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Il formidabile esercito europeo
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Nella puntata precedente, ci siamo lasciati con Juncker (il capo della Commissione) che ha proposto la formazione di un esercito europeo: ciò allo scopo – e l’ha detto esplicitamente, per portare il suo contributo alla distensione – di fare la guerra alla Russia; perché la Russia sta attaccando l’Europa, e presto sarà necessario «difendere i nostri valori». L’esercito europeo è un’idea che risale a Monnet, un vecchio sogno della massoneria eurocratica che vuole avere per sé anche le armi. Un sogno totalitario-burocratico a cui si oppose con successo De Gaulle.

Che questa sia la volta buona? Passano pochi minuti, e possiamo dirlo: l’esercito europeo non si farà. Ad affondarlo, e rabbiosamente, è stato il Governo britannico: «Idea senza futuro», proprio di chi «vive in un mondo di fantasia»: «La nostra posizione è chiarissima: la difesa è responsabilità nazionale e non esiste alcuna prospettiva che questa posizione cambi». Aggiungendo poi che visti i pasticci che l’eurocrazia ha fatto con l’economia e la moneta unica, figurarsi le tragedie che commetterebbe se gli si affidasse la difesa della Gran Bretagna.

Giustissimo: ma perché tanta fretta e rabbia? Londra ha capito la vera motivazione del vecchio volpone eurocratico: il distacco, in prospettiva, dalla soggezione armata anglo-americana, che in queste ore è colta da frenesia bellicista sempre più folle, e ci sta portando davvero alla guerra.

Niente armata europoide. Meglio così, dopotutto. Perché questa armata avrebbe come nerbo e pugno l’esercito tedesco – e se si deve credere ad una trasmissione della germanica ARD dello scorso autunno – la condizione del pugno corazzato germanico è la seguente:

Berlino dispone di 109 Eurofighter, ma solo 42 sono in grado di funzionare. Degli 89 Tornado, se ne possono far decollare 38. Aerei cargo Transall: la Germania ne ha 56, la metà in funzione. Elicotteri da trasporto CH-53: sono ben 83. Peccato che al momento solo 16 possano volare. La Kriegsmarine vanta 43 elicotteri d’assalto, di cui solo 7 pronti ad assaltare effettivamente. Elicotteri d’assalto Tiger? Formidabili, sono 64. Ma operativi, solo 18. Del complesso di 254 aerei di ogni tipo di cui dispongono le forze armate, 150 sono bloccati al suolo.

Vediamo le forze di terra: la Germania dispone di 180 portatruppe corazzate Boxer. Peccato che 110 siano attualmente in riparazione, in attesa di fondi che non arrivano. Non c’è dubbio che in caso si debbano difendere i nostri valori (gay pride, Charlie, Poroshenko, eccetera) i soldi arriverebbero subito. Però Die Welt qualche settimana fa ha rivelato un altro problema: il nuovo gigantesco aereo militare da trasporto tutto-europeo, lo A400M costruito da Airbus, ha 161 difetti, alcuni dei quali gravi. Il pianale di carico sopporta carichi di 3 tonnellate invece dei prescritti 4.6; ad alta quota, il gelo presenta qualche altro problema; per non parlare del volo a bassa quota, che diventa instabile; e dell’atterraggio, alquanto problematico su piste sterrate.

Queste le forze armate tedesche. Non c’è motivo che quelle degli altri Paesi NATO in Europa siano più pronte al combattimento; non certo le poche forze italiane, sparse nel mondo a fare il servizio d’ordine per le guerra neocon. Le forze armate britanniche sono «svuotate», esaurite dai quindici anni di avventure belliche al seguito dell’imperialismo USA, e forse la loro rabbia di fronte alla Russia è dettata da paura — e dal sapersi disarmati. Forse i francesi? Anche loro hanno le loro forze migliori sparse nell’Africa subsahariana, sovra-estesa, dove uomini e materiali si degradano e non vengono sostituiti per mancanza di fondi.

I carri armati russi traverserebbero queste difese come un coltello nel burro, occupando poi i Paesi e mettendo a nostro carico i costi dell’occupazione, come si fa coi nemici sconfitti. Possiamo solo apprezzare e ringraziare che Putin e Lavrov rispondono alle continue provocazioni – alla gran voglia anglo-polacca , estone, e dei nani nordici, di ingaggiare una bella guerra mondiale con Mosca – con freddo buon senso: ripetendo che non c’è in atto alcuna invasione russa dell’Ucraina, che i russi non hanno alcuna voglia di annettersi l’Ucraina (la dovrebbero poi mantenere), e gli basta sia uno Stato cuscinetto, la cui neutralità sarebbe sicura perché garantita dalla stessa Mosca, e con pari diritti per la minoranza russofona, oggi privata di detti diritti. Insomma che il pericolo russo imminente è tutto nella «narrativa» americana, nella fantasia e frenesia neocon.

