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«L’euro è un formidabile successo»
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Letteralmente così (L'euro est un formidable succès) suona l’intervento di Alexandre Delaigue, economista in ascesa, docente all’accademia (militare) di Saint-Cyr e all’Università di Lille (1). È il bello del dibattito francese sull’euro e l’eurocrazia: la sua vivacità e la sua altezza intellettuale (al contrario di quel che avviene da noi) fa uscire allo scoperto posizioni che altrimenti resterebbero celate – come appunto avviene in Italia, dove il litigio da condominio permette agli europeisti di sottrarsi alla discussione, di occultare le loro vere posizioni al pubblico – nella solida certezza dei sostenitori di tali idee che, se il pubblico sapesse, non li voterebbe mai più.

Alexandre Delaigue
  Alexandre Delaigue
Lo si legge dunque con gratitudine Delaigue, quando – da vero insider nei salotti buoni – deride coloro che chiamano l’euro «un fallimento» e vedono nella crisi attuale un disastro sociale, la miseria e fame dei greci, la disoccupazione di massa della gioventù nel Sud Europa, l’emorragia di posti di lavoro e l’arretramento dei livelli di vita. Ma quale fallimento? È esattamente il successo che noi europeisti ci attendevamo, esulta l’economista: «Quanta strada percorsa dall’inizio della crisi dell’euro! Certi Paesi periferici hanno le loro finanze pubbliche messe sotto la tutela integrale dell’Europa. La BCE tiene in soggezione i governi europei, eliminando i dirigenti che non le convengono con l’assoggettarli alla pressione dei mercati [qui vanta l’estromissione di Berlusconi. ndr]. Tutti i Governi hanno ceduto un potere considerevole, trasferendo alla Commissione il diritto di sindacare sui bilanci nazionali. Nel quadro dell’Unione Bancaria, i Governi hanno messo fine alla stabilita relazione con le loro banche nazionali, conferendo alla BCE la cura di regolarle e all’Europa il potere di salvarle o di colarle a picco».

L’economista-ideologo si prende gioco degli ingenui che lamentano il deficit di democrazia dell’Unione Europea:

«Non è perché è poco democratica che l’Europa è impopolare; in realtà, è perché è impopolare che il processo di costruzione europea non può essere democratico». Non si può essere più chiari: i popoli-bestia non accetteranno democraticamente mai il processo europeo, se lo conoscono fino in fondo. È per questo che i Superiori Incogniti, i Signori del Mondo, l’hanno voluto così: occulto e senza democrazia.

Anche gli europeisti moderati, che riconoscono che l’euro è sbagliato tecnicamente e che bisogna «riparare la locomotiva» perché la UE esca dal circolo vizioso dell’austerità, si prendono la loro dose di irrisione: stupidi, «l’essenziale non è di costruire delle cose che funzionino, ma di trasferire quanto più potere possibile al difuori dei governi nazionali». E se qualche bestia ancora non avesse capito, ecco l’enunciazione: «Le crisi non sono affatto dei difetti del sistema che possono essere corretti tecnicamente; sono al contrario consustanziali al processo di costruzione europea, che non potrebbe avanzare senza di esse»

Anzi: «La prossima crisi che sarà provocata da questo meccanismo incompleto sarà l’occasione di nuovi trasferimenti di competenze, perché non ci sarà altra scelta». «Dovete soffrire»

L’Iniziato auspica nuove crisi, anzi ci fa intuire che ai piani alti queste crisi sono pianificate, per fare avanzare il Progetto. E i milioni di disoccupati? E lo smantellamento delle previdenze sociali e del diritto, l’enorme potere della finanza omicida e sterile, la deindustrializzazione, la retrocessione dei popoli europei nella povertà senza prospettive? È un prezzo che l’Iniziato paga a cuor leggero (visto che non è lui a pagarlo sulla sua pelle). Anzi ritorce ai sovranisti, i nostalgici dello Stato-nazione: «Potete trovare poco democratico questo processo, ma bisogna constatare che la creazione delle nazioni s’è sempre fatta nel dolore»; il Piano «di Monnet è probabilmente [sic] preferibile alla conquista violenta e alle costruzioni delle frontiere che sono il dramma del Ventesimo secolo». E incalza con gioia sinistra: «L’Europa si costruisce nel dolore, ma non si costruisce alcuna nazione senza dolore».

