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Fabbricano il terrorista «buono». Per dargli la Siria
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Il 27 maggio, la tv Al Jazeera ha fatto uno scoop: una lunga intervista ad Abu Muhammad Al-Julani. Chi è costui? L’«emiro» di Jabhat Al-Nusrah. Cioè, grosso modo, la vecchia Al Qaeda.

Benché nascondesse il volto durante la lunga intervista, questa è stata rispettosa come davanti ad un capo di Stato. Magnanimo e soave, Al Joulani ha detto: quando il regime di Assad sarà caduto, in Siria tutte le minoranze saranno consultate prima di instaurare lo Stato islamico. Lui, una volta al potere, non perseguiterà gli alawiti «anche se per l’Islam sono considerati eretici»; vuole solo riportarli sulla strada della vera fede. I cristiani di Siria? Basterà che paghino la jizya — l’imposta che il Corano impone ai popoli del Libro, e siano sereni. No, Al Nusrah non ha mai commesso alcuna violenza «ingiustificata». E porterà i suoi jihadisti contro l’Occidente? Occuperà Roma, come ha minacciato il Califfo? Ordinerà attentati a New York o Londra? Ecco la stupefacente risposta di Al Joulani:

«La nostra missione è di rovesciare il regime (siriano), non di aggredire l’Occidente. Abbiamo ricevuto chiari ordini da Ayman al-Zawahri di non usare la Siria come pista di lancio per attaccare gli USA o l’Europa... forse Al Qaeda lo fa ma non qui in Siria. Le forze di Assad ci combattono da una parte, Hezbollah dall’altra e Daesh su un terzo fronte. È il loro mutuo interesse...».

Si può immaginare un terrorista più moderato? Un takfirista più umano? È il ribelle dei sogni di Washington ed Hollywood, il nobile patriota anti-Assad, un siriano di nascita (il soprannome Al Joulani allude al Golan strappato dagli israeliani alla Siria) che rassicura le platee, che non distrugge tesori archeologici e che si oppone a DAESH e alle sue brutalità e decapitazioni. Anzi lo combatte, il Califfo Al Baghdadi, lui.

Anche se hanno avuto gli stessi maestri e, in parte, le stesse truppaglie.

Anche Al Joulani, come Al Baghdadi, è stato nella prigione americana di Camp Bucca in Iraq, una vera fucina di capi jihadisti; lui dal 2006 al 2008. Rilasciato, s’è unito ad Al Baghdadi, allora etichettato come capo di Al Qaeda in Iraq. Dall’Iraq Al Julani si è spostato in Siria con il pieno accordo di Al Baghadi per combattere il governo di Assad; è allora che la sua formazione armata ha assunto il nome di Jabhat Al Nusrah. Ma che sia sempre Al Qaeda, lo dimostra il fatto che il gruppo, e Julani in particolare, obbedisce agli ordini strategici di Ayman Al-Zawahri, il super-ricercato e mai beccato «numero 2 di Al Qaeda» (mai provato a Hollywood?), il braccio destro di Bin Laden; e da giovane, Al Joulani agiva agli ordini di Al Zarkawi, grande islamico dedito a decapitazioni di sciiti e ad attentati a moschee (sciite) in Irak, oltre che produttore di video dove fingeva di decapitare personaggi come l’ebreo Nick Berg (1).

«Per me è una figura fittizia, un pugnale o una pistola in mano dell’occupante», disse di Zarkawi il capo iracheno sciita Muqtada al-Sadr nel 2006. Dichiarazioni del genere si moltiplicarono, sicché i commandos americani finalmente scoprirono dove si nascondeva l’imprendibile Al Zarkawi, ormai bruciato, e lo uccisero (o uno che dissero era lui). Un grande successo dell’intelligence.

Ma torniamo a Joulani, il suo allievo. Nell’aprile 2013 Al Baghdadi dichiarò che il suo DAESH e Al Nusra erano ormai una cosa sola sotto il suo comando e si battevano unite contro Assad e i siriani laici. Al Julani smentì con comunicato ufficiale. Nel giugno, Al Jazeera in inglese ha rivelato di essere venuta in possesso di una lettera manoscritta di Al Zawahri (da Hollywood?), dove il n.2 di AQ si dichiarava contrario alla fusione delle due ditte, pardon organizzazioni jihadiste, e invece suggeriva ad Al Baghdadi di lasciare la Siria ai combattenti di Al Nusra e portare i suoi tagliagole in Iraq, dove lo attendeva la gloria: cosa che il Califfo ha fatto, raccogliendo in premio centinaia di veicoli, blindati Usa e tonnellate di armi americane nuovissime conquistate da una truppa irachena che, misteriosamente, non ha combattuto. E l’invulnerabilità dai continui bombardamenti dell’Air Force.

Si è detto però che Nusra e DAESH si sono scontrate a colpi di mitra, che il califfo non obbedisce a Zawahri. Sarà vero; noi non c’eravamo.

Da tutto quanto detto sopra si può intuire cosa significa l’intervista di Al Jazeera al terrorista: è il primo atto dello sdoganamento di Al Nusra (ossia alla legittimazione di Al Qaeda come forza patriottica siriana) e il riciclaggio del suo capo debitamente candeggiato nella nuova versione dei ribelle che combatte e vince contro Assad. Secondo l’analista libanese Nasser Kandil (2), le fasi ulteriori della strategia saranno:

1) Costruire lo scenario «poliziotto buono – poliziotto cattivo», dove Al Nusrah è il primo (e diventerà simpatica alle platee televisive occidentali) mentre il secondo, sempre più cattivo, sarà il Califfo: basterà che la sua foto appaia sugli schermi per scatenare in tutti noi i 15 Minuti dell’Odio, come nel romanzo orwelliano quando appariva la foto di Goldstein. Anche se è difficile distinguerli sul terreno, il cattivo e il buono: «Ufficialmente l’Emirato islamico non riconosce più l’autorità di Ayman al-Zawahiri e si è quindi separato da al-Qa’ida. Tuttavia, in molti luoghi, come nella zona del Qalamoun, risulta impossibile distinguerli, poiché i medesimi jihadisti rivendicano entrambe le etichette» (Thierry Meyssan).

2) Forse per contrastare la presa di Erdogan e dei Sauditi sull’IS , forse d’accordo con loro, «gli USA hanno stretto un accordo con Al Qaeda: venite a combattere al posto nostro in Siria e sarete compensati». Del resto, Al Qaeda è stata già la truppa di terra degli americani e dei francesi contro Gheddafi in Libia.

3) Giorno dopo giorno, notizia tv dopo notizia tv, constateremo tutti che «solo Al Nusra può vincere DAESH» — l’invincibile DAESH che decapita tanti cristiani (i musulmani non contano) ed è troppo armato perché noi occidentali si abbia il coraggio di «mettere i nostri soldati sul terreno». Al Nusra porrà i suoi scarponi sul terreno per conto nostro. Finiremo per tifare per Al Nusra, applaudire Al Julani e seguirne le vittoriose imprese mentre «degrada e infine sconfigge il Califfato», come preconizzato da Obama. Fino a quando, su un cavallo bianco, entrerà in Damasco.

4) Al Julani libererà la Siria dal cattivo dittatore Assad, ancorché laico, e gli americani si prenderanno la base russa di Latakia sulla costa. Il compenso per Al Qaeda (Al Nusra) sono state già pattuite, sostiene Nasser Kandil, le alture del Qalamoun. «Perché tra le montagne del Kalamoun e il monte Hermon c’è un’apertura di 40 chilometri, che fa sì che chi occupa questo spazio tiene la Siria e insieme il Libano», anzi «il Medio Oriente».

Ma ohibò, il Qalamoun è al confine con Israele. Netanyahu non è allarmatissimo alla prospettiva di avere lo stato di Al Qaeda a ridosso della sua terra sacra? Ma no. In trent’anni, Al Qaeda ha forse mai minacciato Israele? Ha forse mai torto un capello a un ebreo? Netanyahu infatti non è minimamente preoccupato. Anzi, vuoi vedere che Al Nusra aprirà le ostilità con Hezbollah, e così terrà impegnata l’unica forza militare che faccia paura a Sion?

Potete non credere; dire che Kandil è in pieno delirio complottista. Però però: Laurent Fabius, il Ministro degli Esteri di Hollande, davanti al Consiglio della UE per gli esteri (Mogherini…) ha detto in pratica quanto segue: Al Nusra, come Hamas (sic) sono due organizzazioni rappresentative dei rispettivi popoli; costrette al terrorismo dalle loro sofferenze. I nostri servizi segreti (francesi) hanno preso contatto coi rappresentanti di Al Nusra: sono dei patrioti. Possiamo riscattarli, facendoli partecipare alla Conferenza di Ginevra, ossia associandoli alla soluzione politica nella Siria del dopo-Assad; ci hanno promesso che non usciranno dal territorio loro assegnato ( Fabius è quello che dichiarò nel 2012: Al Qaeda e ISIL «sul campo, fanno un buon lavoro»).

