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Libano: morto l’uomo che sapeva troppo sull’11 settembre
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Il 3 gennaio abbiamo riportato la notizia che l’emiro saudita Majid al-Majid era stato catturato dai «servizi» militari del Libano, che cercavano di tener segreto l’arresto. Majid, importantissima mente del terrore, era il capo delle Brigate Al-Azzam, il gruppo detto vicino ad Al Qaeda che il 19 novembre aveva compiuto un sanguinoso attentato contro l’ambasciata dell’Iran a Beirut (25 morti e 146 feriti) con doppia autobomba.

Ebbene: Majid è morto.

Ospedalizzato il 3 gennaio, ufficialmente per essere sottoposto a «dialisi renale», è defunto il 4. I servizi libanesi l’avevano in loro mani fin dal 26 dicembre, e lo stavano interrogando, anzi non sono riusciti ad interrogarlo perché è sempre rimasto in coma dal giorno della sua cattura. Purtroppo, ci dicono, era molto malato di reni, come Osama Bin Laden...

E pensare che un importante giornale libanese, Al-Akhbar, aveva appena lanciato il titolo: «Bisogna impedire che Majid sia ucciso», Don’t Let Majed al-Majed Be Killed. Un titolo profetico, tanto più se si considera che a firmarlo è stato il direttore del giornale, e che Al-Akhbar è un giornale «pro-ribelli» in Siria. (Don’t Let Majed al-Majed Be Killed)

Ancora più interessanti certi passi dell’articolo, evidentemente scritto quando Majid era (o si riteneva) ancora vivo... Majid, «una forte figura» i cui seguaci hanno «mostrato la sua fede in lui al punto da sacrificare le loro vite» per lui, «è al corrente dei segreti di almeno dieci anni di azione diretta», ossia terroristica. «Majid ha anche avuto una parte da protagonista nel raggruppare i gruppi jihadisti in forma decentrata dopo l’invasione USA in Afghanistan e lo smantellamento della leadership di Al Qaeda».

Ecco l’autore della cosiddetta «galassia di Al Qaeda» che sta battendosi in Siria, non meno che a Falluja ed a Volgograd, dopo essersi battuta in Libia. In Libano, dice il giornale, Majid «era in contatto con le cellule che avevano il compito di attaccare Hezbollah e l’esercito» regolare.

«Le informazioni di cui è in possesso», continua Al-Akhbar, «riguardano un vasto numero di agenti operativi, dettagli operativi, caratteri ed obbiettivi di cellule dormienti, e i mutamenti apportati al modus operandi dei gruppi jihadisti dopo l’invasione americana in Iraq e , dopo, nella crisi in Siria. Majid ha anche conoscenza dei modi di finanziamento dei gruppi e dei loro leaders, e soprattutto molti dei “contatti” politici, di sicurezza, militari ed economici che hanno aiutato il suo gruppo ad operare in diversi paesi incluso il Libano».

Complici orientali, arabi, sunniti, immaginate voi. Nossignori. Il ben informato Al-Akhbar scrive:

«Soprattutto, Majid possiede i più importanti segreti riguardanti i legami tra governi ed agenzie arabi ed occidentali, specialmente gli uomini-ombra sauditi in Levante ed Iraq».

Magari, non voglia Allah, Majid sapeva tutto sulle coperte alleanze fra i terroristi jihadisti, fanatici kamikaze, e la CIA? O – JHVH ne scampi – fra «al Qaeda», «al Nusra» (che combatte in Siria), Al Azzam, con il Mossad? L’inconfessabile simpatia e convergenza di scopi che s’intravvede appena dietro la «lotta al terrorismo globale» scatenata dal 2001 dall’Occidente?

Quando si è in possesso di certe informazioni, è ovvio che si diventi cagionevoli di salute. Magari stai benissimo finché sei uccel di bosco; ma appena un servizio ti becca, puoi prenderti un blocco renale che ti manda all’altro mondo. E la causa della tua malattia possono essere proprio i tuoi amici.

La tv libanese Al Jahud racconta che «un attaché dell’ambasciata saudita a Beirut aveva fatto visita a Majid all’ospedale 24 ore prima del suo trapasso», e non esita a domandarsi se questo diplomatico gli abbia dato «il bacio della morte». L’agenzia FARS (Iraniana) racconta persino che l’Arabia Saudita aveva offerto 3 miliardi di dollari (diconsi tre miliardi) per ottenere l’estradizione di Majid, ossia la riconsegna del suo uomo. Per parte sua, Teheran aveva chiesto ai libanesi di poter assistere, con suo personale, all’interrogatorio di Majid, perché era lui l’autore dell’attentato all’ambasciata; il regime saudita aveva posto un affrettatissimo veto. Adesso l’Iran chiede di partecipare all’autopsia, e ovviamente riceve un altro no.

