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Rivediamo il crollo delle Torri Gemelle
02 Aprile 2015
Il ventesimo secolo è stato un secolo di immani tragedie e di grandi progressi. Un decennio dopo non riusciamo neppure a comprendere gli sconvolgimenti così profondi e radicali che si sono verificati nel secolo passato. Oggi, da alcuni sintomi premonitori, molti temono che si stiano avvicinando altre catastrofi. Limitandoci a guardare il periodo che inizia con la seconda guerra mondiale, ricorderemo quegli avvenimenti gravi che hanno influito in modo decisivo sulla storia. Il primo è stato l’attacco giapponese alla base americana di Pearl Harbor nelle isole Hawaii, base militare americana sin dal 1900. Il 7 dicembre 1941, finalmente la politica del governo americano fu coronata da successo perché i giapponesi si decisero ad attaccare la flotta americana che si trovava nel porto. La base non era in stato di allerta e quindi l’attacco giapponese ebbe pieno successo. I comandanti della base: il generale Short e l’ammiraglio Kimmel furono sottoposti ad una commissione d’inchiesta la cui conclusione fu che i due massimi responsabili della base non avevano alcuna responsabilità. Restò la colpa di Roosvelt, che non venne mai processato perché gli Stati Uniti vinsero la guerra e diventarono la prima potenza mondiale. Pearl Harbor rappresenta anche un episodio fondamentale nel modo di gestire gli umori del popolo statunitense: sacrificare soldati e civili americani alla furia del nemico in modo da provocare un risentimento feroce, una corale volontà di andare in guerra per punire il nemico al quale viene tolta ogni dignità, viene tolto lo status di uomo per essere equiparato ad una bestia feroce che necessariamente deve essere eliminata. Il secondo è stato lo sgancio delle bombe atomiche (Hiroshima – 6 agosto 1945, Nagasaki – 9 agosto 1945) che stabilì l’inizio del terrore delle armi nucleari di distruzione di massa. Fu una dimostrazione davanti al mondo dell’efficienza della nuova arma. Si dice che in Giappone le spade dei samurai venissero collaudate uccidendo i condannati a morte. Colpire le due città fu un fatto simile alla pratica dei costruttori di spade giapponesi. Il terzo è stato l’assassinio del Presidente Kennedy (1), che ha segnato il passaggio dallo stato democratico, ereditato dalle utopie illuministiche antecedenti la rivoluzione francese. Il quarto si colloca oltre il XX secolo, nel primo anno del secolo seguente. Fu il massacro dell’11 settembre 2001, con la distruzione delle torri del WTC e di un’ala del Pentagono con un totale di circa 3000 morti. Questo fatto ha determinato lo stato di guerra permanente degli americani contro tutto il resto del mondo ed ha giustificato l’escalation dei loro armamenti e il loro diritto di spiare e intervenire militarmente in ogni angolo della Terra in cui, secondo la loro opinione, si stia annidando una cellula terroristica. Già perché viene dato per scontato che gi american hanno il diritto-dovere di sindacare su tutto l’universo mondo, su cui eserciterebbero una sorta di benevolo protettorato, essendo essi destinati a svolgere il ruolo di guida per tutta l’Umanità. La strage dell’undici settembre fu dettata dalla necessità di risvegliare negli americani la volontà di combattere. Infatti dopo quella strage venne intrapresa una serie di guerre, venne invaso l’Iraq e venne ucciso Saddam, venne devastato ed occupato l’Afghanistan, venne montata la primavera araba che si occupò di montare una guerra permanente in Nord Africa. Tutta l’area è stata destabilizzata per tranquillizzare gli amici israeliani. La Siria, un paese di antichissima civiltà venne aggredita con la morte di centinaia di migliaia di siriani. Questo alimentò la fuga di milioni di persone verso l’Italia. Ma combattere l’Islam con la scusa di combattere gli estremisti islamici ha conseguenze catastrofiche in tutto l’Occidente, che rimane succube della politica americana. Non si può combattere una fede religiosa senza disporre di un’altra fede altrettanto valida e convincente. Se poi alle spalle abbiamo ateismo conclamato insieme ad una misera e stantia fede nel progresso materiale la sconfitta è assicurata. Questa politica dissennata ha dato i suoi frutti: Cina, Russia e India si sono avvicinate, realizzando l’alleanza tra le potenze continentali contro quelle marittime. Ed infine l’Islam si è rafforzato mentre i cristiani sono rimasti senza protezione, destinati ad essere sacrificati per alimentare lo sdegno degli europei contro l’Islam ed accrescere la loro dipendenza dagli USA per la protezione militare. Gli Stati Uniti hanno bisogno di alleati, non tanto per un appoggio militare ma per scaricare e diluire le loro responsabilità per la politica dissennata che conducono. Sotto un profilo metastorico la strage dell’undici settembre costituisce il passaggio dalla democrazia repubblicana ad una dittatura imperiale, appena mascherata da vecchie istituzioni democratiche. L’assassinio di Kennedy (1), ordito anche dall’allora vicepresidente Johnson e da una vasta area di interessi economici speculativi, aveva sancito il dominio delle lobby, di cui lo stesso Johnson, successore di Kennedy, era il grigio e fedele rappresentante. La transizione dalla democrazia ad un regime autocratico per reggere l’impero mondiale è stato un passo obbligato, che la classe politica americana ha affrontato con la pretesa di conservare immutati i propri schemi istituzionali. Questo si è tradotto nel trasformare le istituzioni «democratiche» precedenti in paraventi formali. Quando Cesare Ottaviano Augusto realizzò la transizione dallo Stato repubblicano allo Stato imperiale aveva alle spalle l’uccisione di Cesare, compiuta apertamente in Senato, nel luogo sacro dello Stato. Aveva ottenuto la sconfitta politica e poi militare degli assassini: Bruto e gli altri congiurati. Aveva a suo sostegno una vasta cultura politica. Gli americani non hanno voluto capire nulla della transizione, che si stava svolgendo anche nel resto del mondo, e non hanno avuto il sospetto che la