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ΖΗΤΩ Η ΕΛΛΑΣ (Viva la Grecia)
Luciano Garofoli
14 Marzo 2015
Nel 486 a.C. Serse I imperatore dei Persiani, dopo aver domato la rivolta in Egitto, riprese i preparativi per l’invasione della Grecia. Essa doveva cancellare l’onta della sconfitta subita dal padre Dario nel 490 a.C., nella piana di Maratona. Presentandosi come un’invasione su larga scala, la spedizione richiese una pianificazione a lungo termine, l’immagazzinamento di grandi quantità di rifornimenti e l’arruolamento di molti soldati. L’Imperatore persiano decise di fare le cose in grande. Ordinò la costruzione di un ponte sull’Ellesponto per permettere al suo esercito di arrivare agevolmente in Europa ed addirittura lo scavo di un canale attraverso l’istmo del Monte Athos, nella penisola Calcidica: infatti, Mardonio, nel 492 a.C. comandante della flotta persiana aveva visto le sue navi distrutte nell’aggirare il medesimo promontorio. Queste erano imprese di una portata vastissima, che sarebbero risultate impossibili per qualsiasi altro stato coevo. Tutto sommato i Persiani non erano poi così barbari come li si dipinse e possedevano un potenziale tecnologico elevatissimo, supportato anche da una enorme disponibilità economica che l’impero produceva. All’inizio del 480 a.C. i preparativi erano stati completati e l’esercito che Serse aveva riunito a Sardi, marciò verso l’Europa, attraversando l’Ellesponto su due ponti di barche. I Greci, messe da parte le loro divisioni, le loro differenti e sostanziali visioni di vita compirono il miracolo: il chiacchiericcio di Atene ed il silenzio di Sparta unitisi, riuscirono a cambiare il corso della storia. Quando Serse arrivò al passo delle Θερμοπύλαις (Termopili o porte calde) si trovò il passaggio sbarrato da un piccolo contingente di Greci di varie città al comando di Leonida, il re di Sparta. La leggenda, come racconta Erodoto, narra che gli Spartani consultarono l’oracolo di Delfi nella prima parte dell’anno ed esso fornì loro la seguente profezia: «A voi, o Spartani dalle larghe piazze, o la vostra città sarà distrutta dai discendenti di Perseo o ciò non avverrà ma Sparta piangerà la morte di un re della stirpe di Eracle». (Erodoto, Storie, VII, 220) Erodoto ci dice che Leonida, dopo aver appreso il vaticinio, fosse convinto di andare incontro a morte certa, insieme a tutte le sue truppe; perciò scelse solo gli Spartiati che avevano figli in modo da assicurare continuità alle stirpi. Serse inviò un emissario per negoziare con Leonida: ai Greci venne offerta la libertà, il titolo di "amici del popolo persiano" e terre più grandi e più fertili di quelle che già possedevano. Quando questi termini di pace furono rifiutati da Leonida, l’ambasciatore chiese perentoriamente di gettare le armi, ma il re rispose: "Μολὼν λαβέ" venitevele a prendere! L’Imperatore persiano rimase incredulo alla risposta riferitagli dal suo ambasciatore, perciò lasciò passare quattro giorni sempre sperando che i Greci si ritirassero; al quinto giorno, poiché i Greci non accennavano ad andarsene e anzi la loro permanenza gli sembrava un atto di insolenza, ordinò di dare inizio alla battaglia. Alla fine i Persiani riuscirono ad avere la meglio sui trecento opliti di Sparta, anche e soprattutto al tradimento di Efialte che svelò ai Persiani l’esistenza di una strada che più a monte permetteva di aggirare le linee di difesa greche: “Qui si difesero fino all’ultimo, chi aveva ancora le spade combatté con esse, e gli altri resistettero con le mani e con i denti”. (Erodoto, Storie, VII, 225) Non è difficile, cambiando i personaggi e l’epoca poter vedere oggi uno scenario simile a quello dell’invasione persiana. I nemici dell’Ellade sono la Troika (FMI, BCE, Commissione europea), la Germania rappresentata dal Ministro delle finanze del Reich Wolfgang Schäuble, Jeroen Dijsselbloem della Commissione Europea, detto il “signor no” e da ultimo il vero padrone dell’Europa: il Governatore della BCE Mario Draghi. Le parti dei difensori sono ovviamente ricoperte dal primo ministro Alexis Tsipras e da Yanis Varoufakis nella parte di Leonida. Ma questo tipo di epico scenario è veramente realistico? Qualche lecito dubbio sussiste, ma è ancora troppo presto per stilare giudizi che potrebbero risultare affrettati. Tante le promesde fatte, quasi come giuramenti, durante la campagna elettorale dai leader di Syriza; tanti e spesso contraddittori gli impegni presi per dimostrare di possedere la ricetta della pozione magica che avrebbe fatto rifiorire l’Ellade. Intanto all’orizzonte si profilano neri nuvoloni forieri di grandi temeste che dovrebbero scuotere il Vecchio Continente. Ci si chiede, alla luce di quello