Dio creatore e Padre, «panteismo» e «panenteismo»
31 Dicembre 2007
L’ipotesi panteista abbraccia praticamente tutte le ideologie non monoteistiche (1), seppur secondo gradi e sfumature differenti.
Tutte le filosofie e credenze orientali, quali ad esempio l’induismo, il buddismo, il taoismo, si collocano proprio in questa prospettiva; anche qui occorrerebbe procedere ai dovuti sottilissimi distinguo, ma essenzialmente ci imbatteremmo in cosmologie e teologie sostanzialmente non dissimili.
Anche i più recenti movimenti New Age, che si ispirano al paganesimo germanico, cercano di recuperare le antiche mitologie nordiche ed applicano ad esse il filtro del monismo panteista e naturalista.
L’evidenza che emerge da queste certezze è riprova inequivocabile della veridicità e bellezza del cristianesimo.
La trascendenza infinita del Dio cristiano è caratteristica solo della vera Fede, e testimonia potentemente la sua intima ed imprescindibile verità.
Infatti, sebbene anche le summenzionate credenze pagane pretendano di assegnare questa prerogativa al loro dio, il tentativo, a ben vedere, si mostra sofistica elucubrazione prova di reale fondamento logico e filosofico.
Il fatto che non vi sia nessun rapporto ontologicamente omogeneo tra Dio (il Dio cristiano) ed il creato, evidenzia proprio l’autosufficienza dell’Essere, capace di prescindere da tutto ciò che non sia Lui.
Questa infinita differenza qualitativa è elemento solo della teologia cristiana; nelle visione panteiste (come nelle panenteiste, ove si sostenga la contemporanea immanenza e trascendenza del divino nel e rispetto al creato (2) infatti, il creato (ove non si identifichi addirittura) costituisce un’emanazione, un’apparenza, una sorta di diversa modalità del divino, non collocandosi mai al di fuori dell’Eccellenza infinita dell’eterno Essente.
Dal che è facile dedurre una prima conclusione indubitabile: l’unico Dio a possedere l’autosufficienza trascendente, l’autosussistenza dell’essere, è il Dio cristiano; il Brahman indiano, l’assoluto, l’Uno (secondo il non-dualismo del Vedanta), come l’En-Sof della cabala o come ogni altra visione - che potremmo definire più che panteistica, «panenteistica» - tradisce l’imperfezione dell’Essere Divino, che deve necessariamente essere ogni cosa.
In tal modo, a ben vedere, nell’idea di Dio «entra» un’ipotesi di necessità, che male si concilia con la libertà infinita dell’Essere, e con la sua assoluta «spiritualità».
Affermare invero che Dio si identifichi col (o che sia anche) creato, limita l’eterna perfezione dell’essere, la quale presuppone totale estraneità da ogni imperfezione e da ogni corporeità: l’imperfezione e la corporeità essendo aspetti evidentemente intrisi di limitazioni; ad essi infatti non si addicono alcuni ineliminabili attributi dell’Essere, quali l’eternità e la totale spiritualità, quest’ultima intimamente connessa con l’onnipotenza creatrice, che, non essendo elemento essenzialmente costitutivo della materia, si addice solo ad un puro spirito.
L’esame obiettivo del creato ci porta infatti, per analogia, a comprendere che deve esservi un Creatore, una causa ab extra che conferisca l’esistenza, il movimento ed il senso di entrambi.
Chi si rifiuti di aprire gli occhi di fronte a questa verità dettata anche solo dal buon senso, è inescusabile!, dice San Paolo.
Lo studioso o il fisico che rifiuti la Fede in nome di una «scienza laica» (mai esistita) è palesemente vittima di una cecità spirituale che ottenebra anche le proprie doti intellettive.
L’onnipresenza divina, spiegata dalla Sacra Scrittura e dai Padri e da San Tommaso, come fonte dell’essere, e dell’esistere, ragion d’essere, creazione e sostentamento ultimo di ogni cosa, salva l’infinita differenza «qualitativa» tra divino e creato; il panenteismo, pur soddisfacendo meglio del panteismo, l’idea della omnipervadenza del divino, si risolve in un falso ragionamento, perché di fronte al bivio, identità di natura o diversità infinita di natura (tra creato e divino), precipita inevitabilmente nell’ipotesi panteista.
Dire che Dio trascende il mondo e che al contempo si identifica con esso, non salva l’autosufficienza divina, ma la disperde in un non senso.
Dio, l’unico vero, deve trascendere infinitamente il creato (inteso come tutto ciò che non sia Lui stesso); deve dare ragione di tutto quel che esiste, ma al contempo vivere completamente autonomo ed indipendente da quel che non sia Lui.
L’autosufficienza divina deve essere infatti coincidente con la totale indipendenza ontologica da ogni cosa; è evidente: se Dio fosse qualcosa di diverso da Se Stesso, non sarebbe Dio, perché «necessiterebbe» di un apporto che Gli venisse da altro che non sia semplicemente Lui stesso.
L’infinita semplicità dell’Essere autosussistente mal si concilia infatti col l’ideologia monistica (tutto è «uno»), la quale suppone comunque una «complicazione» nell’essere, che deve esplicitarsi in un molteplice limitato ed imperfetto.
Il Dio cristiano è l’unico a poter essere «vero», anche solo per il fatto che possegga in Sé le prerogative non negoziabili, non eliminabili, afferenti alla Divinità.
L’infinita semplicità e l’infinita trascendenza; l’eternità e l’onnipotenza.
Quest’ultimo attributo è veramente imprescindibile per un Dio che si pretenda assoluto e sovranamente libero ed intangibile, immortale ed invitto.
Ma l’onnipotenza non appartiene alle visioni panteiste e panenteiste, perché si vedrebbe limitata nella sua potenza creatrice.
Dio, per essere tale, deve essere Creatore; cioè deve essere capace di dare esistenza dal nulla! Questo supremo atto di potenza infinita è solo del Dio cristiano!; l’assoluto di altre credenze religiose essendo privo di questa prerogativa, precipita in una impossibilità; Brahman non crea e neppure può!
Non essendovi nulla da creare!
Questo, oltre a costituire un limite al Divino, dal punto di vista della capacità di fare qualcosa, è esempio lampante del concetto di necessità, che mal si concilia con la libertà infinita dell’Essere.
Il dio delle filosofie suddette infatti non può non essere anche ciò che è creato; e questo è ulteriore forte indizio dell’impossibilità di essere divino.
Il Dio cristiano, invece, è il solo ad essere grandissimo non solo per quel che ha fatto, ma sostanzialmente per quello che può fare e creare!
Capacità infinita estranea alle altre false divinità.
Altra considerazione di discrepante evidenza è quella che emerga allorché si voglia sottolineare proprio la completa capacità di autodeterminazione dell’Essere Divino.
Il Dio cristiano è certamente Persona; le divinità delle filosofie panteiste o simili non è detto che lo sia!
L’autocoscienza della quale normalmente si parla in tali contesti, difficilmente può coincidere con la consapevolezza personale del Dio cristiano!
L’impersonalità infatti è confusa con la personalità e si risolve in un «pasticcio esistenziale» di difficile definizione.
Ma la Persona è certamente di perfezione superiore alla non-persona; Dio deve essere quindi Persona; perdere tale prerogativa è togliere qualcosa alla Perfezione infinita, è mutilare l’Essenza dell’Eterno.
L’impersonale En-Sof è meno dell’unico vero Dio, quindi non può essere Dio.
Ma nella rivelazione cristiana Dio non è solo Persona, è anche Padre.
Questo elemento unico rispetto ad altra fede o credenza, contraddistingue la Perfezione infinita e meravigliosa dell’Essere.
Dio, Padre, è Amore infinito, proprietà unica del Dio vero, dalla quale si comprende come Dio in realtà ami al di là di ogni schema e condizione; l’amore del Padre infatti si comprende alla luce dell’amore imperfetto dei genitori terrestri; amore, questo, che pur limitato, vive libero da ogni condizionamento ed interesse, da ogni secondo fine, da ogni valutazione ulteriore che non sia donazione di sé per il bene dell’altro.
Solo il Dio di Gesù è Padre: l’unico Dio vero!; solo il Dio cristiano è amore totale di Sé; infinita donazione dell’Essere al nulla; imperscrutabile bellezza di gioia infinita per chi si lasci toccare da Lui.
Stefano Maria Chiari
1) Seppur nel caso del giudaismo sia piuttosto evanescente parlare di monoteismo; il giudaismo cabalistico infatti aderisce ad ipotesi prettamente panteistiche e/o monastiche: valga per tutti l’idea dell’ En-Sof.
2) «Nel panenteismo Dio è visto come il creatore e/o la forza animatrice dell’universo, che pervade il cosmo e di cui tutte le cose sono costituite. Questo concetto di Dio è strettamente associato con quello del Logos proposto dal filosofo greco Eraclito nel V secolo avanti Cristo ».
Da http://it.wikipedia.org/wiki/Panenteismo
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