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Russia, eccezione all’impero di Sodoma
13 Giugno 2013
Come da ordine ricevuto, tutto l’Occidente s’è affrettato a legalizzare il «matrimonio sodomita» nello stesso tempo. Inutili le proteste di mezza Francia, Hollande vara le «mariage pour tous». A Londra, David Cameron ha persino schiacciato una rivolta nel suo stesso partito, i conservatori, per lo più fieramente contrari alle nozze gay, per superare la quale ha dovuto chiedere aiuto al Labour: il quale ha disciplinatamente fornito i voti parlamentari che la rivolta dei Tories negava al suo premier. Di fronte a certe questioni, non si finge nemmeno più che esista una distinzione fra «maggioranza» ed «opposizione». In Italia, la convergenza in tal tema ha raggiunto, come suole, vertici di comicità: da una parte Galan, Bondi e la Carfagna (senza dimenticare la Brambilla) tutti ad invocare le nozze per i poveri invertiti, dall’altra Boldrini (di SEL, oggi istituzionalissima spocchiosissima presidentessa della camera) unita alla canoista-fotocopia (infatti si chiama Idem) si «sperticano a far sapere che saranno in prima fila» al Gay Pride di Palermo, per segnalare tutta la solidarietà delle «istituzioni» alla culagna discriminata: fusione di cuori Bondi-Boldrini, Idem-Brambilla difficilmente immaginabile per ogni altro argomento. Conclusione: la legge per le nozze gay ha già, nel parlamento più ripugnante della storia, che non sa e non vuole risolvere uno solo dei problemi della società italica in rapido collasso, una sua larga e sicura maggioranza. Fra tutta questa fusione di intenti di livello continentale, spicca un’eccezione: Mosca. S’intuisce che anche lì è arrivato, per le sue vie riservate, il comando, dato che c’è stato anche lì un voto parlamentare sulla questione. Ed anche lì la Duma (parlamento) ha votato all’unanimità, 436 voti contro un astenuto. Però, con il voto unanime ha varato una legge che vieta «la propaganda per relazioni sessuali non-tradizionali» ai minori, e la tenuta di sfilate omosessuali. Il singolo che fa propaganda di sodomia ai minorenni sarà multato per 100 mila rubli (2300 euro); le organizzazioni, fino a un milione di euro, e la chiusura per tre mesi. La legge ha pensato anche agli stranieri che, mal consigliati, venissero a fare propaganda gay in Russia: anche per loro multa di 100 mila rubli, poi 15 giorni di galera e infine l’espulsione. Mentre si votava alla Duma, una ventina di attivisti hanno cercato di tenere davanti al palazzo del parlamento una protesta «al bacio», ossia con scambio pubblico di baci lesbo-sodomitici; sono stati sopraffatti da una folla molto più numerosa di attivisti anti-gay; tafferugli, e conseguenti fermi di polizia venti persone.
Lo stesso giorno, la Duma ha fatto peggio: ha approvato una legge che punisce «azioni che offendono pubblicamente i sentimenti religiosi dei credenti»: carcere fino ad un anno e 300 mila rubli di ammenda, Che diventano 3 anni di prigione, e 500 mila rubli, se gli atti pubblici offensivi dei sentimenti religiosi avvengono in una chiesa. Sembra una legge-fotocopia apposta per le Pussy Riots. I media russi hanno notato, come fosse una qualche convergenza, il fatto che Papa Francesco abbia reso noto che sì, esiste una lobby gay in Vaticano e «vedremo cosa di può fare». («Gay lobby» at Vatican exists –Pope Francis) Si segnala questa ennesima dimostrazione putiniana di poca tolleranza per i valori dell’Occidente alla ministra fotocopia Idem, e alla Boldrini (felicemente definita da altro blog «la talebana del conformismo autoritario») , per le rituali deplorazioni e stracciamento delle vesti. Nell’Italia infinitamente più civile e democratica si possono sposare i trans e si può offendere il sentimento religioso. (Russian parliament passes bill banning 'homosexual propaganda') A parte l’eccezione russa, il filosofo francese Robert Redeker ha fatto notare la sospetta sincronia degli eventi pro-Sodoma. L’adozione del matrimonio omosessuale in tutta Europa avviene insieme «all’introduzione nelle scuole elementari della teoria dei generi», facendone una parte obbligatoria dell’educazione dei piccini; ciò va insieme ai progetti di accordare la cittadinanza agli stranieri. Negli stessi giorni a Cannes viene premiato un film che («oh divina sorpresa!») riunisce