i «diritti umani», i «diritti delle minoranze» con cui intendete la promozione dell’ideologia gay, i «diritti delle donne» e tutto il catechismo liberale-liberista – in ciò consiste ormai il vostro essere de’ sinistra – e vedete in Putin il difensore di altri diritti, che voi aborrite. Quando l’Occidente proclama i «diritti dell’uomo» in questo secolo di capitalismo terminale e totalitario, nega i «diritti collettivi». Quando difende «i diritti della Donna», ha di mira la dissoluzione della famiglia. I «diritti dei gay» sono l’arma con cui demolisce i diritti al pudore, al diritto naturale, al rispetto per il matrimonio e per la paternità. Per la «libertà religiosa», intende l’espulsione della fede cristiana dalla sfera pubblica. Quando proclama i diritti delle minoranze, nega i diritti della maggioranza. I diritti di una collettività, della difesa della sua identità storica, sono distrutti in nome dell’antirazzismo. Simone Weil, quando era ancora comunista e lo era davvero, scrisse un saggio famoso (L’Enracinement, in Italiano La Prima Radice) per difendere i diritti collettivi rispetto ai diritti individuali. Scrisse che i diritti erano «subordinati e relativi» ai doveri; che la nozione di «obbligo» prevale su quella di diritto, e che i diritti privati sono riconosciuti, solo in quanto corrispettivi di un obbligo verso la società. Simone Weil sapeva che i diritti privati devono essere controbilanciati dai diritti della società, non meno meritevoli di essere difesi. È invece il liberismo anglosassone a negare che la società possa avere dei diritti. La Thatcher sostenne addirittura che la società non esiste, è solo un flatus vocis, perché solo gli individui hanno reale esistenza. Ora questa è, radicalmente, l’ideologia totalitaria del liberismo capitalista. E tutta la sua «libertà» e il suo battere la grancassa sui «diritti» delle donne o dei gay, e «diritti umani» in genere, sbocca a questo: ai diritti di chi ha i soldi per comprarsi quel che vuole, senza limiti né obblighi verso la società, la sua storia e la sua dignità ed identità comune, senza obblighi verso i poveri e gli sfavoriti concittadini... Il tradimento degli intellettuali «de’ sinistra» è più fondamentale di quel che essi stessi credono. Radicalmente servi dei padroni. Ma la cosa non ci sorprenderà troppo. E siamo al terzo aereo malese caduto Come sa qualunque lettore di gialli, tre indizi cominciano a costituire una prova. Siamo al terzo aereo malaysiano scomparso: stavolta della compagnia Air Asia, un Airbus 300-200 con 162 persone a bordo disperso sul mare di Giava; può essere un incidente dovuto al maltempo che infuriava nella zona, o così ci diranno. Certo è che le due tragedie precedenti che hanno colpito l’aviazione malaysiana non sono affatto incidenti. Dieci mesi fa, il volo MH370, un Boeing 977, è svanito nel nulla mentre, con 239 passeggeri a bordo, volava da Kuala Lumpur a Pechino, apparentemente nell’area attorno a Diego Garcia, una grande base militare americana. La versione ufficiale dello Australian Transport Safety Bureau’s conclusion this week (l’aereo sarebbe stato sotto pilota automatico per cinque ore, fino a esaurire il carburante) è stata contestata non da complottisti, ma da persone competenti e con la testa sul collo. Sir Tim Clark è il presidente della compagnia Emirates. In luglio, in una intervista ad Aviation Week , ha dichiarato: «Io credo invece che il MH370 sia stato sotto controllo fino alla fine». Sotto controllo a distanza da parte di qualche potente intruso, in grado tecnicamente di farlo. «Continuerò a porre domande e rendermi importuno», ha detto sir Clark, «anche se altri vorrebbero seppellire la cosa». La Emirates dispone di 127 grandi aerei, e «io ho bisogno di sapere come non so chi può interdire i nostri sistemi» o interferire nei sistemi di guida, trasformando un aereo di linea, praticamente, in un drone. Adesso, a dicembre, l’ex presidente della Proteus Airlines, Marc Dugain, dichiara a Paris Match qualcosa di molto simile: adombra che l’aereo malaysiano sparito nel marzo 2014 sia stato preso sotto controllo remoto e fatto deviare dalla rotta fino a finire presso, o sopra, l’isola di Diego Garcia, gigantesca base americana in pieno oceano