>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

Ucraini, a passi forzati verso la libertà. E le sue gioie
Stampa
  Text size
Già da febbraio, appena compiuto il putsch, il nuovo Governo di Kiev ha accelerato la preparazione alla transizione economica del Paese nel regno del mercato e del liberismo globale, ossia dell’Occidente. La ricetta, come al solito, consiste in iniziali misure di austerità. Sicché il Governo ha sùbito firmato con il Fondo Monetario un impegno a una serie di misure ben precise. Fra queste: bloccare i piccoli aumenti di pensione e il salario minimo (circa 45 centesimi di euro l’ora) che aveva deciso il precedente Governo. In marzo, il neo-governo ha accettato di ridurre la spesa pubblica, il bilancio dello Stato, del 17%. Ragion per cui, licenzierà 24 mila dipendenti pubblici, il 10% del totale. Il 22 aprile, in una «lettera d’intenti», Kiev ha promesso al FMI di aumentare prima dell’estate il prezzo del gas fornito alle famiglie: del +5%; nel 2015, di praticare un altro aumento del 40%, e nel 2016 e 2017, un ulteriore rincaro del 20% ogni anno.

Come sopravvivranno gli ucraini normali, la cui paga media (una volta esclusa dalle statistiche le ricchezze degli oligarchi) si aggira sui 150 euro mensili, non è cosa che occupa il FMI né l’Unione Europea — l’importante è che il mercato trionfi. Resta anche incerto come lo Stato pagherà i costi, enormi, della guerra che ha scatenato contro gli insorti nelle province orientali. Il 10 maggio scorso il Ministro delle Finanze Oleksandr Shlapak ha annunciato che il bilancio militare dovrà essere aumentato del 50%, forse di più, e che di conseguenza si dovranno ragliare le spese sociali e per la sanità (lo ha riferito la rivista di armamenti Jane’s).

Vien da chiedersi se l’adattamento dell’economia ucraina al «mercato» non si configurerà come un genocidio, un nuovo Holodmor, stavolta a carico del liberismo occidentalista. Gli ottimisti tendono ad escluderlo con il seguente argomento: le politiche di austerità e l’ormai imminente firma della parte economica dello EU’s Association Agreement, ha cominciato far gola alle imprese tedesche, che vi vedono notevoli occasioni di profitto.

«L’adozione di standard UE e l’istituirsi di una zona di libero commercio con l’Unione Europea esigerà una quantità di immensi sforzi di modernizzazione delle imprese ucraine», si legge sulla rivista GTAI (Commercio e Investimento Tedesco), e le aziende tedesche contano di ottenere lucrosi contratti allo scopo. Per esempio l’industria dell’acciaio, «molto importante per l’Ucraina, ha molta strada da fare in quanto all’adozione di moderne tecnologie». Grazie ai salari eccezionalmente bassi e a «una manodopera relativamente ben preparata», una «casa automobilistica può per esempio stabilire in Ucraina una rete di sub-fornitori». Già adesso sono insediati produttori tedeschi di componenti auto, ma in futuro l’Ucraina si «dovrà convertire alla produzione di parti di nicchia, parti d’auto su domanda del cliente»... a poco a poco, «può diventare come la Repubblica Ceca».

Sia detto en passant, la Repubblica Ceca non deve avere più un troppo vivo entusiasmo per la sua ammissione nel paradiso dell’Occidente: il suo presidente, Bohuslav Sobotka, ha appena detto «no» alle generose offerte di Obama di difenderla contro il pericolo russo, mettendo truppe NATO sul suo territorio. «La repubblica non ha bisogno di truppe NATO sul suo suolo, né chiede di rinforzare l’Alleanza Atlantica in Europa», ha detto l’ingrato.

Le imprese tedesche sono anche attratte dalle possibilità di un’agricoltura ucraina modernizzata. Come per l’acciaio (e il carbone), qui l’Occidente dovrà trovare accordi con gli oligarchi che occupano i settori, e forse li ha già trovati.

Rinat Achmetov
  Rinat Achmetov
Rinat Achmetov, il re dell’acciaio, uno dei più ricchi saccheggiatori (pardon, «imprenditori») dell’esausto Paese, a tutta prima è sembrato sostenere le rivendicazioni della zona del Donbass, dove ha le sue basi industriali: ha infatti lanciato appelli alla «federalizzazione», all’autonomia della regione. Come tale, ha avuto due colloqui con il Ministro degli Esteri germanico Steinmeier — dopodiché è diventato «più concreto», come dicono le fonti tedesche: ha cominciato a reclutare miliziani contro i secessionisti fra i suoi 300 mila impiegati. Ciò significa che deve aver ricevuto qualche tipo di rassicurazioni, del tipo: i grandi costi della modernizzazione dei tuoi impianti, non dovrai pagarli tu.

