Gesù e l’Islam
15 Luglio 2008
Chi scrive conosce diversi mussulmani e con loro instaura (o per lo meno prova) un rapporto cordiale di reciproco rispetto e comprensione, ma non può accettare, sul piano accademico e dottrinale, le falsità gravi e mortifere che sono credute ingenuamente da moltissimi dei suoi fedeli. Non si giudica nessuno, ma si valuta la bontà e la veridicità del messaggio e della fede islamica in riferimento alle affermazioni che questa proclama nei confronti della Fede cattolica; si discetta cioè sul punto fondamentale: è l’Islam la vera ed ultima rivelazione divina che sostituisce ed integra il cristianesimo?
E’ la Fede cattolica una frode perpetuata dalla Chiesa, fondata su falsi testi scritturistici, volta ad oscurare la vera rivelazione al «profeta» Maometto?
Esamineremo soltanto affermazioni che riguardano il cristianesimo; la nostra pertanto sarà soltanto una difesa delle manipolazioni islamiche piuttosto che un attacco diretto volto ad offendere chissà che o chissà cosa o ad urtare la suscettibilità o la dignità di alcuno.
L’Islam, per fondare la propria fede nel profeta Maometto, depositario (a loro dire) della Rivelazione, passa, per propria volontà ed affermazione, attraverso il superamento dei contenuti della Fede cristiana.
L’unità di Dio, e la sua unicità, costituiscono vertice e centro della fede mussulmana.
L’accento sull’unicità ed unità di Dio è talmente marcato che per forza di cose si devono rifiutare tutte le ipotesi che possano rievocare concetti ed immagini ritenute (nella loro ottica) retaggi del paganesimo, quali ad esempio la Santissima Trinità e l’Incarnazione.
I due misteri principali della Fede cattolica e cristiana sono ripudiati alla radice.
Quindi se da un lato si pretende la continuità con l’Antico Testamento e con la figura di Gesù, dall’altro si deve necessariamente respingere quanto di Cristo conosciuto ed annunziato dalla Chiesa cattolica.
La discrasia diviene evidente allorché si ponga l’accento sull’autorità delle fonti cristiane.
L’Islam pretende di considerare il «Vangelo di San Barnaba, l’unico Vangelo consistente con gli insegnamenti del Corano, scritto dall’unico Evangelista che abbia effettivamente conosciuto in vita Gesù (a. S.), (gli altri Evangeli sono stati scritti, tra l’80 ed il 120 dopo Cristo, da chi non aveva mai incontrato Gesù). Questo Vangelo era letto, accettato, citato fino al Concilio di Nicea (325 dopo Cristo), in cui fu ordinato che tutti i Vangeli originali in lingua ebraica (monoteisti, non Paolini) venissero distrutti e che fosse mandato a morte chi ne fosse trovato in possesso»
(1).
La Chiesa, pertanto, avrebbe manipolato i sacri testi e la santa tradizione, fino a mitizzare (a seguito del contatto diretto con il mondo pagano dell’impero) l’uomo Gesù, ritenuto e creduto falsamente e con il passar del tempo «Dio».
Il primo falsario in assoluto sarebbe stato Paolo di Tarso.
«
I musulmani credono anche che Dio rivelò a Gesù un libro sacro chiamato Injeel, alcune parti del quale sono ancora disponibili negli insegnamenti di Dio nel Nuovo Testamento. Ma ciò non significa che i musulmani credano nella Bibbia attuale perchè essa non è la scrittura originale che venne rivelata da Dio. Essa subì alterazioni, aggiunte e omissioni»
(2).
La fonte di questa ardita affermazione giacerebbe tra le righe dell’apocrifo Vangelo di Barnaba, citato già nel «Decretum Gelasianum» (non prima del V secolo), la cui datazione più recente (a farlo coincidere, almeno per la cronologia, con i cosiddetti «Atti di Barnaba» (anche se si tratta di scritti completamente differenti ed aventi ad oggetto temi diversi)) non può essere anteriore a vari secoli dopo Cristo (IV, V), con ciò stesso minando alla base ogni seria attendibilità storica.