povertà mentale e culturale del presidente Johnson e degli altri congiurati, rendesse impossibile assumere il duplice ruolo di Bruto l’assassino, e di Augusto il creatore dello stato imperiale. Le classi dirigenti statunitensi sono andate incontro alla trasformazione ricorrendo a dosi massicce di crudele e sanguinaria ipocrisia. La nascita dell’impero americano è stata tenuta a battesimo dal sangue di Kennedy e delle vittime dell’undici settembre. E come corollario di un cumulo insopportabile di ipocrisie, gli avvenimenti dell’undici settembre presentano molti lati oscuri. Infatti mentre i due avvenimenti precedenti: l’attacco a Pearl Harbor e l’impiego di due bombe atomiche sul Giappone, sono di grande rilevanza storica, dove tutto è noto (o quasi) e non ci sono dubbi sulla politica di potenza perseguita dagli Stati Uniti, a cominciare dalle vere ragioni del loro intervento in Europa nella prima guerra mondiale, nell’ultimo evento ci sono troppi particolari che non possono essere accettati in una seria ricostruzione storica. Non mi voglio soffermare sui tanti aspetti che la versione ufficiale non riesce a spiegare e che vengono molto contestati. Vorrei mettere in evidenza il fatto più plateale: il crollo delle torri gemelle è avvenuto in mondovisione, crollo che la versione ufficiale afferma essere la conseguenza del prolungato stress termico indotto dall’incendio, mentre è evidente la somiglianza con una demolizione controllata. La versione ufficiale, che fa risalire tutto ad un gigantesco attentato, attuato da organizzazioni terroristiche di radice islamica per colpire gli Stati Uniti, dispone di ben pochi elementi a suo favore. Con la giustificazione del segreto necessario alla sicurezza della nazione, le prove e le indagini non sono state rese pubbliche e alla stessa magistratura americana è stata impedita qualsiasi azione e accertamento della verità. Si era ritenuto che i pochi fatti emersi da immagini, da filmati e dalle testimonianze dei presenti, fossero largamente sufficienti a convalidare la versione ufficiale. Ma non è stato così. Proprio dai pochi elementi noti ed incontrovertibili, sono emerse le contraddizioni con la versione ufficiale. Quando alle critiche è sempre più difficile rispondere, i sostenitori della versione governativa dei fatti dicono: allora raccontateci che cosa sarebbe successo? Questo è assurdo. Noi osservatori esterni possiamo e dobbiamo limitarci a dimostrare solo che la versione ufficiale dei fatti è falsa. A questo punto è il Governo americano ad andare sul banco degli accusati e dover raccontare che cosa è realmente successo.
L’occasione per ricominciare la storia Qualche tempo fa mi sono trovato a girovagare nella libreria aperta a piano terra nel palazzo della Triennale di Milano. Erano esposti tutti libri che esaltavano le meraviglie dell’arte moderna e dell’architettura sua parente. Quello che veniva sciorinato era solo un coro di lodi per tanta bellezza; no, di bellezza non si può parlare, diciamo invece per tanto successo. Il successo pare che sia motivo per creare altro successo e per cancellare chi il successo non lo ha raggiunto. Niente critiche, nessuna incrinatura, niente che possa turbare l’irresistibile trionfo del moderno, che poi, oltre che chiamarsi moderno, ha poco o nulla da dire, anche se la sua modernità, trasformata in eternità, sta diventando piuttosto noiosa. Trovo infine un libro che forse poteva non essere del tutto allineato: Perché gli edifici cadono (2). Avevo la speranza che tra gli edifici caduti ci fossero anche le Torri Gemelle crollate quel famoso undici settembre 2001, con annessa spiegazione delle vicende subite dalle strutture. Ma il libro era uscito in America nel 1992, quindi la mia speranza svanì subito appena guardai il retro della copertina. Per un ingegnere la curiosità di vedere perché e come certi progetti hanno fallito, ebbe il sopravvento e comperai ugualmente il libro, che ha due autori: Matthys Levy e Mario Salvadori. Il primo è ingegnere civile di lungo corso, il secondo, il cui nome senza ombra di dubbio rivela l’origine italiana, è di formazione accademica, già autore del libro: Perché gli edifici stanno in piedi. Leggendo si trae una conclusione immediata: gli americani non sono poi così bravi a costruire (3). La loro ossessione per il guadagno immediato, la loro mancanza di attaccamento per le cose durature (conseguenza del loro eterno desiderio di vagabondare), li ha sempre traditi con risultati deludenti, ma questo non si può dire perché le critiche non le accettano e nell’occasione tirano fuori un brutto carattere. Al secondo capitolo si parla di come un grattacelo, l’Empire State Building, ben costruito con tecniche consolidate, non cadde pur avendo subito l’impatto di un grande aereo, un bombardiere B-25. Il grattacelo venne investito al settantanovesimo piano a 278 metri di altezza. Di questo urto sappiamo tutto, anche perché il grattacelo in questione venne accuratamente esaminato dopo l’incidente. Quella mattina c’erano nuvole basse sopra New York, sotto i 300 metri. Il grattacelo è alto 381 metri. Il tenente colonnello Smith sbucò dalle nuvole a 120 metri di quota quando vide il grattacelo. Tentò di evitarlo alzandosi e virando, tirò fuori il carrello per ridurre la velocità ma l’urto fu inevitabile. Le ali si polverizzarono. Dei due motori uno uscì dall’altro lato del grattacelo, l’altro finì nella tromba delle scale. Si deve fare un’altra osservazione. I crolli negli USA sono stati molto numerosi. Come si è detto le cause per lo più sono imputabili alla scarsa considerazione che gli americano hanno per edifici che durino nel tempo. Per loro l’edilizia è un campo riservato principalmente alla speculazione. Oltre il mezzo secolo il valore commerciale di un immobile tende a zero. Tutto è provvisorio, quindi nulla deve essere fatto per durare a lungo. Ma nel libro troviamo anche la narrazione di un altro crollo molto importante perché mostra la stessa dinamica utilizzata per giustificare, secondo la teoria ufficiale, la rapidità del crollo delle torri del WTC.