Dagli schermi di Al Jazeera , la tv del Qatar (3) ha grande successo il predicatore sunnita Yūsuf al-Qaraḍāwī, 88 anni, grande produttore di fatwe. Palesemente un ideologo dei Fratelli Musulmani... Nelle sue apparizioni televisive «ha benedetto gli jihadisti in Siria e in Iraq e ha afferma che se Maometto fosse vivo oggi, sarebbe alleato della NATO» (Senza che gli scappi da ridere, dice Meyssan). Può essere più chiaro di così?: Al Qaeda e il jihadismo al servizio delle potenze imperiali occidentali e di Israele. Come da tradizione, in fondo. Bin Laden combatteva «i crociati» in Afghanistan che erano i soldati sovietici , e lo faceva con armamento USA, per Washington.

Kerry uscito di scena

Durante una pausa dei colloqui di Ginevra (sul nucleare iraniano), il Ministro degli Esteri John Kerry ha avuto la bella idea di andare in bicicletta, cadere e rompersi il femore. A 72 anni, non è un guaio da poco. Obama ha mandato un aereo-ospedale per riportarlo in patria. Sarà fuori scena per settimane. Ora, la pochezza del personaggio è evidente. Tuttavia, a metà dello scorso maggio, Kerry aveva incontrato Putin e Lavrov a Soci, su sua richiesta e certo su mandato di Obama. A quanto pare, con gradita sorpresa dei due, ha chiesto la collaborazione di Mosca per la questione del nucleare iraniano e per una sistemazione della Siria post-Assad. Insomma aveva dato l’impressione di voler rivedere la politica di Washington verso la Russia, contrastando in qualche modo quella dei quadri intermedi del suo stesso dipartimento di Stato. Ora la sua scomparsa, che durerà a lungo, lascia la politica estera USA senza testa (nemmeno quella piccolissima del ciclista), in balia di personaggi come la Nuland, in un vuoto di potere aggravato dal fatto che Obama, oltreché in balia dei neocon, e dalle velleità indecifrabili in politica estera, è un presidente a scadenza prossima: fra meno di un anno e mezzo uscirà dalla Casa Bianca, il che significa che i dipartimenti hanno già cessato di obbedirgli, e si preparano al dopo. Sicuramente i neocon nell’Amministrazione hanno una carta in più per mandare a monte l’accordo con Teheran e non sollevare le sanzioni anti-Iran. Sulla Siria, ammesso che Kerry abbia delineato un accordo con Putin e Lavrov sulla «soluzione politica», anche questa è in pericolo.

I guerrafondai messianici hanno mano libera.




1) Questo Berg, statunitense di origine ebraica, 26 anni, si recò nell’Iraq occupato dagli americani di sua iniziativa, diceva, per «occuparsi di telecomunicazioni». Forse un sayan... Nel 2004 fu rapito da terroristi islamici di Al Zarkawi, che ne diffusero un video della sua decapitazione: video secondo ogni apparenza, falso. Nel 2006, dopo l’annuncio della morte di Al Zarkawi, « il padre di Nick Berg ha dichiarato di non essere certo che Zarqawi avesse assassinato il figlio e attribuì, polemicamente e in modo del tutto indimostrabile, la responsabilità morale dell'omicidio all'amministrazione di George W. Bush e alle mene di Donald Rumsfeld in particolare» (Wikipedia).
2) Oggi giornalista, redattore capo del periodico Al Binaa, Nasser Kandil è stato parlamentare, ed è stato fondatore della Conferenza dei Secolaristi Libanesi, una formazione contro i settarismi, capeggiata a lungo dall’arcivescovo melchita Gregoire Haddad. Fino a quando Paolo VI ne pretese le dimissioni.
3) L’emiro del Qatar, in Francia, ha querelato per diffamazione e calunnia Florian Philippot, ossia il numero 2 del Front National. Philippot ha la colpa di aver evocato in una intervista radiofonica il fatto che il Qatar finanzia i terroristi islamici. La causa può sembrare ridicola, ma rischia di rivelarsi una trappola mortale per il partito di Marine LePen. Nei salotti buoni del partito socialista al potere (da Hollande a Valls) si ventila da tempo l’idea di mettere fuori legge il Front National, che sta prendendo troppi voti, e i cui leader non sono coperti da immunità parlamentare. Non a caso, gli avvocati che il Qatar si è scelto come difensori si chiamano Jean-Pierre Mignard e Francis Szpiner; il primo è il legale di Hollande, il secondo è noto per aver difeso Jacques Chirac nei suoi processi. Ed è stato lo stesso Philippot ad evocare «la relazione incestuosa tra il sistema francese e il Qatar», sullo sfondo di «corruzione ed affari finanziari». Ci sarà «un giudice a Parigi»? Indipendente dai socialisti? Scettici, dovremo sorvegliare con attenzione la vicenda. Philippot ha twittato: «Le Qatar ne me fera pas taire. Une dictature islamiste n’a pas à dicter aux Français ce qu’ils ont le droit de dire. Appel aux démocrates!».



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