Attenzione, perché qui viene espresso il segreto dell’ideologia che si nutre a Bruxelles. Qui si scopre che coloro che si fanno passare per «tecnocrati» oggettivi, sono in realtà dei posseduti: posseduti da una mistica morbosa, intenti a realizzare un’utopia gnostico-totalitaria elitaria, una Macchina Sociale equivalente per pericolosità allo stalinismo. Là la Nomenklatura sovietica riteneva che la repressione e la fame di massa, il terrore e il Gulag fossero prezzi piccoli da pagare per «costruire l’Uomo Nuovo» senza proprietà e senza Stato. La Nomenklatura eurocratica pianifica la sofferenza di milioni di europei come necessaria (e benvenuta) a costituire la super-nazione artificiale, dove la politica è annullata e sostituita da un dispotismo di Illuminati, gestito dalla Banca Centrale come Chiesa rovesciata: ente dispensatore di moralità, di sofferenze punitive e di speranze di salvazione (la luce in fondo al tunnel) sempre rimandate in un avvenire sempre più lontano: nuova versione del «dio futuro», come videro i critici del comunismo: il paradiso – la società senza classi, il deperimento dello Stato (con le sue polizie) – è sicuro, ma domani. Anzi, dopodomani. Anzi nel secolo prossimo...

I lettori più “avvertiti” troveranno che le frasi di Delaigue non hanno nulla di nuovo: circola ancora su YouTube un discorso del 2011, dove Mario Monti spiega che «abbiamo bisogno della crisi economica», unico modo per costringere i popoli a cedere sovranità agli eurocrati (2).



Sì, appunto, i lettori avvertiti. Ma i più, non avvertiti, non sono stati informati delle posizioni anti-umane di Mario Monti e del sistema di potere di cui è membro: il livello nostrano del dibattito sull’Europa da rissa e da stadio («Sono morti viventi», «Li mandiamo tutti a casa», alla Beppe Grillo) non ha stanato Monti, non ha consentito di obbligarlo a spiegare, in tv, quanto doveva soffrire il popolo italiano (e quello greco, spagnolo, portoghese, irlandese...) per far nascere l’Europa «nel dolore».

È questo il vantaggio del dibattito in Francia: far uscire allo scoperto gli insiders come l’economista di Saint Cyr. Ossia la rivelazione del Progetto. Dovremmo esser grati a Delaigue: da lui, i francesi che vogliono guardare la realtà in faccia sanno a cosa puntano gli europeisti iniziati: non a far funzionare le cose e correggere i guai dell’euro, ma a lasciare che provochi rovine; sanno che il dolore dei popoli è il mezzo che la Nomenklatura usa per accaparrarsi tutto il potere.

E anzi, sanno ancora di più. Che i Padroni d’Europa si propongono di provocare ancor più dolore, avendo misurato la passività dei popoli. Ecco infatti un’altra frase irridente del Delaigue: «Il livello di sofferenza che i Paesi periferici hanno accettato di subire, dimostra che le popolazioni nazionali, composte di vecchi, non faranno mai il salto nell’ignoto che implicherebbe lo smantellamento della costruzione europea e dell’euro».

Sembra una certezza malriposta. Dopotutto, si profila alle europee uno schiacciante successo dei partiti contrari all’eurocrazia: in Francia il Front National è dato nei sondaggi al primo posto, superando gaullisti e socialisti. In Gran Bretagna, l’Ukip è dato parimenti vincente (29%) sul Labour (28%) e sui conservatori (22%). In Italia, il 5 Stelle può superare il 30%, contendendo il primato a Renzi.


