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Urantia
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Dietro richiesta di un gentile lettore, ci occupiamo di un fenomeno forse non molto noto: la religione di Urantia (passateci la definizione).
Per necessità di tempo, non potremo esaminare in dettaglio tutta l’opera fondamentale di questo movimento (il Libro di Urantia), ma ci soffermeremo solo su alcuni passi scelti.

Urantia, in realtà, identifica una Fondazione ed al contempo una Fraternità, la cui comune origine e successivo divorzio (anche a suon di cause e denuncie alle competenti autorità giurisdizionali (1), sono legate al cosiddetto «Libro di Urantia», che si pretende essere la rivelazione proveniente, nel 1955, da parte di esseri celestiali (2) e destinata specificamente al nostro pianeta.
L’ambizione del testo non si frena a considerazioni esoteriche e teologiche, ma spazia da ampie visione cosmologiche a vere asserzioni di carattere scientifico.
L’origine del libro è tenuta segretamente nascosta dai fondatori del movimento, ma si ricollega certamente all’attività di alcuni individui componenti un «forum».
Si tratta di personaggi noti in seno alla Chiesa Avventista del Settimo Giorno, che tuttavia si allontanarono anche da questa frangia estrema del protestantesimo; tra essi spicca il nome di William S. Sadler (1875-1969), ex pastore avventista, appunto.
Cosa dicono di se stessi, costoro (3)?

Il messaggio che si evince dalla lettura dei contenuti del Libro e dalla presentazione dei siti web è abbastanza scontato; nonostante si vesta dell’autorità di sedicenti «rivelatori spaziali», il richiamo è tipico dei messaggi new age, connotati di pacifismo universale e di «soteriologia ecologista».
Ma entriamo nel merito (4).

«Il vostro mondo, Urantia, è uno dei numerosi pianeti abitati similari che costituiscono l’universo locale di Nebadon. Questo universo, assieme a creazioni simili, forma il superuniverso di Orvonton, dalla cui capitale, Uversa, proviene la nostra commissione. Orvonton è uno dei sette superuniversi evoluzionari del tempo e dello spazio che circondano la creazione senza inizio né fine di perfezione divina -l’universo centrale di Havona. Nel cuore di questo universo centrale ed eterno si trova l’Isola stazionaria del Paradiso, centro geografico dell’infinità e luogo di residenza del Dio eterno».

L’incipit ricorda forse la fase narrativa di un film di fantascienza, ma le premesse posano su basi ideologiche tutt’altro che nuove.
Leggendo bene infatti si intuirebbe una concezione materialistica del creato e di Dio stesso.
L’evidente contraddizione di una filosofia che voglia incastonare l’Essere infinito nelle categorie spaziali di un luogo fisico, non meriterebbe neppure di essere presa in considerazione, ma ce ne occupiamo per amore di informazione e perché, ad avviso di chi scrive, essa ha la pretesa di collocarsi in quello spazio intermedio tra paganesimo e cristianesimo, che si è soliti definire «cristianesimo esoterico».

In realtà il testo de «Il Libro di Urantia» (immenso e vastissimo, che si occupa perfino dei dettagli della vita di Gesù) precisa anche che Dio è un Essere soltanto spirituale e che il Paradiso non è propriamente un luogo fisico…, ma la fumosità e l’incertezza del linguaggio lascia nel vago e nel probabile ogni capacità intellettiva di comprensione e pervade ogni passaggio del testo in esame.

«L’universo degli universi presenta fenomeni di attività della deità su diversi livelli di realtà cosmiche, di significati mentali e di valori spirituali, ma tutte queste azioni di ministero - personali od altro - sono divinamente coordinate. La DEITÀ è personalizzabile come Dio, è prepersonale e superpersonale in modi non interamente comprensibili dall’uomo. La Deità è caratterizzata dalla qualità dell’unità - attuale o potenziale - su tutti i livelli supermateriali della realtà; e questa qualità unificante è meglio compresa dalle creature come divinità» (5).

Notiamo la forte insistenza, tipicamente esoterica, di rendere indefinito il concetto di Dio, definito «Deità»!
Precisiamo e distinguiamo.
Dio, in quanto essere trascendente ed infinito, eterno ed immortale, resta al di là di ogni comprensione e di ogni immaginazione: Dio è Mistero.
Ma questa ineffabilità ed imperscrutabilità non esclude la possibilità di conoscenza da parte dell’uomo.
Egli, creato ad immagine e somiglianza di Dio stesso, è «capace», per grazia, di penetrare il Mistero Divino, pur collocandosi a distanza infinita dal poterlo abbracciare ed esaurire, dal poterlo appieno concepire; la creatura uomo resterà sempre sul ciglio della spiaggia, muto ed inerte di fronte all’impossibilità di versare il mare nella buca; tuttavia la sua conoscenza coincide con un sapere autentico, vero, anche se limitato e connotato da un non-sapere, altrettanto autentico e verace.
La ragione umana e la Rivelazione, unite alla Grazia, portano l’essere umano «dentro» al Mistero, senza tuttavia poterlo intendere e «penetrare», come solo Dio stesso è in grado di fare.
Quindi non è corretto postulare un assoluto apofatismo, in barba ad ogni logica e ragionevolezza, come neppure pervenire alla presunzione del razionalismo estremo, che pretende di dominare Dio e di relegarlo ad un momento conoscitivo del razionale; non è corretto, perché significa atto di sfiducia nei confronti di Dio stesso, che invece decide di manifestarsi, proprio perché sa che l’uomo è in grado di intuire e conoscere l’oggetto della Rivelazione.

Tornando al testo: parlare di personalità, pre-personalità e superpersonalità si traduce in fin dei conti in una sorta di sofisma.
L’autocoscienza consapevole ed autosussistente del Divino, implica necessariamente una coscienza personale non equivoca né concettualmente negoziabile.
La Deità di Urantia si presenta invece evanescente: più simile all’Assoluto indù, che all’unico Dio vero.
L’Assoluto dell’Oriente, in quanto tale, non è propriamente autosussistente e trascendente, in quanto non può non essere tutto quel che esiste; non v’è iato, assolutamente necessario, tra creatura e Creatore (iato imprescindibile per la Trascendenza infinita di Colui che è tutto quel che può essere, senza dover essere altro da Sé), ma perfetta coincidenza ontologica (in ultima analisi!).
L’autore del Libro di Urantia tradisce la lettura di testi esoterici, ispirati a questa visione coincidente peraltro con la ideologia gnostica.
Il passaggio immediatamente successivo sarà quello di un personalismo estremo.

«Coloro che conoscono Dio hanno sperimentato il fatto della sua presenza; quei mortali che conoscono Dio posseggono, nella loro esperienza personale, la sola prova positiva dell’esistenza del Dio vivente che un essere umano possa offrire ad un altro. L’esistenza di Dio è totalmente al di là di ogni possibilità di dimostrazione, salvo per il contatto tra la coscienza di Dio della mente umana e la presenza di Dio dell’Aggiustatore di Pensiero, che risiede nell’intelletto mortale e che è conferito all’uomo come dono gratuito del Padre Universale».

Immanentismo religioso, che svaluta la ragione umana, relegandola a mero organo coordinatore del materiale; per il cristianesimo, la ragione è invece completamente esaurita nella sua capacità critica e valutativa; senza essere appiattita, viene superata e sublimata nello spirito.

«La facoltà di creare non è proprio un attributo di Dio, è piuttosto l’insieme dell’azione della sua natura. Questa funzione universale di creare è manifestata eternamente com’è anche condizionata e controllata da tutti gli attributi coordinati della realtà divina ed infinita della Prima Sorgente e Centro. Noi sinceramente dubitiamo che una qualsiasi caratteristica della natura divina possa essere considerata antecedente alle altre, ma se così fosse, allora la natura creatrice della Deità avrebbe la precedenza su tutte le altre nature, attività ed attributi. E la facoltà creatrice della Deità culmina nella verità universale della Paternità di Dio».

