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Chi paga il Renzi di Kiev
20 Maggio 2014
Arseni Yatsenyuk, il premier senza mandato del Governo ucraino (il mandato gliel’ha dato Victoria Nuland, che lo chiama familiarmente «Yats») è venuto giorni fa a Roma per incontrare il Papa e tirarlo dalla sua parte; ha incontrato anche Renzi. Nelle foto che li ritraggono insieme colpisce la somiglianza: entrambi giovani, entrambi smilzi, entrambi non-eletti, entrambi intenti a «cambiare verso» (Yats coi carri armati e i neo-nazisti suoi strumenti)... Chissà se sono stati selezionati dagli stessi poteri. Per Yatsenyuk, quali poteri lo pagano, lo sappiamo meglio: lo esibisce lui stesso nel suo sito. Dove si apprende che ha una fondazione «culturale» che si chiama, appunto, Yatsenyuk Foundation. Ma ha anche un altro nome: «Open Ukraine» — per puro caso, assonante con la «Open Society» del miliardario ebreo George Soros, il quale per «aprire le società» dell’Est europeo al liberismo, alle borse e alle privatizzazioni, ha profuso miliardi. Oggi ha addirittura una Università, Central European University, con sedi a Budapest, Varsavia e Praga, «per clonare la prossima generazione di politici dirigenti per la regione, formati al capitalismo neo-liberale USA» (Neil Clark su New Statesman 2 giugno 2003). Yatsenyuk, in una delle pagine del sito (tutto in inglese) della sua Foundation, elenca con orgoglio i suoi «partners», osssia i finanziatori. In Italia, una pagina simile non farebbe una buona impressione. Ma per gli ucraini è diverso: sono più ingenui. Eccola qui. Senza meraviglia, troviamo
La NATO è presente a Kiev dal 1997, vi ha una specie di ufficio consolare. La promessa fatta dal presidente Bush (senior) a Mikhail Gorbaciov quando costui scelse il Patto di Varsavia suonava così: «Dopo la riunificazione della Germania, la NATO non avanzerà di un pollice in direzione delle frontiere dell’Unione Sovietica». Ma si sa che cosa valgono le promesse USA, dopo la nuova «dottrina di sicurezza nazionale» emanata da Bush (jr). Del resto, come ha scritto Zbigniew Brzezinsky nel suo immortale testo The Grand Chessoboard, «senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero. L’Eurasia resta la scacchiera in cui si svolge la lotta per la supremazia mondiale. Chi controlla il continente, controlla il pianeta» (questa, Zbig l’ha copiata da McKinder). Insomma, è questo il programma a cui serve Yats. E per cui è pagato. Infatti, tra i finanziatori da lui stesso esibiti, troviamo: il Dipartimento di Stato (la Nuland lavora lì) Il National Endowment for Democracy (NED) una fondazione «culturale» intenta a spargere la democrazia nel mondo con l’aiuto di chi ci sta: CIA, jihadisti, neonazisti, mercenari-contractors e sovversivi vari secondo i casi, quando non convenga l’invasione diretta. La NED si autodefinisce «organizzazione non governativa» e tale la cataloga l’ONU: piccola stranezza, dato che è sostanzialmente finanziata dal Dipartimento di Stato. Fin qui, direte, nessuna novità. Sono d’accordo. Magari un po’ meno ovvio è quest’altro finanziatore: I caratteri cirillici non vi ingannino. La scritta recita: «Ambasciata della repubblica di Polonia a Kiev». Questo neo-membro della NATO che ha una gran voglia di trascinare tutto il resto d’Europa in conflitto con Mosca, e nelle cui terre ha addestrato militarmente gli attivisti del Pravi Sektor che hanno fatto meraviglie ad Odessa, Ma andiamo per ordine. In alto a sinistra, fra i pagatori, spicca questo: «Fondazione Viktor Pinchuk»: ossia dell’oligarca giudeo che ha sposato la figlia dell’ex presidente Kuchma. Fa parte dello International Advisory Council of Brookings Institution, altra fondazione culturale giudeo-americana. Re del ferro e dell’acciaio, possessore di 3,5 miliardi di dollari (rubati tutti agli ucraini),approfittando come tanti suoi correligionari dello smantellamento dell’economia sovietica per accaparrarsene le pepite, tra le rovine. Un vero benefattore (per Israele).
Ecco qui sopra un donatore germanico: il fondo, che i tedeschi pagano come omaggio agli americani (ha il nome del creatore del Piano Marshall del 1947), è la cinghia di trasmissione per le politiche e i dettami transatlantici da applicare in Germania. È uno dei motivi per cui Putin ha sviluppato un vero e proprio disgusto diplomatico (1) per la doppiezza tedesca, ed europea in generale: non ci si può comportare da amiconi economici per tornaconto, e da nemici geopolitici. Il mega-accordo con la Cina, che pagherà 456 miliardi di dollari per 30 anni di gas russo, va nel senso di ridurre la dipendenza di Mosca dai mercati di sbocco europei. Quando i Barroso allungheranno la lista dei russi «non grati», lui potrà dire: andate a chiedere il petrolio da scisti dagli usa, ve l’hanno assicurato... Poi, ecco una vecchia conoscenza:
é il nome familiare del «Royal Institute of Foreign Affairs», sede a Londra dal 1920, suggeritore massimo delle politiche estere imperiali britanniche. Certe sue analisi, si legge nel suo sito, sono finanziate «dalla Rockefeller Foundation, Bill et Melinda Gates, la Fondazione Konrad Adenauer, l’OTAN et l’UE».
Questo logo qui sopra cosa è? Nessun mistero, è la International Renaissance Foundation, parte integrante della Open Society Foundation di Soros, la Renaissance ha distribuito in Ucraina 100 milioni di dollari a gruppi, istituzioni culturali, case editrici, eccetera.
E chi sarà questo finanziatore dal modesto logo?
Horizon Capital è un fondo speculativo (private equity) , un fondo-squalo (poco sopra i fondi-avvoltoio) che raccatta a basso prezzo delle aziende, le spezzetta e rivende i pezzi a gran profitto, lasciando sul lastrico centinaia o migliaia di lavoratori: si capisce il suo interesse per la carcassa ucraina. Horizon ha sedi a Kiev, ma anche in Bielorussia e in Moldavia. E poi fra i finanziatori di Yats c’è questa:
Una delle prime quattro banche d’affari svedesi, è andata a cercar fortuna all’Est, acquistando prima la Hansabank, la primaria banca dei baltici, e poi la banca ucraina commerciale TAS. È ritenuta la responsabile dello scoppio della bolla finanziaria avvenuto nel 2007 nei Paesi baltici: dopo aver prestato a chiunque al 3% senza garanzia alcuna (tanto, rivendeva i debiti cartolarizzati agli ingenui: tale quale i subprime americani), Svedbank ha bloccato i crediti di punto in bianco, «cambiando verso» alle fortune di tanti lettoni, lituani e finlandesi. E tuttavia, devo ammettere che Yats è davvero un esponente della Società Aperta, se esibisce così i suoi pagatori. L’Italia è un buco incomparabilmente più nero. Non abbiamo avuto il bene di vedere il logo dei «partners» di Monti, di Letta, o se vogliamo, di Renzi. Il che non vuol dire, sia chiaro, che voglio insinuare che Renzi è un burattino come Yatsenyuk, cui per certi versi somiglia. Perché poi, a voler sottilizzare, ci sarebbe qualcosa da dire anche su Beppe Grillo e la sua visita, a febbraio 2013, all’ambasciata USA con invito a pranzo dell’Ambasciatore Spogli, che lo valutò positivamente. Magari un qualche sospetto potrebbe venire dai nostri media: tutti a gara per parlare ogni giorno di Grillo, mostrare Grillo nei suoi comizi, far sentire Grillo che strepita, preconizzare la vittoria di Grillo, insomma far pubblicità a Grillo in tutti i modi facendo finta di osteggiarlo. Viene da pensare che se avessero fatto lo stesso clamore mediatico attorno – che so – alla Meloni e a Crosetto – oggi li avremmo al posto del vecchio bolso e perdente Berlusconi. E siccome i nostri media sono bravissimi a tacere, a «non vedere» notizie, a non accorgersi di «non persone» quando occorre, viene il sospetto: che vogliano Grillo, lorsignori, sapendo in anticipo che non farà nessuna rivoluzione? È come dice lui stesso: dovete ringraziarmi, se non ci fossi io a raccogliere lo sdegno popolare, qui ci sarebbe «il nazismo».