Ihor Kolomoiski
  Ihor Kolomoiski
Più in generale, nella sua accelerazione della transizione dell’Ucraina all’economia di mercato, l’Occidente ha cercato l’appoggio degli oligarchi, probabilmente assicurandoli che la parola «competitività» a loro non si applicava, e l’ha ottenuto. Il Ministro delle Finanze, il già citato Oleksandr Shlapak, è ritenuto un tirapiedi di Ihor Kolomoiski: il terzo uomo più ricco del Paese (possiede 3 miliardi di dollari secondo Forbes) – ebreo, doppia cittadinanza israeliana, proprietario della PrivatBank, compagnie aeree e persino dell’aeroporto internazionale di Donetsk – nominato dal neogoverno di Kiev governatore dell’Oblast di Dnepopetrovsk. Un altro oligarca, SerhiyTaruta, è stato parimenti nominato dalla stessa autorità governatore dell’Oblast Donezk: con 650 milioni di dollari di patrimonio, è ‘solo’ il 17° uomo più ricco del Paese.

Dimitro Firtash
  Dimitro Firtash
Un altro importante oligarca (questo cattolico, di Lvov), Dimitro Firtash, re del titanio, si dice abbia mantenuto contatti con Vladimir Putin e grossi affari con Gazprom (di cui è socio al 50 in RosUkrEnergo); però ad aprile ha chiesto un abboccamento con Poroshenko, che già sapeva sarebbe stato il presidente liberamente eletto dagli ucraini: cosa si siano detti è un mistero, ma è probabile che anche lui abbia chiesto garanzie. Per il momento sta a Vienna, bloccato da un mandato d’arresto americano per tangenti: s’è guadagnato i domiciliari pagando alla giustizia austriaca una cauzione di 125 milioni di dollari. Non c’è dubbio che, se passa dalla nostra parte, l’Occidente dimenticherà tutte le sue colpe.

Petro Poroshenko
  Petro Poroshenko
Anche Petro Poroshenko, il nuovo presidente liberissimamente eletto dal popolo, è un oligarca di peso: settimo uomo più ricco del Paese, spazia dalla Dolciaria Roshen (10 mila dipendenti) alla Bohdan (parti di auto) alla Leninska Kuznia (cantieristica) a Canale 5 (tv). Dev’essere stato scelto (liberamente) per la sua tipica flessibilità politica: nel 2002 era a fianco di Yushenko, che è pure il padrone delle sue figlie, è stato parte del Governo fino al 2005; ha litigato con la Timoshenko e si è poi rappacificato con lei che ne ha fatto il suo Ministro degli Esteri (2009-2010). Nel 2012 è stato Ministro dello Sviluppo Economico (che non pare aver sviluppato grandemente) sotto Victor Yanu kovic, il premier cacciato dai Pravi Sektor a febbraio.

Trasparenza del voto a Kiev




Ecco le urne in un seggio elettorale di Kiev: la foto dimostra quanto sono state trasparenti. Sono infatti trasparenti le urne. E così, in si vede che nella prima c’è un pacchetto di schede che doveva essere lì già da prima della chiusura con i sigilli; provate voi a infilare un simile pacchetto dalla fessura superiore, e vedere se resta così compatto cadendo dall’alto. Forse avrebbero fatto meglio a usare urne opache... E pensare che l’Occidente ha bollato di «elezioni farsa» quelle siriane, che hanno dato la vittoria ad Assad.

———————————

In teoria, questa accolta di miliardari, possessori di vetusti e inefficienti kombinat sovietici, dovrebbero aver paura del libero mercato che soffierà i suoi venti di tempesta sugli altri poveri ucraini, e temere la concorrenza globale, anzi anche quella locale. Il fatto che siano stati messi a perfezionare la transizione del Paese, e che vi si prestino volentieri, significa che l’Occidente li ha garantiti, e li ha abbracciati e promossi imprenditori. Di fatto, il liberismo consolida il potere degli oligarchi sull’Ucraina per sempre, e quindi del loro sistema di clientele e corruzione e saccheggio.

Il 7 maggio, Poroshenko è andato a Berlino dove ha avuto colloqui con Angela Merkel e il Ministro degli Esteri germanico. Si sa che si è parlato di «un programma di assistenza tedesco per il Donbass» onde «creare posti di lavoro e contrastare l’immagine negativa che ha la UE in quella regione» (sic). Resta da vedere come reagiranno i neonazisti che tengono posizioni cruciali di governo e sono armati; hanno già minacciato Poroshenko quando ha abbozzato un proposito di trovare accordi con Putin. Ma gli oligarchi, questi neonazisti li conoscono benissimo, e sanno come controllarli (in parte, li pagano).



