Appunti critici sulla teoria del progresso
Roberto Ugo Nucci
23 Maggio 2008
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Gli antichi hanno quindi l’impressione di avanzare a ritroso verso l’avvenire, all’avvenire volgendo le spalle» Jacques Attali, «Storie del tempo»
La macchina come elemento fondante dello sviluppo industriale introduce un nuovo rapporto fra oggetto d’uso e meccanizzazione e diviene simbolo dell’idea di progresso.
Un rapporto ambiguo che si autoalimenta nella tecnologia e nelle sue possibilità di perfezionamento, con il conseguente annullamento del segno diretto dell’uomo nella costruzione dei propri oggetti così come accadeva nella produzione artigianale.
La differenza tipica della produzione artigianale, che esprimeva l’abilità manuale e la creatività dell’uomo in oggetti simili ma diversi, viene a perdere il suo significato ed il suo valore di unicità.
Con la produzione industriale e la serializzazione del prodotto la ripetizione assolutamente identica dell’oggetto viene interpretata come disponibilità quantitativa per un mercato in rapida espansione.
Nella tecnologia s’instaura il valore di qualità.
La macchina che governa il processo produttivo è elemento centrale del problema: il suo grado di perfezionamento genera prodotti in grado di alimentare un mercato sempre più caratterizzato da un consumo esasperato.
Con il passaggio all’automazione postindustriale, la macchina consolida il suo dominio ed impone nuove leggi, introducendo il concetto di iperproduttività, con un’accelerazione vertiginosa degli strumenti a controllo numerico.
Già Charlie Chaplin in «Tempi Moderni» aveva anticipato il destino e l’esaurimento dell’uomo-macchina identificato nell’operaio in preda a tormenti di un lavoro a catena alimentato contro la sua volontà da un robot servant.
Allo sviluppo tecnologico vengono attribuiti cambiamenti epocali: prima la rivoluzione dei trasporti, poi quella delle trasmissioni a comunicazione immediata e successivamente l’avvento imperioso delle tele-tecnologie.
Una prima e significativa rappresentazione di questo processo è rappresentata dalla tecnica applicata al territorio.
Avviene una trasformazione dinamica del territorio con la costruzione di ferrovie, autostrade, aeroporti, canali, acquedotti che associano ad una maggiore funzionalità un’esigenza di relazioni sempre più strette fra tempo e velocità, con un riconoscimento della progressiva diminuzione del tempo come valore altamente positivo.
La velocità, paradigma del trasporto meccanico, impone inesorabilmente le sue regole sino a diventare valore determinante nelle trasmissioni elettromagnetiche ed a configurare nuovi scenari comportamentali in ambiente umano con interventi nel mondo organico.
L’innesto di stimolatori della vita, della memoria, della percezione è ormai possibile.
La tecnica si introduce nel vivente con la miniaturizzazione delle tecnologie, con quelle che vengono comunemente chiamate micro-macchine o micro-tecnologie.
Il passaggio inevitabile è il cambio di finalizzazione: l’uomo diventa macchina.
Si avvera in qualche modo la teoria futurista di Marinetti: l’uomo ora si può «alimentare»
di tecnica, non soltanto di chimica degli alimenti, attraverso l’innesto di stimolatori della memoria che fungono da memoria supplementare.
Il modello di riferimento già esistente quale lo stimolatore cardiaco appartiene ormai al passato.
Le ambizioni della tecnica, rappresentate dai Futuristi in una forma di previsione catartica, e che hanno trovato in Heidegger un interprete di grande lucidità, con una chiara ed esplicita comprensione della tecnologia moderna, ora hanno superato ogni stadio di previsione materializzandosi in precise e concrete soluzioni.
Ciò che in Marinetti traspare come dimensione critica nel rapporto fra tecnologia e progresso ora è esplicito nella divinizzazione dell’uomo tecnico e nel dominio della velocità.
La velocità, come fattore paradigmatico del progresso, ha un ruolo determinante nel creare un nuovo modello di rapporto fra uomo e ambiente.
La tecnocrazia vuole un uomo «nuovo» con capacità reattive in grado di avere funzionalità paragonabili all’evoluzione delle tecnologie.
La perdita di identità e di facoltà inscritte nella natura dell’uomo come la memoria viva è un rischio concreto.
L’accumulazione di informazioni nelle banche dati è una forma di capitalizzazione dell’informazione che può portare a una specie di atrofizzzazione della memoria viva dell’uomo. Dalla memoria orale si è passati nel tempo alla lettura ed alla memoria libresca sino ad arrivare alla lettura di un software il cui rischio è la perdita della memoria naturale.
Le telecomunicazioni rappresentano l’urbanizzazione del tempo reale e la possibilità di creare una città virtuale con un ipercentro che non è più il centro di una spazio fisico.
Dalla «cosmopolis» si passa così ad una specie di «omnipolis», la città delle città.
Con le telecomunicazioni si favorisce la prossimità temporale in una sorta di città virtuale come centro del mondo, relegando le città reali in una specie di nuova periferia.
Il tele-lavoro, le telecomunicazioni, le tele-conferenze portano all’emergere di una città delle città virtuale che detta le nuove regole di relazione e di rapporti di potere.
D’altra parte la tecnocrazia assegna valore positivo all’oggetto sottacendo ogni forma di conseguenza negativa.
Nella storia delle tecnoscienze vi è sempre una parte nascosta rappresentata dagli incidenti che appartengono alla storia degli uomini.
L’incidente ha sollecitato l’attenzione verso soluzioni correttive.
L’ingegneria del traffico ha inventato il sistema di blocco per impedire il deragliamento, un sistema segnaletico con torri di controllo introducendo il concetto di sicurezza.
Tuttavia l’incidente ha una presenza costante nell’evoluzione delle tecnoscienze e quindi un fattore di predeterminazione necessaria verificabile in chiave di sperimentazione preventiva.
Ma se pensiamo alle grandi catastrofi, agli enormi rischi che continuamente corriamo, possiamo affermare che l’incidente è nello sviluppo delle tecnoscienze ed interrogarci sul significato di «sostanza» ed «accidente» così come definito da Aristotele: « La sostanza è assoluta e necessaria, l’accidente è relativo e contingente».
Anche con una libera interpretazione il rischio di rovesciarne il significato è possibile.
Architetto Roberto Ugo Nucci
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