indiano. Ora, alla ricerca dell’aereo hanno partecipato numerosi Paesi: Australia, Francia, Tailandia, Giappone, Gran Bretagna con il satellite Immarsat; è singolare che gli Stati Uniti siano l’unico Paese che non ha partecipato alle ricerche né offerto alcuna intelligence satellitare. Eppure Diego Garcia , la sua base strategica da cui guida i bombardamenti in Afghanistan e Iraq, trabocca di sistemi di controllo e sorveglianza dei cieli. Gordon Duff, su Veterans Today (è un ex ufficiale dei Marines) ha saputo da colleghi dell’aviazione che ogni Boeing di questo modello con motori Rolls Royce: e quei motori vengono costantemente monitorati in tempo reale in Inghilterra dalla ditta costruttrice. Sono monitorati in automatico, senza che si possa spegnere il collegamento. Quindi la Rolls Royce sa tutto di quella rotta, e non dice niente. Un’altra fonte, Percy Alvarado Godoy, «giornalista» cresciuto a Cuba «esperto in guerre segrete e con agganci ai servizi dell’Est», più probabilmente lui stesso ex spia dei servizi Cubani, ha asserito che il GRU (intelligence militare russa) e FSB (ex KGB) «sapevano» che sul volo HM370 era stato caricato un carico altamente sospetto: forse materiale radioattivo, forse bomba biologica. Il carico era stato «osservato» dai servizi russi mentre veniva trasferito da qualche Paese UE alla Repubblica delle Seychelles, e da qui alla Malaysia. Ne hanno avvertito le autorità cinesi, che hanno cercato di far atterrare l’aereo anziché a Pechino all’isola di Haina, dove c’è un aeroporto internazionale; però a quel punto gli americani avrebbero preso possesso a distanza dell’aereo, facendolo deviare sulla loro base di Diego Garcia. Il volo della Malaysia MH17 che sorvolava l’Ucraina il 7 luglio 2014, con 283 passeggeri e 15 membri dell'equipaggio a bordo, è stato sicuramente abbattuto. Da chi, le autorità «scientifiche» internazionali non sono ancora riuscite a dirlo dopo quattro mesi. La commissione d’inchiesta è guidata dai Paesi Bassi, che hanno rifiutato di trasmettere i risultati dell’indagine all’ONU: perché? Quanto al regime di Kiev, ha fatto sparire i nastri registrati della torre di controllo di Kiev al momento della tragedia: perché? Un insieme di reticenze molto losche. Nel vuoto d’informazioni (molto strano, la Malaysia non è riuscita ad imporre la partecipazione di suoi tecnici all’indagine, né ad ascoltare le scatole nere per quattro mesi), gli USA hanno accusato i ribelli del Donbass di aver lanciato un missile; le foto dei resti mostrano però dei colpi di mitragliatrice o cannoncino sulla fusoliera, che confermerebbe l’abbattimento ad opera di un caccia ucraino, come risulta anche da precise testimonianze. Naturalmente, una «de’ sinistra» molto ben pagata per reggere le code dei padroni, Lucia Annunziata, non poteva mancare di fornire la seguente informazione: «Le sanzioni alla Russia sono giuste perché hanno abbattuto l’aereo malese». Si noti la meticolosa precisione di simile asserzione, e l’ampio corredo di prove ed indizi a sostegno della tesi. Questo sì che è vero giornalismo. Noi, modestissimamente, abbiamo un’altra domanda: Qualcuno ce l’ha con la Malaysia? E perché? Magari perché «si rende importuna» col far domande sgradite sul primo suo aereo caduto dalle parti di Diego Garcia? O col non voler accettare di tutto cuore la versione ufficiale sull’abbattimento del volo MH17 sul Donbass, come fa la Annunziata con tanta buona volontà? Non sappiamo. Solo un’ultima nota: poche ore prima che il terzo aereo malaisiano scomparisse, il Primo Ministro della Malaysia Najib Razzak era in visita al presidente americano Obama. Non sappiamo di cosa l’uno abbia voluto parlare all’altro. Sappiamo solo che Obama lo ha trascinato in una partita di golf – si sa, è la sua passione –, che ha messo il Primo Ministro malaysiano in difficoltà presso la propria opinione pubblica, perché mentre lui si divertiva, nel suo Paese un’enorme alluvione provocava rovine e 160 mila sfollati. Forse il premier dovrà dimettersi. Ma l’abbattimento del terzo aereo, sicuramente, è una coincidenza. Solo tre coincidenze fanno una prova, quattro no. La Malaysia, semplicemente, è molto sfortunata.
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