che sta accadendo, se si possa mettere la parola fine al sistema che opprime i popoli europei e li mette nel torchio del pensiero unico e del politicamente corretto. Legittimamente si possono avere dei ragionevoli dubbi, ciò non dispiaccia a coloro che hanno voluto vedere nella vittoria di Tsipras alle recenti elezioni elleniche, il nascere di una «Primavera dei popoli europei». E quest’ultimo dopo aver giurato in maniera inequivocabile che avrebbe lasciato la comunità europea e abbandonato l’euro, ora reclama un New Deal per l’Europa e fa appello, attraverso il suo Ministro delle Finanze, alla Banca Lazard, per avere dei consigli avveduti, mentre svolge il suo tour per le capitali europee solo per fare quattro chiacchiere: è un po’ come nominare tutore di Cappuccetto Rosso il Lupo, mettendosi direttamente nelle sue fauci fameliche! Ma su questo argomento ritorneremo più avanti svolgendo una serie di considerazioni più articolate. La vittoria dei proscritti Se diamo uno sguardo alla composizione della nuova Camera dei Deputati greca i 17 deputati di Alba Dorata formano, in effetti, la terza forza politica del Paese. Non dobbiamo dimenticare che in pratica questo movimento (dal nome esoterico e spesso ideologicamente eterodosso e poco trasparente) è stato decapitato su specifica ed unanime volontà dell’insieme della classe politica. A causa di un omicidio, non molto ben acclarato e conseguenzialmente ad esso, otto deputati di Alba Dorata, sono stati gettati in galera contro ogni regola e contro qualsiasi diritto, il più elementare. Per noi italiani è come se vivessimo un déjà vu. Per anni il cosiddetto arco costituzionale ha praticamente tolto qualsiasi tipo di capacità giuridica e politica a circa il 10% degli elettori italiani. Ma ovviamente questo, extrema ratio, rientrerebbe nel gioco della politica e sarebbe quasi accettabile. La cosa che sicuramente il potere, in collaborazione con il Partito Comunista maggior raggruppamento d’opposizione, pose in essere, fu il linciaggio di chi a destra militava. Attentati, omicidi (molti dei quali rimasti impuniti), pestaggi e soprattutto un climax di violenza verbale nei confronti degli aderenti al Movimento Sociale Italiano. Militanti ed elettori etichettati con il marchio d’infamia di fascisti. Nemmeno la comparsa sulla scena politica delle Brigate Rosse fece cambiare idea a chi continuò a predicare che il pericolo veniva solo ed esclusivamente da destra. Certo a distanza di anni è ancora difficilissimo stabilire se un qualche tipo di accordo esistesse tra la Democrazia Cristiana ed il PCI, ma i fatti sembrerebbero confermare questa ipotesi inquietante. Entrambi i maggiori partiti italiani avevano interesse ad eliminare chi voleva un radicale cambiamento della politica del consociativismo e della spartizione della torta del potere: il tutto risalente ai patti stretti da DC e PCI durante il sodalizio nel CLN. Oggi, a distanza di anni, la tecnica sembra essersi propagata non solo in Europa, ma nel mondo. La più importante formazione politica sotto questo tipo di trattamento è sicuramente, in Francia, il Front National: stesse tecniche di demolizione, stesse accuse infamanti, stesso marchio ignominioso: fascisti!! Eppure nonostante le continue monitorazioni fatte dai vari e blasonati istituti demoscopici, molti elettori francesi continuano a dare una previsione di voto ed esprimersi, poi, in maniera difforme, con sommo dispetto dei sondaggisti. In Germania chi si dichiara apertamente nazionalista o antieuropeista come Alternative Fuer Deutuschaland o lo FPO Liberal nazionali: vengono minacciati di denuncia per leso europeismo. La cosa non cambia in Belgio dove il N-VA radicato per la maggior parte in Fiandra viene tempestato di accuse di nazismo ed in Olanda il PVV Partito della Libertà di Geert Wilders è sottoposto alle stesse ossessive attenzioni. In tutto ciò è impossibile non riscontrare la stessa mano nascosta che muove i fili sempre ed unicamente con lo scopo di “indirizzare” il mondo verso lo stesso pensiero unico e verso la costituzione di un esecutivo sovranazionale ed apolide, guidato dai grandi centri di potere economico. La cosa davvero strana è che in Ucraina le formazioni di estrema destra, addirittura apertamente filo naziste, non déstino nessun tipo di scandalo, né facciano insorgere le vergini vestali della democrazia: ma forse lì gli obiettivi dei signori del denaro e dei loro camerieri politici, sono diversi e poi, viene spontaneo chiedersi, come mai formazioni ultranazionaliste e populiste sono così favorevoli all’entrata dell’Ucraina nella Comunità europea? Misteri e segreti della dea democrazia. Nel silenzio mediatico, senza mezzi a disposizione, attraverso