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L’ultimo regalo e il laboratorio Arizona
Enrico B. Accenti
14 Gennaio 2011
Le modalità con cui si è scelto il successore di Rahm Emanuel per il posto di Capo dello Staff sono state semplici: JP Morgan ha parlato, Obama ha obbedito. E’ successo proprio così, non c’è bisogno di tirare in ballo inutili dietrologismi e strani complotti. Prima della nomina Jaime Dimon, CEO di JP Morgan, quando gli è stato chiesto chi sarebbe dovuto diventare la persona più potente di Washington dopo il presidente è stato il primo a rispondere entusiasta William Michael Daley. Le ragioni dietro alla scelta di Dimon sono ovviamente poco complesse visto che Daley è tutt’ora membro dei comitati esecutivi di JP Morgan e membro del consiglio d’amministrazione di colossi industriali quali Boeing e Merck.
Insomma quella di Daley è una nomina che ci si sarebbe aspettati da Reagan tant’è che il celeberrimo Karl Rove, stratega di Bush II, ha applaudito la scelta senza esitazione. Daley va quindi ad aggiungersi alla già vasta schiera di persone nell’Amministrazione coinvolte in qualche maniera con istituti finanziari quali JP Morgan e Goldman Sachs. Non c’è quindi da stupirsi nel sapere che la US Chamber of Commerce, ovvero la più grande associazione lobbistica americana (legata al Tea Party), per voce del suo presidente Tom Donohue, abbia esultato nel vedere Daley entrare nell’Amministrazione Obama.
Questo passaggio di consegne avviene subito dopo l’alleanza che Obama ha stretto con il Partito Repubblicano per ottenere uno sconto sulle tasse per tutti gli americani, soprattutto i più ricchi, ritenuto oltraggioso dai più nel Partito Democratico. A questo punto si può tranquillamente osservare la consegna ufficiale delle chiavi della gestione economica da Obama ai vari interessi speciali. La cosa particolarmente interessante è che leggendo il curriculum politico di Daley sembra che Obama abbia scelto la nemesi del predecessore Emanuel. Daley è infatti arrivato fino al punto di parlare pubblicamente proprio contro i gioielli di Obama, ovvero la creazione di un istituto per la difesa dei consumatori e la riforma sanitaria. Va sottolineato che la posizione sulla riforma sanitaria di Daley è in linea con quella della Chamber of Commerce, che stando ad alcuni rapporti avrebbe finanziato nel 2009 delle ricerche atte a provare che la riforma provocherà seri danni all’economia facendo quindi crescere drammaticamente la disoccupazione.
Chi conosce gli Stati Uniti è consapevole che non è una novità che i vari uffici governativi siano occupati da membri di associazioni, istituti finanziari o conglomerati industriali. L’ultimo film di Michael Moore, Capitalism, lo illustra sufficientemente bene per far capire che la responsabilità di Obama in queste scelte è, malgrado tutto, limitata.
Conseguentemente, tutto va letto su un piano politico e non su un piano strutturale del governo americano. Una prima lettura del comportamento presidenziale mostra qualcosa che può sfuggire a prima vista: Obama ha rinnegato le sue posizioni sull’economia. Da grande difensore dei poveri contro i ricchi, da novello Robin Hood, è passato alla difesa degli interessi più forti nella speranza che la logica della trickle down economy, dei soldi che dai più ricchi trapelino in qualche modo ai più poveri, funzioni. La verità è che, forse per debolezza, Obama si è sentito costretto da una serie di eventi a cambiare le proprie posizioni.
In primis va puntato l’indice contro l’incredibile divisione all’interno del Partito Democratico che è peraltro aumentata dopo la batosta elettorale dello scorso novembre. A questa divisione va aggiunta la perdita della maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, rendendo quindi ancor meno impopolari le promesse elettorali di Obama, che non saranno mai soddisfatte. I vari deputati democratici in vista delle elezioni tra due anni si sentono quindi sotto assedio e osservando l’economia che non migliora non hanno altra scelta che continuare a distanziarsi dal Presidente. Obama ha quindi preferito allearsi con i nemici piuttosto che cercare un atto di forza - sarebbe stato l’unico della presidenza - o, peggio ancora, star fermo. In altre parole, Obama ha visto molto chiaramente che la campagna elettorale del 2012 vedrà il riproporsi del tema che aiutò Bill Clinton ad essere eletto nel 1992 ma che ironicamente potrebbe causare la propria sconfitta: «It’s the economy, stupid».
Se si osserva la questione sociale, diventa ancor più evidente come si stia giocando con il fuoco e come ormai Obama abbia veramente poco spazio di manovra. Tutto il mondo ha sentito del gesto di Jared Loughner, il ventiduenne che sabato scorso a Tucson in Arizona ha aperto il fuoco ammazzando sei persone e ferendone quattordici. L’obiettivo dell’assalto era la deputata democratica Gabrielle Giffords, rimasta gravemente ferita, mentre tra i deceduti si segnalano John Roll, un giudice federale e la piccola Christina Green, nata l’11 settembre 2001, che desiderosa di essere introdotta alla politica americana era andata con suo papà a realizzare il suo piccolo sogno di incontrare proprio la Giffords. Molti commentatori si sono affrettati nel sostenere che il tragico evento è solo la messa in pratica dei pensieri nella mente malata di uno scarto della società. Insomma, il solito pazzo solitario di cui forse Lee Harvey Oswald è lo stereotipo. Poichè fare diagnosi psichiatriche usando come dati i dibattiti via etere o i resoconti dei giornalisti è spesso fuorviante tantovale non esporsi e fare un’analisi di diverso genere, più macroscopico.