Quei pochi secondi che fanno la differenza Saprete che per giustificare la rapidità con cui crollarono le due torri si affermò che il fuoco aveva eliminato la resistenza dei pilastri portanti in modo che, quando la parte degli edifici che era al disopra dell’impatto degli aerei cadde su quella sottostante, questa sarebbe stata trascinata senza che la sua struttura offrisse un’apprezzabile resistenza. Orbene sono giusti venticinque anni da quando si è verificato un crollo molto simile al modo con cui la versione ufficiale vorrebbe che fossero crollate le Twin Towers. Si trattava di un edificio in costruzione a Bridgeport nel Connecticut. Il fatto venne ricordato sulla stampa americana perché costò la vita a 28 operai, schiacciati orribilmente tra i piani che si spiattellarono uno sull’altro. Di questi operai dieci erano di origine italiana. Ma andiamo con ordine. Parliamo prima della tecnica costruttiva adottata, una tecnica assolutamente criminale, una tecnica che poteva essere pensata solo da chi ha un totale disprezzo per la vita umana. La società ovviamente si chiama lift-slab, Il procedimento era stato ideato nel 1948 da Youtz e Slick. Si tratta di questo: per accelerare la costruzione i singoli piani venivano preparati a terra nel cantiere. Le grandi superfici dei piani, enormi lastre in cemento armato post compresso, venivano realizzate al suolo, con casseforme tutte eguali e venivano impilate una sull’altra mentre nell’area dell’edificio si gettavano le fondazioni e si realizzavano le basi dei pilastri. Nel frattempo venivano eretti i pilastri, anzi l’anima dei pilastri, senza provvedere ad ancorarli lateralmente. Per farsi un modello mentale, si trattava di una selva di stuzzicadenti verticali (Fig.1) che dovevano reggere le grandi piastre, che avrebbero costituito i piani dell’edificio. Questi andavano collocati subito alla loro altezza definitiva, prima che i pilastri fossero completati. Le lastre venivano sollevate con martinetti idraulici sino alla loro posizione finale. Quando il cemento delle lastre si era ben solidificato, venivano messi in tensione dei cavi orizzontali predisposti all’interno delle piastre stesse prima che il calcestruzzo venisse gettato.
Fig. 1
Come noto la compressione elimina le zone della piastra dove il cemento verrebbe messo in tensione dai carichi previsti. Questo perché il cemento ha una scarsa resistenza a trazione, mentre al contrario ha una elevata resistenza a compressione. Il 23 aprile 1987 le lastre erano tutte pronte ed alcune erano state parcheggiate in alto, al nono livello. Gli operai stavano inserendo dei cunei tra i pilastri e le lastre per un posizionamento temporaneo delle lastre stesse (Fig. 2, 3). Il sistema aveva già dato segni di malfunzionamento. Era sufficiente che durante il sollevamento la piastra non rimanesse perfettamente orizzontale perché si rischiasse il crollo. L’Ambiance Plaza di Bridgeport avrebbe dovuto essere un edificio di sedici piani per appartamenti, diviso in due torri decentrate collegate tra loro da una tromba di ascensori.
Fig. 2 Barra di sollevamento collegata al martinetto
Fig. 3 Particolari del collegamento della piastra ad un pilastro
Nella figura seguente, la Figura 4, viene illustrato come si sganciarono i dadi di sollevamento e come ebbe inizio il disastro. I Piani precipitarono uno sull’altro. I testimoni oculari hanno dichiarato che tutto si concluse in almeno 5 secondi, mentre se il pacco di piani superiore fosse precipitato in caduta libera il tempo impiegato sarebbe stato pari a 2.25 secondi. Poiché la resistenza degli agganci delle piastre ai piloni era di poco superiore al peso delle piastre stesse, quando il pacco di piastre superiori cadde ogni piastra travolta venne strappata dagli agganci con una forza trascurabile. Allora che cosa ha ritardato il crollo? È vero che le piastre erano appuntate con degli spilli, ma le piastre hanno una massa e la massa tende a mantenere il suo stato di moto. Se è ferma resiste per inerzia ad una forza che la mette in moto. Ogni piastra quindi frena la caduta del gruppo di piastre che sopraggiunge e questa frenatura si sovrappone alla resistenza degli agganci. Anche se quest’ultima resistenza è assunta nulla, il frenamento inerziale è ineliminabile.