conferenze stampa improvvisate e a dispetto dei partiti partigiani della sovranità nazionale tutti protesi a recuperare i voti ottenuti nelle precedenti tornate elettorali da Alba Dorata, gli elettori non si sono fatti intimidire. Soprattutto nelle grandi città come Atene o Salonicco dove la popolazione è in preda ad un’insicurezza sempre più galoppante. Fino all’ultimo momento nessuno dei media si è degnato, se non per presentare delle caricature, di prendere in considerazione i messaggi di Alba Dorata. Eppure il movimento ha svolto un’azione capillare di presenza quotidiana cercando di portare aiuti distribuendo derrate alimentari, o accompagnando le persone anziane a rifornirsi ai bancomat, azione questa molto apprezzata dai molti anziani che sovente non hanno grande dimestichezza con i distributori elettronici. Certo il margine di manovra che il movimento avrà in Parlamento sarà sicuramente molto ridotto; in più i parlamentari saranno molto sorvegliati e tenuti nel mirino dal Presidente del Parlamento la sempre molto attiva giurista Zoé Konstantopoulou. Tsipras al guinzaglio
Pur essendo un “vecchio militante” comunista formato alla più stretta dialettica marxista, ha subito preso atto del non raggiungimento della maggioranza assoluta all’indomani delle elezioni. Ha reagito alla contingenza creatasi, molto rapidamente stringendo un’alleanza con Panos Kammenos, decorato con la Légion d’honneur da Sarkozy nel 2007 e che nel 2012 fondò un movimento con il chiaro obiettivo di perseguire e difendere la sovranità nazionale e che, senza problemi, potremmo definire nazional popolare. Oggi davanti al sempiterno scetticismo europeo reagisce minacciando di porre in essere la cosa che gli eurocrati più disprezzano e vogliono assolutamente impedire: indire un referendum popolare sulla permanenza o meno dell’Ellade nell’eurozona! Qui immancabile è il paragone con quello che è la realtà italiana. Nonostante la Grecia sia da noi considerata la patria dei bizantinismi e delle sottigliezze più dotte e fuorvianti, il giorno seguente al risultato elettorale il Paese aveva già un nuovo Governo di coalizione. Governo che prestava immediatamente giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica. Niente toto Ministri, niente trattative più o meno estenuanti con le varie correnti e sottocorrenti di cui sono strapieni i nostri raggruppamenti politici. La coesione è una delle cose più importanti per poter svolgere in maniera proficua un’azione di Governo. Altra cosa rimarchevole è che il nucleo di maggioranza che si è formato ha concordato un programma di governo che viene da subito portato avanti senza remore o, peggio, senza problemi come è giusto in una democrazia normale e funzionante. Il controllo esercitato dalle opposizioni non può diventare sabotaggio facendo scendere in campo organi extra politici come la magistratura, o peggio facendo ricorso alla piazza ed al ricatto esercitato dagli alti gradi della burocrazia dello Stato, come invece è prassi consolidata in Italia. Non ha alcun senso che quando la sinistra è all’opposizione voglia comunque, con tutti i mezzi leciti e meno leciti, imporre la sua agenda politica bloccando qualsiasi azione di Governo. Quando poi la medesima è la maggioranza allora si comincia a porre in essere una serie di chiacchiere, discussioni, discordie, ripicche per cui niente di costruttivo può essere raggiunto. Il principio democratico va di pari passo con il concetto di ˝autoritas˝ strettamente connaturato e caratteristico dello Stato. Qualcuno dovrebbe spiegare, a queste zelanti vestali del culto della Dea Democrazia, che il Parlamento è il luogo deputato sì al dibattito pluralistico e libero ma soprattutto il posto dove si legifera, non quello in cui si fanno solo altisonanti ed inutili disquisizioni. Forse nella mentalità di molti è rimasto vivo il ricordo del ruolo svolto dal centralismo democratico e di quello coperto dal Soviet delle Nazionalità, organo in cui si poteva solo esprimere la propria adesione a quanto deciso dal Comitato Centrale del PC dell’URSS e conseguentemente alzare la manina al momento della votazione (che era sempre all’unanimità)! Panos Kammenos è come la maggior parte dei suoi compatrioti difensore della Chiesa ortodossa, della famiglia tradizionale della protezione delle frontiere e della provincia della Macedonia (per cui si trova in perenne conflitto per l’uso del nome con la Repubblica di Skoplje) ed anche fortemente ostile alla politica condotta dal Primo Ministro turco di Erdogan. Kammenos si è visto attribuire, nel nuovo Governo Tsipras il Ministero della Difesa, scelta politica coerente con la nomina di Nikos Kotsias alla carica di Ministro degli Esteri, con