Ci si può chiedere come mai servizi militari libanesi, certo non il massimo dell’ardimento, si siano presi la briga di catturare un pezzo così grosso e imbarazzante, a rischio di rovinarsi i lucrosi rapporti con l’Arabia Saudita, grande pagatrice della fazione sunnita in Libano e dello stesso esercito (ha promesso tre miliardi per nuovi armamenti, come forse si ricorderà). Adesso – per rendere anche più appassionante questa storia – si scopre che i servizi libanesi non avevano alcuna intenzione di arrestare Al-Majid. Questo ultra-ricercato, lo lasciavano andare e venire a piacere dal loro territorio alla Siria dove stava organizzando i «ribelli», protetto da suoi fedelissimi, con passaggi in cliniche di Beirut per fare la dialisi. Ma hanno dovuto farlo, su richiesta americana.

Per dirla con un altro articolo di Al-Akhbar, è stata la «US military intelligence» ad inviare un messaggio urgente alla Strategic Security Branch del ministero della Difesa libanese, rivelando che Majid si trovava in un’area montagnosa presso Ersal al confine (con la Siria)... due giorni dopo, un altro messaggio ha indicato che si parlava di trasportare Majid in una clinica di Beirut per sottoporsi a dialisi. Il 24 dicembre un’ambulanza l’ha effettivamente portato all’ospedale Makassed di Berut, e un altro messaggio (americano) ha confermato il trasferimento».
(Lebanese Army Captures ‘Emir’ Behind Iran Embassy Attack)

Insomma i servizi libanesi non potevano far finta di niente, visto che gli americani sapevano ogni spostamento di Majid e premevano per l’arresto. Ma perché, se Majid era il depositario degli inconfessabili legami fra Occidente (USA, Israele) e la «galassia jihadista» gestita del principe Bandar?

Forse non era il potere USA, ma una parte del potere USA a voler neutralizzare Majid, non la CIA ma la Defense Intelligence Agency – militari – e bloccare le azioni del principe Bandar, mentre un’altra parte del potere USA è a favore dei piani di destabilizzazione che Bandar conduce in Russia come in Siria, ed è a lui alleata nel tentativo di mandare a monte l’accordo della Casa Bianca con Teheran, appena iniziale?

Adombra qualcosa del genere MK Bhadrakumar, l’ex ambasciatore indiano oggi importante opinionista (e con ottimi informatori in Russia). Nel suo blog, ecco come titola la faccenda:

«Majid non parla più, ma Obama deve preoccuparsi». «Majed won’t talk but Obama should worry». (Majed won’t talk but Obama should worry)

Risposta dell’ex diplomatico: Majid, «se fosse stato lasciato vivo, c’era la pericolosa possibilità che gli Usa fossero costretti ad esaminare i legami dell’Arabia Saudita con Al Qaeda. La corte d’appello USA ha recentemente sancito che il ruolo saudita nell’11 settembre va riesaminato».

Già: è accaduto che il 23 dicembre scorso, un tribunale d’appello federale a Manhattan ha messo sotto imputazione il regime dell’Arabia Saudita su richiesta di centinaia di familiari delle vittime del’11 Settembre. I denuncianti hanno semp3e sostenuto che il regime saudita è il finanziatore di Al Qaeda; un segreto di pulcinella che da dieci anni i tribunali americani rigettano. Adesso è cambiata, e Ryad dovrà pagarsi dei buoni avvocati a New York; in un processo pubblico che rischia di smantellare la narrativa ufficiale sull’11 settembre.

C’è di peggio. Due membri del Congresso, il democratico Lynch (Massachusetts) e il repubblicano W. B. Jones (North Carolina), hanno chiesto ad Obama di de-secretare certe pagine del «Joint Inquiry into Intelligence Community Activities Before and After the Terrorist Attacks of September, 2001.». Si tratta di un’inchiesta delle varie intelligences sul mega-attentato, che è stato posto sotto segreto, e di cui l’amministrazione Bush (jr.) aveva negato la consultazione alla Commissione senatoriale che appunto confermò la narrativa ufficiale. Un documento di 800 pagine. I due senatori hanno chiesto di de-secretarne 28: un capitolo che ha come titolo «Specific Sources of Foreign Support» , ossia «fonti specifiche di sostegno estero» (ai terroristi): è certo che accusa Ryad. Ma se accusasse anche Israele, i cui legami con Ryad sono venuti alla luce così recentemente a proposito della guerra in Siria? L’AIPAC, allarmatissima, è già impegnata a silenziare tutto.

La novità è questa: che si sta mettendo in dubbio la «narrativa ufficiale» sull’11 Settembre, senza aver suscitato la reazione indignata, demonizzante, ridicoleggiante che i media e i politici che sempre hanno suscitato simili imprese nel decennio precedente: non sono più «complottisti» i due senatori, né «complottista «il tribunale d’appello di New York. Qualcosa sta cambiando. (US Reps want 9/11 truth)

Sta cambiando da quando l’Arabia Saudita, per vendetta contro Obama che ha cancellato l’intervento in Siria, invece di adeguarsi agli ordini, s’è messa a fare la politica regionale in proprio, alleandosi con Hollande, con Sion e con i suoi metodi terroristici; fino alla co-gestione dei vari Al-Nusra e AlAzzam....Avranno cogestito anche l’11 Settembre?

Certamente c’è una parte del potere americano che sta contrastando il cane idrofobo saudita e mettendo i bastoni tra le ruote del principe Bandar, l’attentatore di Volgograd e di Beirut, smascherando il suo personaggio-chiave Majid al Majid. Apparentemente, questo contrasto dovrebbe mettere in pericolo i repubblicani, l’amministrazione Bush jr. coinvolta in quelle complicità saudite, e non Obama che i sauditi (e Netanyahu) detestano per la sua «indecisione», e che dalla rivelazione dei legami dei repubblicani con gli autori dell’11 settembre, potrebbe solo avvantaggiarsi.

Come mai allora si dovrebbe preoccupare Obama? Risponde Bhadrakumar: «La continua ambivalenza degli USA in questo campo (il legame di Al Qaeda con Ryad) fa sospettare che anche Washington abbia usato Al Qaeda e i suoi gruppi come strumenti nelle sue politiche in Afghanistan o Iraq».

Già. C’è in questa storia molto più di quanto possiamo – schematicamente – indovinare. Tant’è vero che vale la pena di riportare la chiusa del giornale libanese Al-Akhbar, il giornale libanese (ricordiamolo) che sostiene la «resistenza» sunnita in Siria contro Assad:

«Lasciar morire Majid, o non fare abbastanza per tenerlo in vita, sarà il crimine peggiore, pari ai delitti terroristici di Majid e dei suoi compagni», non si perita di scrivere il giornale. O bella, perché sarebbe un tal crimine la liquidazione di Majid? Al Akhbar risponde:

«Un settore di persone in Libano, specialmente quelli che sono pro-resistenza (siriana) e che sono presi di mira da Al Qaeda, saranno selvaggina di una stagione di caccia aperta se Majid» muore.

È morto, i servizi libanesi «non hanno potuto interrogarlo» (fanno sapere), e dunque certi libanesi devono temere ritorsioni, vendette, attentati, esplosioni, omicidi da parte dei fedelissimi fanatici di Majid?

O riusciranno a convincere i seguaci disposti a dare la vita per il capo, così temibili anche ai filo-resistenti, che la morte di Majid non è colpa dei servizi libanesi, men che meno dell’armata libanese sunnita? Che hanno dovuto obbedire agli americani, o a quella parte degli americani che vuole finirla con Bandar, i suoi attentati, e le sue trame?

Vedremo nei prossimi giorni. Vedremo quanto è rimasto della capacità nociva della galassia di Al Qaeda, dopo la scomparsa del suo capo-coordinatore… Lo vedremo non solo a Beirut, ma anche a Soci.

E forse a Ginevra. Esiste infatti una lotta intestina fra gli elementi della «galassia» jihadista che lotta in Siria, per essere rappresentata al tavolo di Ginevra 2, o per impedire alle altra fazioni sorelle di essere rappresentate come delegati presentabili dei «ribelli». Eccone uno schema secondo i servizi iraniani.

• Esercito Islamico in Iraq e Levante , che sarebbe stata un’idea di Osama Bin Laden, per compensare la minoranza sunnita in Iraq con l’apporto di sunniti jihadisti siriani (da cui la dizione «mista»). Oggi, tale formazione sarebbe sostenuta in particolare dalla Turchia di Erdogan, anche perché protegge le frontiere turche dalle velleità espansioniste dei kurdi.
 
• Fronte Al Nusra, specifico per il terrorismo in Siria, finanziato fino a ieri dal Katar, che sarebbe in qualche modo controllato a Al Zawahiri, l’introvabile «successore di Bin Laden». Zawahiri starebbe negoziando con Bandar da una parte, e con gli Usa dall’altra per mantenere un forte potere in Afghanistan come compenso delle difficoltà che gli Usa hanno creato alla «resistenza» in Siria con la loro rinuncia.

• Fronte Islamico, creato direttamente dai sauditi per compensare in Siria di ciò che ritengono di aver perso in Iraq (dove oggi domina la maggioranza sciita).

John Kerry ha ammesso di aver contatti e negoziati con tale Fronte Islamico.
(Kerry confirme des contacts avec le Front islamique syrien)

Il principe Bandar e Zawahiri (l’imprendibile, inafferrabile eccetera) sarebbero in trattative per la rappresentanza dei «ribelli» a Ginevra. L’Esercito Islamico Irak-Levante è stato incaricato di assumere il controllo della regione sunnita in Iraq (Anbar, Falluja) e impedire aiuti dal governo iracheno sciita alla Siria di Assad. Come premio, il suddetto esercito islamico dovrebbe aver ottenuto il potere...in Libano, e l’eliminazione delle Brigate Al Azzam come conseguenza.

• Naturalmente, tutto ciò è altamente ipotetico. Ma spiegherebbe l’allarme dei «settori libanesi pro-resistenza». (Report du Cabinet et mort suspecte d’al-Majed)






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