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Ottusi, intolleranti, pericolosi: ossia di sinistra
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E che mi dite di Fabrizio Barca, la mente più lucida della sinistra? «Voglio fare una patrimoniale da 400 miliardi di euro, secondo me va fatta». E il procuratore Francesco Greco, già membro del leggendario Pool Mani Pulite, attualmente procuratore aggiunto ai Reati finanziari? «La madre di tutti i mali è l’evasione fiscale... Fare una patrimoniale sui capitali all’estero...». Intende, il Greco, colpire «l’esportazione legale di capitali in Svizzera». Capitali legali, sottolineo. Quelli che l’italiano dichiara onestamente al Fisco con l’apposito modulo allegato alla dichiarazione dei redditi. Non i capitali illegali, frutto di criminalità e riciclaggio, illegalmente esportati. No. Come dice a Il Fatto il procuratore, «La questione chiave, non è tanto il riciclaggio, usato per trasformare i fondi della mafia in soldi dell’economia reale, quanto l’esportazione di capitali legali in Svizzera». (Governo Renzi, Pm Greco: “Opportuno ministro Giustizia che la faccia funzionare”)

È bello constatare l’alta scienza giuridica, il profondo senso dello Stato e l’alto senso del diritto di tanto esimio magistrato.

Egli ritiene vero compito della Giustizia punire non l’illegalità, ma la legalità.

È una geniale intuizione. Una rivoluzione del giure, che apre nuove, infinite possibilità di prelievo tributario, per non dire dei vasti campi inediti per l’attività giudiziaria repressiva. Per esempio – è solo un esempio fra i mille possibili – si potrebbe imporre per legge un prelievo a tutti coloro che attraversano la strada sulle strisce pedonali. O a chi, in auto, si ferma quando il semaforo è rosso.

Naturalmente ciò indurrebbe un numero crescente di cittadini a passare fuori dalle strisce e a fermarsi col semaforo verde: ciò porterebbe a un aumento del disordine nella circolazione stradale, una auspicabile crescita di incidenti, con utile aumento del contenzioso legale — quindi, sempre più spazio per il dominio del Diritto Penale. Senza contare che chi, per evitare il prelievo, passa a semaforo rosso, commette già oggi un reato perseguibile, il che renderebbe allo stato notevoli introiti in multe, ammende, e più anni di carcere per tutti.

Si prega di apprezzare l’intento radicalmente riformatore a cui tende il procuratore-filosofo (non a caso è un Greco): il fatto che l’Unione Europea abbia decretato la «libera circolazione di uomini, merci e capitali», e che l’Italia abbia sbadatamente sottoscritto tale principio, va corretto. In altre epoche l’esportazione di capitali era vietata e soggetta ad autorizzazione dello Stato (per esempio quando un imprenditore doveva importare materie prime, doveva pur pagarle trasferendo fondi all’estero): così facevano regimi fascisti e comunisti, e il controllo sui capitali era una robusta prerogativa dello Stato e delle sue polizie. Non potendo dubitare del fiero antifascismo del procuratore Greco, si deve ritenere che egli stia – con solitaria, eroica ostinazione – applicando il sovietismo, nel senso stesso del mondo globalizzato.

Si sa che nella formazione con cui si vince «o’ concuorso» per la Magistratura, non si contempla alcuna nozione di economia. Però il procuratore suddetto deve aver sentito, in qualche telegiornale, che i governi si sforzano di «attrarre capitali in Italia», o meglio sperano, invocano, auspicano vanamente che ciò si faccia; che qualche capitalista estero sia così audace da investire soldi da noi, per il gusto esotico di cader nelle mani della Fiom, di Equitalia e del Tar del Lazio. È per questo che si è aderito al principio generale della «libera circolazione di merci, uomini e capitali», nella vaga speranza che i movimenti avvengano in due sensi. Ovviamente a Greco non può sfuggire che la sua volontà di prelevare una patrimoniale a chi porta fondi all’estero legalmente magari per importare petrolio, intacca in qualche modo la reciprocità e il diritto internazionale vigente, sottoscritto dal Paese: è troppo intelligente. Nessun capitale entrerà in Italia, fino a quando un giudice esprimerà la volontà di cambiare ad arbitrio norme e regole del genere. Oggi, lui aspira a imporre una patrimoniale sul capitale esportato; e domani, perché no: un prelievo punitivo sul capitale importato? Chi può escluderlo?

È la grande Scuola del Positivismo Giuridico Totale – altresì detto Jus ad Kapokkiam – che costituisce l’originalità del legiferare italiano, e tanto spaventa gli ottusi stranieri. Oggi facciamo una legge, e domani l’aboliamo e ne facciamo una opposta, come ci gira (latino: Ad Kapokkiam), secondo il nemico di classe del momento da colpire. All’estero non si osa seguirci su questa strada rivoluzionaria; là, le leggi tendono – servilmente – ad agevolare l’attività economica dei privati cittadini anziché punirla come merita, e per di più, ad essere stabili, e coordinate col corpo giuridico preesistente, se non (ma questo sempre meno) con riferimento a non so che «diritto naturale». Che ingenuità! Non esiste diritto «naturale»! Il diritto è «arbitrium» della maggioranza parlamentare del momento, del governo e di chi controlla chi governa (i procuratori con le intercettazioni).

Quindi, «libertà di circolazione di... capitali» sta perfettamente insieme a «prelievo sui capitali spostati legalmente all’estero». Non c’è contraddizione alcuna. Del resto, mica ti vieto di depositare 50 mila euro in Svizzera o in Francia; ti chiedo solo di dichiarare che hai quei soldi lì, col modulo RW. Dopodiché, zac!, ti sego il 20% da quella cifra.

Così impari.

Nella succitata intervista al Fatto, il dottor Greco dice che appunto, lo scopo del prelievo è – oltreché strappare un introito aggiuntivo per i pubblici stipendi – punire, penalizzare, espropriare: «Quelli sono fondi sottratti all’economia del Paese e allo sviluppo», tuona.

Un economista dissentirebbe: chi sposta fondi all’estero e lo dichiara, spesso lo fa a favore dell’economia. Magari deve comprare materie prime da trasformare in Italia. Spesso, li vuol solo mettere al sicuro dalle male gestioni delle nostre banche e dall’arbitrio fiscale, cosa lecita, dato che sono sua proprietà; altre ancora, perché il gelo economico italiano rende impossibile investire questi capitali, che non sono richiesti: dunque non sottrae in realtà risorse al Paese. È difficile distinguere quale trasferimento danneggia e quale avvantaggia il Paese.

Sofismi, sottigliezze disoneste, ha tutto il diritto di replicare il Procuratore: non c’è alcun bisogno di distinguere. Trasferire soldi all’estero è cosa sospetta «per natura». È legale? Tanto meglio: si colpisce più facilmente questa intenzione che rientra nel campo immorale della elusione fiscale, o la prepara. Il punto è che l’ordine ideale delle Procure, ogni attività economica dovrebbe essere dichiarata un Reato Finanziario, . Ogni scambio monetario fra privati, ammettiamolo, «puzza»: come si permettono di comprarsi e vendersi le cose di loro volontà, a loro gusto, senza chiedere permesso? Senza il controllo dello Stato?

Tutto lo Jus Kapokkium Evolutivo mira a porre fine a questo scandaloso abuso. Ti compri un’auto? Lo Stato vuol vedere se è «congrua» rispetto ai tuoi redditi. Ti vieto di pagare in contanti, così lo Stato può sorvegliarti anche quando compri un chilo di pane e tre etti di prosciutto. Sposti i soldi all’estero? E lo Stato te li espropria perché a suo giudizio stai «sottraendo fondi all’economia», e non ha bisogno di dimostrarlo. Sei tu, se mai, che lo devi dimostrare.

È evidente l’esemplare coerenza dello Jus Kapokkium Condendum — passo dopo passo, sta criminalizzando ogni transazione, ogni scambio. È una tendenza che abbiamo avuto modo di apprezzare già nel supremo procuratore di nome Ingroia: lui propose, seriamente, di mettere sotto accusa preventiva di evasione fiscale tutti gli imprenditori, artigiani e partite Iva, e applicare loro preventivamente le tassazioni, multe e sovrattasse dovute; spettasse poi agli accusati l’onere di provare la propria innocenza.

Perse le elezioni, ma il suo tempo tornerà. Ingroia è il Battista del processo alle Intenzioni, il Precursore del Trionfo della Legge. Non si può non cadere in ginocchio davanti a tanta maestà.

La filosofia del pubblico impiego

Vi prego di ammirarne, inoltre, la consonanza profonda con la cultura del pubblico impiego e l’etica nutrita, coltivata e sviluppata negli uffici pubblici italiani. Rovesciare l’onere della prova è il coronamento della filosofia pubblica: io tu accuso, tu affannati a provarmi che sei innocente, abbandona il lavoro che stai facendo per raccogliere la «documentazione» richiesta, e portamela nei miei uffici. È la splendida logica per cui un imprenditore che vuol fare una tettoia nel cortile della sua fabbrichetta deve presentare «documenti» del peso totale (è successo a Bologna) di 7 chili, compreso il nulla-osta delle Belle Arti provinciali e regionali. Come sa ogni operatore economico, ogni ufficio tende a chiedere «documenti» che spesso l’ufficio stesso ha già, che può procurarsi facilmente, che dovrebbe anzi chiedere ad altro ufficio. No, la soluzione è : sei tu, privato cittadino, che devi risparmiare il lavoro a me, statale (regionale, provinciale); sotto minaccia di «sanzioni legali».

