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Quei Dinosauri poco popolari...
11 Maggio 2013
Come a tutti noto, il Tyrannosaurus Rex è il dinosauro più popolare ad Hollywood, fra i ragazzini e nei libri illustrati (scolastici e no), che propagandano l’evoluzionismo.
Il bestione ha tutto per piacere: la mole, la ferocia, la dentatura terrificante ma sgangherata, le squame la disumanità radicale, ne fanno il modello ideale del rettile primitivo, il dominatore della catena alimentare in un mondo abitato da triceratopi supercorazzati, diplodochi alti venti metri, stegosauri con le orribili creste sulla schiena. Ma una serie di letture occasionali mi ha reso cosciente dell’esistenza di un altro gruppo di sauri primordiali, più antichi ancora, ma assai meno pubblicizzati. Come questi:
Inostrancevia
O questo, che fu erbivoro, mentre quelli di sopra erano carnivori:
Tiarajudens
Therocephalia
Moghreberia
Appartengono ad un gruppo detto Therapsidi (il nome allude a certe finestre craniche aperte alle tempie che questi animali avevano, al contrario dei rettili) o therocefali, ossia «facce da belve», perché, come potete notare, hanno musi da fiere moderne, leonine o cinghialesche; tutt’altro genere rispetto all’orribile rostro del T. Rex. Insieme al coevo ordine dei Tecodonti (sauri primitivi che però avevano i denti infissi in alveoli, come i nostri, e altri caratteri che li renderebbero affini agli uccelli), essi formano una famiglia numerosa e diversificata e singolarmente interessante, come vedremo. Come mai questi animali, che popolarono l’Africa del Sud e la Siberia e si estinsero alla fine del Permiano, non godono della vasta notorietà del T.Rex? Dal punto di vista di Hollywood, si può capire: qui, siamo in presenza di animali di dimensioni relativamente contenute, privi di titaniche corazze, senza strane placche ossee di protezione , non abbastanza spettacolarmente mostruosi e terrorizzanti per popolare il Jurassic Park. Ma perché li trascurano tanto i libri di testo, le riviste di divulgazione scientifica? Perché su di questi sorvolano gli speciali di Piero Angela e della BBC? Ciò non pare affatto giusto. Anche se meno spettacolari, i Therapsidi e i Tecodonti hanno molto per interessare la scienza evolutiva: i denti, per cominciare. Questi paleo-sauri non avevano la dentatura sgangherata, da sbranatore all’ingrosso, dei T. Rex; al contrario, avevano denti differenziati evoluti: incisivi, canini, molari, ciascuno con la sua specializzazione: come quelli delle tigri, o anche i nostri, se vogliamo (noi siamo fra i tecodonti ancora viventi...). Ancor più impressionanti, le loro zampe e la loro postura. Chi ha visto un qualunque documentario sul Varano di Komodo, o anche una grossa tartaruga di mare o un coccodrillo quando camminano sulla terraferma, si fa un’idea della postura che dovevano avere i grandi rettili estinti; spazzavano via lateralmente e goffamente la terra per avanzare. Ma Therapsidi e Tecodonti no: tenevano le zampe verticali sotto il corpo, soprattutto gli arti posteriori, semieretti; avevano persino piedi volti in avanti, e con un accenno di calcagno: in breve, camminavano nel loro inimmaginabile paesaggio come camminano i mammiferi d’oggi. I carnivori di quest’ordine, quando si sdraiavano, dovevano farlo come i leoni nella savana, o i pastori maremmani, se preferite. E non solo: i predatori Terapsidi mostravano sul muso i primi «peli sensoriali» della storia (o meglio, della preistoria): come i baffi del gatto, che non sono affatto baffi ma organi di senso tattile che completano l’armamentario percettivo essenziale per il nostro felino. Anche quelli – si sono trovate le apposite fossette sui loro crani – dovevano avere un sofisticato sistema di terminazioni nervose e muscolari per le loro vibrisse. Inoltre, molti di questi rettili cominciarono a sviluppare un palato