Valdo e la povertà che non salva
04 Aprile 2009
Il fondatore della cosiddetta Chiesa Evangelica Valdese presenta delle analogie biografiche simili a quelle del santo poverello di Assisi: fu ricco mercante francese, visse nel XII secolo ed in seguito ad una profonda crisi spirituale, donò i suoi beni ai poveri per predicare il Vangelo. L’impeto e la mozione sono gli stessi: il rifiuto della ricchezza e dello sfarzo (ahimè spesso diffusi tra gli ecclesiastici), la ricerca della vita semplice, l’apparente «evangelium sequi sine glossa»; apparente, perché, in Valdo, la sequela del Vangelo non fu proprio sine glossa; al contrario, portò ad una vera rivoluzione dottrinale ed esegetica. Nell’umiltà autentica di San Francesco non ci fu nulla di tutto questo: solo testimonianza coerente di una vita radicalmente povera, a servizio ed in obbedienza alla Chiesa di Cristo, mai contestata e rifiutata. Chiarezza totale tra operato umano dei chierici, fallibile, e vocazione ed essenza divina della Chiesa, infallibile.
L’errore valdese
(1) che portò all’eresia è legato fondamentalmente proprio a questa opposizione totale nei confronti della Chiesa istituzionale, intesa non tanto come Corpo mistico di Cristo, che vive la propria missione divinizzatrice nonostante la caducità e meschinità dell’uomo, del singolo credente, ma come esempio di corruzione e sovversione evangelica; la Chiesa come canale dell’anticristo, traditrice, ingannatrice ed usurpatrice.
La contestazione dell’Istituzione portò necessariamente Valdo al totale diniego della Santa Tradizione. Quel che la Chiesa insegna e tramanda, il deposito della Fede, la dottrina dei santi Padri, il Magistero perenne della Sposa di Cristo, fattori, a suo modo di vedere, assolutamente artificiosi ed innovativi rispetto al primo spirito evangelico.Da questo deriva tutta una serie di considerazioni che ricalcano in pieno i contenuti spenti del protestantesimo odierno.
Non è un caso se i valdesi, nel corso della loro storia, finirono col confluire nel settarismo protestante, ampia cloaca (dottrinalmente parlando; non si sta accusando o giudicando nessuna persona) di menzogne e contraddizioni, che svuotano di contenuto, quasi completamente, il messaggio evangelico e privano della Divina presenza del Signore Gesù; cloaca nella quale convergono con piena assonanza e con il passar del tempo tutte le eresie protestanti, che sostanzialmente non fanno altro che presentare un cristianesimo monco, privo della sua reale efficacia e bellezza, una sorta di spiritualismo cristiano, senza armi né forza. Che sia così, ne è prova il fatto che i segni sacramentali sono ridotti soltanto a due, Battesimo ed Eucaristia, e del secondo neppure vi è certezza sulla Presenza Reale; anzi!
Le prove addotte a sostegno da parte di costoro sarebbero da rinvenirsi nei silenzi della Sacra Scrittura, che smonterebbero tutto l’impianto dottrinale e dogmatico della Chiesa cattolica. Questo è chiaramente falso, non soltanto sulla base di un’indagine seria sui testi e sulla storia della Chiesa, ma anche semplicemente di fronte alla semplicissima considerazione del fatto che la Sacra Scrittura, da sola, non può salvare! Lo attesta la medesima Scrittura. San Paolo dirà che la lettera uccide, lo spirito dà la vita; Gesù, praticamente in maniera identica, parlerà dello Spirito che vivifica e della carne che non giova a nulla. San Pietro insegnerà che la Sacra Scrittura non è soggetta a privata interpretazione, quindi, non vi può essere alcuna autorità personale, al di fuori di quella stabilita da Cristo stesso che possa leggere e comprendere appieno il sacro Testo, se privo dello Spirito Santo, promesso da Gesù, proprio e soltanto agli apostoli.
La necessità della Chiesa è fondata proprio nel permanente desiderio di Cristo stesso di «restare fino a sera», fino alla fine, con i suoi. Davvero è possibile pensare ad un messaggio evangelico, divinamente ispirato, e poi abbandonato alle liti di chi dice di essere di Cefa, chi di Paolo e chi di Cristo? No! Ma questo, proprio questo ha fatto il protestantesimo, confermando gli esordi scismatici già condannati da San Paolo. Non può forse Dio, che si incarna e si rivela (cosa accettata anche dal protestantesimo), rendere infallibile la sua divina Presenza e la sua perenne efficacia, proprio attraverso quella Parola Divina ispirata? Non può forse la Chiesa essere l’unica a poter dare un seno spirituale alla lettera della Sacra Scrittura? A cosa servirebbe una Bibbia divinamente ispirata, ma non divinamente assistita nella sua lettura? A ciò si potrebbe obiettare: ognuno ha lo Spirito quando legge? Se è così, allo spirito di chi dobbiamo credere: di Valdo, di Lutero, di Calvino? Nessuno di costoro era pienamente convergente in punti di dottrina fondamentali, ed allora?
Il protestantesimo è falso e lo dimostra replicando il peccato di Babele, dove le lingue si confondo e l’umanità si disperde in milioni di isole non comunicanti. Ma Dio non sta a guardare: i valdesi restano appunto «di Valdo»; l’unica Istituzione che può vantare il nome attribuitale da Cristo è proprio e soltanto la Chiesa cattolica. E di fronte a tale insufficienza di Vita Divina, nessuna povertà o ascesi è in grado di salvare.
