>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

Il terminale trionfo della Demokràzia. In USA e in Italia
Stampa
  Text size
L’11dicembre scorso il Parlamento USA (Camera bassa) «ha approvato all’unanimità» – così la notizia – una legge che permette al presidente di usare tutti i mezzi, tutte le sanzioni, e tutti gli atti di guerra che riterrà necessari contro la Russia, senza ulteriore autorizzazione da parte del potere legislativo. Ora è il caso di precisare in cosa è consistita «l’unanimità» con cui il potere legislativo ha approvato questa carta bianca a qualunque provocazione alla seconda potenza atomica mondiale, il destino del mondo e forse dell’Apocalisse: si è tratto di 3 voti a favore, e 0 contro.

Sia chiaro, erano formalmente presenti 425 parlamentari sul totale di 432. Ma subito prima, al termine di una giornata tesissima, avevano votato per il cruciale sì al bilancio di previsione, stanziato 1.3 trilioni di dollari, scongiurando così la chiusura dell’apparato federale che l’anno prima, 2013, aveva paralizzato lo Stato per mancanza di fondi, lasciato oltre due milioni di impiegati pubblici senza stipendio né funzione, e l’intera superpotenza bloccata e col fiato sospeso, per la demenziale, ostinatissima opposizione dei repubblicani — e dunque erano tutti nei corridoi a discutere, a farsi intervistare dai netwoks, a congratularsi fra loro e coi giornalisti per lo scampato pericolo, o magari già si stavano mettendo il cappotto per uscire; erano infatti le 22.30, ora tardissima per un popolo che cena alle 18.

In aula sono rimasti in tre
. Che hanno approfittato di essere soli, per mettere in atto la procedura – o trucchetto – chiamato «unanimous consent».

Si tratta di questo: un parlamentare si alza e chiede il «consenso unanime» per una mozione che caldeggia. A questo punto, se nessun altro parlamentare pronuncia la formula rituale «I object» («Io faccio obiezione!»), la mozione si considera votata all’unanimità, senza necessità di sottoporla al voto effettivo della Camera (vedere nostra recente traduzione, di inizio dicembre, in merito al pericolo che passasse questa risoluzione — H. Res. 758).

Marcy Kaptur
  Marcy Kaptur
I tre sono Ed Royce, che presiede la Commissione Esteri della Camera; Eliot Engel, un altro membro della Commissione, e Marcy Kaptur, una democratica dell’Ohio, nota come militarista fanatica e, soprattutto, co-presidente dello «Ukrainian Caucus» della Camera, ossia dell’associazione bipartisan a sostegno di Kiev.

«La legge è stata presentata ed approvata in un minuto, non c’era nessuno ad obiettare», ha spiegato Daniel McAdam, che è stato lui stesso deputato per 12 anni ed oggi a fianco di Ron Paul come direttore del Ron Paul Peace Institute: «La Kaptur ha detto che la Russia aveva invaso l’Ucraina e che questa era la risposta. È una procedura tipica, di solito, dei piccoli gruppi d’interesse, certe piccole lobbies che scrivono addirittura la mozione. Immagino che qualche gruppo di pressione ucraino l’abbia passato alla Kaptur ed è stato subito adottato dagli altri due. Un modo subdolo e nefando di far approvare una legge che rappresenta una fatale escalation».

«Non solo questa legge autorizza lo stanziamento di 350 milioni di dollari per fornire armamenti all’Ucraina — un bel regalo di Natale per il nostro apparato militare-industriale; ma formula esplicitamente, come direttiva politica USA, l’invito a Kiev di riprendersi i territori nell’Est Ucraina, essenzialmente autorizzando un’offensiva», ha detto McAdam a Russia Today.

L’intervistatore russo ha chiesto: come sono possibili atti così ostili, mentre allo stesso tempo la Casa Bianca dice di essere pronta al dialogo? McAdam risponde: «La chiamano diplomazia coercitiva. È quello che gli USA hanno applicato all’Iran per anni. C’è l’apparenza di un dibattito diplomatico, ma in realtà la controparte deve rinunciare alla sua posizione prima che gli USA si impegnino nel dialogo. La diplomazia coercitiva non ha funzionato benissimo nella storia».

Ma solo pochi giorni fa il presidente Obama ha pubblicamente ammesso che le sanzioni contro Cuba, imposte per 50 anni, non sono servite a nulla (non hanno provocato il regime change, sottintendeva); come si concilia questa ammissione con le sempre più pesanti sanzioni al popolo russo e le continue ed aggravate provocazioni? La risposta di McAdam è notevole.