La facoltà creatrice non è un attributo, ma una capacità infinita, un potere eterno ed infinito di Dio stesso.
Il dubbio manifestato lascia aperto un’approssimazione teologica davvero sconcertante per un testo che si pretende divinamente ispirato.
Proseguiamo nella lettura.

«E’ un grande errore umanizzare Dio, salvo che nel concetto degli Aggiustatori di Pensiero interiori, ma anche ciò non è così sciocco quanto meccanizzare completamente l’idea della Prima Grande Sorgente e Centro. Il Padre del Paradiso soffre? Io non lo so. E’ del tutto certo che i Figli Creatori possono soffrire e talvolta soffrono, proprio come i mortali. Il Figlio Eterno e lo Spirito Infinito soffrono in senso diverso. Io penso che il Padre Universale soffra, ma non arrivo a capire come; forse mediante il circuito della personalità o l’individualità degli Aggiustatori di Pensiero e di altri conferimenti della sua natura eterna. Egli ha detto delle razze mortali: ‘In tutte le vostre afflizioni io sono afflitto’. Egli prova indubbiamente una comprensione paterna ed affettuosa; può veramente soffrire, ma io non comprendo la natura di tale sofferenza».

Si sostiene (in modo corretto) che sia grande errore umanizzare Dio, ma poi, incoerentemente e contraddittoriamente, lo si dichiara capace di soffrire.
La Divina Trinità sembra essere un concetto accettato, però, a ben vedere, lo è in maniera completamente mutilata, parziale; cosa che tradisce una visione certamente ed ideologicamente «antropomorfa».
Supporre, per esempio, la possibilità di una sofferenza in Dio significa, in fin dei conti, non credere all’intangibilità divina, all’imperturbabilità infinita dell’Essere immutabile ed eterno, in cui, è scritto, «Non c’è variazione né ombra di cambiamento» (Giacomo 1,17).
Sottilizzare poi la diversa modalità di sofferenza tra il Padre (anche se l’autore qui sembra non sapere se il Padre soffra), il Figlio e lo Spirito Santo è sintomo di una effettiva differenza ontologica tra le medesime Divine Persone: siamo quindi in pieno politeismo!
Politeismo che, se non viene debitamente sostenuto da un’ideologia monista (come avviene, per esempio nel caso delle più diffuse religioni orientali) è semplicemente puerile manifestazione del sentimento religioso, filosoficamente lacunoso e carente.
Semplicemente non credibile.

La figura di Gesù emerge quasi come una sorta di cocktail tra super-eroe spaziale e Micael esoterico (gli «urantia» fanno coincidere la figura di San Michele Arcangelo e Verbo del Padre; eresia già conclamata tempo fa, salvo poi revisioni successive, dai Testimoni di Geova); ma quel che balza agli occhi è la non credibile giustificazione dell’evento dell’Incarnazione.
Leggiamo: «Vivere tali vite identiche a quelle che egli impone agli esseri intelligenti da lui stesso creati, conferirsi in tal modo nelle sembianze dei suoi vari ordini di esseri creati, fa parte del prezzo che ogni Figlio Creatore deve pagare per acquisire la piena e suprema sovranità dell’universo di cose e di esseri da lui stesso creato», parafrasando: l’Incarnazione sarebbe una sorta di punizione divina a carico del Figlio del Padre, per il solo fatto di essere «Figlio».
Stiamo rasentando la follia; è chiaro che un testo del genere si rende da sé poco accettabile, se non addirittura risibile.
Ma non finisce qui.