(Fonte immagine > Scenari Economici)


Non ha paura, l’Iniziato? La risposta di Delaigue, estremamente cinica, è rivelatrice: mostra che la Cosca supernazionale ha previsto anche questo, ed ha nell’arsenale le contromisure per fare della battuta d’arresto un «grande successo» per l’utopia eurocratica. Eccola:

«La prossima tappa del processo può essere di vedere un governo nazionale estremista arrivare al potere sulla base di un programma anti-europeo, per spaccarsi il muso e constatare che non ha altra scelta che crepare e fare come gli si ordina, come hanno fatto tanti prima di lui».

Vorrei che qualcuno facesse leggere questa risposta a Beppe Grillo e a Salvini, per capire quello che è in gioco, quello che gli preparano gli eurocrati se non si danno le competenze serie per un progetto di uscita dall’Europa, il coraggio e la serietà: «Spaccarsi il muso» (se casser les dents) e «crepare» (avaler sa chiche). Superficialità e facilismo italiota, pressapochismo e grida premature di vittoria tipo «li mandiamo a casa tutti» non sono ammessi. Non hanno mai portato da nessuna parte (vedi Berlusconi); in questo caso, sono pericolosissimi.

Quelli hanno in mano le leve del potere reale – la Banca Centrale e i «mercati» (3) come frusta e tortura, e sono in grado di farvi fallire – e fallire vergognosamente, con dolore, al punto da fare della vostra «vittoria» un altro passo avanti a favore loro e dell’Utopia, un altro «grande successo» come il disastro.

Sono decisi a infliggere dolore, e non hanno limiti umani a farlo. Tanto più che – non dimenticatelo – la sinistra intera è guadagnata al Progetto, e va considerata complice degli Iniziati nella sua attuazione: tutta, da Napolitano a Renzi, da Barca a Dalema a Bersani. Tutti «europeisti».





1) Si veda il suo articolo. Di questo Delaigue e dei suoi rapporti con l’Establishment non si trova nulla, il che è in sé indicativo. Si pubblicizza un suo libro Sexe, drogue… et économie dove si spiega in modo brillante come sesso, droga e consumi viziosi in genere siano splendidi esempi di «mercato» e modelli di capitalismo. Insomma una ripetizione dei concetti già espressi dal satanista libertario e libertino Bernard De Mandeville (1670-1733) nell’immortale «Vizi privati, pubbliche virtù»: “il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtú da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa”. De Mandevill è lodato da Von Hayeck come il capostipite dell’ideologia del mercato libero.
2) Chi ha avuto la pazienza di leggere i miei Complotti, sa che Tommaso Padoa Schioppa (quello che «pagare le tasse è bellissimo») già nel 1987 , quand’era ancora dirigente della Banca d’Italia, scrisse per Delors un rapporto dal titolo Efficiency, Stability, Equity, in cui teorizzava che il mercato unico europeo avrebbe provocato flussi di capitale incontrollabili («ondate di denaro») in libera circolazione per l’Europa, provocando «inevitabilmente squilibri fra le regioni», ciò che avrebbe obbligato gli stati nazionali a cedere la loro sovranità a un governo europeo non-eletto. Due anni dopo il presidente della Assurances Générales del France, Michel Albert (un personaggio formato da Jean Monnet) ripeteva il concetto in un saggio , che imitava quello di Padoa Schioppa fin nel titolo: «Crisi, Disastro, Miracolo» (agli Iniziati piacciono queste triadi hegeliane...): «L’Europa lancia il Mercato Unico all’assalto degli stati nazionali. Li smantellerà» con «l’anarchia che risulterà da un mercato libero e senza frontiere in una società plurinazionale che non riesce a prendere decisioni comuni»: il disastro auspicato, provocherà «il miracolo» dei Governi che andranno in ginocchio a cedere sovranità alla Nomenklatura, per essere salvati.
3) Sono quei «mercati» liberissimi che oggi, misteriosamente acquietati, accettano di pagare il debito italiano decennale al 3% quando da Berlusconi hanno preteso il 5,7, e si buttano sul debito greco accontentandosi del 5 quando nel 2012 volevano il 40%...I «mercati» che in questo momento, in piena consonanza con Mario Draghi (del resto, è un Goldman Sachs) vi tengono calmi e vi fanno vedere il sole, perché votiate tranquilli alle elezioni europee. Il gioco del massacro (vostro) ricomincerà dopo.




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