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Buddismo... davvero?
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Ho notato che molti lettori sono affascinati dalla filosofia d’Oriente dell’illuminazione liberatrice, recante «l’asetticità» completa ed imperturbabile del Nirvana… Alcuni spunti di riflessione sono d’obbligo.

Sappiamo che i santi Vangeli sono stati artatamente e faziosamente vivisezionati e «massacrati» dalla scuola cosiddetta «storico-critica» che, mettendo in discussione tutto di tutto, ha abbandonato il rinvenimento degli ipsissima verba di Gesù nei sacri Testi ad una remota ipotesi. Ebbene, tutto questo, senza prove! Anzi! Rifiutando in mala fede le prove contrarie, numerosissime e schiaccianti; queste dimostrano, senza dubbio alcuno, che la Rivelazione divina del Nuovo Testamento ha visto una propria stesura definitiva in epoca vicinissima alla morte e risurrezione di Cristo, conferendo a quei documenti una rilevanza storica ed un’attendibilità testimoniale di primo piano. È chiaro, molti studiosi, soprattutto modernisti, prendono le distanze da queste posizioni ma, invitati a provare il loro dissenso con argomenti seri e probanti, non reggono il confronto e, come si dice a Roma, «la buttano in cagnara», fuggendo un vero dibattito!

In realtà il Cristianesimo si distingue per molti aspetti rispetto alle altre fedi e credenze; una di queste, fondamentale!, è proprio la storicità del suo messaggio e della Persona di Gesù; la storicità della sua esistenza, dei suoi miracoli, della sua morte e risurrezione.

Cosa sappiamo invece del Buddismo? Meglio, cosa sappiamo di Budda? Se dovessimo applicare gli stessi criteri della scuola critica alle scritture buddiste ne resterebbe davvero poco!

Non mi si risponda che il messaggio dell’illuminato trascende tempi e modi e può essere avulso dal contesto storico, proprio perché non si radica nell’Incarnazione come il Cristianesimo! Troppe sono le incertezze che discendono dall’evanescenza del Canone Pali.

Partiamo dalla composizione: sembra che sia stato redatto nel corso di diversi secoli!!!! Addirittura ci si avvicina al millennio! Provate a fare entrare nel Canone delle Scritture tutti gli apocrifi, gli scritti gnostici dei primi secoli…che Gesù ne esce? Ebbene, mi domando il pensiero di chi, leggiamo, quando ci avviciniamo ai testi buddisti: quello di Budda?

Ne dubito. Alla semplice domanda di quanti discepoli Sakyamuni abbia avuto, il Canone Pali non può che rispondere in maniera contraddittoria: 2?12? o 72? Non c’è risposta univoca.

Ancora: in tutto questo percorso che scavalca l’anno 100 e si proietta verso il 300 e 400 d.C., il Buddismo, credete davvero?, che non abbia attinto a piene mani da una «nuova» dottrina venuta da Occidente per annunciare la salvezza portata da Cristo? Se infatti fantasiose menti giornalistiche, peripatetiche non provate e finanche contraddittorie elucubrazioni mentali di studiosi da palcoscenico fabulano su una adolescenza di Cristo in India, dove avrebbe «imparato» il Vangelo, nessuno o pochissimi si soffermano sull’evidenza storica che, mentre non esiste un’attestazione di missioni buddiste in Occidente, v’è – al contrario – certezza della presenza degli Ebrei prima (sia in India sia in Cina) e dei Cristiani missionari, dopo, fino ai confini orientali del globo!

Quindi, la domanda: da dove viene la «compassione» buddista, da Sakyamuni o dall’ascolto di missionari cristiani???

Ma, possiamo spingerci oltre. I filo-antroposofi o filo-rusacruciani vi diranno che Budda era uno spirito «cristico»... convinto, come sono, che di Cristo solo uno ce n’è! Domando? La totale necessità di atarassia nata dalla constatazione della dialettica esistenziale (desiderio-dolore-schiavitù-reincarnazione, ecc…) porta alle altezze della carità cristiana? Come e quando?

Storicamente, come ben faceva notare qualcuno dei lettori, è il Cristianesimo ad aver istituzionalizzato l’aiuto al prossimo in fattive opere di carità. La compassione buddista, ignorando volutamente o agnosticamente il Creatore, dimenticando la persona, si trova nell’impossibilità logica di «legiferare» su alcunché! Come insegnare un percorso catarchico o di liberazione dal ciclo senza fine delle reincarnazioni, se non esiste un Codice etico dal valore assoluto? Non mi si risponda che il karma a dare il codice, perché se esso agisce lo deve fare sulla base di parametri oggettivi: fai bene, ti incarni bene, fai male, avrai una vita pessima, ecc…

In realtà il meccanicismo del karma contraddice il postulato sotteso a tutta l’ideologia buddista: non c’è Creatore, non c’è Legislatore e quindi non vi può essere una legge universale rispetto a cui il comportamento degli individui debba conformarsi per essere liberati e finire nell’oppiaceo nulla del «freddo» Nirvana.

In mancanza di questo, in mancanza del vertice della piramide, l’edificio crolla su se stesso o diviene braccio esecutore del cieco caso. Anche perché, a portare al parossismo il monismo orientale di cui il pensiero buddista è inevitabilmente contagiato (anche se esistono scuole e correnti differenti, ad onor del vero; ma nessuna avulsa completamente da tale affezione), il bene ed il male finiscono col coincidere, ed allora: quale percorso od ottuplice sentiero devo transitare per evitare di reincarnarmi?

Già! La reincarnazione. Sappiamo che i più antichi testi indù (Rg Veda) la ignoravano; essa è relativamente recente (Upanishad); quindi non ci lasci incantare dalla sua presunta antichità. Ma, tempo a parte!, essa, proprio perché tale, dimentica la persona!

Chi? Meglio sarebbe dire: cosa si reincarna? Nel buddismo sembra una specie di «residuo psichico»! che poi darà vita ad un nuovo individuo, il quale – somma giustizia! – dovrà soffrire a causa di ciò che ha fatto qualcun altro! Già, perché di individui diversi si tratta, non esistendo un’anima personale!

Nel buddismo, in effetti, non solo non c’è Creatore – che dà la forza ed è la fonte dell’amore, come nel cristianesimo (dove il cristiano ama con lo Spirito Santo ed ama per amore a Dio e per amore a quella persona concreta, reale…) – ma manca perfino la persona. Non c’è nulla di permanente nel buddismo; di certo non l’anima!

Se manca la persona, manca il «tu», destinatario della relazione d’amore! Tanto è così che la persona non ha valore in sé, ed è per questo che la compassione di Sakyamuni non può che limitarsi ad una sorta di solidarietà del mal comune! Non ci si avvicina neppure lontanamente alle sublimi altezze dell’inno alla carità di san Paolo!

Se questo è il comodo rifugio di Hollywood…dovreste domandarvi perché…

A proposito: come morì Budda? Di questo sembra, dico sembra, ci sia certezza: indigestione di maiale! Strana fine per un illuminato.

Stefano Maria Chiari



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