Fig. 4 Illustrato come si sganciò una barra di sollevamento dalla piastra
Tutte queste considerazioni dovrebbero valere per il crollo delle Torri Gemelle. La durata del loro crollo è certificata dalle riprese televisive e dai sismografi che hanno registrato l’inizio e la fine del crollo. Anzi Queste registrazioni sismiche rivelano all’inizio un picco che potrebbe essere interpretato come la registrazione di un gruppo di esplosioni. La durata del crollo delle due torri è risultata essere più breve di una caduta tipo pancake, che viene frenata dall’inerzia dei piani che successivamente vengono coinvolti. Un crollo con un tempo così breve si può ottenere con le demolizioni, tranciando in sequenza i pilastri in modo che durante il crollo i piani superiori precipitando trovano i piani inferiori già in movimento.
Fig. 5 – Schema del crollo per effetto «pancaking»
Dove andarono a schiantarsi gli aerei
È opportuno ricordare i particolari dell’impatto degli aerei. La struttura delle torri era stata concepita per resistere all’impatto di un aereo. All’esterno una cortina di pilastri sottili, mentre la struttura portante principale era all’interno, attorno alla colonna degli ascensori.
Fig. 6 Zone di impatto per le due torri
Per demolire questa particolare struttura si dovrà agire sui pilastri centrali con la conseguenza che all’esterno dei due grattacieli saranno poco visibili i getti di gas generati dagli esplosivi.
Le opinioni di Griffin (4) Gli edifici abbattuti dalle demolizioni controllate collassano in un tempo vicino alla caduta libera di un corpo che cade dal piano più alto del’edificio. Ciò accade poiché vengono meno i supporti ai piani inferiori, cosi che quando i piani superiori crollano non incontrano alcuna resistenza.
Fig. 7 – Schema strutturale delle Torri. La struttura portante principale è all’interno. L’esterno, come si vede a destra, è costituito da una selva di pilastri sottili che alla base si raggruppano ogni tre pilastri in uno solo. I pilastri interni costituiscono la parte più resistente del telaio progettato per incassare l’impatto con un aereo di linea
Il fatto che i crolli delle Torri abbiano ricalcato questa caratteristica delle demolizioni controllate è stato menzionato indirettamente anche nel Rapporto della Commissione 9/11, che ha dichiarato che «La torre Sud è venuta giù in 10 secondi» (Kean e Hamilton, 2004). Gli autori del rapporto, evidentemente, non hanno pensato che la rapidità del crollo potesse contrastare con la versione ufficiale, conosciuta come «effetto pancake». Da un’altezza di 417 metri un corpo in caduta libera impiega 9.22 secondi per arrivare al suolo. Per il grattacielo WTC1 i piani al di sopra dell’impatto impiegherebbero 8,48 secondi in caduta libera, 12,6 sec. In caduta frenata. Quindi un crollo che avviene in un tempo inferiore a quello previsto dall’effetto pancake rivela con certezza che si tratta di un crollo provocato da esplosioni. Secondo questa teoria, i piani al di sopra di quelli che sono stato indeboliti dall’impatto dell’aereo, sono crollati sui piani inferiori, innescando una reazione a catena, determinando lo schiacciamento di tutti i piani sottostanti. Ma se questo fosse ciò che è accaduto, i piani inferiori, con le loro masse di acciaio e cemento, avrebbero comunque offerto resistenza anche se i loro appoggi avessero offerto una resistenza nulla. I piani superiori non sarebbero potuti crollare attraverso quelli inferiori come se fossero in caduta libera. Comunque, i filmati dei crolli mostrano che le macerie in linea col profilo dell’edificio crollavano alla stessa velocità di quelle all’esterno. Come spiega l’architetto e fisico Dave Heller (2005). Gli edifici sono crollati troppo velocemente. I solai avrebbero dovuto cedere simultaneamente, per arrivare a terra in un tempo così ridotto. Ma in che modo? In quello [conosciuto come la demolizione controllata], ogni piano di un edificio viene distrutto appena prima che il piano sopra lo stia per colpire. Dunque, i piani cedono allo stesso tempo, virtualmente in caduta libera (Garlic e Glass). Crollo globale: La versione ufficiale è ancora più vistosamente contraddetta dal fatto che i crolli sono stati totali: queste torri di 110 piani si sono trasformate in ammassi di detriti alti giusto pochi piani. Com’è stato possibile? Il nucleo centrale di ogni torre era costituito da una struttura reticolare con 47 imponenti colonne portanti in acciaio. Secondo l’effetto pancake, sono venute a mancare le travi orizzontali di acciaio che legavano le colonne verticali. Ma se fosse successo questo, le 47 colonne verticali del nucleo centrale starebbero ancora in piedi (si veda Fig. 7). La Commissione 9/11 se ne è uscita con un’ardita soluzione a questo problema. Ha semplicemente trascurato l’esistenza delle 47 colonne d’acciaio, dicendo: «Il nucleo centrale degli edifici era un pozzo d’acciaio cavo, che conteneva gli ascensori e le scale» (Kean and Hamilton, 2004). Senza le 47 colonne del nucleo centrale, il problema principale scompare. Ma il NIST ha pubblicato i disegni delle due strutture dove si vede che erano proprio quelle 47 colonne a reggere il peso dei due grattacieli. Il Rapporto del NIST ha provato a spiegare