La prova irrefutabile che il Vangelo di Barnaba (così come il Vangelo di Tommaso, citato più sotto, di certa origine gnostica) sia di fonte apostolica manca del tutto, così come ogni datazione seria che lo voglia collocare intorno al primo secolo dopo Cristo; dal che si desume che le affermazioni islamiche in materia siano per lo meno temerarie, se non completamente false e da ributtare.
Questa premessa getta luce sulle pagine del Corano e sulla pretesa che le stesse abbiano di giudicare Cristo, come semplicemente uno dei profeti, un grande profeta, un maestro sufi, magari, ma non il Verbo eterno incarnato, vero Dio, consustanziale al Padre ed allo Spirito Santo.
«
Vangeli apocrifi apparsi nella prima epoca del cristianesimo ed ora rifiutati dalla Chiesa, come il Vangelo di Tommaso, altre dalla immensa tradizione orale ellenistico-cristiana fiorita in tutto il medio oriente - tradizioni dunque autentiche che l’Islam ha conservato e preservato e che, invece, la Cristianità occidentale ha perso. Ci sono anche alcuni aforismi che chiaramente sono stati scritti molto più tardi, in ambiente islamico - probabilmente nell’Iraq dell’ottavo secolo - che presentano Gesù reincarnato nelle vesti straordinariamente garbate di profeta islamico, che legge il Corano ed esegue il pellegrinaggio alla Mecca. Queste tradizioni di Gesù, qualunque sia la loro provenienza, sono circolate in tutto il mondo islamico, dalla Spagna alla Cina, e sono familiari a molti musulmani istruiti di oggi. Bisogna sottolineare, al di là di tutto ciò, l’immagine profondamente meritevole di riverenza con cui il Corano presenta Cristo: egli viene chiamato Messia, Messaggero, Profeta, Parola e Spirito inviato da Dio, anche se - ed in ciò vi è un’ assonanza con le prime dottrine cristiane eterodosse - viene decisamente negata la sua divinità… Il Gesù della Tradizione - che alcuni chiamano Vangelo musulmano - è una figura leggermente diversa rispetto a quella presentata nei Vangeli canonici. Come in questi ultimi, Gesù viene visto come un guaritore, cui Dio ha concesso la grazia di operare dei miracoli, e come un modello di condotta virtuosa, particolarmente rimarchevole per la sua gentilezza e compassione. Nella Tradizione, però, Gesù appare anche come il Profeta della Natura, una sorta di San Francesco ante-litteram, che parlava agli animali ed alle pietre, comandando loro di obbedirgli. Principalmente, però, il Gesù musulmano è il profeta dell’ascetismo, che rinuncia al mondo, vive tra le rovine abbandonate, si identifica con i poveri e sottolinea le virtù dell’umilità, del silenzio, della pazienza. Una tradizione ci dice: ‘Gesù viaggiava costantemente, senza mai sostare a lungo in una città o in un villaggio. Preferiva, anzi, vivere nei dintorni dei luoghi abitati [secondo il costume della setta degli Esseni, di cui faceva parte anche Giovanni il Battista], vestendo una tunica ed un mantello fatto di pelle di cammello. Di notte, la sua luce era la luna, la sua ombra le tenebre, il suo letto la terra, il suo cuscino un sasso, il suo cibo piante selvatiche, frutti e bacche. Egli era solito dormire dove la notte lo coglieva e diceva: ‘Ogni giorno porta in sè la sua sussistenza’. Per il suo ruolo ascetico, Gesù viene visto dai musulmani come una sorta di maestro Sufi, il Profeta dell’anima per eccellenza, che comprendeva i misteri del cuore e della sua natura più interiore che l’intelletto non riesce ad afferrare»
(3).
Quindi Gesù benefattore, preparatore della via che porta a Maometto.
L’Islam sta e cade proprio in queste premesse; non ci interessa dire (anche se ci sarebbe), molto di più.
Ci interessa difendere la Divinità di Cristo, la sua sublime Incarnazione e l’ineffabile Mistero Trinitario.
E ci interessa affermare che tale Fede non fu oggetto di manipolazioni o procedimenti di sedimentata mitologizzazione.
La storia infatti e l’esegesi critica dei testi concorda all’unanimità nel datare tutti gli scritti del Nuovo Testamento, al più tardi (Vangelo di San Giovanni) intorno alla fine dell’anno 100 dopo Cristo.
L’archeologia (si vedano in merito gli studi di Margherita Guarducci), conferma sostanzialmente coi suoi ritrovamenti (tombali, per lo più) i dati della Fede cattolica.
Questa prossimità delle fonti al Fatto, dona attendibilità e certezza alla testimonianza di apostoli, che diedero la vita per testimoniare una verità assoluta: Cristo, vero Dio e vero uomo, è morto e risorto!
Affinché un processo di mitizzazione abbia successo, infatti, è necessario che intercorra un notevole lasso di tempo tra l’evento storico nudo e crudo e la sua versione mitica.
Questo tempo manca nell’ipotesi della Tradizione cristiana.
San Paolo, tacciato di frode, scrisse (a voler esser generosi) tutte le sue lettere 20, 30 anni dopo la morte di Gesù; le scrisse quando ancora testimoni oculari avrebbero potuto rinnegare facilmente le sue affermazioni.
Lo stesso dicasi per i santi Vangeli.
Anche i detrattori del cristianesimo primitivo evitarono di attaccare la nuova Fede su questioni di tale ordine.
Quel che si contestava non era infatti la verità del fatto né i contenuti della Fede, ma la stoltezza e blasfema scelta di campo che l’adesione a tale fede dovesse comportare.
La stessa morte in croce è rifiutata dal mondo mussulmano; Gesù si ritiene sia stato sostituito da un altro, condannato al suo posto: Gesù, che non sarebbe morto, non sarebbe neppure risorto.
Vorremmo che si dessero le prove di affermazioni così gravi e certe; da cosa si desumerebbe tale sostituzione?
Forse un «clone» ante litteram?
«
Il Messia (nella lingua greca il Cristo)
Gesù, figlio di Maria, Servo di Allàh e creatura umana, a cui Allàh diede esistenza per mezzo di un miracolo, ebbe per Sua religione l’Islàm e fu musulmano… Gesù: il Suo nome completo è il Messia Gesù, figlio di Maria, Creatura di Allàh, nato miracolosamente, senza padre. Ricevette la rivelazione dell’Evangelo. Non fu crocefisso, ma sottratto da Allàh al complotto omicida degli israeliti della classe dominante del Suo tempo. E’ un segno della imminenza dell’ora della fine del mondo, in cui ritornerà al ‘Cielo’, dove ora è vivente presso Allàh»
(4).
Asserti gratuiti, che finiscono col capovolgere la fede nel Messia, Figlio di Dio, unico salvatore, nel quale è e risiede la pienezza della Rivelazione e della Divinità.
Ma i Santi Vangeli sono anche fonti storiche garantite, di difficile contestazione.