secondario, quel setto che separa le vie respiratorie dalla via alimentare, e che permette a noi mammiferi di respirare mentre mangiamo: ai mammiferi, perché né i rettili né il T.Rex avevano nulla del genere. Insomma: questi Terapsidi e Tecodonti sono molto simili ai mammiferi. Tant’è vero che nelle descrizioni di Science, Scientific American e Nature sono ripetutamente indicati come «mammalian-like reptiles». E questo è il motivo per cui la loro popolarità dovrebbe essere grandissima nei manuali scolastici, nei trattati scientifici e nei documentari di divulgazione: sembrano essere animali intermedi fra i rettili primordiali, i mega-dinosauri, e i mammiferi attuali. Quasi quasi – non voglio esagerare – appaiono come «l’anello di congiunzione mancante» fra i due regni animali, che continua disperatamente a mancare alla teoria neo-darwiniana comunque rielaborata. Già: queste bestie hanno tutto per essere additate agli scolari, inserite spettacolarmente in tutti i musei di storia naturale, ed esaltate anche ad Hollywood, come la conferma dell’evoluzione delle specie. Ma hanno un difetto fatale. Uno solo: sono precedenti ai dinosauri. Questi rettili più evoluti sono più antichi di quelli che, nella teoria, dovrebbero essere i loro discendenti, tipo il Tirannosauro. E mica di poco: i Terapsidi e i Tecodonti vissero durante il Permiano, 250 milioni di anni fa, e furono eliminati dalla misteriosa «grande estinzione» che alla fine del Permiano fece scomparire quasi l’80% di tutte le creature terrestri. Alcuni di loro possono essere sopravvissuti all’alba del Triassico (200 milioni di anni fa); ma erano sicuramente scomparsi da 40-50 milioni di anni quando apparvero i dinosauri propriamente detti, che il cui dominio culminò 160 milioni di anni fa e che durarono – sempre più armati, giganteschi e corazzati – fino al Cretaceo, 65 milioni di anni fa, quando anche loro furono estinti dalla grande devastazione che oggi viene attribuita all’impatto di un enorme meteorite contro il nostro pianeta. Certo, ci provano a dire vagamente che i Terapsidi «sono considerati gli antenati dei mammiferi» (Wikipedia in italiano), o che i Tecodonti, che oggi si preferisce chiamare «Arcosauri», sono un «gruppo che include «gli antenati dei dinosauri (compresi gli uccelli), dei coccodrilli e degli pterosauri» (sempre Wiki). Ma ci si guarda bene dal precisare come la nostra discendenza dai pre-dinosaurici esseri possa essere dimostrata . E soprattutto, lo si fa a bassa voce, perché nei piani alti della paleontologia universitaria ci sono autorità pronte a smentire.
Robert Bakker
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Anzitutto, Robert Bakker della Houston university, l’autorità suprema, il paleontologo principe, il consulente di Jurassic Park, il rivoluzionatore della paleontologia. Mi spiace non poter riportare «l’albero genealogico» che Bakker ipotizza, perché non sono riuscito a trovarlo sul web (e per buoni motivi), e lo trovo in un libro di Giuseppe Sermonti. Perché dimostra come, per Bakker, «le tre grandi classi dei vertebrati terrestri – ossia terapsidi, rettili e tecodonti – sarebbero sorte fianco a fianco sul finire del Paleozoico», oltre 250 milioni di anni orsono. E «fianco a fianco», significa due cose: che sono praticamente coeve; e che non vengono da un antenato comune, ma si sono evolute parallelamente. I tre alberi genealogici disegnati da Bakker non sono uniti alla base: c’è solo una vaga linea tratteggiata per indicare un antenato comune, se siamo evoluzionisti, «deve» pur esserci; ma non lo si è mai trovato. Gli evoluzionisti se la cavano con un grande uso del termine «parafiletico», che fuori dal gergo scientifico significa più o meno «questi animali hanno l’aria di derivare da un progenitore comune», perché si somigliano in qualche modo, ma forse no. Non è una gran certezza. Da tempo è stata abbandonata la scusa che i progenitori comuni non si trovano perché i reperti fossili sono rari, e proprio i progenitori non si sono conservati. La realtà è ancora quella che formulò recisamente Stephen J. Gould, il leggendario paleontologo, in una storica conferenza: «Certamente la documentazione è povera, ma la discontinuità che appare non è il risultato di mancanze; è la conseguenza del modo discontinuo del cambiamento evolutivo... Per milioni di anni le specie rimangono immutate nella documentazione fossile, e poi improvvisamente scompaiono, per essere rimpiazzate da qualcosa di sostanzialmente diverso se pur chiaramente correlato». È esattamente così anche nel grafico di Bakker: i terapsidi appaiono in prodigiosa varietà di forme nel paleozoico; si estinguono prima della metà del mesozoico; seguono decine di milioni di anni di vuoto, e poi compaiono «i primi mammiferi» (indicati come contemporanei dei dinosauri propriamente detti). Esattamente come disse Gould, hanno «rimpiazzato qualcosa di sostanzialmente diverso se pur chiaramente correlato». In un testo divulgativo in inglese che trovo su internet, questo processo è descritto in modo da lasciare aperta una piccola speranza: «Non tutti i terapsidi si estinsero; alcuni pochi generi sopravvissero per decine di milioni di anni, sgattaiolando inosservati tra le zampe dei torreggianti dinosauri, ed evolvendosi nei primi mammiferi preistorici...». (Before the Dinosaurs - Pelycosaurs, Archosaurs and Therapsids) Il come non c’è bisogno di spiegarlo: è «parafiletico», si somigliano. Sorvolando sul fatto che in Oceania abbiamo marsupiali che somigliano a nostri gatti, cani, marmotte, topi, senza che ciò implichi una comune discendenza rispetto ai mammiferi nostrani. Si tratta di convergenza. Nonostante ciò, questo testo (e anche gli altri che ho consultato, più scientifici) insistono a chiamare i terapsidi «mammalian-like reptiles». Ricordiamoci che i rettili veri e propri hanno sangue freddo e camminano come il varano di Komodo, spazzando con le zampe la terra. I terapsidi, almeno alcuni, avevano le vibrisse come i gatti, e non s’è mai visto un rettile coi peli sul muso, né in nessun’altra parte del corpo squamoso, se è per questo. Oltretutto, certi specifici terapsidi chiamati Cynognatus («mascella di cane», dall’aspetto del cranio) e Thrinaxodon («con denti a tre cuspidi»), «ci sono motivi di ritenere che avessero una pelliccia». Per di più, apprendo che di fronte ai fossili terapsidi di una «famiglia estremamente mammaliforme, molti tassonomisti catalogano questi animali come mammiferi». I tassonomisti sono appunto esperti in tassonomia, la scienza della classificazione degli esseri viventi in base alle caratteristiche formali emergenti: e quando si trovano di fronte ai terapsidi, si ha un bel chiamarli «rettili»; loro non possono fare a meno di metterli tra i mammiferi. Avranno avuto sangue caldo? Oggi si tende a crederlo: Bakker attribuisce sangue caldo anche ai dinosauri, sia perché si è appurato che non erano affatto torpidi come coccodrilli all’alba, ma attivi, con metabolismo elevato e più intelligenti di quel che si credesse; e potevano vivere fino al limite dei ghiacci, sia perché «stavano ritti sulle zampe posteriori, e oggi tutti gli animali ritti sulle zampe posteriori sono a sangue caldo»: lascio la responsabilità di questa illazione a Bakker. Fatto sta che il T. Rex e i suoi titanici compagni mesozoici sono stati tolti dai Rettili, ed assegnati ad una classe loro propria: più «evoluta» dei rettili. Quanto ai Terapsidi, i fossili non ci possono dire – poniamo – se deponevano uova. E se alcuni «mammalian-like reptiles», poniamo, allattavano; o se fossero, che so, qualche tipo di marsupiali? Non sappiamo. Ma è già abbastanza imbarazzante, per la teoria evoluzionista, dover constatare che esseri così evoluti da «sembrare» mammiferi, sono apparsi prima dei dinosauri – decine di milioni di anni prima. Anzi, sono così antichi da essere coetanei dei primi rettili veri: i rettili, sia detto per inciso, che sono la classe dei vertebrati più antica in assoluto, ed anche quella che meno si è modificata nei 300 milioni di anni dall’inizio ad oggi. Anche i Rettili, nell’immensa profondità delle ere geologiche, hanno subìto estinzioni di massa; il loro numero si è ridotto; ma quelli che sono giunti fino a noi, sono uguali ai loro progenitori. La stessa cosa è accaduta ai mammiferi: compaiono in «esplosivamente», ossia in prodigiosa quantità, poi il loro numero si assottiglia, «fino all’esaurimento delle forme inventive della vita». Però quelli che sono giunti fino a noi, sono uguali ai loro antenati fossili: «Le prime balene erano adatte alla vita marina come le attuali, e i primi pipistrelli erano differenziati per il volo come lo sono oggi (...): non ha senso immaginarli come risultato di progressivi adattamenti, perché la loro bellezza e coerenza sono proprio il risultato dell’unità del loro disegno, che mai rivela qualcosa come un rabberciamento, un accomodamento, un compromesso» (G. Sermonti, Le forme della vita, Roma 1981). Non c’è ragione di pensare che sia avvenuto altrimenti per dinosauri, tecodonti, o gli antichissimi terapsidi, «mammalian-like reptiles» che qui vi abbiamo presentato, e che quasi certamente non erano rettili affatto, e che somigliavano così tanto ai nostri felini, cani e facoceri, da essere stati tagliati fuori dalla popolarità che gode il Tirannosauro, assai più «giovane» di loro. Tutti gli animali che ci vediamo attorno sono perfettamente «specializzati», adatti cioè al loro ambiente senza rabberciamenti né compromessi. La specializzazione è appunto il grande inciampo all’idea stessa di evoluzione: il «progenitore comune» va necessariamente pensato come un essere senza alcuna specializzazione, che si presenta di tanto in tanto, rarissimamente, e dà inizio ad una nuova specie, o classe o ordine. Ma come si può immaginare un essere senza qualità? (queste tematiche sono state già magnificamente affrontate dal direttore nel suo libro «La disfatta evoluzionista», ndr) Lo zoologo Pierre Grassé chiama questa forma enigmatica ed introvabile, «la Madre». Spiega Sermonti che secondo Grasset, «per esempio, i Mammiferi sarebbero derivati dai Captoriformi, rettili molto arcaici prossimi al ceppo da cui sono usciti tutti gli altri rettili». Ma attenzione: «ciò non configura una derivazione dei Mammiferi dai rettili, piuttosto una comparsa dei Mammiferi tra i Rettili; al limite, i Mammiferi sarebbero figli della stessa Madre dei Rettili. I Mammiferi non si sarebbero serviti dei Rettili per venire al mondo; al contrario, sono venuti al mondo perché hanno evitato di imboccare le vie rettiliane». Il discorso si fa complesso. Diciamo che i rettili, essendo molto specializzati, si sono imprigionati dentro un vicolo cieco della vita, mentre i Mammiferi, avendo evitato quel vicolo cieco, non sono altrettanto specializzati; e l’animale meno specializzato è l’Uomo. Si arriva così al limite dell’idea paradossale: che il Progenitore vero di tutti i Rettili, Mammiferi, Dinosauri e Tecodonti ed Uccelli, sia l’Uomo? L’ultimo apparso sulla scena, sia in qualche modo il primo? Non va molto lontano da questa folle ipotesi un altro zoologo, Karl Beurlen, che immagina quanto segue: che un Mammifero differenziato (specializzato), di tempo in tempo, è regredito ad una fase riproduttiva embrionale per raggiungere nuove fasi adulte differenziate. Ma a questo punto, conclude Sermonti, non si vede perché non dar ragione a Roberto Fondi, per il quale queste «forme originarie» non sono mai esistite come esseri reali, e che la loro natura sia ideale e metafisica?». Platone pensava lo stesso.
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