questa che è la questione più importante, sostenendo che quando i piani sono crollati, hanno fatto pressione sulle colonne, portando all’instabilità delle colonne perimetrali. Ciò ha poi aumentato il carico sulle colonne del nucleo centrale, che erano state indebolite in precedenza da fiamme terribilmente alte, che, secondo il NIST, hanno raggiunto i 1832°, e questa combinazione di fattori in qualche modo ha portato al «crollo globale» (NIST, 2005). Questa teoria deve affrontare due problemi. Primo, l’affermazione del NIST riguardante la presenza di incendi molto caldi nel nucleo della struttura manca completamente di prove. Immediatamente prima del crollo un fiume di gente scendeva lungo le scale che passavano accanto ai pilastri verticali. Come abbiamo già visto, i loro studi non presentano prove riguardo al fatto che le colonne esterne avessero raggiunto temperature anche solo i 250°C, quindi la loro teoria richiede un’aggiunta puramente fantasiosa di più di 732 °C. Secondo, anche se questi eventi fossero avvenuti, il NIST non spiega per quale motivo essi avrebbero dovuto provocare un crollo totale. Il rapporto del NIST asserisce che il cedimento strutturale si sia verificato tanto nelle colonne del nucleo interno, quanto in quelle del perimetro esterno, ma questa rimane un’asserzione senza alcuna prova. Non c’è alcuna spiegazione plausibile del motivo per cui le colonne, anche se avessero raggiunto tali temperature, dovrebbero essersi spezzate o anche solo deformate tanto da causare un crollo totale ad una velocità quasi pari a quella di caduta libera. Acciaio tagliato: nelle demolizioni controllate di edifici a struttura in acciaio gli esplosivi sono usati per tagliare a pezzi colonne e travi di questo metallo. Un rappresentante della Controlled Demolition, Inc. ha affermato che lo RDX, uno degli esplosivi usati normalmente, taglia l’acciaio «come un rasoio taglia un pomodoro». Oltretutto, l’acciaio non è semplicemente tagliato, ma è tagliato in pezzi sufficientemente corti da poter essere gestiti facilmente. Come la Controlled Demolition, Inc. afferma nella sua pubblicità: «I nostri sistemi DREXSTM segmentano i componenti in acciaio in pezzi di un peso tale da poter essere sollevato dagli strumenti disponibili». Polverizzazione del cemento e di altri materiali: un’altra caratteristica delle demolizioni controllate è la produzione di grandi quantità di polvere, dato che gli esplosivi abbastanza potenti da tagliare l’acciaio polverizzano il cemento e la maggior parte degli altri materiali non metallici in piccole particelle. Hoffman (2003) riporta che «quasi tutti i componenti non metallici delle torri sono stati polverizzati in polveri fini». Questa osservazione è stata fatta anche dal Colonnello John O’Dowd della U.S. Army Corps of Engineers. Al WTC, ha detto su History Channel, «sembrava che tutto si fosse polverizzato» (History Channel, 2002). Questo fatto crea un problema alla teoria ufficiale, secondo la quale l’unica energia presente era quella gravitazionale. Quest’energia sarebbe stata sufficiente a rompere la maggior parte del cemento in piccoli pezzi, ma certamente non sarebbe stata sufficiente a trasformare il cemento e quasi tutti i componenti non metallici in minuscole particelle di polvere. Nuvole di polvere: un’altra caratteristica comune nelle demolizioni controllate è la produzione delle nuvole che si vedono quando le esplosioni gettano le polveri fuori dall’edificio con grande energia. I crolli delle torri, come si può notare confrontando i vari filmati presenti sul web, hanno prodotto nuvole molto simili a quelle prodotte dalle demolizioni controllate di altre strutture, come ad esempio il Seattle’s Kingdome. L’unica differenza è che le nuvole prodotte durante il crollo delle torri erano in proporzione molto più grandi e in anticipo sui crolli, quindi prima che potesse essere chiamata in causa l’energia gravitazionale. Hoffman (2003), basandosi sull’espansione della nuvola di polvere della Torre Nord, calcola che l’energia richiesta anche solo da quest’espansione, ignorando quella necessaria a tagliare l’acciaio e polverizzare il cemento ed altri materiali, eccedeva di almeno 10 volte l’energia gravitazionale disponibile. Il resoconto ufficiale, quindi, implica una violazione delle leggi della fisica. Oltre all’enorme quantità di energia necessaria, un altro problema della teoria ufficiale è che l’energia gravitazionale non basta a spiegare la produzione delle nuvole di polvere. Questo è evidente soprattutto nei primi secondi dell’evento. Hoffman afferma: «Sono visibili dense nuvole di cemento polverizzato emesse nei primi 2 secondi, quando il moto relativo della cima della torre rispetto alla porzione intatta era solo di pochi metri al secondo». Jeff King (2003) similmente dichiara: «[Una grande quantità di] finissima polvere di cemento è stata emessa dalla cima dell’edificio nei primi istanti del crollo... [quando] le lastre di cemento [si stavano] scontrando una con l’altra a [solo] 40-50 km/ora». L’importanza della dichiarazione di King può essere apprezzata contrapponendola all’affermazione di Shyam Sunder, investigatore capo del NIST, secondo il quale, nonostante le nuvole di polvere prodotte durante i crolli delle Torri Gemelle possano dare l’impressione di una demolizione controllata, «è l’effetto pancaking dei piani che dà quest’impressione» (Popular Mechanics, 2005). Il pancaking, secondo la teoria ufficiale difesa da Sunder, cominciò in corrispondenza del piano sottostante i fori provocati dall’impatto degli aerei di linea. Come fa notare King, questa teoria non può giustificare il fatto che, come rivelato dalle fotografie e dai video, le nuvole di polvere siano state prodotte molto più in alto delle zone di impatto. Inoltre l’effetto pancaking non è comparso nei filmati. I piani sono crollati insieme, senza che venissero prima a contatto tra loro. Getti orizzontali: un’altra caratteristica comune nelle demolizioni controllate è l’espulsione orizzontale di altri materiali, oltre alla polvere, in corrispondenza delle zone dell’edificio nelle quali sono stati attivati gli esplosivi. Nel caso delle Torri Gemelle, le foto e i video mostrano che «pesanti pezzi d’acciaio sono stati lanciati in tutte le direzioni a distanze di 200 metri, mentre i rivestimenti di alluminio sono stati sparati fino a 300 metri dalle torri» (Paul e Hoffman, 2004). Tuttavia l’energia gravitazionale è, ovviamente, verticale, quindi non può neanche cominciare a spiegare questi getti orizzontali. Anelli di demolizione: ancora un’altra caratteristica delle demolizioni controllate indotte da esplosioni sono gli anelli di demolizione, ossia una serie di piccole esplosioni che corrono rapidamente attorno all’edificio. Anche questo fenomeno si è manifestato nel crollo delle torri. Rumori prodotti dalle esplosioni: l’uso degli esplosivi per provocare crolli ovviamente produce rumori. Come tutte le caratteristiche precedenti, a parte l’acciaio tagliato, anche questa è stata notata da testimoni. Infatti, come vedremo più avanti, ci sono molte testimonianze dell’esistenza di tali esplosioni prima e durante il crollo delle torri. Acciaio fuso: l’undicesima caratteristica che sarebbe lecito aspettarsi solo se degli esplosivi fossero stati utilizzati per tagliare le colonne d’acciaio sarebbe l’acciaio fuso; la sua presenza sul sito del crollo del WTC è stata riportata da molti testimoni, incluse le due figure principali implicate nella procedura di asportazione delle macerie, Peter Tully, presidente della Tully Construction, e Mark Loizeaux, presidente della Controlled Demolition, Inc. Tully ha detto di aver visto pozze di «acciaio letteralmente fuso» al sito del crollo. Loizeaux ha affermato che molte settimane dopo l’11 settembre, quando si stavano rimuovendo le macerie, sono stati trovati «hot spots di acciaio fuso in corrispondenza del fondo dei vani degli ascensori delle torri principali fino al settimo piano interrato» (entrambe le affermazioni sono riportate in Bollyn, 2004). Inoltre Leslie Robertson, ingegnere strutturale capo per le Torri Gemelle, ha affermato: «21 giorni dopo l’attacco, gli incendi stavano ancora bruciando e l’acciaio fuso scorreva ancora» (Williams, 2001). Anche se nessuno lo rivela, probabilmente a New York tutti i grattaceli oltre una certa altezza sono minati sin dalla loro costruzione. Infatti se uno di questi altissimi edifici fosse a rischio di un crollo laterale, sarebbe necessario demolirlo immediatamente perché, per effetto domino, verrebbero abbattuti molti altri grattaceli contigui.
Infine un interessante scambio di opinioni con un lettore # xxx 2010-09-30 Senza fare discorsi lunghi, rimane il fatto che diverse persone di nazionalità araba si sono impadroniti degli aerei di linea, che hanno manovrato sino a sbattere contro le facciate delle due torri. Pensavo in ogni caso, sbagliando, che i grattacieli li costruissero con tanto acciaio e come detto l’acciaio rammollisce con il caldo. Il resto della storia si presta a tante intuizioni, anche fantasiose... avanti c’è posto. Saluti ri.sa. Risposta: riassumendo xxx dice: alcuni dirottatori suicidi hanno dirottato degli aerei ed hanno combinato la tragedia. Per tutto il resto si può dire che si tratta di illazioni e fantasie gratuite. Essendo stato il gigantesco attentato un fatto storico di enorme importanza, con gravissime conseguenze che pagheremo per molti decenni, credo sia opportuno riflettere su ciò che è realmente accaduto. Ci sono molti aspetti che non collimano. Il primo è lo scopo. Sembra che gli attentatori abbiano agito con l’unico scopo di attirare la vendetta americana contro l’Islam in generale, contro l’Iraq e contro l’Afghanistan in particolare. Mentre in diretta vedevo crollare le torri ho pensato che fossero state progettate e costruite in modo pessimo. La mia formazione di ingegnere risale agli anni in cui in Italia si costruivano gli edifici solo in cemento armato il cui calcolo è molto più difficile delle costruzioni in ferro. Scienza e tecnica delle costruzioni in Italia erano all’avanguardia e i miei professori non risparmiavano qualche sarcasmo ai progettisti americani. Questo potrà sembrare strano oggi, nell’attuale nostra condizione di totale e gioiosa subalternità. Quando comparvero le prime ipotesi che i grattacieli fossero crollati perché minati, non ci potevo credere per l’enormità del fatto e dei risvolti politici. Quando il