Come ricompensa per l’aiuto tedesco, Poroshenko farà sindaco di Kiev l’ex pugile Vitali Klitsko, il protetto e candidato preferito di Berlino, e più precisamente della CDU. Klitskho ha già annunciato che «cercherà intensamente investimenti tedeschi». È per questo che precisi ambienti germanici hanno espresso comprensione per le spedizioni punitive, i massacri di civili e i bombardamenti dei ribelli del Donbass: «Era chiaro che Kiev sarebbe tornata attiva, una volta completate le elezioni», ha dichiarato Wolfgan Ischinger, presidente della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. Nemmeno una parola di rincrescimento per l’atrocità di Odessa, quando il 2 maggio sono statti massacrati i 297 manifestanti anti-Kiev , braccati nella sede del sindacato, bruciati vivi, le donne strangolate e violentate, gli uomini eliminati con pistolettate alla nuca: un vero crimine contro l’umanità, ma per il libero Occidente i russi sono «untermenschen», sotto-uomini. È il mercato, ragazzi.

Va detto che il progetto è antico: nel 1999, quando la NATO entrò in guerra per il Kosovo, non specificati «leader» della Germania Federale ne parlavano come «la guerra di riunificazione d’Europa», ma ovviamente «solo in conversazioni riservate», altrimenti sarebbero stati accusati di «evocare ancora una volta la guerra come “madre di tutto” in Europa». Così rivelò il giornalista Gunter Hofmann: Deutschland am Ende des Krieges, sul Die Zeit 24/1999.

Poroshenko a Putin: no a tutto

Come a conferma di quanto sopra, Poroshenko ha parlato con Putin in margine alle feste di Normandia — un incontro che i media hanno definito in termini ottimistici. In realtà, Poroshenko ha detto:

- NO alla federalizzazione dell’Ucraina

- NO al riconoscimento della lingua russa

- NO riconoscimento della leadership politica della Novorossia uscita dal referendum

- Le forze di difesa della zona russa si devono arrendere senza condizioni

- La Crimea apparterrà all’Ucraina in eterno.

Ciò dimostra fino a che punto l’oligarca-presidente obbedisce al copione massimalista dettatogli dai neocon, quelli americani e quelli interni: la sua risposta alle profferte di Putin di trattare e raffreddare la crisi, configura una dichiarazione di guerra ed un ultimatum. Evidentemente i burattinai hanno spazzato via l’ambiguo doppiogioco di Hollande ed Angela Merkel, per non parlare del Governo italiano, che ha mandato di nascosto una nave-spia nel Mar Nero sperando che i russi non se ne accorgessero, e di tenere i piedi nelle due scarpe: clienti di Mosca per il gas e il business, e suoi nemici nell’Alleanza Atlantica.

La nostra Elettra nel Mar Nero



La nostra potente nave-spia Elettra penetrata nel Mar Nero cercando di non farlo sapere ai russi... che ovviamente l’hanno vista sùbito e segnalata all’agenzia Novosti. Che figure miserabili e che mezzi patetici, come al solito quando facciamo la guerra. Magari anche stavolta la cominceremo a fianco degli americani e la finiremo a fianco dei russi? È una nostra specialità antica, grazie alla quale vinciamo tutte le guerre. Spesso anche due volte, come l’ultima con e poi contro il Terzo Reich.

———————————

Tutti gli europei preferiscono tenere i piedi in due scarpe (business con Mosca e un po’ di «sanzioni», in vista dell’occidentalizzazione economica dell’Ucraina) e gli americani invece vogliono provocare lo scontro armato – chiaramente, anche in funzione anti-europea: il conflitto guerreggiato ci farebbe tornare come agnellini sotto l’ombrello NATO, perché una forza militare europea semplicemente non esiste, le poche truppe vere sono sparse in mezzo mondo nelle varie «missioni umanitarie» e di reggicoda agli USA, e in caso di conflitto armato, c’è davvero il rischio che i cosacchi abbeverino i cavalli alla Fontana di Trevi.

Ovviamente il conflitto militare è precisamente ciò che Vladimir Putin sta cercando in tutti i modi di evitare, sapendo che sarebbe una vittoria militare e una sconfitta politica. Ma anche nella sua Russia sta crescendo un’opinione pubblica che esige si vada in soccorso dei compatrioti del Donbass, massacrati e bombardati. Come dice The Saker, «vedo un graduale consolidarsi di rabbia e determinazione in tutti i livelli della società russa, che sboccherà alla fine in un intervento militare russo contro le squadre della morte ucraine in Novorossia».

Fino a quando Putin può resistere a queste pressioni?



L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità