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Il Rosario per l’Italia: è urgente
27 Novembre 2013
Giorni fa nella mia parrocchia (periferia di Milano, un tempo operaia) una bambina di 12 anni ha tentato il suicidio. L’ha detto il giovane parroco in una Messa feriale, a quattro vecchi gatti. Come mai ha voluto ammazzarsi?, gli ho chiesto poi. E lui: «La prendevano in giro». Casi del genere avvengono con più frequenza di quanto si creda. Solo una parte infinitesima giungono alle pagine di cronaca, quando la vittima muore e quando i genitori sono in grado di denunciare effettivamente qualcuno, cosa rara. Il parroco mi dice anche che adesso la piccola ha tutto il sostegno psicologico, immagino dell’ASL. Risibile pretesa, che le tecniche di psicologi comunali possano colmare il pozzo nero morale a cui sono ridotte tante scuole, e in cui le ragazzine cadono senza più sapere rialzarsi. Un pozzo nero di cattiveria nativa esercitata da scolari su scolari, che – non più tenuti a freno da alcun controllo – riproducono la crudeltà primigenia dei branchi animali, la gerarchia spietata dove il primo è il più bruto, l’ordine di beccata dei gallinacei, l’abuso senza limite dei deboli e indifesi. Qui manca però l’innocenza della lotta di natura, delle gerarchie fra sciacalli o tacchini in branco: qui agisce la malizia della sensualità malata, appresa dai pornovideo. So di bambine che «devono» fare fellationes al compagno, o ai compagni di classe, perché si fa così si fa nel gruppo (che impone le sue norme d’acciaio), e perché è la condizione che il dodicenne bruto pone per «fidanzarti». Poi spesso le loro immagini, diciamo, compromettenti, passano da cellulare a cellulare dei ragazzini, e cominciano le derisioni, l’orrore di veder propalato il proprio debole «io» dall’intimità proibita alla piazza dei pari , la coscienza improvvisa della proprio dignità perduta – o più precisamente, del fatto per il branco (che è il «tuo» mondo) non sei più degna, sei solo un oggetto da schernire dovunque. Tutto congiura a questo inferno: smartphone e Facebook, twitters e pedagogia permissiva, pubblicità e incuria degli insegnanti in piena bancarotta etica per primi, retorica pubblica della felicità sessuale e dell’io da «esprimere» narcisisticamente... E non c’è niente da fare. Provatevi a proporre, che so, il divieto dei telefonini in classe, la punizione scolastica per il possesso di immagini porno, la severità, magari la raccomandazione di fuggire il peccato carnale, se non perché dà la dannazione, perché rovina il carattere per sempre a quell’età... Avrete tutti contro: scuola, pubblicitari, pedagoghi, giornalisti, persino le mamme delle bambine che soffrono e che, a volte, s’impiccano. La libertà sessuale, la felicità dal sesso, resta un viscido caposaldo della mentalità corrente; cieca alla vista di come quella promessa di felicità, portata dal progresso a bambini dalle anime informi, si tramuta in schiavitù sessale, dolore inconfessabile e vergogna di cui non si può, a quell’età, parlare nemmeno con se stessi, non essendoci le parole per dirlo. E il mondo degli italiani adulti non è diverso. Ogni giorno dobbiamo registrare enormi corruzioni pubbliche e privati, scandali, parassitismi senza vergogna, lotte per Mammona: dai grand commis avariati (1) fino al superiore generale dei Camilliani che fa sequestrare due religiosi che non volevano riconfermarlo nella carica, ed anche qui affiorano «violente lotte di potere, milioni di euro sottratti alle casse, proprietà intestate ad amanti, affarismo e clientelismo», leggo dai giornali. E questo tra i successori di san Camillo de Lellis, figuratevi cos’è il resto dell’Italia – quella «laica» che si sente finalmente liberata dell’antiquato, cattolico timor di Dio. Senza più Dio, senza più giudice finale, non c’è più limite al malfare, all’arraffare, al godere: olgettine e travestiti, coca e cibo ingozzato, tutto un porcaio dove sgavazza chi se lo può permettere, a danno di chi è povero e senza potere. Perché questo è il punto, fateci caso: tutte le promesse della società «liberata» si stanno rovesciando nel loro contrario. La strombazzata liberazione sessuale in miseria sesuale masturbatoria, solitudine, odio fra i sessi, fino alla schiavitù sessuale e violenza sulle donne. La democrazia l’hanno tramutata in oligarchia plutocratica inamovibile, in mostro freddo burocratico. La «società del benessere» sta cambiando velocemente in miseria provocata di massa; la proclamata «eguaglianza» dei cittadini in disparità scandalose fra milioni di poverissimi, e pochi ricchissimi; la «legalità» si traduce in abusi impuniti e continui dei principi del diritto, da parte del Fisco, lei «legislatori» che legiferano a solo loro vantaggio e dei loro compari, del magistrato ideologico e intoccabile: sicché ormai è l’imputato che deve provare la propria innocenza, non l’accusatore. La «cultura alla portata di tutti» è risultata in crassa ignoranza presuntuosa di una massa che crede di aver diritto alle sue opinioni (e non ha che quelle orecchiate dalle centrali di dominio), in analfabetismo di ritorno persino dei laureati. L’euro doveva metterci le ali ai piedi, e è la macina da mulino al collo. L’Europa doveva essere la fine dei nazionalismi bellicisti , è l’arena dei più furbeschi egoismi e, soprattutto, dove regna incontrastabile la volontà del più forte. Le promesse di felicità che si rovesciano nel loro contrario sono – per chi non ha la conformistica paura di nominarlo – il più antico trucco di Satana. «Sarete come dèi», promise, e quelli che ci credettero dovettero strappare alla terra, con fatica inumana, il magro cibo, partorire con dolore che gli animali conoscono, e spesso morire di parto o di fratricidio. Ma questa volta, il ritiro delle promesse false a cui l’intera umanità crede, ha qualcosa di terminale. Vuol dire che il demonio non ha più bisogno di sedurci, ed ora può mostrarci la sua vera faccia, le zanne maciullatrici. Forse, le seduzioni del benessere e dell’abbondanza, in cui ci siamo compiaciuti come fossero merito nostro, ci sono state date solo il tempo necessario per toglierci le risorse spirituali che ci necessiteranno nel presente-futuro di privazioni, dove pietà è morta, uccisa dal «mercato». È forse il tempo in cui si scatenano i lividi cavalieri da cui una preghiera invocava la salvezza: «A peste, fame et bello libera nos, Domine», da pestilenze, da fame e da guerra liberaci, Signore. Vedo, e la vedete anche voi, un’Italia che ha perso la strada, che non sa più trovare, smarrita, che sente di essere a un capolinea fatale. Ed anche qui, non c’è niente da fare: provatevi a proporre le necessarie «riforme» (che tutti vogliono, a parole), ed avrete contro tutto il progressismo, le potenti cosche dei mantenuti dal denaro pubblico, i partiti e i grandi giornali: fascismo!, ci gridano. Volete la disciplina, l’educazione al sacrificio fin dalle scuole, la preparazione gioiosa e nobile alla solidarietà e condivisione nella privazione; volete una rivalutazione dei valori della Cavalleria in una società che ha come sport il calcio, ossia il tepppismo in campo; volete il fascismo, peggio – il clerico-fascismo, imporre con la forza i dieci comandamenti, decenza sessuale compresa perché nell’uomo tout se tient, e l’esibizione del vizio in un aspetto, rende possibile l’esibizione della malversazione, della irresponsabilità , dell’abuso dei potere, e della parassiticità pubblica dall’altro, l’arbitrio dei giudici dall’altro ancora, l’esazione strangolatrice che porta alla disperazione e al suicidio anime (deboli) di imprenditori. Insomma, provatevi a delineare le «riforme» di cui questa massa di amebe ha bisogno, e le avrete tutte contro – anche le vittime. Sono le amebe che da un secolo credono di sapere qual è «la direzione della storia», e che questa direzione non passa più per Dio, il destino eterno dell’uomo, e quindi non occorrono più fede né rispetto di sé in vista dell’Eterno destino. L’Italia è smarrita, sa di essere perduta, ma è irriformabile. Non ha le risorse mentali nè morali per cambiare; il peggio, temo, è che non ha più le schiere di santi viventi che intercedano per lei, come in qualche modo è sempre stato. C’è una sola cosa che resta da fare, ed è la grande campagna del Rosario. Il Rosario per l’Italia. Il Rosario per ottenere la liberazione dai nostri oppressori interni e internazionali, interiori ed esteriori. Ne ho già parlato, ma stavolta richiamo all’urgenza; il pericolo è già su di noi e ci travolge. Cominciamo dunque col ripetere a noi stessi la promessa che la Vergine fece a suo Lucia di Fatima: «Per il potere che il Padre ha dato al Rosario in questi ultimi tempi, non c’è problema né personale né familiare, né nazionale né internazionale, che non si possa risolvere con il Rosario». Inutile perdere tempo a dubitare, sotilizzare; abbiamo forse un’alternativa? Si rafforzi invece la fede. Il nostro modello ideale dovrebbe essere la Crociata Riparatrice del Rosario nell’Austria occupata dai sovietici. Nel 1946 nel Santuario di Maiazell, il cappuccino Petrus Pavlicek , ex prigioniero di guerra, ebbe una voce interiore; da allora girò per la patria per convincere quanti più austriaci possibile a recitare il Rosario per la liberazione dall’Armata Rossa. La sua idea era un Rosario perpetuo: 24 ore su 24 dovevano esserci austriaci che pregavano la Vergine. Portava con sé una statua della Vergine di Fatima donatagli dal vescovo di Leira. Nel ’55, c’erano mezzo milione di austriaci – che erano allora 5 milioni in tutto – che partecipava alla preghiera, nessuna ora del giorno e della notte era senza invocazione a Maria. E nel 1955, fra maggio e ottobre, l’Armata Rossa si ritirò. Spontaneamente e senza un chiaro motivo. La Mosca sovietica non lasciò mai la presa su nessun altro Paese occupato. Non se n’è andata dalla Polonia, né dalla Romania né dall’Ungheria , né tantomeno dal lacerto di Germania che aveva strappato per sé; ma dall’Austria sì. Come si fa? Non lo so. Non sono un organizzatore né un cappuccino santo. Ci vuole un’autorità religiosa che la decreti o consigli; idealmente, il Papa – che abbiamo visto capace di dare ordini. Intanto, vi chiederei di parlarne al vostro parroco. Io manderò questo ai siti dei vaticanisti che conosco, alcuni possono parlare direttamente al Papa. Si può cominciare anche con poche persone, per qualche ora al giorno.
1) Mi ha convinto definitivamente dell’invincibilità delle Caste che ci opprimo lo scandalo del’ATAC, l’azienza trasporti romana, che ha accumulato 1,6 miliardi di debiti (400 milioni più dell’Alitalia). Fra le altre malversazioni, ci sono quelle di due dirigenti, tali Cassano e Gabbuti, che hanno conti esteri a San Marino e sono soci occulti di società che ricevevano appalti dall’ATAC, cosa da codice penale. Questa infedeltà delinquenziale dei due compari è nota fin dal 2010: ebbene, i due non sono mai stati licenziati, sono ancora lì a dirigere l’ATAC. E uno dei due ha uno stipendio, dicono, di 600 mila euro annui, il doppio di quanto prende il presidente Usa. Come volete ci si possa liberare di simi individui, evidentemente così ben ammanicati e pronti a spartizioni, da restare al loro posto con sindaci di sinistra e di «destra» (Alemanno?). Solo il ricorso alla violenza fisica, al lanciafiamme, potrebbe servire. Ma in realtà, è molto più probabile che siano lorsignori ad usare la violenza contro i cittadini e contribuenti; sono loro che hanno occupato gli strumenti pubblici della forza, polizia, magistratura, Equitalia, che usano per commettere soprusi non apena vedono nel più vago pericolo i loro emolumenti. Anzi, già hanno cominciato: non appena s’è ventilata una «spending review»appena un po’ seria, o quando le malgestite amministrazioni locali, ridotte al lumicino, provano a ridurre e tagliare i posti, ecco che a Genova i guidatori di autobus , tutti CGIL, bloccano il servizio, non rispondono alla precettazione del prefetto, e commettono atti di minaccia violenta verso il sindaco e gli altri (inqualificabili) amministratori; e strappano per sé altri soldi del contribuente. Tra l’altro, con il plauso dellla popolazione genovese – il che non mi sorprende – ma anche, peggio, di qualche nostro lettore. No, io sono a metà genovese e non li scuso, i tranvieri. Genova è come l’hanno voluta loro, l’elettorato massicciamente e ottusamente trinariciuto, le caste parassitarie che essendo «rosse» e iscritte alla CGIL bisogna credere siano lavoratori; Genova è da 70 anni guidata da un condominio Pci-Massoneria, ed è condizionata dai «sindacati rossi» e dai «lavoratori» violenti. Nei tranvieri genovesi riconosco i «camalli», gli scaricatori del porto, maneschi e arricchiti milionari perché – proprio loro, i rossi – hanno per decenni chiuso l’accesso al loro mestiere ad altri, formando una casta chiusa corporativa come mai se n’è viste, per restare in pochi a godere la pacchia della movimentazione portuale, e strappando emolumeni eccessivi e condizioni di lavoro incredibilmente vantaggiose per loro. Così vantaggiose, che (complice l’arrivo dei container) ha reso incompetitivo il porto e l’ha fatto morire. Alle navi conviene attraccare a Rotterdam, anche se portano merci per l’Italia. Per lo stesso motivo – i «lavoratori» CGIL - Genova ha perduto tutte le industrie, tutte le attività; è la città più vecchia del mondo e dove la denatalità e totale, e la Liguria è la sola Regione del Nord che è in passivo – ossia che, come la Calabria e la Sicilia, riceve soldi dai contribuenti del Nord invece di darli. Una città dove non c’è più nulla, manco ha bisogno di autobus: per andare dove? Ma i camalli del volante vogliono il posto a 1500 netti mensili, dicono che è poco, sono pronti a pestare, agitando la falce e martello. E minacciano il sindaco, il principe Doria, il rampollo dei Signori quattrocenteschi: che loro hanno votato, perché s’è presentato nelle liste Sinistra Ecologia Libertà (un Doria «di sinistra estrema»), ovviamente appoggiato dal Pci e dai massoni. Eccoli i trinariciuti: se il Partito lo ordina, votano anche la regina d’Inghilterra o il cardinale Ruffo di Calabria. No, non mi fanno pena. Anche perché hanno vinto – come sempre – strappando soldi che in Liguria nessuno più guadagna, essendo la Regione improduttiva e passiva. E non fatemi parlare di come i genovesi hanno ridotto il turismo, con le coste più belle del Tirreno occupate da case di proprietà di milanesi, sicché gli alberghi sono pochi e scandalosamente cari...
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