le caratteristiche più desiderate: è una storia d’amore lesbico, ed è girato da un regista maghrebino. Tutti insieme questi fatti costituiscono una costellazione: impongono una stessa concezione dell’uomo e una stessa concezione dell’avvenire. L’imperativo che emanano è chiaro: bisogna sostituire l’uomo come lo conosciamo da millenni, sostituendolo con qualcosa d’altro. Il nome resterà, ma non ciò che designa. Le stesse parole «uomo» e «donna» non vogliono più dire la stessa cosa che significavano prima dell’imposizione dei «generi». Anche l’estensione del diritto di voto agli extracomunitari, sostituisce al «cittadino» un’entità nuova, e alla «nazione» dà un senso del tutto diverso da quello consacrato dai secoli. L’entità nuova che si vuol far emergere è l’uomo senza eredità. Un uomo che non solo è privo dell’eredità dei secoli – la lingua, la cultura della nazione – ma che è psichicamente programmato per rigettare questo retaggio: si pensi alla neo-ministra Cécile Kyenge, congolese, che ha esaltato il politeismo del suo padre tribale, che le ha dato 32 fratelli da varie mogli: e ci ha ingiunto ad accettare questo come «la sua coltura» Per Redeker questo uomo nuovo che rigetta l’eredità del passato, e dunque anche i mandati che sono collegati alle eredità, non si sente debitore di nulla. Non deve niente alla patria, alla nazione e alla sua storia; se in Francia, non deve niente a De Gaulle o a Giovanna d’Arco (se in Italia, non sa nemmeno cos’è stato il Rinascimento, non deve nulla né a Michelangelo né a Mussolini, né ai nostri santi). «Quest’uomo si vuole radicalmente nuovo, e si crede nuovo». Ciò, nelle intenzioni dei promotori centrali, deve perfezionare «l’individualismo» post-moderno: all’individualismo «spaziale e sociologico» che separa l’uomo massa odierno dali altri uomini, viene aggiunto l’individualismo «temporale e storico», che lo separa dal passato. Il risultato è «l’individuo totalmente appiattito nel presente, senza radici, separato dalla storia». Un uomo che si sentirà, e si vivrà – e dunque si comporterà – come «nato per generazione spontanea». Un uomo-donna senza genitori è il progetto politico ed antropologico che si persegue. Il consumatore perfetto, completamente arreso alle mode, ai consumi e ai costumi che via via gli saranno dettati dalla pubblicità o dai persuasori politici. L’invenzione della teoria dei generi vuole che gli uomini e le donne non siano più uomini e donne «per natura»: la rottura del legame con la storia si completa con la rottura del legame con la natura. Allo stesso modo, il matrimonio omosessuale è allo stesso tempo de-storicizzato – mai nella storia il matrimonio omosessuale fu istituzionalizzato – e denaturalizzato: la differenza naturale dei sessi, base simbolica, biologica a storica del matrimonio vero, viene negata. Il voto dato agli extracomunitari (a quelli che si pongono fra noi come antagonisti della nostra eredità nazionale) perfeziona ancora la doppia negazione di natura e di storia. Il senso della parola «patria» – etimologicamente «terra dei padri» – viene eliminato. Con ciò, si azzera la patria come eredità. La patria è il prodotto della storia, e la generazione vera (uomo e donna) è prodotto della natura. Oggi si possono allevare dei figli senza padre né madre, ma solo due «genitori» numerati, «uno» e «due». Dovunque si completa la dimensione ereditaria che implicava, prima, la condizione giuridica di «cittadino», non meno che quella di uomo o donna. Sottrarre ai nuovi figli il retaggio storico e naturale insieme, è anche la mira del voto agli extracomunitari. Non c’è più un «popolo» dunque non c’è più «polis», né politica: il dominio su esseri neutri e senza radici non si riduce, anzi aumenta esponenzialmente. Ma è un potere a-politico, dunque assolutamente incontrollabile da cittadini che non sono più tali. È il regime del «non c’è alternativa», degli automatismi, delle tecnocrazie e di Goldman Sachs coi suoi delegati. Qualcosa che è già qui. A questo si oppone il voto della Duma, della «mediocre» Duma russa, della nazione condotta dal «discutibile» Vladimir Putin. Mediocre parlamento come i nostri, discutibile premier come i nostri. Ma adempiono al servizio minimo richiesto dal popolo: la difesa della civiltà.
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