Leggete quanto segue: «Prima degli avvenimenti che sto per descrivere, Micael di Nebadon si era conferito sei volte nelle sembianze di sei ordini differenti della sua diversificata creazione di esseri intelligenti. Poi si preparò a discendere su Urantia nelle sembianze della carne mortale, l’ordine più basso delle sue creature intelligenti dotate di volontà, e, come un umano del regno materiale, ad eseguire l’atto finale del dramma concernente l’acquisizione della sovranità sul suo universo conformemente alle direttive dei divini Capi Paradisiaci dell’universo degli universi. Nel corso di ciascuno di questi precedenti conferimenti Micael non solo acquisì l’esperienza finita di un gruppo di suoi esseri creati, ma acquisì anche un’essenziale esperienza di cooperazione con il Paradiso che avrebbe portato, in se stessa e per se stessa, un ulteriore contributo per costituirlo sovrano dell’universo da lui stesso edificato. Ad ogni momento di tutto il tempo passato dell’universo locale, Micael avrebbe potuto rivendicare la sovranità personale come Figlio Creatore, e come Figlio Creatore avrebbe potuto governare il suo universo nella maniera da lui stesso scelta. In tal caso Emanuele ed i Figli del Paradiso associati avrebbero lasciato l’universo. Ma Micael non desiderava governare Nebadon soltanto per proprio diritto, come Figlio Creatore. Egli desiderava, per mezzo di un’effettiva esperienza di subordinazione cooperativa alla Trinità del Paradiso, elevarsi a quell’alta posizione di status universale in cui sarebbe stato qualificato per governare il suo universo e per amministrare gli affari dello stesso con quella perfezione di discernimento e quella saggezza d’esecuzione che saranno un giorno caratteristiche dell’alto governo dell’Essere Supremo. Egli non aspirava alla perfezione di governo come Figlio Creatore, ma alla supremazia d’amministrazione come personificazione della saggezza universale e dell’esperienza divina dell’Essere Supremo», ossia il Verbo non ha preso soltanto natura umana, ma perfino «angelica» o chissà che!
E la motivazione?

Assumere una posizione di comando (sic! Altro che effusione del Sangue Divino per redimere dal peccato! «per la nostra salvezza discese dal Cielo e, per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo») ed aggiungere, quindi, una nuova perfezione!
Una facoltà prima non posseduta; assunto che tradisce la convinzione di un’imperfezione del Figlio, il quale, pertanto, non sarebbe da considerarsi onnipotente.
Sull’Ultima Cena, vera attualizzazione del Mistero della croce, passione, morte e risurrezione di Cristo, il Libro di Urantia svela la sua vera natura gnostico-protestante.

«Quando essi ebbero finito di bere questa nuova coppa del ricordo, il Maestro prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo ruppe in pezzi e, ordinando loro di passarselo, disse: ‘Prendete questo pane del ricordo e mangiatelo. Vi ho detto che io sono il pane della vita. E questo pane della vita è la vita congiunta del Padre e del Figlio in un solo dono. La parola del Padre, qual è rivelata nel Figlio, è in verità il pane di vita’. Quando essi si furono distribuiti il pane del ricordo, il simbolo della parola vivente della verità incarnata nelle sembianze della carne mortale, si sedettero tutti di nuovo. Istituendo questa cena del ricordo, il Maestro, com’era sempre sua abitudine, fece ricorso a parabole e a simboli. Egli impiegò dei simboli perché voleva insegnare certe grandi verità spirituali in maniera tale da rendere difficile ai suoi successori attribuire delle interpretazioni precise e dei significati definiti alle sue parole. In questo modo egli cercò d’impedire alle generazioni successive di cristallizzare il suo insegnamento e di legare i suoi significati spirituali alle catene morte delle tradizioni e dei dogmi. Stabilendo l’unica cerimonia, o sacramento, associata all’intera missione della sua vita, Gesù ebbe molta cura di suggerire i suoi significati piuttosto che impegnarsi in definizioni precise. Egli non desiderava distruggere il concetto individuale di comunione divina stabilendo una forma precisa; né desiderava limitare l’immaginazione spirituale del credente comprimendola formalmente. Egli cercava piuttosto di rendere libera l’anima umana rinata sulle ali gioiose di una libertà spirituale nuova e vivente. Nonostante lo sforzo del Maestro d’istituire così questo nuovo sacramento del ricordo, coloro che vennero dopo di lui nei secoli successivi badarono a che il suo espresso desiderio fosse efficacemente contrastato, riducendo il suo semplice simbolismo spirituale di quell’ultima sera nella carne a delle interpretazioni rigorose e sottoponendolo alla precisione quasi matematica di una formula fissa. Di tutti gli insegnamenti di Gesù, nessuno è divenuto più standardizzato dalla tradizione. Questa cena del ricordo, quando vi partecipano coloro che credono nel Figlio e che conoscono Dio, non ha bisogno di essere associata ad alcun simbolismo di puerili errate interpretazioni umane sul significato della presenza divina, perché in tutte queste occasioni il Maestro è realmente presente. La cena del ricordo è l’incontro simbolico del credente con Micael. Quando voi divenite in tal modo coscienti in spirito, il Figlio è effettivamente presente, ed il suo spirito fraternizza con il frammento interiore di suo Padre».

