Milano come Vibo: grazie, Formigoni
10 Giugno 2008
Il notaio Pipitone: è lui il padrone della clinica Santa Rita, dove si ammazzavano i pazienti per lucrare i rimborsi regionali. Perchè un notaio e non un medico debba aprire una clinica, è chiaro: per fare soldi. Ancora più di quelli che i notai, sfondati parassiti, si accaparrano con la loro professione.
Unico scopo, fare soldi. E nella regione Lombardia, il modo più veloce di fare miliardi è mettersi a poppare dalla Sanità. Come «privati», s’intende. Privati «convenzionati». E’ il «modello di sanità lombardo», tanto esaltato da Formigoni e dalla sua casta di riferimento, Comunione e Liberazione con l’annessa Compagnia delle Opere. «Più privato meno Stato», come ripete Formigoni.
Si fa così: anzitutto, si crea un’azienda che offra servizi sanitari e ausiliari (non solo cliniche: anche lavanderie, mense, case di riposo), e la si iscrive alla Compagnia delle Opere. Perchè solo con questa iscrizione al braccio economico-profittevole di CL si ottengono le «convenzioni». Tutto un gran parlare di «privato sociale», di «sussidiarietà», persino (faccia di bronzo) di «non profit»: ma lo scopo è uno solo, rubare il denaro pubblico con la scusa della sanità.
Non a caso Giuseppe Rotelli, anche lui non medico ma avvocato, ha 17 cliniche private convenzionate. Ed è la stessa persona che, messa da Formigoni a fare il presidente del comitato regionale lombardo per la programmazione sanitaria, ha scritto il Piano Ospedaliero Regionale. Quello grazie al quale le sue cliniche ricevono i rimborsi della Regione. Non parlate di conflitto d’interessi, per carità. E’ «più società meno Stato», è «imprenditoria sociale»: fatturato annuo, 650 milioni.
E’ così che i ben ammanicati fanno i miliardi in Lombardia. Ai medici, s’intende, uno stipendio di 1.-700 euro al mese. A meno che non vogliano lavorare a prestazione: «Più operi più ti pago», diceva il notaio Pipitone ai suoi dottori da patibolo.
Non a caso il discutibile Ligresti, palazzinaro da Paternò divenuto miliardario a Milano costruendo grattacieli che restano sfitti, di cliniche ne possiede cinque. Private e convenzionate. Il notaio Pipitone, anche lui siciliano... Magari è un modo con cui la mafia ricicla e investe, chissà.
Il «modello lombardo» comincia a somigliare troppo alla sanità di Calabria. E la clinica Santa Rita all’ospedale di Vibo Valentia, dove si entra con le tonsille e si esce nella bara.
Vediamo a chi addebitare questi morti ammazzati.
Anzitutto alla «politica» nella sanità. E’ la maggiore voce di spesa nelle Regioni, e i «politici» non vogliono rinunciarci. In teoria, in un mondo ideale, non c’è bisogno di «politica», se non di linee direttive generalissime, emanate dallo Stato. Invece ogni ASL ha il suo consiglio d’amministrazione (un parlamentino composto da «politici» trombati in qualche elezione, 50-100 mila euro l’anno di gettoni di presenza), e dei «manager» che devono avere la tessera del partito che governa: in Lombardia, su 47, 44 hanno la tessera del Pdl.
In Lombardia, se vuoi un posto di primario, mi dicono, devi mollare mazzette da 300 mila euro. Però «poi ti rifai», spiegano i percettori all’aspirante primario. In base alle indagini, si parla di asportazioni di nèi pagate anche 14 mila euro, di operazioni in day hospital rimborsate a 50 mila, di chirurgia estetica su transessuali fatta passare per cure contro l’AIDS: a 12 mila euro.
Seconda colpevole, la «privatizzazione» alla Formigoni. Una falsa privatizzazione, con il solo scopo di sottrarre l’agire pubblico ai controlli di routine. Un ospedale pubblico, se vuol costruire un reparto e comprare un terreno, o vendere un immobile ricevuto in donazione, deve fare un concorso pubblico, indire un’asta, comprare al prezzo più basso. Se invece l’ospedale è una società per azioni, basta il voto del consiglio d’amministrazione: così possono fare anche cattivi affari, comprare da Ligresti terreni che valgono la metà, o compensare Pipitone con 12 mila euro per un neo. Il privato, coi soldi suoi, fa quello che vuole. Solo che in questo caso, i soldi non sono del «privato», sono del contribuente.
Formigoni governa da 15 anni, un periodo lunghissimo, da dittatura: e come il dittatore bielorusso Lukashenko, presidente a vita, ha cementato attorno a sè e al suo sistema un insieme durissimo di complicità e convenienze, ormai stratificato ed antico, per di più «rispettabile» e «cattolico», dunque irriformabile.
I ciellini (o gli pseudo-ciellini: la maggior parte delle aziende della Compagnia delle Opere sono di puro profitto, si sono iscritte alla cosca CL solo per ottenere convenzioni e commesse regionali, altrimenti nisba) hanno avuto il tempo di accaparrarsi tutti i rigagnoli, fiumi e scoli di denaro pubblico, senza lasciare spazio a nessun altro. Non a caso, la Regione ora si costruisce una nuova sede degna di Sardanapalo: stile Formigoni, stile Lukashenko. Coi soldi nostri.
Ma il colpevole unltimo e cruciale si chiama «federalismo». Il servizio sanitario, che chiamiamo «nazionale», è invece regionale; e ciascuna regione se lo gestisce come le pare, nella sua «autonomia». Ciò significa, senza nessun controllo reale. E sotto il livello d’attenzione dell’opinione pubblica. E con competenze minori, perchè in Italia le competenze sono rare, e non ci sono folle di competenti sanitari in ogni regione. Ci sono i poliktic. Ci sono gli amici. Ci sono i Ligresti. Ci sono i notai Pipitone.
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