«Si deve capire quanto è limitata l’informazione dei membri del Congresso. Sono stato al Congresso per 12 anni, conosco altri membri della Commissione Esteri, e so di che informazioni si nutrono: leggono esclusivamente giornali come il Washington Post e il Wall Street Journal che sono assolutamente unilaterali nella loro propaganda. Peggio della Pravda ai bei tempi sovietici. Sicché l’apporto di questi deputati è di un solo tipo, ed attualmente gente del genere domina assolutamente il discorso a Washington; quei pochi parlamentari che si sentono a disagio sono facilmente ignorati. Ciò è sommamente pericoloso, e mi ricorda quello che accadde cent’anni fa (1914), quando un gran miscuglio di arroganza e di ignoranza portarono all’orrenda conflagrazione. E temo che se non cambia presto qualcosa di fondamentale, è questa la direzione in cui andiamo».

Crassa ignoranza
, superficialità, irresponsabilità è dunque il miscuglio demente che guida la politica estera della superpotenza contro Mosca. L’assoluta cecità alle conseguenze non calcolate che può avere una simile volontà di schiacciare ed eliminare la Russia, di perseguire la capitolazione umiliante di Vladimir Putin: conseguenze che vanno dall’escalation di provocazioni fino all’incidente armato, al gettare la Russia nelle braccia della Cina rafforzando il nemico principale, fino al «cambio di regime» nel senso contrario a quello auspicato: l’idea che detronizzato Putin gli succederà un servizievole filo-americano ed atlantista, è la meno probabile.

Molto più possibile che lo sostituisca al potere un regime duro e nazionalista (ambienti ‘eurasiatici’ già sussurrano che Putin è un molle), magari un gruppo di Generali. Un tale Governo di Generali può sentirsi presto messo con le spalle al muro dall’ossessione americana («Non vogliono che una cosa dalla Russia: che la Russia non esista più», ha detto Leonid Chebarchin, ex capo dei servizi esteri del FSB già Kgb): esso può vedere nell’infliggere il ‘primo colpo’ l’unica via di uscita, come l’ammiraglio Yamamoto nel Giappone anni ’30 che, strangolato dalle sanzioni USA, sapeva di avere riserve di petrolio per soli sei mesi.

Il giorno che Einstein temeva è arrivato




È immaginabile persino un danno collaterale peggiore di questo: la destabilizzazione della Russia, la frattura e lo smembramento della seconda potenza nucleare del mondo. La lezione della Libia «liberata» dal suo dittatore e i cui arsenali saccheggiati rendono eterna e incoercibile la guerra civile in corso, dovrebbe suggerire prudenza: le armi di Gheddafi erano tante, ma pur sempre convenzionali.

Non c’è nessuno a Washington che tenga questa prudenza. Tutto il «pensiero collettivo» (il pavloviano group thinking) ha adottato la monolitica posizione che la crisi ucraina è stata istigata da Putin come parte del suo diabolico piano di ricreare l’impero sovietico o zarista, inglobando l’Ucraina, i baltici, la Polonia. Del tutto dimenticato che sono stati invece i think tank di Washington a dichiarare l’Ucraina «il primo premio», ossia il bottino da strappare alla zona d’influenza di Mosca, e da integrare nella NATO, per chiudere la Russia in Asia; Putin ha solo reagito a questo piano.

In questi giorni, è tutto in congratularsi fra politici, columnist ed analisti strategici americani di aver messo la Russia nell’angolo. C’è anche un piacere maligno in cui agisce un senso inconfessato d’invida. A rivelarlo è stato (non sorprende) il presidente Obama, che non ha resistito ad esternare la sua infantile soddisfazione con questa frase: «Tre o quattro mesi fa, si diceva che Putin, da grande maestro di scacchi , aveva vinto l’Occidente o Obama; ma oggi governa un Paese con la valuta crollata, in crisi finanziaria e recessione economica. In questo contesto, è difficile credere che lui mi ha vinto...».