La missione del Figlio non sembra riguardare affatto la redenzione da un peccato originale e personale; l’Incarnazione, così come l’Eucaristia - che ne costituisce la perpetuazione perenne - è finalizzata alla Gloria di Dio ed alla purificazione, santificazione e divinizzazione dell’uomo.
Nulla di tutto ciò per gli Urantia: ai loro occhi la venuta di Cristo è solo una faccenda privata, volta all’unico scopo di far acquisire una sovranità (non ancora effettiva) del Figlio.

Fede davvero disperata quella degli Urantia, in una divinità egoista, umanizzata, imperfetta, non in grado di essere Amore autentico e diffusivo, come spetta (e come è veramente) all’unico vero Dio, infinito, onnipotente ed eterno.

Stefano Maria Chiari




1) Ho cercato di reperire tutto il materiale oggetto di studio e di discussione dai diversi siti web presenti su internet (www.urantia.org/italiano/index.html e www.urantia.it).
2) «Le rivelazioni si susseguono per opera sia del ‘paziente dormiente’ sia di altre persone, che si riuniscono formalmente nel 1923 in un gruppo chiamato The Forum, i cui membri giurano nel 1927 di mantenere il più assoluto segreto sulle modalità con cui le rivelazioni sono ricevute. Nel 1924 le persone coinvolte nella ricezione dei messaggi formano una ‘Commissione di Contatto’ (Contact Commission). Emma Christensen (1890-1982) - che sarà adottata dai Sadler e avrà un ruolo di primissimo piano nella Fondazione Urantia - trascrive il contenuto delle rivelazioni. Con lei, fanno parte della ‘Commissione di Contatto’ anche le due sorelle Lena e Anna Kellogg con i rispettivi mariti (anzi, Sadler è riconosciuto come il leader di fatto del gruppo) e il figlio dei Sadler, Bill (1907-1963)» (da www.cesnur.org/religioni_italia/s/spiritismo_09.htm).
3) Leggiamo da www.urantia.it: «Chi siamo? Noi 144.000 eletti sparsi in tutto il pianeta e operanti in vari settori e a diversi livelli, coscienti o non di svolgere una missione su questo pianeta per preservarne la vita e il suo immenso potenziale, rivolgiamo agli abitanti del pianeta, nostri amici e fratelli, un invito al ravvedimento! Desideriamo porre fine a millenni di ingiustizie, inutili e tragici spargimenti di sangue che tanto dolore arrecano a molti vostri fratelli compresi quelli che nel cosmo... con apprensione e amorevole comprensione osservano e guidano il cammino evolutivo. Sì! noi siamo gli eletti! 144.000 uomini che si sono fatti avanti con amore e senso del servizio affinchè tutti possiate godere dei privilegi di cui noi già da molto tempo usufruivamo. E’ davvero insensato rinunciare a tutto per così poco!!! (…) Siamo convinti che molti di voi non desiderano altro che  pace e amore... giustizia e solidarietà, ed è per questo che siamo venuti qui in questo tempo della vostra storia a dirvi che siete perfettamente in grado di approfittare di questa straordinaria occasione che vi porterebbe a essere con noi così come e dove siamo e fornirvi tutte le informazioni, possibilità e infinite potenzialità, a cui avete diritto di accedere. Vi viene solo chiesto di accettare i vostri simili e ogni forma di vita come parte di voi stessi dando loro la possibilità di vivere  ed essere felici, allo stesso modo di come voi potete, se volete, desiderare di voler essere ed esistere! Tutti uguali dunque, con parità di diritti e doveri, indipendentemente dal credo e dal colore della pelle, sappiate che nell’immensità del creato, esistono forme di vita senzienti molto varie; del resto è impensabile il contrario dato che solo sul vostro pianeta, sono già così numerose le razze e le peculiarità. Tutti concordono con l’idea che non esiste modo più bello di vivere, che interloquire con un così ampio spettro di frequenze di esistenza ed