Stefano Maria Chiari
1) Per avere un’idea, riporto in estratto quanto è possibile leggere nel sito
http://www.milanovaldese.it/chisiamo/faq02.php (i numerosi refusi sono stati corretti dalla redazione, così come l’editing)
Qui di seguito si condensa un penoso minestrone di tutte le eresie, i luoghi comuni, le calunnie che hanno colpito la Chiesa cattolica apostolica romana dalla morte di Cristo ai giorni nostri (come scrive Vittorio Messori «le posizioni eretiche sono come quelle sessuali: poche e ripetitive»). Quasi tutte le eresie sono state elaborate nelle sinagoghe e promosse dalle sinagoghe. Una semplice riflessione per i valdesi e che vale, «mutastis mutandis», per tutti quelli che si sono distaccati dalla Chiesa romana - l’unica contemporanea di Cristo - e cioè ortodossi, protestanti, etc.: la «predicazione» di Valdo è del 1170; come mai lo Spirito Santo ha aspettato 1170 anni, dalla venuta di Cristo, per esprimere la vera chiesa? (nota del’editore).
I valdesi sono cristiani?
Sì, essi credono in Gesù Cristo e confessano la stessa fede cristiana della Chiesa universale espressa in tutti gli articoli del Credo apostolico. Si differenziano, però, dai cattolici-romani, i quali sono anche cristiani, ma è bene chiarire che non tutti i cristiani sono cattolici-romani. Il cristianesimo è come un grande albero con numerosi rami, dei quali i più grossi sono: la chiesa cattolica-romana, le chiese evangeliche (dette anche protestanti) e le chiese orientali ortodosse. La Chiesa valdese fa parte della grande famiglia delle Chiese evangeliche, nate dalla Riforma del XVI secolo, alla quale ha aderito sin dal 1532, anche se come movimento di rinnovamento evangelico essa ha una storia più lunga di circa 350 anni, perché le sue origini risalgono alla fine del XII secolo.
Da dove deriva il nome «valdese»?
Da un certo Valdo (latino Valdesius) ricco mercante di Lione (Francia), che verso il 1170-75, in seguito ad una profonda crisi spirituale, cambiò radicalmente vita dando i suoi beni ai poveri e mettendosi a predicare l’Evangelo al popolo. Rifiutandosi di obbedire al vescovo della città e poi alle altre autorità ecclesiastiche che gli imponevano, in quanto laico, di non predicare al pubblico, fu scomunicato assieme a coloro che presto si unirono a lui, per seguire il suo esempio e il suo ideale di vita cristiana. Questi si chiamarono semplicemente «»poveri» e cercavano di vivere secondo gli insegnamenti dell’Evangelo e l’esempio degli Apostoli. I loro nemici li chiamarono «valdesi», dal nome di colui che dette inizio a questo movimento. Nonostante le sanguinose persecuzioni che infierirono contro di loro, essi si diffusero non solo in Francia, ma anche in molte altre parti dell’Europa. In Italia furono numerosi in Lombardia e in alcune valli delle Alpi Cozie, in Piemonte, in provincia di Torino. Solo questi ultimi sopravvissero alle secolari persecuzioni e al tempo della Riforma vi aderirono, costituendosi in una vera e propria Chiesa riformata di tipo calvinista.
Perché gli evangelici sono chiamati anche «protestanti»?
Storicamente questo soprannome fu dato a quei Luterani che «protestarono» contro l’iniqua delibera della Dieta di Spira del 1529, che non riconosceva loro gli stessi diritti di libertà religiosa accordati ai cattolici. Questo epiteto fa pensare che il protestantesimo abbia il carattere di una reazione contraria, di una opposizione e di una contestazione. In realtà, però, i dissenzienti nella loro dichiarazione usarono il termine «protestare» non tanto nel senso negativo di una pura rimostranza, quanto e sopratutto in quello positivo di «un’attestazione pro», cioè a favore della verità dell’Evangelo, che essi intendevano professare a qualsiasi costo. Perciò l’accento di questa presa di posizione non cade tanto sulla protesta contro ciò che si ritiene ingiusto, quanto sull’attestazione a favore di quello che è secondo l’Evangelo. Quindi, anche se gli altri li chiamarono «Protestanti», essi si dettero il nome di Evangelici.
I valdesi riconoscono il papa?
No. Essi sanno bene, come la storia chiaramente ci mostra, che il potere e l’autorità assoluti del vescovo di Roma si costituirono gradatamente nel tempo, in connessione con varie situazioni e vicende del mondo occidentale, a partire dai primi secoli dell’era cristiana, fino ad assumere la consistenza che hanno oggi. Infatti le Chiese d’oriente, dette ortodosse, già prima della Riforma, nel 1054 si separarono da quelle d’occidente, rifiutando il potere giurisdizionale del papa che voleva estendersi anche su di esse. La Chiesa valdese non solo non riconosce su di sé l’autorità del papa romano, ma non ha al suo interno alcuna specie di papa, perché non è strutturata in modo gerarchico con un capo terreno al vertice, bensì con un ordinamento sinodale-assembleare in cui tutti i membri di chiesa (laici) e i loro ministri hanno uguale dignità e potere. Solo per dare un’idea di questa differenza strutturale, potremmo paragonare la Chiesa cattolica-romana ad una monarchia assoluta, mentre le Chiese evangeliche, compresa quella valdese, sono organizzate come una moderna democrazia assembleare, parlamentare e repubblicana.
I pastori valdesi possono sposarsi?
Sì. Gesù stesso non ha proibito ai suoi apostoli di tenersi la propria moglie e gli scritti del Nuovo Testamento consentono anche ai vescovi e quindi a tutti i ministri di Cristo di sposarsi (vedi: I Corinzi 9/5; I Timoteo 3/1-7; Tito 1/5-6). Questo perché nella Chiesa apostolica non c’era alcuna differenza di grado fra «clero» e «laici», come non c’era alcuna discriminazione né di sesso, né di razza, né di nazionalità, né d’altro, in quanto tutti erano sullo stesso piano di grazia e di vocazione, anche se si distinguevano i loro compiti. Così, non c’era alcuna gerarchia e tutti indistintamente costituivano un «sacerdozio regale»: in quanto uniti al medesimo Signore e Salvatore, ricevevano da Lui dignità e funzione sacerdotali, che erano chiamati ad esercitare nel servizio da rendere a Dio e al prossimo in tutta e con tutta la loro vita. Perciò nella Chiesa valdese i pastori non sono chiamati in senso particolare «sacerdoti», perché non sono dei mediatori tra Dio e i fedeli, dato che siamo tutti nella stessa condizione di figli di Dio in Cristo e quindi fratelli; e il ministero pastorale non è prerogativa maschile, ma vengono consacrate a questo servizio anche delle donne. Inoltre la predicazione viene fatta anche da credenti che non sono pastori, ma hanno i doni per tale compito.