NIST pubblicò le prime relazioni queste non contenevano alcuna critica al progetto. Eppure il NIST cercava qualsiasi appiglio per giustificare il crollo «naturale», causato solo dall’impatto degli aerei e dal conseguente incendio. Anzi, nelle pubblicazioni del NIST, ebbi modo di ammirare le strutture dei due grattacieli interamente in acciaio, ben protette da strati di isolanti termici in amianto. Per quanto riguardava i carichi le strutture erano dimensionate con abbondanza, infatti potevano reggere sforzi cinque volte maggiori di quelli previsti. E allora perché erano cadute quelle due torri alte più di 400 metri, e poi crollate come se improvvisamente avessero persa qualsiasi consistenza? In un paese, come il nostro, in cui la tecnica è considerata una noia insopportabile, cercare di far conoscere i risultati di un’indagine critica condotta sul filo di riflessioni e considerazioni basate sulla fisica e sulla chimica della combustione, appare come un’impresa votata all’insuccesso. Ma nel resto del mondo le cose non stanno come da noi. Negli stessi Stati Uniti non troverete chi dichiara con orgoglio di non saper niente della tecnica (e della matematica). Eppure l’interpretazione dei fatti, presentata così efficacemente da xxx, ha prevalso ed alla fine è diventata, contro ogni evidenza, una verità incontestabile. Forse fra poco verrà proibito per legge metterla in discussione. Per essere il nostro un mondo che si fonda sulla ragione, e più ancora sulla ragionevolezza, oltre che sulla tecnica, si tratta almeno di un paradosso. Quindi la tragedia dell’undici settembre, il fatto più importante, dopo lo scoppio delle due bombe atomiche sul Giappone, non potrebbe essere sottoposto a un’analisi condotta con l’uso della ragione. Perché sono crollate le due Torri del WTC, oltre al grattacielo numero 7? Che siano crollate per gli incendi è impossibile, anche per il modo e con la rapidità con cui sono cadute, davanti agli occhi di tutti. Avere una risposta compatibile con le leggi della fisica è molto importante perché il mondo di oggi si regge sulla fisica. Infine è stato impedito alla magistratura americana di svolgere indagini; sono state fatte sparire in tutta fretta le macerie delle torri crollate e non sono stati autorizzati prelievi di campioni per essere analizzati. Quelli che sono finiti in qualche laboratorio sono stati prelevati illegalmente e quindi i risultati delle analisi non hanno ufficialmente alcun valore di prova. Questa segretezza è stata giustificata dal fatto che erano in corso indagini segrete nel supremo interesse della sicurezza nazionale. Per queste ragioni le conclusioni semplici e sbrigative di xxx sono sbagliate, e sono sbagliate nella direzione desiderata da chi ha realmente imbastito la tragedia del 11/9, una tragedia che ha dato inizio alla storia del nuovo millennio: la conquista del potere mondiale. Raffaele Giovanelli
1) Robert Gaylon Ross, Sr. «The Elite Serial Killers of Lincoln, JFK, RFK & MLK». G. Ross giornalista, in passato ha svolto un ruolo di primo piano nella Army Security Agency, ed è stato anche comandante in un gruppo di Intelligence nella zona demilitarizzata tra Nord e Sud Corea. Barry McClellan, «Blood, power and money – How LBJ killed JFK». Maurizio Blondet «L’altro 11 settembre» EFFEDIEFFE.com, 23/11/2006 Secondo la commissione Warren J. F. Kennedy sarebbe stato ucciso da Oswald con il suo «miracoloso» fucile Carcano. In realtà fu colpito da un fucile a pompa per opera di agenti della CIA. Per amore della cronaca si deve dire che l’assassinio di Kennedy è stato seguito da una autentica strage. Oswald venne ucciso alla sua apparizione in pubblico da un tale Ruby, amico della polizia locale. Ruby in carcere venne fatto dormire a sua insaputa su materiale radioattivo che ne provocò la morte prima che arrivasse al processo. Quasi tutti i testimoni morirono per diverse cause così che non fu possibile istruire un processo. Quarant’anni dopo, nell’anniversario dell’assassinio, viene fuori la verità, che emerge da una video-intervista di 80 minuti, raccolta da un ricercatore indipendente e giornalista Robert Gaylon Ross. Prima di morire nel giugno del 2002 ha parlato l’amante di Johnson, Madeleine Duncan Brown. La Brown aveva raccontato la sua relazione con Jonshon già dagli anni ’80; ma, stranamente nessun grande mezzo di comunicazione l’aveva mai intervistata a fondo su quella notte a Dallas. Lucida, senza alcun odio per il suo antico amante, oggettiva, la Brown racconta nel video che il piano per uccidere Kennedy cominciò a prendere forma nel 1960, già durante la convenzione democratica dove il partito decise di candidare Kennedy alla presidenza, con Johnson come vicepresidente. Fu H. L. Hunt, un miliardario texano del petrolio ad imporre Johnson, come contrappeso al candidato di quella che i maggiorenti texani chiamavano con dispregio «la mafia cattolico-irlandese», ossia la famiglia dei Kennedy. La Brown ricorda nel video che H.L. Hunt a Dallas ricordava il braccio di ferro con Joe Kennedy (il padre del clan) che era riuscito a imporre il figlio: «Abbiamo perso una battaglia, ma vinceremo la guerra», disse allora Hunt. Il giorno dell’attentato, tre anni dopo, Hunt disse: «Ecco, abbiamo vinto la guerra». Per la Brown, il regista dell’esecuzione era stato lo stesso Hunt. «Avevano quel lodge fuori Dallas, si incontravano lì», dice: «Lui sceglieva gente diversa che poteva fare certe cose per lui, e sono sicura che questo cominciò due anni prima dell’assassinio. È stato un delitto del tutto politico, e Hunt lo controllava». Una delle persone che facevano «le cose per Hunt» era Jack Ruby, tenutario di casinò, fornitore di servizi occulti ai maggiorenti, non esclusi omicidi a contratto; l’uomo che il 24 novembre sparò ad Oswald davanti alle telecamere. Rievoca la Brown: «Giocavamo al poker al Carousel Club [il night di Ruby] e Jack Ruby arrivò e disse: Sapete che cosa è questo? Guardai, ed era [la mappa del percorso] della sfilata di auto… mi colpì che sapesse dove sarebbe passato il presidente… allora pensavo che fossero intoccabili». La donna si riferisce spesso a un «8F group» per indicare il gruppo di individui che gravitava attorno a Johnson e ad Hunt. Ne facevano parte petrolieri texani, giudici e Edgar Hoover, il direttore dell’FBI. La sera del 21 novembre ci fu un party a Dallas, nella magione di Clint Murchison, un altro miliardario con buoni agganci con la famiglia mafiosa dei Genovese; Hoover era alla festa, e c’era anche Jack Ruby. La Brown era presente, e ricorda parecchi nomi dei partecipanti. C’era John McCloy, presidente del Council on Foreign Relations, della Chase Manhattan Bank, intimo dei Rockefeller, al tempo consigliere politico di Kennedy. C’era George Brown, della Brown & Root, grande impresa multinazionale di costruzioni, poi divenuta la Kellogg, Brown & Root, agenzia di infrastrutture che fornisce anche mercenari ed è stata assorbita dalla Halliburton. C’erano Clyde Tolson vicedirettore dell’FBI, Richard Nixon, numerosi pezzi grossi della mafia, ed importanti giornalisti. Gli ospiti manifestarono una certa sorpresa quando arrivò Lyndon Johnson, il vicepresidente. McCloy convocò una riunione. «Lyndon non restò a lungo nella sala della riunione», racconta la sua amante, «e quando uscì mi afferrò per il braccio e mi disse: ’Dopodomani quei figli di puttana non mi daranno più guai»… «Se non fosse avvenuto l’assassinio, probabilmente Lyndon Johnson sarebbe finito in galera», rievoca Madeleine. Perché, racconta, stavano venendo fuori particolari scottanti sulle tangenti che il vicepresidente prendeva per certi programmi agricoli. C’erano molti che erano disposti a testimoniare contro di lui; stranamente poi questi testimoni finirono male. Alcuni furono implicati in scandali omosessuali. Altri si suicidarono, uno di questi sparandosi alla testa cinque colpi! (difficile) Anche la Brown sostiene di essere stata «avvertita». Suo figlio, il bambino illegittimo che aveva avuto da Johnson, dice, scomparve insieme alla baby sitter. A quel punto la donna ritenne che sarebbe stata più sicura se avesse reso pubblico quel che sapeva della storia (?). Scoprì che i media non erano interessati. La Brown è apparsa in un libro («Blood, power and money – How LBJ killed JFK»), scritto da una personalità alquanto difficile da screditare: Barry McClellan, padre di Scott McClellan, il portavoce della Casa Bianca all’epoca dei Kennedy. Quarant’anni dopo: la verità sul complotto che uccise Kennedy emerge quando ormai non ha alcun peso politico, non può più cambiare le cose, è buona al più per i libri di storia. 2) M. Levy, M. Salvadori, PERCHE’ GLI ADIFICI CADONO, RCS Libri (1997) – Milano Why Builngs Fall Down – How Structures Fail, (1992) 3) Guasti strutturali degni di nota dall’inizio del XX secolo:
Anno |
Struttura |
Luogo |
1907 |
Quebec Bridge |
Quebec City, Canada |
1919 |
Inondazione di melassa a Boston |
Boston, Massachusetts |
1940 |
Ponte di Tacoma |
Tacoma, Washington, United States |
1968 |
Collasso di Ronan Point |
London, England |
1978 |
Hartford Civic Center |
Hartford, Connecticut, United States |
1979 |
Kemper Arena |
Kansas City, Missouri, United States |
1981 |
Collasso della passerella dell’Hyatt Regency |
Kansas City, Missouri, United States |
1986 |
Disastro dell’Hotel New World |
Little India nei pressi di Serangoon Road, Singapore |
1987 |
Collasso dell’Ambience Plaza |
Bridgeport, Connecticut, United States |
1993 |
Crollo delle Torri Highland |
Kuala Lumpur, Malaysia |
1995 |
Collasso del centro commerciale Sampoong |
Seoul, Corea del Sud |
2000 |
Molo 34 |
Philadelphia, United States |
2001 |
Collasso della Sala Ricevimenti Versailles |
Jerusalem, Israel |
2001 |
Collasso del World Trade Center |
New York City, United States |
2004 |
Crollo del Terminal 2E all’Aeroporto di Parigi – Charles de Gaulle |
Parigi, Francia |
2007 |
Collasso del ponte I-35W sul Mississippi |
Minneapolis, United States |
2007 |
Crollo del Ponte sul fiume Jiantuo durante la costruzione |
Hunan province, China |
2007 |
Collasso del Ponte di Can Tho |
Tây Nam Bộ, Vietnam |
Non viene citato il disastro del Vajont perché la diga non crollò. È stata omesso il crollo di una diga nella Francia del sud. 4) David Ray Griffin, The Destruction of the World Trade Center: Why the Official Account Cannot Be True, pubblicato su www.911truth.org; 29, 01, 2006.
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