intelligenza, scambiandovi vicendevolmente le esperienze e le diverse culture nel pieno rispetto delle vostre essenze e manifestazioni. Restiamo dunque in attesa che voi decidiate nella speranza che presto potremmo riabbracciarci fraternamente e darvi ciò che vi spetta... nel frattempo chiederemo a nostra e vostra Madre Terra  ancora un po’ di tempo... Infatti Ella si prepara a cambiare  la sua superficie e riportare il suo stato al suo equilibrio naturale già irreparabilmente compromesso… che necessita di interventi strutturali di vasta portata: ecco perchè il tempo stringe e siamo qui a dirvi che siamo a un passo dal così tanto atteso… CAMBIO D’ERA! 2012».
4) Tutte le citazioni sono tratte da «Il Libro di Urantia».
5) Prosegue il testo (che si riporta solo per dare un’idea della fumosità del linguaggio):
»La Deità agisce sui livelli personale, prepersonale e superpersonale. La Deità totale è funzionale sui seguenti sette livelli:
A Statico - Deità autocontenuta ed esistente in se stessa.
B Potenziale - Deità autovoluta e con autoproposito.
C Associativo - Deità autopersonalizzata e divinamente fraterna.
D Creativo - Deità autodistributiva e divinamente rivelata.
E Evolutivo - Deità autoespansiva e identificata con la creatura.
F Supremo - Deità autoesperienziale e che unifica la creatura col Creatore. Deità funzionante sul primo livello d’identificazione con la creatura come i supercontrollori nel tempo-spazio del grande universo, talvolta denominata Supremazia della Deità.
G Ultimo - Deità autoprogettata e trascendente del tempo-spazio. Deità onnipotente, onnisciente ed onnipresente. Deità funzionante sul secondo livello di espressione della divinità unificante come supercontrollori efficaci e sostenitori absoniti dell’universo maestro. Comparata al ministero delle Deità a favore del grande universo, questa funzione absonita nell’universo maestro equivale ad un supercontrollo e ad un supersostegno universale ed è talvolta denominata Ultimità della Deità.
Il livello finito della realtà è caratterizzato dalla vita della creatura e dalle limitazioni del tempo -spazio. Le realtà finite possono non avere una fine, ma hanno sempre un inizio - esse sono create.
Il livello di Deità della Supremazia può essere concepito come una funzione relativa alle esistenze finite. Il livello absonito della realtà è caratterizzato da cose e da esseri senza inizio né fine e dalla trascendenza del tempo e dello spazio. Gli absoniti non sono creati; si eventuano - semplicemente esistono. Il livello di Deità dell’Ultimità implica una funzione relativa alle realtà absonite.
In qualsiasi parte dell’universo maestro, ogniqualvolta il tempo e lo spazio sono trascesi, un tale fenomeno absonito è un atto dell’Ultimità della Deità. Il livello assoluto è senza inizio, senza fine, senza tempo e senza spazio. Ad esempio: nel Paradiso il tempo e lo spazio non esistono; lo status tempo - spazio del Paradiso è assoluto. Questo livello è quello della Trinità raggiunta,
esistenzialmente, dalle Deità del Paradiso; ma questo terzo livello di espressione della Deità unificatrice non è completamente unificato esperienzialmente. In qualunque momento, luogo e modo funzioni il livello assoluto della Deità, i valori ed i significati del Paradiso-assoluto sono manifesti. L’esistenza di Dio non può mai essere provata dalla sperimentazione scientifica o dalla pura ragione per deduzione logica. Dio può essere realizzato soltanto nei regni dell’esperienza umana. Tuttavia, il vero concetto della realtà di Dio è ragionevole per la logica, plausibile per la filosofia, essenziale per la religione e indispensabile per ogni speranza di sopravvivenza della personalità».


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