Quali sono le differenze principali fra la chiesa valdese e quella cattolica?
La Chiesa Valdese e la chiesa cattolica, essendo entrambe cristiane, hanno molti punti fondamentali della medesima fede in comune, come la fede nell’unico Dio Padre, Creatore del cielo e della terra, nel suo Unigenito Figlio Gesù Cristo, Signore e Salvatore del mondo, nel medesimo Spirito Santo; la stessa Bibbia (Antico e Nuovo Testamento), lo stesso Credo apostolico e le affermazioni dei primi 7 Concili veramente ecumenici, cioè universali. Tuttavia tra queste due Chiese ci sono delle differenze notevoli, che le distinguono. Le principali differenze riguardano innanzitutto la stessa Bibbia, non solo per il suo contenuto (nell’Antico Testamento cattolico ci sono in più i libri cosiddetti «Deuterocanonici», cioè di un secondo canone che è stato dichiarato tale dal Concilio di Trento) e l’interpretazione di taluni passi, ma specialmente per il posto che essa occupa nelle rispettive Chiese. Infatti per la Chiesa valdese, e per le altre Chiese evangeliche, in base al principio «sola Scriptura» affermato dalla Riforma, la Bibbia è la sola norma per la fede e la vita dei credenti; mentre per la Chiesa cattolica accanto alla Bibbia si pone, come avente pari autorità, la tradizione orale, ed entrambe (Bibbia e tradizione) devono essere accolte solo secondo l’interpretazione considerata infallibile del magistero papale. Si può quindi dire che da questa divergenza fondamentale derivino tutte le altre. Fra queste una grossa importanza riveste il posto che lo stesso Signore e Salvatore Gesù Cristo ha nella fede e nella pietà dei credenti: per i Valdesi, come per tutti gli altri Evangelici, Gesù Cristo è, secondo la testimonianza concorde di tutto il Nuovo Testamento, la sola via per andare al Padre, la sola verità rivelata del Padre, la sola possibilità di avere la vita perdonata e redenta, l’unico Mediatore fra Dio e gli uomini e quindi l’unico Intercessore, essendo vero Dio e vero uomo, com’è affermato dall’altro principio della Riforma: «solus Christus». Perciò sono escluse preghiere e atti devozionali rivolti alla madre di Gesù (che i cattolici chiamano «Madonna») e ai cosiddetti «santi», anche se verso tutti costoro i Valdesi e gli Evangelici hanno il massimo rispetto e cercano di imitarne la fede e la santità di vita. Inoltre, sempre secondo il messaggio evangelico espresso dalla Riforma con le parole «sola gratia, sola fide», i Valdesi assieme a tutti gli altri Evangelici confessano che solo per la sua grazia, cioè del tutto gratuitamente e per il suo amore misericordioso, Dio ci perdona, ci accoglie come figli e ci salva in Cristo, grazie al suo sacrificio, e noi possiamo ricevere questo grande e stupendo dono gratuito solo mediante la fede, cioè credendo alla Parola di Dio che ce lo annuncia e riponendo in Lui tutta la nostra fiducia e la nostra speranza. Essendo questo un dono della grazia, non può essere acquistato da noi con i nostri presunti meriti, derivanti dalle nostre buone opere. Queste vanno certamente fatte, non per farci ottenere il favore di Dio, che ci ha amati e ci ama come un Padre misericordioso, pur essendo noi peccatori, ma per esprimergli la nostra gioiosa riconoscenza per il perdono e la salvezza che gratuitamente ci ha donato in Cristo.
Qual’è il messaggio che predicate e che volete far conoscere agli altri?
In sostanza, è l’Evangelo, cioè la «buona notizia» del fatto che l’unico vero Dio, Creatore e Signore del cielo e della terra, si è rivelato in Gesù Cristo e che per mezzo di lui ha operato ed opera per la redenzione e la salvezza eterna di tutta l’umanità e di tutto il creato. Questo messaggio chiama tutti e ciascuno ad accoglierlo nella fede e nella gioiosa riconoscenza, che si manifesta in un cambiamento radicale di mentalità e di vita, e nell’impegno di vivere ed operare come testimoni di quest’opera di redenzione nel mondo. Anche altre religioni, come l’ebraica e la musulmana, insegnano che fede in Dio significa sottomettersi alla sua volontà e aver fiducia in lui; particolare nella fede dei cristiani è il fatto che hanno fede in Gesù Cristo. Questo significa credere che quanto ha detto e fatto è vero nel senso che ha valore per la vita di ciascuno e lo è anche la sua promessa di una vita rinnovata che merita di essere vissuta. Noi protestanti abbiamo sempre insistito molto sul fatto che questa fiducia in Gesù è il centro della religione, è anzi l’unica cosa che Dio ci chiede. Qualcuno potrebbe dire: «Non è un po’ comodo? Se basta credere per essere a posto uno può fare quello che vuole». E’ chiaro che non è così: quando uno ha fiducia in una persona e vuole meritare la sua, farà di tutto per esserne degno. Si fanno molte più cose per amore che per obbligo, e la fede è il nostro modo di amare Dio.
I valdesi credono al purgatorio?