Si veda la notevole filosofia che questo insieme di fatti configura:

a) Volontà di sorveglianza totale e microscopica su ogni atto del cittadino privato, che è sospetto per essenza;

b) Escogitazione di procedure in base alle quali è il cittadino a dover farsi carico della propria sorveglianza, procurando agli Uffici Competenti i documenti che «autorizzano» ogni suo minimo atto.

c) Il pubblico ufficiale è lì ed aspetta. Pronto a sanzionare legalmente (e a volte penalmente) il cittadino privato che non esibisce per la n volta più 1 il «documento» già richiesto n volte.

d) In pratica, il pubblico burocrate obbliga il cittadino adempiente a fare il lavoro che spetta a lui, e per il quale prende lo stipendio; e può farlo perché il cittadino è tenuto sotto minaccia di sanzioni se non esegue.

Esiste forse un mestiere più bello e più facile? Il braccio violento della Legge a presidio del Fancazzismo. Qualcosa di mai visto nemmeno nello Stato burocratico per antonomasia, il sovietico. Qui, se avessimo il KGB italiano, si potrebbe ricevere ingiunzioni del tipo: «Lei è stato dichiarato Nemico del Popolo. È invitato a spararsi da sé il rituale colpo alla nuca, e portare di persona alla Lubianka, nel termine tassativo di ore 24, il certificato di avvenuto decesso. Autenticato da un notaio, in triplice copia. Onde non incorrere nelle sanzioni, eccetera ».

Sanzionare i comportamenti legali ha anche altri, evidenti vantaggi per le Procure. Perseguire la Mafia e i suoi riciclaggi, identificare capitali fuggiti nei paradisi fiscali onde applicarvi la patrimoniale, è difficile, e di poco sugo: lo dimostrano, citati dal dottor Greco, «i 180 miliardi di euro di evasione fiscale, oltre 550 miliardi di non riscosso di Equitalia». È anche pericoloso, la Mafia spara. Invece, prelevare la patrimoniale sui trasferimenti che i cittadini stessi dichiarano, che semplicità! E su cui hanno già pagato i tributi previsti: un godimento in più.

Dopotutto, è esattamente questo il criterio dell’intero regime fiscale italiano: Equitalia non riesce a perseguire la (presunta) colossale evasione? Non è capace a riscuotere i fantastiliardi che presume siano nelle tasche di chissà chi? Allora Befera si affretta a suggerire ai politici di aumentare le aliquote a quelli che già pagano, e di qui l’Agenzia delle Entrate sa tutto. Stroncare di tasse i soliti: eccezionale invenzione. A sinistra, la sostengono in molti.

Certi calunniatori oppongono che ciò danneggia l’economia. Ma l’economia non è materia di concuorso per l’entrata in Magistratura. Il dottor Greco, evidentemente, s’è fatto una sua cultura da autodidatta, talché può dire che i soldi portati in Svizzera « sonofondi sottratti all’economia del Paese e allo sviluppo», mentre il riciclaggio, usato «per trasformare i fondi della mafia in soldi dell’economia reale», porta i soldi lavati nella economia reale, dunque allo sviluppo.

La più bella mente della Sinistra

Fabrizio Barca
  Fabrizio Barca
Il discorso dovrà esser diverso per il professor Fabrizio Barca: lui è Economista cattedratico, è la più bella mente della Sinistra. È stato già autorevole ministro nell’autorevole Governo Monti. Abbiamo rischiato di averlo come Ministro dell’Economia nel governo Renzi, dove avrebbe proposto la nota «patrimoniale da 400 miliardi» ai cittadini (quelli che il Fisco conosce già, notoriamente).

Per fortuna nostra – leggiamo dall’Huffington Post – «Fabrizio Barca ha detto un “no secco” all’ipotesi di fare il ministro dell’Economia». A chi ha detto il secco no: a Renzi? No, l’ha detto a un comico-imitatore che gli ha telefonato facendo finta di esere Niki Vendola.