In proposito leggiamo quanto scrive il brillante Vittorio Messori: «
Ha osservato Rawlinson che, in questi testi, ‘è costante uno schema di dottrina che si richiama ai nomi e ai fatti. Che ne dipende in modo assoluto. Che si annulla e che si vuota senza di loro’. Quando si tratta di seppellire il crocifisso, perché non parlare di un ‘sepolcro’, senza altre indicazioni pericolose? Invece no. Luca precisa che questo sepolcro appartiene a Giuseppe, ‘membro del Consiglio’, quindi uno degli uomini più in vista di Gerusalemme. Marco aggiunge che Giuseppe era un ‘membro distinto’ di quel Consiglio, dunque notissimo tra i noti. Matteo precisa che oltre tutto era anche ‘ricco’. Come non bastasse, Giovanni fa entrare in scena accanto a Giuseppe ‘Nicodemo’, anch’egli dato come conosciutissimo in quanto leader dei farisei: quindi ‘un capo dei giudei’ come scrive lo stesso evangelista. Perché esporsi così alla possibilità di controllo, se non ammettendo che si faccia riferimento ad episodi che non temevano, anzi reclamavano, la verifica? Gesù è caricato della croce, a un certo punto della strada i soldati requisiscono un passante perché l’aiuti a portarla. Quest’uomo che entra così d’improvviso nella storia cristiana non è un anonimo. Tutta la predicazione più antica, quella raccolta nei tre primi evangeli, ha anche qui uno slittamento improvviso nella cronaca. Uno slittamento ancora una volta incomprensibile se si sta cercando di spacciare per storia una leggenda. Quel passante si chiama Simone di Cirene per ciascuno dei sinottici, Luca e Marco aggiungono che era noto a tutti come proprietario terriero. Marco, perché non ci siano dubbi sulla identificazione, si premura di avvertire che questo Simone di Cirene ‘è il padre di Alessandro e di Rufo’ (Segnaliamo, al proposito, una sorprendente scoperta archeologica recente. Nel 1962 il professor Jukenik, scavando nella valle del Cedron, presso Gerusalemme, metteva alla luce in un cimitero di notabili una tomba di famiglia dei tempi di Gesù. Le iscrizioni indicano lì la sepoltura, tra gli altri parenti, di una ‘Alessandra, figlia di Simone’ e di un ‘Alessandro di Cirene’. ‘Tutto il contesto di queste iscrizioni presenta un singolare riferimento a quel Simone di Cirene, padre di Alessandro e di Rufo, di cui parla il capitolo 15 di Marco. E’ difficile dire se ci troviamo di fronte a una semplice coincidenza’ (Dan Barag))» (Ipotesi su Gesù).
Se fosse vera l’ipotesi mitologica, il riferimento accurato al particolare preciso e puntuale sarebbe un rischio inutile per l’attività dei falsari, a meno che non si abbia l’assoluta certezza di narrare di eventi veri ed incontrovertibili, perché verificabili, appunto.
Per quel che attiene all’inverosimile sostituzione del crocefisso, forse non è inutile ricordare che la croce, pur essendo il simbolo del cristianesimo, fu rifiutata dagli stessi cristiani fino al III, IV secolo dopo Cristo.
«Lo scandalo di un dio crocifisso era difficilmente tollerato non solo dai pagani, ma dagli stessi cristiani, alcuni dei quali finirono coll’accettare la divagazione dei seguaci di Basilide e sostituirono la persona di Gesù crocifisso con quella di Simone di Cirene» (E. Francia).
Perché dunque la Chiesa avrebbe inventato una morte così infamante per il suo Salvatore?
Perché non scegliere lapidazioni o decapitazioni; perchè ricorrere al supplizio infamante degli schiavi?
Se non per fedeltà estrema a quanto accadde davvero?
Stefano Maria Chiari
Pubblichiamo questo pezzo con un chiarimento, ovvio ma oggi necessario. Qualunque sia la religione di un uomo, anche la più falsa, quest’uomo va difeso quando subisce ingiustizia e viene minacciato senza motivo nella sua vita. Le loro credenze religiose non li rendono meno uomini, degni di carità e anzitutto di giustizia. Questo gli si deve, da parte di cattolici «romani». Oggi i musulmani subiscono ingiustizia, dalla Palestina all’Iran, e sono resi «non-persone» dalla potentissima propaganda corrente pseudo-cristiana («giudaico-cristiana»). La de-umanizzazione del nemico è - lo sappiamo troppo bene, avendolo praticato in ambienti «cristiani» - il prologo al suo sterminio, serve a giustificarlo. In questa fase, aprire la guerra dei dogmi con questo puntiglio, sia che lo facciano musulmani, sia i cristiani, significa solo cadere nella trappola di chi incita allo scontro di civiltà.
Maurizio Blondet
1) Da www.sufi.it/Islam/Fiqh_Akbar.htm
2) Da www.islam-guide.com/it/ch3-10.htm#bf1
3) Da www.arabcomint.com/gesu.htm
4) Da www.corano.it/islam_introduzione/credo.html
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