No, perché il messaggio evangelico ci assicura che tutti i nostri peccati sono stati espiati da Gesù Cristo col suo sacrificio sulla croce, che il suo perdono è del tutto gratuito, pieno e totale. Perciò non ci sono più peccati da scontare, né in questa vita, né dopo la morte. Sono pertanto escluse tutte le pratiche intese come aventi il potere di abbreviare la permanenza nel presunto Purgatorio, come messe di suffragio, indulgenze, elemosine ed altre opere di pietà, che però vanno fatte non per farci guadagnare un beneficio nel presente o nel futuro, ma per esprimere il nostro amore sincero a Dio e al prossimo.
I valdesi hanno i sacramenti?
Per cattolici e ortodossi i sacramenti sono delle azioni, dei gesti che hanno il potere di trasmettere la grazia del Signore. Come non si può cancellare una cosa che è stata fatta, così non si può annullare un sacramento: chi è battezzato lo resta, chi è sposato non si può separare, il prete resta sempre prete. In questa visione la grazia di Dio è un qualcosa, un po’ magico, trasmesso dai sacerdoti che hanno un potere che gli altri non hanno; i sacramenti dividono la chiesa in due: chi è prete (il clero) e chi non lo è (i laici), chi da e chi riceve. Questo modo di pensare non si trova nel Nuovo Testamento: gli apostoli annunziano il perdono di Cristo e compiono molte azioni e molti gesti che sono segni del perdono senza che però diventino sacramenti. La Chiesa antica ha chiamato «sacramenti» alcuni atti particolari ordinati dal Signore Gesù Cristo e li ha definiti «segni visibili della grazia invisibile». Secondo la Chiesa valdese e le altre Chiese evangeliche, rispondono a questi requisiti soltanto i due atti espressamente stabiliti da Gesù: il battesimo e l'eucaristia (che preferiamo chiamare col termine più comprensivo di «Cena del Signore» o «Santa Cena»). Dei sette sacramenti cattolici gli evangelici hanno perciò mantenuto solo i due gesti del battesimo e della comunione proprio perché sono quelli che Gesù ha detto in modo esplicito di fare nel suo nome.
Questi gesti possono essere compiuti da ogni credente, qualsiasi membro di chiesa, uomo o donna, può amministrare la santa cena. La cresima, la confessione auricolare e relativa assoluzione sacerdotale, il matrimonio, l’ordine sacro e l’estrema unzione in ambito evangelico non sono considerati «sacramenti», anche se a diversi momenti e a diverse decisioni della vita dei credenti viene dato un opportuno rilievo: come la confermazione dei catecumeni, la celebrazione del matrimonio, la consacrazione di uomini e donne al ministero pastorale; mentre non si pratica affatto la confessione auricolare e l’estrema unzione.
Che posto occupa Maria, la madonna, nella Chiesa valdese?
Ortodossi e cattolici ritengono che Maria debba essere di particolare importanza in quanto madre di Gesù. Anche se, dicono queste chiese, non è oggetto di adorazione ma solo di venerazione, spesso nella religione popolare finisce con l’essere altrettanto importante quanto Cristo stesso. Noi evangelici siamo visti sovente come coloro che non venerano Maria ed hanno anzi nei suoi confronti un atteggiamento negativo. Questo è del tutto falso; abbiamo per lei il massimo rispetto e la consideriamo un grande esempio di fede, ma ci limitiamo a credere ciò che di lei dice il Vangelo: riceve con fede il saluto dell’angelo, dà alla luce Gesù e assiste alla crocifissione; in sostanza ciò che dice il Credo: che Gesù è nato da Maria vergine per intervento miracoloso dello Spirito santo.
Tutti gli altri dogmi creati dalla chiesa: la sua perpetua verginità, la sua immacolata concezione, la sua assunzione in cielo non avendo nessun fondamento nella Scrittura non possono essere oggetto di fede. Per lo stesso motivo gli evangelici non recitano l’Ave Maria, che mischia il saluto dell’angelo («ti saluto. Maria a cui il Signore ha fatto grazia...») con una preghiera: «santa Maria prega per noi peccatori...». Per gli evangelici Maria è insomma quella del Vangelo: un esempio di obbedienza a Dio, è ciò che lei dice di se stessa nel Magnificat: «io sono la serva del Signore... a cui egli ha fatto grazia». Questo è vero di lei, ma anche di tutti i cristiani.
E che posto occupano i santi?
La parola «santo» nella Bibbia indica una persona o anche un oggetto che appartiene a Dio.
Per questo gli apostoli, scrivendo ai credenti (che vivono a Corinto, a Roma), li chiamavano «santi». Lo stesso significato ha la parola nel Credo. Quando si dice: credo la «comunione dei santi» si dice semplicemente che la chiesa su tutta la terra è una comunione di credenti, cioè di persone che appartengono a Dio. Quando gli apostoli parlano della «santificazione», intendono con questo il vivere sempre più nella obbedienza a Dio. Non tutti i credenti vivono la fede con la stessa intensità, alcuni sono più forti di altri e sono perciò di esempio, di stimolo e di aiuto. Anche noi evangelici lo crediamo, con due avvertenze. Nella santificazione, cioè nell’impegno a servire Dio, nessuno raggiunge la perfezione, resta sempre nella comunione dei credenti, sarà più impegnato e di esempio, ma sempre fra gli altri. Di conseguenza nessun cristiano può fare da mediazione rispetto ai suoi fratelli, anche se tutti possono e debbono intercedere per gli altri. Perché dovrebbe farlo se abbiamo già in Gesù un mediatore perfetto, come dice l’apostolo nella lettera agli Ebrei? Per questo noi evangelici non abbiamo santi o beati a cui rivolgere preghiere, ma invochiamo solo Cristo Signore. E per motivi analoghi è del tutto assente, ovviamente, anche il culto delle reliquie (anche se questo è presente in molti aspetti della vita sociale: la maglia di un giocatore dopo la partita e un oggetto di un celebre attore sono oggi una sorta di «reliquie»), in quanto queste nel cristianesimo hanno in genere relazione con un santo: il sangue di San Gennaro, per esempio. Pure la Sindone di Torino appartiene a questo tipo di religiosità, anche se dalle analisi pare risultare che sia un falso medievale. Questo mondo di religiosità popolare è però del tutto estraneo al mondo evangelico. Non solo perché sa di magico. Non basta, diciamo, credere a qualcosa piuttosto che a niente, occorre vedere se quel qualcosa ha un nesso con il messaggio cristiano. Non è purificando il paganesimo che si giunge al cristianesimo; venerare la Sindone, visitare il santo sepolcro, credere in San Gennaro non aiuta le persone a trovare la fede. Quello che le persone - e perciò anche Gesù e i credenti - lasciano, non sono oggetti ma il loro esempio.
Cosa pensano i valdesi del crocifisso nelle scuole?
I valdesi ritengono che lo Stato debba essere necessariamente laico, e che non debba operare privilegi per nessuna confessione religiosa, nemmeno per quella di maggioranza nel nostro Paese,
la cattolica - e non, come si dice spesso genericamente, la «religione cristiana», ritenendo che tutti i cristiani la pensino nella stessa maniera, e anche sul crocifisso abbiano la stessa visione e lo stesso sentire. In Italia infatti si confondono ancora i termini cristiano e cattolico e di conseguenza chi non è cattolico è visto come non cristiano, che si tratti di un evangelico, un ebreo o un musulmano. E’ un grave errore che dovrebbe essere corretto, ma che anche i media tendono a perpetuare. La chiesa cattolica poi usa come simbolo della fede il crocifisso, mentre la maggioranza di quelle evangeliche solo la croce. Perché, dicono, la vita di Gesù non si conclude con la morte in croce, ma con la resurrezione. Cristo non è un morto da ricordare ma una nuova vita da incontrare: ecco perchè secondo noi la croce spoglia, senza il corpo del Gesù-uomo sofferente, può essere più simbolica, perchè ci ricorda meglio anche la divinità del Cristo. Detto questo, per la maggior parte dei valdesi nè la croce nè il crocifisso possono essere branditi come un simbolo laico della società occidentale, per quanto con scopi che vengono detti pacifici.
Com’è organizzata la chiesa valdese?
La Chiesa valdese è organizzata secondo un sistema detto sinodale. Ogni Chiesa locale più volte l’anno ha le sue Assemblee, costituite da tutti i suoi membri, per esaminare tutte le cose che la concernono e deliberare in proposito. L’Assemblea locale elegge il Consiglio di Chiesa, che ha funzioni esecutive e risponde del suo operato all’Assemblea. I componenti di detto Consiglio sono eleggibili annualmente fino ad un massimo di 3 quinquenni. Dei Consigli di Chiesa fanno parte i pastori, ma senza esserne necessariamente i presidenti. Le Chiese di una certa circoscrizione territoriale costituiscono un Circuito. Questo tiene almeno due volte l’anno le sue Assemblee, di cui fanno parte i rappresentanti, pastori e non pastori, delle chiese della medesima circoscrizione. L’Assemblea circuitale elegge il Consiglio di Circuito, che dura in carica un anno ed esegue le deliberazioni di tale Assemblea. Sul piano territoriale più vasto ci sono i Distretti, che comprendono diversi Circuiti e tengono almeno annualmente la propria Conferenza (= Assemblea) Distrettuale, della quale fanno parte i delegati eletti dalle singole chiese locali e i pastori. La Commissione Esecutiva Distrettuale è l’organo eletto da questa Conferenza e ad essa risponde del suo operato. Infine sul piano nazionale c’è il Sinodo (o Assemblea generale), che si riunisce annualmente a Torre Pellice (Torino). Di esso fanno parte i deputati eletti dalle chiese locali, dei Circuiti e dei Distretti.
Il numero dei pastori non può superare quello dei membri non pastori. Il Sinodo esamina tutte le materie che riguardano la fede e la vita delle Chiese valdesi sul piano generale e le sue delibere valgono per tutte le Chiese locali. Il Sinodo perciò è l’autorità terrena al di sopra della quale c’è solo quella del Signore, che si esprime nella sua Parola, che Egli ci fa intendere per mezzo del suo Spirito. Il Sinodo, quindi, è il superiore organo di governo della Chiesa, la quale non ha come capo terreno una sola persona, ma l’Assemblea sinodale. Tra un Sinodo e l’altro l’organo esecutivo è la Tavola Valdese (= Comitato amministrativo centrale), composta da 7 membri, eletti annualmente dal Sinodo; essi durano in carica un anno e non possono essere rieletti per più di sette anni consecutivi. Il Moderatore non è il capo della Chiesa valdese, ma il presidente della Tavola, e assieme a questa risponde del suo operato al Sinodo.
Quali sono i mezzi di sostentamento della chiesa valdese?
La Chiesa valdese si mantiene esclusivamente coi suoi propri mezzi, cioè con le offerte e le contribuzioni volontarie dei suoi stessi membri. Essa dunque non chiede e non riceve sussidi o contributi da parte dello Stato, perché ritiene che ogni organizzazione religiosa, di qualunque confessione, debba auto-finanziarsi e che lo Stato debba provvedere solo ai suoi compiti specifici, che riguardano tutti i cittadini, indipendentemente dalla fede che professano o non professano.
Nel 1993 le chiese valdesi e metodiste hanno deciso di avvalersi della legge e di accedere alla riscossione dell’otto per mille dell’IRPEF. Nel prendere questa decisione il sinodo ha fissato però due criteri guida. Ha stabilito anzitutto che la somma ottenuta non fosse utilizzata per fini di culto, non servisse cioè al mantenimento dei pastori e della attività della chiesa, ma unicamente per progetti di natura assistenziale, sociale o culturale e che una quota fosse riservata per progetti nel Terzo mondo in collaborazione con organismi religiosi o laici. In secondo luogo ha stabilito che venissero accolti unicamente i contributi frutto di preferenze espresse dai contribuenti e no dalla ripartizione delle quote non espresse. Sul sito della chiesa valdese, www.chiesavaldese.org alla voce «OPM Informa», si possono trovare notizie aggiornate sui progetti finanziati ed altro. L’otto per mille non viene quindi impiegato per il sostentamento del culto e della chiesa (ad esempio per pagare lo stipendio ai pastori, ecc) ma solo ed esclusivamente per attività sociali, culturali e umanitarie, in Italia e all’estero. La Chiesa valdese ha poi recentemente accettato di avere parte anche all’otto per mille dell’IRPEF che non viene espressamente destinato a nessuna confessione religiosa nè allo Stato: sempre di più sono infatti i cittadini che, per vari motivi (ad esempio perchè non fanno più personalmente la propria dichiarazione dei redditi) non appongono alcuna firma per l’otto per mille, spesso ritenendo che l’importo vada così allo Stato e/o che venga impiegato per scopi umanitari «laici» (mentre finora la maggior parte delle quote non espresse è stata fin qui ripartita essenzialmente tra Stato e chiesa cattolica, proporzionalmente alle quote espresse - con minime somme quindi alle comunità ebraiche, ai luterani ecc -, e utilizzato, rispettivamente, dallo Stato per coprire parte del proprio deficit - e anche per attività non unanimemente ritenute pacifiche e umanitarie, come le operazioni delle nostre forze militari in Iraq - e dalla chiesa cattolica anche ai fini di culto, cosa peraltro nota. (Per ulteriori informazioni si veda ad esempio il sito dell’associazione dei consumatori ADUC www.aduc.it che ha analizzato dettagliatamente l’utilizzo dell’otto per mille da parte di tutti i soggetti che lo ricevono, fra l’altro segnalando quello fatto dalla chiesa valdese come esemplare per trasparenza nella rendicontazione e nella coerenza di intenti).
Anche se la modifica dell’Intesa non è ancora stata definitivamente approvata dal Parlamento
(a marzo 2006); ma, anche in quel caso - se e quando si verificherà -, si userà sempre questa ulteriore entrata soltanto per il sostenimento di opere di assistenza sociale in Italia e all’estero, mentre per i fini di culto e il mantenimento dei suoi pastori la chiesa valdese continuerà ad usare le sole offerte interne.
Quali sono le origini della Chiesa valdese?
Le origini della Chiesa Valdese risalgono al Movimento valdese che ha avuto inizio verso il 1174 a Lione, in Francia, dove Valdo, ricco mercante di quella città, ad un certo momento della sua vita decise di dare i suoi beni ai poveri, mettendosi a vivere in povertà e semplicità, secondo l’Evangelo. Quello che lo distinse da Francesco d’Assisi fu che egli non fondò un ordine monastico, ma continuò a vivere in mezzo alla gente da semplice laico, leggendo e predicando il contenuto di alcuni libri della Bibbia che egli si fece tradurre in lingua volgare. Il vescovo della città gli proibì di predicare, perché egli era laico, ma Valdo, disobbedendo, continuò a farlo. Questo fatto lo portò ad essere scomunicato con il nuovo movimento che era sorto dalla sua testimonianza, movimento che inizialmente prese il nome di «Poveri di Lione». Nonostante la scomunica e le persecuzioni, questo movimento si diffuse non solo in Francia, ma anche in tante altre parti d’Europa ed anche in Italia, specialmente in Lombardia, dove fu chiamato dei «Poveri Lombardi». Un certo numero di Valdesi si stabilì in una zona delle Alpi Cozie, sia sul versante francese che su quello italiano, per difendersi dalle persecuzioni; e lì, specialmente nella zona italiana, che si trova in provincia di Torino, ad occidente di Pinerolo, governata allora dai Duchi di Savoia, i Valdesi poterono resistere per secoli a molti feroci assalti che miravano a sterminarli. Al tempo della Riforma, esattamente nel 1532,
i Valdesi decisero di aderire alla Riforma stessa e così da allora in poi si costituirono ed organizzarono come una Chiesa Riformata, facendo in questo modo parte della grande famiglia delle Chiese Evangeliche, dette anche Protestanti. Finalmente nel 1848 il re Carlo Alberto di Piemonte riconobbe loro gli stessi diritti civili degli altri sudditi del suo regno. Da allora in poi si diffusero nel resto d’Italia che allora andava unificandosi sotto i Savoia.
Quali sono le principali attività interne ed esterne della vostra Chiesa?
Sono il culto della Domenica, la scuola domenicale per i bambini, il catechismo per i ragazzi, lo studio biblico per gli adulti. Inoltre ci sono momenti di incontro e di fraternizzazione, come i bazar, che si svolgono durante l’anno, le diverse àgapi comunitarie (pranzi o cene consumati per passare qualche ora in comune). Le attività esterne sono principalmente le diverse conferenze pubbliche e gli incontri ecumenici, organizzati nel corso dell'anno con i Cattolici e con altri Cristiani.
Come si svolge il culto?
Si svolge regolarmente ogni Domenica mattina nelle nostre chiese. E’ pubblico, quindi aperto a tutti e chiunque può liberamente entrare ed assistervi, senza che venga messo in soggezione o imbarazzo da alcuno. Esso consiste in letture bibliche, preghiere, canto di inni, predicazione e, almeno una domenica al mese, celebrazione della Cena del Signore (quella che i cattolici chiamano «eucaristia»).
In cosa consiste la scuola domenicale?
Consiste nell’insegnamento del contenuto della Bibbia, impartito in modo elementare ai bambini delle comunità da persone preparate che chiamiamo «monitori» o «monitrici» generalmente la domenica nei locali attigui alla chiesa, di solito durante l’ora in cui i loro genitori partecipano al culto.
E il catechismo?
Le lezioni di catechismo, che riguardano l’insegnamento del messaggio evangelico-biblico, sono impartite settimanalmente dal pastore ai ragazzi della chiesa, per la loro formazione cristiana. Normalmente si concludono con la confermazione dei giovani, che avviene intorno ai 18 anni. Con la loro confermazione, essi diventano membri effettivi della comunità e se ne assumono liberamente gli impegni.
E lo studio biblico?
Consiste nella lettura e nell’esposizione esegetica di testi biblici, generalmente fatta dal pastore e seguita dai membri della comunità e da chiunque altro desidera approfondire la conoscenza biblica. Questo studio normalmente si svolge ogni settimana, spesso di sera nei locali della chiesa o in diversi quartieri dove ci sono comunità numerose o città grandi.
Cosa pensano i valdesi dei miracoli?
Certamente essi riconoscono il valore, l’importanza e il messaggio dei miracoli attestati nella Bibbia. In essa i miracoli sono dei segni concreti che testimoniano la bontà e la potenza di Dio, unico vero Signore del cielo e della terra, della storia, della natura e di tutte le sue leggi, il quale si compiace intervenire in aiuto di coloro che soffrono oppressi da vari mali per liberarli. Nel presente stato di cose, questi interventi divini non sono ancora la realizzazione piena e ultima della sua opera di redenzione, ma ne rappresentano i «segni» indicatori, che l’additano alla fede e alla speranza dei credenti. Così, tutti i miracoli raccontati nell’Antico Testamento - dei quali la liberazione d’Israele dalla schiavitù d’Egitto e il suo accompagnamento da parte di Dio attraverso il deserto nella terra promessa sono fra i più grandi - preannunciano il grande evento dell’era messianica, l’avvento del Regno di Dio, con la totale liberazione da ogni male del suo popolo, dell’umanità e di tutta la creazione. Pertanto, con l’incarnazione, cioè con la venuta del Figlio di Dio nel mondo, tutti i miracoli fatti da Gesù sono il segno, come egli stesso ha detto, che «il Regno di Dio è in mezzo a voi» (Luca 17/21), cioè che Gesù lo ha portato realmente con la sua persona, la sua predicazione, le sue opere, il suo sacrificio espiatorio sulla croce e la sua risurrezione redentrice; anche se la manifestazione e la realizzazione universale di questo Regno di liberazione rimangono ancora oggetto di fede e di speranza, fino al glorioso ritorno del Cristo, Signore risorto e vittorioso. Infatti Gesù non ha guarito tutti i malati e non ha risolto i vari problemi che ancora affliggono l’umanità, anche se ha dato dei segni di questa liberazione. Egli ha rifiutato nettamente di risolvere questi problemi per mezzo di miracoli, cioè dando pane, salute e benessere a tutti e operando prodigi sensazionali per farsi così riconoscere e acclamare da tutti quale Signore del mondo. Questa fu la proposta del Tentatore, espressa pure più volte dalla richiesta degli uomini, di dimostrare la sua identità e la sua potenza divina con dei prodigi incontestabili; ma egli decisamente non ha voluto assecondarla (vedi: Matteo 4/1-10; Matteo 12/38-39; Marco 15/29-32). Perché ha voluto invece seguire la via della croce, che è quella della sua apparente debolezza e sconfitta, cosa scandalosa e assurda per gli uomini (I Corinzi 1/22-25). E quando ha guarito degli infermi ha ordinato loro di non fargli pubblicità, perché voleva essere riconosciuto e accolto solo dalla fede. Inoltre Gesù ha dato ai suoi discepoli il potere di compiere guarigioni e altre opere potenti nel suo nome, proseguendo così l’annunzio dell’Evangelo del Regno di Dio nel mondo oltre che con la parola anche con i segni di esso. Questi carismi (= doni dello Spirito Santo) sono stati dati anche ad altri semplici credenti, i quali li hanno esercitati largamente. Però tutti quelli che operavano guarigioni, additavano sempre Gesù Cristo come l’unico Signore e Salvatore, nel nome del quale Dio concedeva quelle grazie (vedi: Atti degli Apostoli, capitolo 3). Mai hanno accettato di diventare essi stessi oggetto di devozione, di culto e destinatari di preghiere dei fedeli, ma sempre hanno invitato tutti a «rendere a Dio quel che è di Dio» (Matteo 22/21), perché ogni culto reso a qualsiasi creatura, fuori che a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, è sempre una forma di idolatria. (vedi: Matteo 4/10; Atti d. Apostoli 10/24-26; 14/11-18).
I valdesi cosa pensano dei miracoli che avvengono nella Chiesa cattolica per mezzo di «santi» e della madre di Gesù?
Alla luce di quanto esposto nella precedente risposta sulla base della testimonianza biblica, per noi fondamentale, possiamo dire che ogni fenomeno straordinario che produce liberazione da qualsiasi male è certamente dono di Dio, che nella sua grande bontà si compiace concedere questi benefici anche alla povera gente afflitta del nostro tempo. Perciò solo a Lui devono essere rivolti il ringraziamento, la lode e la benedizione. Gli strumenti umani da Lui adoperati per guarire gli ammalati vanno certamente apprezzati ed amati, ma mai esaltati e pregati come se fossero delle divinità o semidivinità a noi più vicine, perché sta scritto nella Bibbia che «c’è un solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo» (II Timoteo 2/5). In quanto ad altri cosiddetti «miracoli», che non ci sembra abbiano corrispondenza nella Bibbia, - come statue che lacrimano o trasudano o emettono sangue, sangue che si coagula e si liquefa, strane visioni, messaggi celesti e tanti altri fenomeni che provocano tanto fanatismo popolare, - rimaniamo molto perplessi, anzi contristati, vedendo che incrementano quelle forme di culto delle immagini che in tutta la Bibbia sono assolutamente riprovate come idolatria (vedi: Esodo 20/4-6). Infine ricordiamo che numerosi testi biblici ci mettono in guardia dall’eccessiva importanza che si è portati a dare ai fenomeni prodigiosi in sé, quando non sono in chiara sintonia con il messaggio biblico. Già nel libro del Deuteronomio si ammonisce di non dare retta a coloro che fanno miracoli e prodigi, anche reali, quando essi inducono la gente a forme di idolatria, sviandola dal culto da rendere solo all’unico vero Dio (vedi: Deuteronomio 13/1-4). Anche Gesù ci dice: «Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono da voi in vesti da pecore (= vesti cristiane), ma dentro sono lupi rapaci» ed aggiunge che molti nel giorno del giudizio gli diranno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo, e in nome tuo cacciato demoni, e fatte in nome tuo molte opere potenti? Allora io dichiarerò loro: Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti operatori d’iniquità».