La più lucida mente della Sinistra si apre, anzi si sfoga col falso Vendola, ossia a sua insaputa parlando a Radio 24, racconta che da tutte le parti lo premono perché accetti l’incarico: «Sono sotto pressione, Nichi. Una pressione che è crescente. Ma io non ci penso proprio». Ministro sotto Renzi, lui, no e poi no. E sì che a premere è «il padrone della Repubblica, con un forcing diretto di sms, attraverso un suo giornalista, con una cosa che hanno lanciato sul sito ‘chi vorresti come ministro dell’Economia’ dove ho metà dei consensi. Questi sono i metodi. Ho rifiutato secco, ma secco in un modo... Ieri ho dovuto scrivere un messaggio. Attraverso la Annunziata mi è arrivato un messaggio ‘ma se ti chiama il presidente?’ Ho dovuto mandare un sms scritto così: ‘vi prego di non farmi arrivare nessuna telefonata’».

Ma ti ha chiamato direttamente, De Benedetti? E Matteo Renzi, ti ha proposto la poltrona?, chiede (persino) il falso Vendola.

Risposta: «No, lui no. Tutto questo non capendo, Nichi, neanche le persone. Se mi chiami, vengo, ci vediamo mezz’ora, ti spiego in cinque minuti... No, invece tutto questo attraverso terzi, quarti, quinti, un imprenditore... ».

Insomma: si aspettava che Renzi lo chiamasse, era pronto a dirgli il suo no. Ma non l’ha chiamato...

In succo, si capisce che Barca ha rifiutato profferte che non sono venute. Ha detto «un secco no» a proposte che nessuno s’è sognato di fargli. Il suo enorme IO l’ha indotto a equivocare su «pressioni» mai verificatesi.

L’Annunziata ha avuto gioco facile a fargli fare la figura del pirla: «Sì, gli ho scritto 'ma se ti chiama il presidente?', intendendo naturalmente il presidente della Repubblica non De Benedetti». Nessuna dietrologia, nessuna pressione, come molti altri giornalisti immagino ho mandato in queste ore un sms ai nomi in circolazione tra i possibili nuovi ministri di Governo».

De Benedetti: «Barca? Non lo vedo, non lo sento e non scambiamo messaggi da diverso tempo». Non c’è ragione di non credergli. De Benedetti è capacissimo di mandare messaggi diretti....

Insomma, bisogna per forza concluderne che Fabrizio Barca è un vero, presuntuoso coglione, che cade nel più vieto dei tranelli del giornalismo-teppa. Preoccupante, per uno che viene descritto come «uomo profondamente colto e serio studioso».

Forse tocca dar ragione D’Alema, quando – ovviamente sarcastico – ha detto che «il problema della sinistra, è che abbiamo un numero eccessivo di personalità di eccezionale levatura».

In conclusione, resta irrisolta la domanda: com’è che appena un esponente di sinistra apre la bocca, esprime rigurgiti ottusamente punitivi, propositi polizieschi o spogliatori, e si rivela (come minimo) un gran coglione? E poi all’estero si chiedono come mai gli italiani non danno la maggioranza a questi, e continuano – nonostante tutto quel che ha fatto e non ha fatto – a preferire Berlusconi. È che, al confronto, è ancora il meno peggio.

Post Scriptum –
Proprio mentre concludevo questo pezzo con questa domanda, un lettore mi segnala una possibile risposta. Il problema: «Perché la sinistra non vince mai?», ha preoccupato anche un docente americano. Si chiama Jonathan Haidt, è docente di psicologia sociale alla Stern School of Business della New York University, ed è ovviamente un liberal, ossia uno di sinistra. Haidt ha sottoposto a un sondaggio a «2000 americani che si definivano liberal sui valori e le convinzioni dei conservatori: ne è venuto fuori un quadro paradossale dove le persone di sinistra avevano una visione caricaturale di quelli di destra visti come dei bruti, ignoranti, razzisti, omofobi. Lo stesso sondaggio fatto al contrario mostrava come i conservatori fossero estremamente più tolleranti e aperti a capire le opinioni degli altri. In poche parole molto più democratici. Il professor Haidt in questo vede la difficoltà dei liberal di capire i sentimenti dei conservatori, perché si è accorto che alcuni valori naturali che fanno parte della mente umana, come autorità, famiglia e senso del sacro vengono identificati con razzismo, omofobia e fondamentalismo religioso dai liberal, in particolari quelli più accesi».

Quant’è vero. Il saggio di Haidt è pubblicato in Italia con il titolo «Menti tribali: perché le brave persone si dividono su politica e religione». Titolazione adulatoria per la sinistra. Il titolo originale è The Righteous Mind: la mentalità di chi si crede sempre nel giusto, quello che si considera moralmente superiore; o altrimenti detto, il Fariseo. Ma va bene anche il titolo che propone il lettore: «A sinistra i più ottusi e intolleranti».

Quant’è vero.





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