Forse è un cantar vittoria troppo presto (la partita con lo scacchista è ancora in corso, anzi nelle sue prime fasi), mentre anche l’industria americana dello shale oil (indebitatissima) si avvicina alla bancarotta a causa del crollo del petrolio; né la crisi sociale americana, dove la polizia ammazza negri e negri sparano ai poliziotti, sembra meno di malaugurio della sua crisi finanziaria e nascosta dai «successi» della Borsa di Wall Street: per rallegrarsi di aver messo in crisi la Russia, bisogna dimenticare che le banche e i fondi speculativi americani hanno letteralmente impegnato in scommesse sei volte il Pil mondiale (555 trilioni di dollari): una bolla che pende sulle teste di tutti e può implodere da un momento all’altro, vaporizzando istantaneamente il dollaro (e le altre monete).

Per intanto, il Ministro degli Esteri cinese Wang Ti ha dichiarato ufficialmente e pubblicamente – il che è rarissimo – quanto segue: è convinto che la Russia ha «la capacità e la saggezza necessarie per superare la sua crisi monetaria», ma in ogni caso la Cina è pronta ad aiutare la Russia se occorre. Intanto il Ministro del Commercio Gao Hucheng ha fatto sapere di poter aumentare l’uso dello yuan nelle transazioni con la Russia, vista la caduta del rublo. Pochi giorni fa, il giornale ufficiale ha approvato ad alta voce l’annessione (o il ritorno) della Crimea alla Russia. È l’indicazione che Pechino si mette, fermamente e discretamente, a fianco di Mosca.

Il giornalista USA Alexander Mercouris ha parlato, a proposito del «voto unanime» di cui sopra, e del contestuale termine del lungo embargo contro Cuba, della «natura profondamente disfunzionale del processo di decisione americano, dove cambiare anche la politica più ovviamente fallimentare è straordinariamente difficile». Natura disfunzionale? Ma questa è la ‘demokràzia’ al suo meglio, il «sistema della libertà occidentale» nel suo perfetto stato terminale di stupidità, ignoranza, irresponsabilità e bassezza procedurale. È questo il modello adottato anche dall’Europa.

Per non parlare dell’Italia. Tocca proprio occuparsi dell’ultima bufala giudiziaria-carabinieresca. Che nasconde qualcosa.

«Blitz contro il terrorismo neofascista: 14 arresti in tutta Italia»

Titolo tipico. Tutti i media pavloviani sbattono in prima pagina «Rutilio Sermonti: ecco chi è l’ideologo del gruppo di neofascisti arrestati» (Huffington Post). Gli atti d’accusa contro costui sono, pavlovianamente, schiaccianti: in un’intervista, riportano tutti i media di Pavlov, ha osato dire quanto segue «La grandezza di Mussolini era quella di saper affrontare i problemi e utilizzare ciò che aveva a disposizione. Ha usato sindacati e agricoltori e ciò che già c’era, ma ha infuso uno spirito diverso. Lo Stato organico». Delitto almeno pari a quello – di ciò lo accusano i cosiddetti inquirenti – di «una nuova Costituzione repubblicana basata su un ordine costituzionale di ispirazione marcatamente fascista. Sermonti vene accusato inoltre di aver “incitato i sodali del gruppo all'offensiva”. I sodali parlavano tra loro al telefono: spariamo a questo, ammazziamo quelli. Terribili. Progettavano un colpo di Stato. Per il quale cercavano delle armi: quanto costano? Si chiedevano al telefono o sul web (posti di estrema clandestinità). Le armi, non le avevano: ma se le avessero avute, avrebbero fatto stragi. In 14. Da Ascoli Piceno alla conquista del potere.


«Tutti i giorni io lavo il mio cervello con la tele»


Questi terribili giovani – di cui la carabin-procura emette le intercettazioni a ruota libera, per i media – non li conosco. Rutilio Sermonti l’ho visto più volte quando abitavo a Viterbo, era presente a molte conferenze che le destre pensanti organizzano a Roma. Dire che l’ho conosciuto è troppo: avrei voluto – è il fratello maggiore del biologo antidarwinista Sermonti, notevole disegnatore e scultore, scrittore e poeta, amante degli animali, inventore, e un passato impareggiabile di volontario della RSI e da fondatore del Movimento Sociale, da farsi raccontare – ma la conoscenza era resa difficile dalla sua sordità: impossibile farsi capire da lui. Del resto scusabile, a 94 anni. Sono curioso di vedere come sarà, il vecchissimo perseguitato, in aula, quando i giudici delle mie tasche (nel senso che li pago) vorranno interrogarlo.