il quale condivide l’obiettivo di: ˝Ristabilire la sovranità della Grecia ed a controbilanciare l’influenza geopolitica ed economica della Germania nei Balcani˝. Il che, in parole chiare, significa ristabilire relazioni privilegiate con la Russia cercando di espletare nuovi tipi di orientamenti di politica estera al di fuori dall’Unione Europea, o dai rigidi legami da essa imposti ai membri. Kotsias ha espresso il suo sostegno al progetto di gasdotto sotto il Mar Nero tra la Russia e la Turchia, nella speranza che una biforcazione porterà anche in Grecia gas naturale. Si augura anche di poter rinegoziare con Mosca le contro sanzioni prese da quest’ultima in seguito alla rottura di contratti di vendita da parte di Bruxelles, conseguenza diretta della crisi Ucraina. Ma il suo entusiasmo rinnovatore è stato abbastanza ridimensionato nel corso della sua visita a Bruxelles, durante la quale gli eurocrati hanno cercato di stoppare la sua politica di sostegno a Putin. Un Ministro delle Finanze policompatibile Yanis Varoufakis, il nuovo Ministro delle Finanze, a tutto per piacere all’Establishment finanziario. Qualche sfuriata ben assestata, qualche fissazione, tipica della sinistra, sull’evasione fiscale e sull’organizzazione delatoria per combatterla, un profilo di bohemién così a suo agio nel suo ambito protetto. Varoufakis ha passato la maggior parte del suo tempo in Inghilterra ed in Australia, dove ha insegnato, per più di 12 anni, economia. Ritornato solo recentemente all’ovile, per un certo periodo di tempo è stato consigliere del Primo Ministro greco Papandreu, oltre che professore all’Università di Atene. Fu un buon profeta prevedendo la crisi dei subprimes; quando la troika chiede ed impone delle misure brutali di assestamento di bilancio al suo Paese, confessò apertamente che avrebbe preferito che la Grecia avesse fatto default e che sarebbe stato molto meglio mandare tutto a carte quarantotto e far saltare il banco. A poco a poco si avvicina a Syriza, ma se la dà a gambe e da gennaio 2013 ha insegnato alla Lyndon B. Johnson School of Public Affairs dell’Università del Texas a Austin. Lascia la Grecia in quanto si sente minacciato. Parlando perfettamente inglese, è contemporaneamente il cocco dei media anglosassoni ed anche un ammiratore devoto di Jean Monnet, di cui cita spesso il ˝contratto sociale europeo˝ da questo concepito. Durante la sua recente visita a Parigi, ha apertamente riconosciuto che il suo Paese è allo stremo ed essendo questa la realtà effettuale non ha scampo. ˝(La Grecia) è assuefatta come un tossico che reclama una nuova dose, è necessario aiutarla a privarsene˝. Ha chiaramente esternato tutto il male che pensa della Germania, ha ricordato gli anni ’30 del novecento ed i rischi di frammentazione (sic) precisando che si sarebbe rifiutato di negoziare con la troika il debito greco che rappresenta ormai, il 175% del prodotto interno lordo. Riguardo a questo debito, di ben 315 miliardi di euro, il banchiere Matthieu Pigasse propone di ridurlo di 100 miliardi per permettere la realizzazione del programma elettorale di Syriza: assunzione di nuovi funzionari, elettricità gratuita per un vasto settore della popolazione greca, aiuti sociali a ripetizione. Per il proprietario della Banca Lazard questo tipo di programma non è proprio del tutto originale: aveva già proceduto alla ristrutturazione del debito greco al momento dell’inizio della crisi, con il conseguente successo che è ora sotto gli occhi di tutti, ma intascando, per il disturbo, la graziosa cifra di 20 milioni di euro! Il nuovo Ministro dell’Economia greco rifiuta l’ultima trancia di 7 miliardi di euro previsti dal programma del 2012, facendo balenare la minaccia di un’uscita anche se catastrofica della Grecia nella zona euro. Fa tutto ciò, ben sapendo che ormai la palla è stata lanciata nel campo della BCE e che quest’ultima difficilmente può darsi la zappa sui piedi dando conseguentemente ragione e forza a tutti gli euroscettici europei. Il nuovo Governo cerca di approfittare, nello stesso momento, anche del recente sostegno manifestato dal presidente degli Stati Uniti Obama per guadagnare tempo nella negoziazione. Per dovere di completezza riportiamo le dichiarazioni che Varoufakis, ha reso in un’intervista rilasciata al settimanale francese L’Express, nella quale propone che la BCE: ˝Possa emettere delle obbligazioni per conto degli Stati con l’obiettivo di far abbassare i tassi di interesse e sia autorizzata a ricapitalizzare le banche in difficoltà attraverso il meccanismo europeo di stabilità˝. La reazione di ˝sua maestà il mercato˝ non si fece attendere: la borsa di Atene ebbe una spettacolare rimonta dimostrando una volta in più, la connivenza tra il turbocapitalismo e l’internazionalismo proletario. Ma sentite quello che scriveva Varoufakis il 16 febbraio 2015 in una lettera aperta pubblicata sui quotidiani ateniesi:
“Non è più tempo di fare giochi in Europa! Scrivo questo articolo durante una negoziazione cruciale con i creditori del nostro paese, una negoziazione i cui risultati possono incidere sulla vita di una generazione e di essere anche una svolta nell’esperienza dell’unione monetaria europea. I teorici di questi giochi analizzano questo negoziato come se si trattasse di dividersi un dolce tra giocatori egoisti. Poiché ho passato numerosi anni allo studio della teoria di questi giochi, nel corso della mia vita precedente di ricercatore universitario, alcuni commentatori si sono precipitati a dire che in quanto nuovo Ministro delle Finanze della Grecia, ero occupato a cercare di creare bluff e stratagemmi per cercare di migliorare una mano di carte molto scarsa. Tutto ciò è completamente falso. Se i miei studi sulla teoria dei giochi mi hanno insegnato qualcosa, è proprio pensare che le trattative in corso tra la Grecia i nostri partner, possano apparire come un gioco di negoziazione e che quindi possano essere vinti, o perduti a colpi di bluff e sotterfugi tattici: tutto ciò è pura follia. Il problema della teoria dei giochi, come spiegavo ai miei studenti, è che si è indotti a prendere per acquisite le motivazioni dei giocatori. A poker o a blackjack questa ipotesi non costituisce un problema. Ma per quanto riguarda le trattative attuali tra i nostri partner europei ed il nuovo governo della Grecia, l’unica questione è di creare nuove motivazioni. Si tratta di assemblare una mentalità nuova che trascende le divergenze nazionali, abbandonata la distinzione creditori debitori in favore di una prospettiva pan europea e che piazzi il bene comune europeo al di sopra della piccola politica, dei dogmi che hanno mostrato quanto essi possano essere nefasti nel momento in cui vengono sacralizzati in uno stato di confronto sistematico. Come Ministro delle Finanze di una piccola nazione in deficit nei confronti della propria Banca Centrale e che viene considerata, da molti dei nostri partners come cattivo debitore, sono convinto che per lei esista una sola opzione: evitare di trattare questo momento cerniera come una esperienza di strategie di giochi. E che, al contrario, bisogna presentare onestamente i fatti concernenti l’economia sociale della Grecia, mettere sul tavolo le nostre proposte per far di nuovo ripartire la Grecia, spiegare, perché queste sono nell’interesse dell’Europa e far notare bene le linee rosse al di là delle quali la logica ed il dovere ci impediscono di andare. La grande differenza fra il governo attuale e di governi precedenti e duplice: noi siamo determinati ad entrare in conflitto con i particolari e pressanti interessi con l’obiettivo primario di rimettere in moto la Grecia e di guadagnare la fiducia dei nostri partners. Siamo altrettanto determinati a non essere trattati come una colonia del debito, la quale debba soltanto soffrire senza limiti. Il principio di una sempre maggiore crescente ostilità per un’economia assai depressa sarebbe pittoresco se non avesse già causato tante inutili sofferenze. Spesso mi chiedo: e se la sola maniera, per voi, di ottenere un finanziamento fosse quella di superare le linee rosse e di accettare quelle misure che voi considerate parte del problema, piuttosto che la sua soluzione? Fedele al principio che io non ho il diritto di bleffare, la mia risposta è: le linee che noi abbiamo presentato come i limiti non saranno assolutamente superate. Altrimenti queste non sarebbero delle linee rosse, ma semplicemente dei bluff. Ma continuo a chiedermi: che cosa si potrebbe mai fare se questo porta molto dolore e sofferenza al vostro popolo? Certamente l’unica strada, per voi, sarebbe quella di bleffare. Il problema che si presenta con questo argomento è che esso presuppone, conformemente alla teoria dei giochi, è che noi viviamo in un incardinamento obbligatorio di conseguenze. E che non esistano delle circostanze nelle quali noi dobbiamo fare ciò che è giusto, non come una mossa strategica, ma semplicemente perché è giusto! Contro un tale cinismo il nuovo governo greco deve per forza innovare. Dobbiamo per forza rinunciare, quali che siano le conseguenze dirette di ciò, a qualsiasi offerta che sia cattiva per la Grecia e per l’Europa. Il gioco “ continuare ad ampliare e far finta di niente” cominciato nel 2010 quando il debito pubblico della Grecia è diventato impagabile, deve finire. Assolutamente niente più prestiti fino a quando non avremo un piano credibile di crescita dell’economia che ci permetta di rimborsare questi prestiti, aiutare la classe media a rimettersi in piedi e provvedere a risolvere l’orrenda crisi umanitaria a cui siamo sottoposti. Porre termine ai programmi di riforme che prendono di mira le pensioni più basse, le farmacie familiari e che invece lasciano intatta la corruzione su vasta scala. Il nostro governo non chiede assolutamente ai nostri partners mezzi che impediscano di rimborsare i nostri debiti. Chiediamo invece qualche mese di stabilità finanziaria che ci permetta di far partire le riforme, che la popolazione greca può largamente fare sue e che permettano di mettere in moto la crescita e che pongano fine alla nostra incapacità di pagare ciò che noi dobbiamo ai creditori. Si potrebbe pensare che questo rifiuto di rientrare nella teoria dei giochi sia motivato da un punto di vista caratteristico della sinistra radicale. Assolutamente non è così. Il principale referente qui è Emmanuel Kant il filosofo tedesco che ci ha insegnato che la ragione, la libertà ci permettono di affrancarci dall’impero dell’opportunismo facendo proprio soltanto ciò che è giusto. Ma come sappiamo che la nostra modesta agenda politica la quale costituisce la nostra linea rossa invalicabile, sia giusta nei termini dettati da Kant? Noi lo sappiamo guardando in faccia la fame nelle nostre città o che attanaglia la nostra classe media la quale non ne può più, oppure prendendo in conto gli interessi delle persone che lavorano duro in ogni paese e in ogni città europea in seno alla nostra unione monetaria. Dopo tutto, l’Europa può ritrovare la sua anima soltanto se essa si guadagnerà la fiducia del popolo mettendo i suoi interessi al centro della sua azione”.
Analisi e parole sagge e condivisibili in toto. Dagli economisti marxisti agli attivisti di ogni tipo Andiamo ad analizzare, oltre alle belle parole, anche chi c’è accanto alla nuova classe dirigente di Tsipras. Le sorprese ovviamente non mancano. Innanzitutto gli economisti che hanno aiutato a formulare il programma economico di Syriza per la maggior parte sono dei docenti universitari di formazione marxista forgiatisi negli atenei anglosassoni: ciò è solo apparentemente un paradosso. A fianco di Varoufakis troviamo da una parte Nadia Valavani militante storica della sinistra greca la quale si occuperà di bilancio, ma anche, allo stesso tempo, farà un po’ da cane da guardia del Ministro temprando i suoi bollenti spiriti attraverso metodi trotskisti. Dall’altra parte Rania Antonopoulou la quale si definisce una tecnocrate keynesiana. Rania aveva ricoperto l’incarico di direttrice del programma Gender Equality and the Economy presso il Levy Institut di New York. Il suo specifico incarico nel Governo sarà quello della lotta alla disoccupazione, senza dimenticare di seguire anche il programma Gender, vista la sua precedente esperienza. George Stathakis nel Governo Tsipras è il nuovo Ministro dell’Economia. Professore di ˝analisi marxista˝ all’Università di Creta, ha lavorato a lungo sull’impatto avuto dal Piano Marshall in Grecia dopo la seconda guerra mondiale. Ha come obiettivo prioritario combattere gli ˝oligarchi greci˝ soprattutto quelli che agiscono nel settore dei media, dei marchi pubblici e dell’immobiliare. Dopo essere stato ancora abbastanza di recente un fervido sostenitore del ritorno alla Dracma, con un repentino voltafaccia, ha cambiato idea dicendo che le cose dopo il 2012 sono cambiate. È molto vicino a John Milos il quale si definisce un marxista duro e puro e fa risalire la sua militanza al tempo della guerra del Vietnam. È un sostenitore della permanenza greca nell’euro zona. Consigliere senza portafoglio è colui che ispira il programma di soddisfacimento di priorità sociali del suo partito e soprattutto del ritorno all’uso del salario minimo di 750 euro al mese. Euclid Tsakalatos è un altro professorino formatosi ad Oxford ed è colui che ha materialmente buttato giù il programma economico di Syriza. Anche lui ha cambiato idea sulla uscita dall’euro, anche se continua a sostenere che sarà possibile pagare solo una parte del corposo debito e che le condizioni di questo pagamento debbano essere rinegoziate. Panayotis Lafazanis, ex capo dell’insurrezione del Politecnico, che nel 1974 fu all’origine della fine del Regime dei Colonnelli, seguirà il Ministero dell’Energia e dell’Ambiente. È uno dei sostenitori del mantenimento della produzione e diffusione dell’energia elettrica in mani pubbliche e nettamente contrario alla sua privatizzazione, invece impostata dal piano di riforme della Troika. Come si vede un parterre di Ministri piuttosto ˝incoerente˝ con quelle che erano state le bandiere della campagna elettorale fondamentalmente basata sull’uscita dalla Unione e dall’Euro. Semper Fidelis ai sacri vecchi princìpi Alexis Tsipras ha subito mostrato il suo biglietto da visita — anche se inizialmente ha fatto una visita ai monasteri del monte Athos ed ha reso contemporaneamente visita anche l’arcivescovo di Atene il giorno seguente alla sua investitura. È però anche il primo capo di Governo ad essersi rifiutato di prestare giuramento sulla Bibbia. Ha anche annunciato la sua intenzione di preparare una legge simile a quella del ˝1905˝ francese, adattata alla Grecia, nell’attesa di poter garantire un ˝matrimonio per tutti˝ ed un esperimento educativo di Genere. Altro gesto simbolico compiuto è stato quello di deporre un mazzo di rose rosse a Kessariani sul monumento eretto alla memoria di 200 comunisti greci fucilati nel 1944, come rappresaglia per l’assassinio di un generale tedesco. Cosa che sicuramente ha fatto risorgere e rivalutare la resistenza comunista (anche a scapito di quella altrettanto valorosa compiuta dai fedeli del re e dai nazionalisti greci). Ha poi riesumato la vecchia diatriba sul mancato pagamento dei danni di guerra dovuto dalla Germania nei confronti della Grecia. Un debito questo di cui sia Tsipras che Varoufakis pretendono il pagamento da parte della Germania. Se nell’ordinamento europide viene imposta la non prescrizione di reati come i crimini di guerra e contro l’umanità, non è possibile estendere questa aberrazione giuridica anche ai risarcimenti dei danni subiti in conseguenza di questi crimini soltanto perché ai Tedeschi non fa comodo, o peggio lo considerano un’offesa di lesa maestà: non sono i primi della classe di niente e di nessuno! Manolis Glezos, vecchio militante comunista ed ora deputato europeo di Syriza, è famoso per aver strappato la bandiera con la croce uncinata dall’Acropoli di Atene nel 1940. Nel 1995, in tempi non sospetti, fu autore di un memorandum in cui quantificava una somma astronomica come rimborso dei danni di guerra subiti dalla Grecia. Ora, alla luce di quanto sta succedendo sembra che la richiesta del risarcimento dei medesimi possa anche passare per una presa di posizione abbastanza propagandistica. Ma nello stesso tempo il problema sussiste. Di fronte anche alla tracotanza ed alla sicumera con cui il Governo federale tedesco ha affrontato ed ancora affronta il problema, la reazione normale di quello greco è più che giustificata. È ben vero che, come sopra scrive Varoufakis, questa della trattativa di ritrattazione del debito sovrano greco non è assolutamente assimilabile ad una mano di poker, tuttavia siam sempre di fronte ad una trattativa di carattere diplomatico e ˝commerciale˝. Ovviamente ognuno cerca di mettere sul tavolo del negoziato le proprie carte e di sfoderare le proprie chances. La posizione di fermezza assunta dai Greci ha inevitabilmente temperato l’atteggiamento violento e sopraffattorio assunto sia dalla Commissione Europea, sia dalla Cancelliera Markel e dal suo aggressivo e grintoso ministro delle Finanze Schäuble. Assistiamo, però, ad un tira e molla da parte dei Tedeschi e della Commissione Europea che, come anche nei confronti di altre nazioni vedi l’Italia, si dimostra prima possibilista, poi sotto le veementi pressioni germaniche ritiene tutto assolutamente insufficiente e non bastevole. A questo tavolo di trattativa si impattano due differenti modi di concepire la politica e la sovranità degli Stati dell’Unione europea. Sicuramente quello rappresentato dalla Germania è dettato dalle alte istanze internazionali, dall’Alta Finanza, dalla Grande Banca apolide e mondialista. Quello del governo Tsipras è, pur essendo un uomo di estrema sinistra, incentrato su di un nucleo ideale basato sul rispetto delle varie identità nazionali, sulla validità ed intoccabilità della sovranità dei vari Stati, tutte cose che, se vogliamo, sono abbastanza estranee al DNA della sinistra. Ma, allora, anche la subitanea alleanza di Governo stretta con il partito di Kammenos è un’anomalia che ad esempio in Italia sarebbe assolutamente inconcepibile stante la metodologia e la prassi dei partiti marxisti e ˝democratici di sinistra˝. Eppure ciò, con molta saggezza ed estremo realismo, è stato fatto subito e bene e senza imposizioni, senza nessuna insofferenza o continuo attrito tra i due partiti di maggioranza greci. La cosa desta sconforto, nel vedere lo spettacolo indegno della politica italiana, in cui tutti sono contro tutti indipendentemente dalla dialettica maggioranza opposizione. E poi dicono che i Greci sono levantini, fortemente individualisti, attaccati al concetto restrittivo di ˝polis˝ e che questo, durante l’arco della storia, abbia realmente impedito la formazione di uno stato nazionale superiore. Altresì è innegabile, come esposto all’inizio dell’articolo, nel momento del bisogno e del pericolo, mondi opposti ed opposte concezione di vita, politiche distanti anni luce tra loro, si siano unite ed abbiano affrontato con valore e tenacia le situazioni sfavorevoli che la storia loro presentava. Le posizioni assunte dal Primo Ministro sono ondivaghe ed eterodosse: passa dalla visita al Monte Athos alla volontà di inserire nella educazione nazionale la teoria Gender; dalla promessa dall’uscita dalla zona euro, all’accordo con quella stessa Troika che aveva giurato di non voler più sentir nominare. Ma tattica e strategia, spesso richiedono spregiudicatezza ed elasticità. C’è anche da chiedersi quanto questa luna di miele tra partiti eterogenei potrà durare, ma per ora nessuna delle due parti componenti la maggioranza dà segni di insofferenza e di intolleranza nei confronti dell’altra. Indubbiamente, come abbiamo visto prima, Varoufakis ha frequentazioni, in fatto di economia, abbastanza inquietanti come quella con Matthieu Pigasse della Lazard Frères, o che nei suoi appelli citi Kant, padre di tutto il disordine ed il relativismo moderno. Bisogna, tuttavia riflettere su alcuni punti di primaria importanza: il Governo Tsipras ha chiaramente presentato agli elettori ellenici un programma fortemente critico nei confronti dell’Euro, molto difforme dal conformismo becero della retorica europea, ma saggiamente ha cominciato anche in modo realistico a chiedere tempo per poter continuare ad esistere come Nazione. L’eventuale uscita dall’Euro Zona non può venire con un colpo di teatro che alla fine risulterebbe più dannoso che positivo. Il Governo ha bisogno di porre in essere una trama di carattere diplomatico di medo lungo termine, che permetta alla Grecia di trovare degli alleati forti ed importanti, i quali possano offrirgli un minimo di appoggio, un paracadute: cose necessarie per poter pensare di ricostruire non solo un’economia esangue – la quale non può contare su un tessuto connettivo economico industriale sviluppato ed importante – ma soprattutto ha bisogno di consistenti aiuti e protezioni politiche per poter affrontare la tempesta che i finanzieri apolidi e cosmopoliti scatenerebbero contro Atene attraverso la denigrazione e l’aggressione dei lupi feroci della speculazione. Cioè, non è assolutamente possibile porre in essere un ˝8 settembre˝ economico: ci vogliono piani e strategie precise e, per quanto è possibile, bisogna cercare di prevedere qualsiasi tipo di possibile mossa e contromossa per bloccare l’azione dei signori del denaro. Tutto questo ha bisogno di una cortina di riservatezza ed un clima di rassicurazione nei confronti dei grandi centri economici mondialisti e delle nazioni egemoni europee, ovviamente capeggiate dal Governo Tedesco. Governo tedesco sempre così tetragono dietro concetti di estremo rigore e di assoluta austerità: tutte cose che non sono compatibili con un’armonica ripresa ed un riavvio di sviluppo economico tale da poter instaurare un circolo virtuoso in tutti i settori. Certi tipi di prese di posizione, a lungo andare, sottintendono un’azione di devastazione o, peggio, di cannibalismo delle altre economie continentali; il che è chiaramente di estrema gravità. Forse che quello che i Tedeschi non hanno ottenuto con due sanguinose e perse guerre mondiali lo vogliono ottenere con la schiavizzazione economica del Continente? Alla luce degli avvenimenti purtroppo sembrerebbe di sì. La domanda che sorge spontanea è: è giusto che tutti gli altri popoli del vecchio Continente accettino passivamente questo diktat senza nemmeno porre in essere delle azioni di interdizione ed il rifiuto di questo tipo di ˝aggressione˝? In ultima analisi la Germania è solo uno Stato membro dell’Unione, non lo Stato egemone: ed il ruolo che si sta ritagliando non le è assegnato da nessun tipo di trattato, o di cessione delegata di autorità da parte di nessun membro della Comunità. È assolutamente indispensabile che questa spirale di prevaricazione venga interrotta e spezzata e che il ruolo dei singoli Stati torni ad essere paritario e non più totalmente subalterno ai presunti primi della classe, che impongono sacrifici, rinunce, lagrime e sangue o ˝compiti a casa˝ a tutti (o quasi): non possono esistere, orwellianamente, alcuni Stati più uguali degli altri. Se poi l’obiettivo del quarto Reich è la creazione di una comunità di schiavi germanizzata, in Europa… ebbene, che la costruiscano con quelli che condividono la sicumera, l’arroganza e l’innata predisposizione alla violenza bruta da sempre caratteristica dei Tedeschi! Luciano Garofoli
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