Pare che Obama sia rimasto il solo nella sua stessa Amministrazione, ad esitare a fornire armi letali a Kiev… Tutti gli altri, anche i democratici, vogliono ingaggiare una meravigliosa escalation del conflitto del Donbass che l’incontro di Minsk ha raffreddato e sta conducendo ad una soluzione di compromesso. Frattanto, Washington sta mandando centinaia di carri armati, decine di elicotteri e centinaia di commandos nei Paesi baltici, in Polonia in fregola, e 600 parà in Ucraina (boots on the ground): giusto per aggravare la situazione con atti irrevocabili. Che poi tutti questi carri armati, e gli americani, difenderanno i baltici e la Polonia, è tutto da vedere. Non ci conteremmo.

Donald Tusk
  Donald Tusk
Donald Tusk, il polacco che per punizione divina abbiamo come presidente di turno d ella UE, il 7-9 marzo se n’è andato a Washington – da solo, senza consultarsi con gli altri europei, come se il padrone fosse lui – a chiedere armi, armi, truppe, cannoni: i russi «hanno già violato migliaia di volte la tregua di Minsk», americani fate presto! Nella sua smania, Tusk ha rivelato ai giornalisti USA quel che non si deve dire: che nonostante questa minaccia imminente, «è impossibile» ottenere nella UE l’accettazione di nuove e più dire sanzioni. Cipro, Ungheria, e Italia – ha detto smaniando di rabbia – stanno giacendo al corte alla Russia, vogliono un avvicinamento; «certi politicanti in Europa vogliono credere che c’è una possibilità nella buona volontà» (di Putin).

Insomma è la forzatura della Nuland, l’evidente disprezzo del Congresso e del Governo per le prudenze europee, il bellicismo folle americano, ha ottenuto finalmente uno scopo: spaccare l’Europa, ed porre a rischio la coesione della stessa Alleanza atlantica. È la conferma di una domanda che è stata posta da un columnist su Russia Insider:

«La gran domanda è: se Washington opta per la guerra, che cosa farà la Germania? Il forte articolo dello Spiegel (che ha dato del visionario al Generale Breedlove quando ha parlato di invasione in corso dei russi nell’Est Ucraina, ndr) e l’atteggiamento assunto dalla Merkel dopo Minsk, sembra rendere molto probabile che la Germania, nonostante tutte le pressioni, alla fine si opporrà alla guerra, come si oppose a suo tempo alla guerra in Iraq. Se è vero, la NATO può subire la più grossa frattura nella sua storia».

Dove la frase centrale è che Washington sta pensando seriamente, follemente, di optare per la guerra. Solo Obama – ed è tutto dire – ha qualche dubbio, gli altri vogliono vincere, sono sicuri di vincere; il Congresso è già in mano alla maggioranza repubblicana, ossia neocon; grosse parti di democratici, sentendo l’aria che tira, si dichiarano per la guerra tramite invio di armi letali a Kiev; fra due anni alla Casa Bianca ci sarà un presidente Stranamore, che si sceglierà la Nuland come segretaria di Stato, e avrà l’appoggio dei legislatori in piena demenza frenetica, per il conflitto, per regolare i conti con Putin, che è troppo intelligente per loro; li ha già battuti impedendo l’attacco americano in Siria già deciso (1) e lo vogliono perciò distruggere. Come disse quel Generale USA: «Noi americani, non risolviamo i problemi. Li schiacciamo».

Sarà il caso di accelerare la presa di distanza da questo «alleato» del caos.




1) Il 21 agosto 2013, tutto era pronto per l’attacco NATO. Hollande, ricevuta la telefonata da un Generale USA, ordinava di attivare i piani d’attacco. I Rafale venivano armati con missili d a crociera Scalp, con raggio di 400 chilometri. Decine di navi da guerra NATO erano posizionate davanti alle coste siriane, e davanti a loro avevano sei navi russe, forza raccolta in fretta. Il 1 settembre, Obama telefonò ad Hollande: attacco rimandato, devo consultare il Congresso. Il 3 settembre, due missili NATO vengono lanciati «dal centro del Mediterraneo» verso la Siria, ma «finiscono in mare». Secondo un giornale libanese citato da Israel Shamir, i due missili sono stati abbattuti dal sistema di difesa antimissile piazzato sulle navi russe. Secondo Asia Times, i russi hanno usato «disturbatori a buon mercato e potenti dei GPS dei missili Tomahawk, disorientandoli». Secondo un’altra versione riferita da Shamir, quei missili sarebbero stati lanciati da israeliani per precipitare il conflitto. A quel punto, Assad – su consiglio di Putin e Lavrov – offre di consegnare le sue armi chimiche, il casus belli scelto come pretesto dagli occidentali, all’ONU perché le disarmi. La frenetica voglia di vendetta anglo contro Vladimir nasce da lì, da questo coitus interruptus del fuoco.



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