È per questo che, forse deludendo i miei lettori, non ho sprecato una riga sulla campagna elettorale in corso, fra buffoni e cialtroni e salotti d Vespa. Il nostro è un Paese meno importante dell’Ucraina: è già asservito, e tale resterà. Asservito anzitutto ai suoi padroni interni: dipendenti pubblici comunali che non si preoccupano nemmeno di rendere chiara una tassa (tanto sarà obbligo vostro, servi, di correr a rimediare alla mascalzonesca inattività), il sistema scolastico peggiore d’Europa – causa primaria dell’arretramento di civiltà italiano – subito uscito dalle pagine dei giornali, i grand commis da 800 mila euro l’anno intoccabili, la procura di Milano dominata dalla zarina Boccaccini e da una lotta di potere da basso impero... Matteo Renzi aveva in qualche modo dato la sensazione di aver capito che quelli erano i «nemici interni» oppressori del popolo che li paga, e da cui è taglieggiato; ha fatto marcia indietro, perché quelli – i fancazzisti di ogni risma – sono potenti davvero: hanno i mano le leve del funzionamento della macchina pubblica, l’hanno resa apposta complicata tanto che nessun politico sia in grado di mettervi mano, e adesso stanno minacciando di bloccare tutto, se si toccano i loro stipendi (indebiti per quel che fanno). Sospetto che lo strano ritardo nelle aliquote TASI dipenda dai tecnici comunali, d’accordo fra loro, di 7 mila comuni su 8 mila. Per far capire a Renzi che non è il caso di sfidarli. Renzi ha capito e non ha fatto più granché, nemmeno a parole. A questo punto, cosa volete che interessi chi vincerà le elezioni europee? Quelli che i soldi dallo Stato li prendono, ne prenderanno sempre più; e quelli che allo Stato i soldi li danno, saranno taglieggiati sempre più. È questo il nodo politico che nessuno risolverà.
1) Putin ha mostrato nel modo più chiaro di voler raffreddare la crisi ucraina, e mantenere buoni rapporti con l’Europa, anzitutto non legittimando il referendum delle zone del Donetsk, dove vivono 12 milioni di russi (non «russofoni»). In cambio, ha chiesto tre cose: «cessazione di tutte le operazioni militari punitive» da parte del governo di Kiev, «messa in libertà di tutti i prigionieri politici» (Kiev ha arrestato centinaia di persone, di cui non si sa più nulla: desaparecidos), «l’inizio di un dialogo diretto tra le autorità di Kiev e i rappresentanti del Sud-Est». A queste leali proposte, Angela Merkel ha risposto: «Putin contribuisce poco all’acquietamento effettivo della pericolosa situazione», e «non dà un segno netto sulla direzione» che prenderà Mosca. Quando è chiara e logica: l’Ucraina è un paese troppo diviso, per continuare ad esistere (come ha scritto un commentatore francese) ha bisogno di due F: Federalismo e Finlandizzazione, ossia neutralità. Un commento dell’analista Sergei Kuznetsov su Rossia v globalnoi Politikeha rivelato apertamente il disgusto russo: Obama è pronto a dichiarare la guerra alla Russia, se nnon fino all’ultimo soldato della Bundesweìher, almeno fino all’ulimo imprenditore tedesco», è così evidente che l’attacco è contro l’Europa , «per distruggere le relazioni economiche fra l’Europa e la Russia», e la Germania che fa? «In quanto locomotiva politica ed economica dell’Europa, è la principale responsabile». Nel momento cruciale di prendere una storica decisione politica, «uscire dall’ombra degli Usa e sviluppare un accordo di principio con la Russia « (come ha chiesto il deputato tedesco Herman Winkler), Berlino non sa farlo....
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