Sarà divertente. Non è divertente per quei poveri 14 arrestati, li aspettano anni di angustie, di spese di avvocati, il Natale in carcere (preventivo, come al solito), per poi essere probabilmente prosciolti dopo tre o quattro anni, nel silenzio dei media. Vite rovinate. Erano anche loro, a quel che intuisco, il gruppetto generoso che manteneva il gran vecchio Rutilio, gli aveva trovato una casa in campagna quasi gratis ad Ascoli, perché il geronte è ridotto alla povertà. Adesso, sarà alla miseria.

Perché adesso hanno ritenuto che occorrono gli arresti clamorosi. Ma non è una iniziativa a capocchia, ho la sensazione che faccia parte di una strategia: dettata dall’alto — o da fuori. Me lo dice il fatto che questa inchiesta sia esplosa in contemporanea con Mafia Capitale. Sapete, le tonnellate di intercettazioni dei malavitosi (della cooperativa di ex detenuti) che si parlavano, che erano entrati in affari col Comune «proprio perché delinquenti in percorso di riabilitazione». L’arresto di Carminati «Il Nero» con i mitra spianati, e il video diffuso in tv, quando lo conoscevano tutti da anni e potevano arrestarlo già dieci anni fa (vedere qui).

I miei privati sospetti sono diventati un campanello d’allarme quando i media di Pavlov hanno scritto: Carminati aveva in casa una katana, mostrando le foto della tremenda arma sequestrata: un’arma in libera vendita ad adulti. E all’«apparato militare» di Carminati – consistente nella persona di un tale detto Spezzapollici, con la faccia da mangiatore romanesco di pajjata – era stata scovata in casa un’arma: «un tirapugni».

Sì, tenere un tirapugni non è bello. Ma si converrà che è un po’ pochino per parlare di «braccio militare del Nero Carminati». Ciò mi ha ricordato anni di piombo, di strategia della tensione, di retate di fascisti, di ammazzamenti di un fascista chiamato Esposti con colpo alla nuca da parte di un colonnello dei carabinieri, un omicidio di Stato senza spiegazione. Un déjà vu tremendo..

Adesso, mentre scrivo, vedo che è stato operato anche «un Blitz contro i neofascisti di Ordine Nuovo, indagati anche a Udine, Pordenone e Gorizia. Ecco i nomi...». Si tratta, dicono i Pavlov-giornalisti, di «un’operazione nazionale dei Ros contro l’eversione nera. L’accusa: volevano uccidere politici senza scorta con un’azione simultanea: “dieci, undici, insieme...”. Volevano anche far saltare le sedi di Equitalia con il personale dentro. E non solo: tra gli obiettivi c’erano anche le stazioni, le prefetture e le questure. Due indagati nell’Isontino, uno a Udine e uno a Pordenone». Due perquisizioni anche a La Spezia...

Ostrega, ci risiamo. Tornano i vecchi tempi, lo Stato (o la NATO o la UE) ha bisogno di farci credere che il pericolo fascista è qui, fra noi, ci minaccia...

Voglio solo far notare che in questi stessi giorni, delle bombe sicuramente di sinistra sono state ripetutamente piazzate sul percorso dei treni ad alta velocità Milano-Bologna-Roma, allo scopo di farli deragliare e fare, sperabilmente, una strage: e qui, la polizia non ha arrestato nessuno. L’altro giorno a Milano «antagonisti» mascherati col passamontagna hanno fatto irruzione all’Hotel Hilton, distruggendo mobili e devastando la hall fra il terrore degli ospiti (una promozione della civiltà italiana): l’hanno fatto per ritorsione perché l’Hilton aveva ospitato una conferenza di Forza Nuova. Conferenza indetta dapprima in un locale della Provincia, ma che ha dovuto essere spostata dopo le proteste dell’ANPI, dei partigiani, della Resistenza, del Comune Pisapippa... tutto un dejà vu. Una strategia della tensione, come allora.

I NAR, Ordine Nuovo, il tirapugni sequestrato e le bombe contro i Frecciarossa impunite, perché le mettono le «sedicenti brigate rosse», sempre agli ordini dei poteri forti, a volte persino senza saperlo. Questi rossi e antagonisti che si mettono in azione come ad un segnale ricevuto, dopo decenni di letargo... Tutto come allora.

Attenzione ragazzi, è la «demokràzia» in versione italiota. Ossia la provocazione stupida, poliziescamente idiota, ma non meno crudele e sanguinaria. State in guardia.

Ed auguriamoci un santissimo Natale, ed un buon 2015: perché potrebbe essere cattivo. È un déjà vu.




L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.   


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità