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A proposito del suicidio di Lutero
17 Febbraio 2011
Seguendo lo spunto meravigliato di un lettore, cerchiamo di approfondire la questione legata alla morte di Lutero, alla quale facemmo appena cenno, in chiusura ad un nostro precedente intervento.
La testimonianza del suicidio del monaco agostiniano è riportata dal maggiordomo:
«Martin Lutero, la sera prima della sua morte, si lasciò vincere dalla sua abituale intemperanza e con tale eccesso che noi fummo obbligati a portarlo via, del tutto ubriaco, e coricarlo nel suo letto. Poi, ci ritirammo nella nostra camera, senza nulla presagire di spiacevole! All’indomani, noi ritornammo presso il nostro padrone per aiutarlo a vestirsi, come d’uso. Allora - oh, quale dolore! - noi vedemmo il nostro padrone Martino appeso al letto e strangolato miseramente! Aveva la bocca contorta, la parte destra del volto nera, il collo rosso e deforme. Di fronte a questo orrendo spettacolo, fummo presi tutti da un grande timore! Non di meno corremmo, senza alcun ritardo, dai prìncipi, suoi convitati della vigilia, ad annunziare loro quell’esecrabile fine di Lutero! Costoro, colpiti dal terrore come noi, ci impegnarono subito, con mille promesse e coi più solenni giuramenti, ad osservare, su quell’avvenimento, un silenzio eterno, e che nulla di nulla fosse fatto trapelare. Poi, ci ordinarono di staccare dal capestro l’orribile cadavere di Lutero, di metterlo sul suo letto e di divulgare, dopo, in mezzo al popolo, che il ‘maestro Lutero’ aveva improvvisamente abbandonata questa vita» (dalla deposizione di Ambrogio Kuntzell, servo personale di Martin Lutero, racconto pubblicato, ad Aversa, nel 1606, dallo scienziato Sédulius. Il dottor de Coster – chiamato subito! – fu lui che constatò che la bocca di Lutero era contorta, che la parte destra del suo viso era nera e che il collo era rosso e deforme, come se fosse stato appunto strangolato).
La notizia – deliberatamente occultata in campo protestante (la cui diffusione avrebbe di certo comportato esiti nefasti per la Riforma stessa; non in ultimo la necessità di restituire, da parte dei signorotti locali quanto derubato alla Chiesa cattolica) rappresentava null’altro che l’apice disperante di un parabola senza risalita; Lutero sapeva (perché così sentiva ed in fondo in fondo voleva) di non potersi salvare. Dalla lettura dei suoi scritti emerge questa totale sfiducia nella misericordia divina; sconforto generato dalla consapevolezza lucida del suo abissale peccato, che pur tuttavia il Sangue di Cristo avrebbe lavato in un istante, se l’orgoglio presuntuoso del riformatore avesse ceduto il passo alla vera umiltà, chiave di salvezza.
Lutero era in mano di Satana, che lo irretiva subdolamente, avviluppandolo in un vortice di presunzione, foriero di giustificazioni filosofiche; in Lutero, la riforma teologica segue il peccato personale e non un filone razionale logicamente argomentato. Lo scandalo delle indulgenze fu pretesto e non causa della sua operazione. Lutero svuota il Cristianesimo di alcuni dei suoi più alti e sublimi contenuti; contrariamente a quanto attestato dalla Sacra Scrittura, arriva al libero esame del Testo, relegando la Tradizione divina ad invenzione di uomini.
In realtà, probabilmente, la sua vocazione non fui mai autentica; entrò in seminario per evitare un procedimento penale nel quale avrebbe potuto essere coinvolto a causa dell’omicidio di un proprio compagno di studi, nel corso di un duello. La vocazione-riparazione coincide con un fallimento. E così fu! La preghiera personale fu abbandonata pian piano, fino a sostituirsi con un demoniaco intercalare di blasfeme giaculatorie contro il Papa, la Chiesa e la Santa Messa. La lussuria, porta d’accesso alla perdizione di ogni ragionevolezza, lo sedusse del tutto. Si sposò con una ex suora, liberata!!! Di essa, parla la rivista del movimento dei Focolari, Città Nuova, come di un’eroina!!!
Ebbene, riporto in breve un estratto di un libro da loro edito (1). Siamo di fronte ad una sorta di radicale protestantizzazione. Leggiamo la presentazione del testo:
«È un pregiudizio diffuso che il mondo protestante non ‘riconosca i santi’. In realtà l’eroismo della donazione radicale a Dio è fortemente sentito nelle Chiese della Riforma. L’opera dà visibilità ad una schiera di grandi personaggi cristiani delle Chiese della Riforma. Il criterio nella scelta dei profili non è quello di essere arrivati ad uno stato di perfezione, definito secondo un catalogo di virtù cristiane; piuttosto di essersi ‘abbandonati’ all’unico Signore e di averLo servito con i doni specifici che ognuno ha ricevuto. Questo spiega la grande varietà di personaggi presentati dal Dizionario: Da Johan Sebastian Bach a Dietrich Bonhoeffer, a John Milton, politici, artisti, fondatori di chiese e movimenti, mistici, missionari, persone che hanno dato la vita per la giustizia sociale, martiri per la fede».
Tentativo patetico di avvicinare i protestanti alla nostra fede, fondato su un duplice errore:
1) parliamo non di santi, ma di persone di cui è difficile sperare la salvezza (il giudizio solo è di Dio! Ma i peccati commessi, almeno apparentemente senza pentimento, sono immensi); la santità è partecipazione della vita di Dio, donata nella Chiesa cattolica; chi si pone volontariamente fuori di Essa, non ha la vita, ma la morte eterna; mi si spieghi questa santità di Lutero, per esempio; 2) ai protestanti non interessa dialogare su qualcosa che non sua la loro verità; inutile dire che posseggano anche loro i santi che negano! È argomento senza argomento, questo!
Il testo che segue è un esempio dell’aberrazione teologica, posta a supporto di questa scelta editoriale. Leggiamo, quindi, di seguito, l’elogio della monaca che abbandonò il monastero per unirsi illegittimamente a Lutero, con-causandone la dannazione [non ho certezze… tuttavia si veda qui (2)]; cosa per la quale, i due, si odieranno in eterno e con maggior ferocia.
Bora, la teologa donna della Riforma
«Figlia di Hans von Bora e di Katharina von Hauswig, Katie von Bora nacque a Lippendorf, in Sassonia. A 16 anni, nel 1515, prese il velo delle monache cistercensi nel convento di Marienthron, a Nimbschen. Il suo coraggio è dimostrato dal suo atto d’orgoglio nel decidere di lasciare la sicurezza del convento dopo essere venuta in contatto con gli scritti di Martin Lutero (Luther) ed esserne stata affascinata. Alla vigilia di Pasqua del 1523 fuggì dal convento con altre undici suore e fu condotta a Wittenberg, dove si trovava Lutero, il quale aveva aiutato a organizzare la fuga. Mentre alcune suore presto si sposarono, la Bora rimase nubile dopo aver avuto il cuore spezzato dall’abbandono di Hieronymus Baumgartner, un giovane studente di Wittenberg la cui famiglia aveva rifiutato la ex suora. Un fitto mistero continua ad avvolgere le ragioni e le modalità che portarono al matrimonio fra la Bora. e Lutero.
Nel giugno 1525, con grande sorpresa di tutti e con grande scandalo per gli oppositori di Lutero, Katharina e Martin furono uniti in matrimonio da Johannes Bugenhagen. Il loro matrimonio, nonostante la differenza di età e un’apparente mancanza di infatuazione iniziale, divenne un rapporto esemplare basato sul rispetto reciproco, nel quale la moglie, energica, intelligente e sicura di sé, sostenne in molti modi il marito riformatore, sempre più famoso, che a sua volta rispettava e amava teneramente la sua sposa.
Dall’unione nacquero sei figli, anche loro profondamente amati dai genitori, un’esperienza importante sia per i coniugi sia per la teologia di Lutero. Un aborto e la perdita di due figlie in tenera età misero a dura prova la loro fede, che li aiutò comunque a superare le crisi e gli svariati pericoli che si trovarono a dover affrontare nel corso del movimento della Riforma. La casa dei Lutero, un ex monastero con più di 40 stanze, fu un porto sicuro per molti rifugiati, sempre pieno di bambini, sia figli naturali che adottati. Visitatori provenienti da diversi Paesi, studenti a pensione, insegnanti, studiosi, erano tutti oggetto di una calorosa accoglienza.
Con l’aiuto di personale stipendiato, ‘Katie’ dirigeva la casa e si prendeva cura degli animali della fattoria e degli ampi giardini, della sua fattoria di Zullsdorf e perfino della birreria che si trovava nei sotterranei, dove produceva la sua famosa birra. Grazie alle notevoli capacità organizzative e alla sua accortezza nelle questioni economiche riuscì sempre a far quadrare i conti, anche nei tempi più duri. Oltre alla gestione della casa, era un valido sostegno per l’attività di scrittore e leader religioso del marito durante la Riforma.
Da interlocutrice arguta quale era, discuteva spesso con Lutero e con i loro numerosi ospiti gli eventi e gli sviluppi della Riforma, tanto che gli studenti la soprannominarono ‘doctorissa’. Ella fu per Lutero un fedele supporto nelle sue eccentricità e numerose malattie. È illuminante il fatto che Lutero si rivolgesse alla ‘cara moglie’ chiamandola ‘Lord Katie’, ‘signor teologo’ e ‘dottore’, e che l’avesse nominata erede di tutti i suoi averi (un atto che comunque sarebbe stato impugnato in seguito dai legali sassoni).
Sei anni dopo la morte di Lutero, dopo aver affrontato gravi difficoltà finanziarie, la Bora lasciò Wittenberg con due dei suoi figli per sfuggire alla peste ma morì poco dopo, il 20 dicembre 1552, a Torgau, in seguito di un incidente avvenuto durante la fuga e probabilmente a causa di una polmonite. La sua vita fu trasformata dagli insegnamenti della Riforma e lei stessa divenne uno strumento per la realizzazione della fede evangelica. La Bora testimoniò la sua fede tramite la devozione alla sua vocazione alla vita domestica e al matrimonio. Ella fu un esempio dell’idea luterana del sacerdozio di tutti i credenti e dell’importanza della famiglia come culla della fede evangelica».
Incredibile l’indulgenza capziosa e lasciva nei confronti di una donna che collaborò nella perdita della Vita eterna per molte anime. Evidentemente i Focolarini, come molti nella Chiesa, non credono più che uscire da Essa significhi perdersi; non credono più all’inferno; non credono più alla Parola di Cristo; agli ammonimenti di non cambiare neppure un apice della Legge. Non credono alla realtà della perdizione eterna. No! Contro ogni principio di non contraddizione, si affermi la santità eroica di anime, probabilmente, con dolore al Cuore di Cristo, dannate.
«Le dieci corna significano che dieci re sorgeranno da quel regno e dopo di loro ne seguirà un altro, diverso dai precedenti: abbatterà tre re e proferirà insulti contro l’Altissimo e distruggerà i santi dell’Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge; i santi gli saranno dati in mano per un tempo, più tempi e la metà di un tempo. Si terrà poi il giudizio e gli sarà tolto il potere, quindi verrà sterminato e distrutto completamente. Allora il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e obbediranno» (Daniele 7, 24-27).
Stefano Maria Chiari
1) Tratto da Testimoni della fede nelle Chiese della Riforma, di Aa Vv, Città nuova, 2010. 2) «A Graz (Austria), un padre francescano, in una sua predicazione, affermava che Lutero era dannato… Una sera, col pretesto di amministrare una ammalata, un uomo lo venne a cercare… Invece di trovarsi davanti ad una ammalata, il padre francescano si trovò in presenza di 5 uomini che, mostrandogli una rivoltella, gli dissero che se non dava la prova che Lutero era all’inferno, non sarebbe uscito vivo dalla stanza. Il religioso, vero uomo di Dio, depose il Santissimo Sacramento che portava con sé e si mise in adorazione; poi, recitò la preghiere dell’esorcismo… Improvvisamente, fu bussato alla porta. ‘Entrate!’ - dissero gli uomini - ma nessuno entrò! Pochi istanti dopo, però, la porta si aprì e apparve Lutero, incandescente come un carbone» (Martin Lutero, omicida e suicida, Chiesa Viva).
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