Perché «non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Matteo 7/15, 21-23). Inoltre Gesù annunzia che «sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco, ve l’ho predetto» (Matteo 24/24-25). Anche l’apostolo Paolo dà lo stesso avvertimento (II Tessalonicesi 2/9-10) e infine l’Apocalisse (13/11-14). In definitiva, per noi valdesi l’unico vero criterio per conoscere Dio nella rivelazione che ci ha dato di sé in Cristo e la sola norma per la vita cristiana è la Sacra Scrittura, cioè la Bibbia, che comprende i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento. Nessun fatto, o fenomeno, o segno, o prodigio di qualsiasi natura e portata, nessuna parola, nessuna persona, nessuna istituzione, nessuna realtà, possono stare sul suo stesso piano e avere per noi la sua stessa autorità. Essa sola è, come dice il salmista, «lampada al nostro piede e luce sul nostro sentiero» (Salmo 119/105). In essa il Signore Gesù Cristo stesso ci parla e ci dice: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Giovanni 8/12). E l’apostolo Pietro ci dice: «In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi possiamo essere salvati» (Atti d. Apostoli 4/12). Perciò affermiamo che Gesù Cristo soltanto, vero Dio e vero uomo, unico Mediatore e Salvatore, ci basta, anzi sovrabbonda, perché «dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia sopra grazia» (Giovanni 1/16), e siamo ben lieti di credere in Lui anche senza vedere miracoli, esperimentando la beatitudine da Lui stesso annunciata quando ha detto a Tommaso: «Beati quelli che non hanno veduto e hanno creduto» (Giovanni 20/29, confronta, I Pietro 1/8-9). La fede infatti viene dall’ascolto della sua parola (Romani 10/ 17 ), è dono ed opera dello Spirito Santo ed essa stessa è uno più dei più grandi miracoli che Dio opera nella nostra vita di oggi.
Cosa pensano i valdesi della Quaresima?
Noi valdesi non consideriamo la Quaresima come un periodo particolare di penitenza, di umiliazione, di contrizione e di digiuno o astinenze, che segue quello spensierato e gaudente del divertimento e magari della licenza, che ha il suo culmine nel Carnevale. Per noi la vita cristiana non si divide in compartimenti o periodi separati: quello allegro e festaiolo dei piaceri, libero e spregiudicato, e quello triste del ravvedimento, del pentimento e della conversione; perché, secondo noi, tutta la vita cristiana, in ogni suo momento, è da vivere nel ravvedimento, cioè nella rinnovata presa di coscienza del nostro peccato e quindi nel pentimento, ma al tempo stesso in un altrettanto rinnovato ascolto ed accoglimento, mediante la fede, della Parola di Dio che ci annunzia e ci dona il suo perdono misericordioso e gratuito in Cristo crocifisso e risorto per noi, e quindi il dono della salvezza per sola grazia sua. Pertanto in tale fede e in tale speranza la vita cristiana conosce al tempo stesso una grande gioia ed una felicità profonda, che sono presenti in tutte le circostanze dell'esistenza. Così ravvedimento, pentimento, umiliazione davanti a Dio, confessione del proprio peccato e gioia per il suo perdono e la sua salvezza in Cristo sono e non possono non essere esperienza di tutti i giorni nella vita dei credenti. Tuttavia anche noi seguiamo i momenti principali del tradizionale anno liturgico cristiano e quindi in qualche modo anche la Quaresima, cioè il periodo di quaranta giorni che precede la Pasqua. Ad esempio, nelle quattro domeniche che precedono quella delle Palme nelle nostre chiese per lo più si meditano dei passi biblici che riguardano la passione di Gesù Cristo, per cogliere il loro messaggio e viverlo nell'attualità. La domenica delle Palme ricordiamo l’ingresso regale di Gesù a Gerusalemme, senza riti simbolici particolari, ma riflettendo sul significato e l'attualità di quel fatto. Il giovedì e/o il venerdì santo (secondo le consuetudini delle comunità locali) celebriamo la Cena del Signore, che però ripetiamo spesso anche nei culti domenicali (almeno una volta al mese). Infine nel culto della domenica di Pasqua, oltre a partecipare di nuovo a questa Cena, ascoltiamo la predicazione su testi biblici che testimoniano la risurrezione di Cristo, predicazione che cerca di calare nella realtà odierna il significato e la portata di quell'evento centrale e fondamentale della fede e della speranza cristiane secondo l’Evangelo.
I valdesi hanno chiesto il riconoscimento per legge delle proprie festività, ai sensi dell’articolo 6 del DPR 487/94?
No, i valdesi non hanno fatto alcuna richiesta di riconoscimento delle proprie festività religiose di cui all’articolo 6 del DPR 487/1994. Questo argomento infatti non è contemplato né nella legge 449/1984, applicativa delloIntesa che regola i rapporti tra lo Stato e le chiese valdesi e metodiste, né nelle successive modifiche e integrazioni alla medesima.
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