Negli ultimi anni l’Arizona è stato il laboratorio di un certo genere di politica dell’odio verso il prossimo. Dall’elezione di Obama ad oggi l’Arizona è balzato in cima alle cronache come lo stato più antigovernativo degli Stati Uniti. L’Arizona ha praticamente fatto muro contro ogni decisione di Obama. Per quanto riguarda l’immigrazione l’Arizona ha passato delle leggi durissime (richiamate anche dalla Conferenza Episcopale Americana) tra cui l’incredibile proposta anticostituzionale di creare due tipologie di cittadini, quelli nati sul suolo americano da parenti americani e quelli nati sul suolo americano da parenti stranieri creando di fatto cittadini di serie A e serie B (1).
L’Arizona inoltre sta cercando di rifiutare, insieme ad altri Stati potenti quali il Texas, la riforma sanitaria, mettendosi in prima linea nella battaglia per fermare il cosiddetto Obamacare. Si arriva dunque al controllo delle armi da fuoco che in questi giorni è sul tavolo delle discussioni. La Costituzione USA stabilisce, nel suo secondo emendamento, che chiunque ha diritto a possedere armi da fuoco. Le regolamentazioni sono quindi lasciate ai vari Stati che decidono i requisiti con cui si possono ottenere le varie armi da fuoco. L’Arizona è tra i tre Stati che lasciano maggior libertà a riguardo, fino al punto che è possibile comprare un’arma da fuoco e nasconderla sotto la giacca, oppure portarla in ufficio, senza aver bisogno di licenze nè di aver frequentato corsi.
Questi fatti non possono essere separati dalla tragedia di sabato perchè sono stati al centro dell’attenzione, scaldando l’opinione pubblica, sin dal 2008, tant’è che già nel 2009 Homeland Security lanciò l’allarme che i risultati delle ultime elezioni presidenziali avrebbero fomentato ancora più odio (2) fino al punto di aspettarsi assalti a membri del governo da parte di milizie o di qualche lupo solitario. Proprio in quel periodo uno degli articoli più alla moda era un’etichetta da appiccicare sull’auto con una scritta piuttosto inquietante «Pray for Obama: Psalm 109:8», indicativo per il testo del salmo: «Pochi siano i suoi giorni e il suo posto l’occupi un altro. I suoi figli rimangano orfani e vedova sua moglie».
Sarah Palin, invece, è stata fortemente criticata per aver avuto un ruolo quasi attivo nel tentato omicidio del deputato Giffords in quanto la vittima era stata segnalata, con tanto di mirino, come persona da eliminare su una mappa che si trovava sul sito ufficiale dell’ex candidato alla vicepresidenza. E’ evidente che sostenere che la sparatoria di Tucson non sia in qualche modo il risultato di almeno due anni di durissime campagne mediatiche atte a creare odio tra i cittadini - «togliendovi le armi vi toglieranno i diritti», «con la riforma sanitaria si creerà uno Stato socialista in cui i ‘pannelli della morte’ decideranno se potrete vivere o meno», «tutti gli immigrati vi toglieranno il lavoro e vi ruberanno in casa, armatevi perchè il governo vuole distruggervi», «ribellatevi: aumenteranno le tasse, vi toglieranno il lavoro e tutte le aziende saranno controllate dallo Stato» - è mettere la testa sotto la sabbia come fanno gli struzzi (3).
Se questo è l’ambiente che circonda Obama non c’è più da stupirsi del suo tentativo di accontentare i propri avversari in quanto è seduto sopra una polveriera pronta ad esplodere in qualsiasi momento. La nomina di Daley a Capo dello Staff non è nient’altro che l’ultimo dei tanti favori che il presidente ha fatto alle lobby in maniera tale da poter prevenire o almeno contenere, l’eventuale tracollo della sua presidenza e del suo partito nel 2012. Daley è l’ammissione che la situazione è difficilmente controllabile e che l’Amministrazione non può far altro che arrendersi a tale evidenza nella speranza di poter placare le ire dei poteri forti.
Ovviamente la strategia adottata dal presidente viene ad un prezzo, ovvero quella di far innervosire ancora di più la base liberale democratica, che alla fine fu proprio la forza trainante delle elezioni presidenziali, come dimostrato dalla frustrazione della giornalista liberale ed omosessuale Rachel Maddow, la quale sbatte la testa contro il muro incredula nel vedere Daley occupare uno degli uffici più importanti della West Wing, l’Ala Ovest della Casa Bianca. Ora non rimane che da vedere se il laboratorio Arizona continuerà, se dilagherà in un sentimento nazionale che porterà alla violenza o alle elezioni di qualcuno più forte di Bush II oppure se svanirà nel nulla.
Enrico B. Accenti (Texas)
1) La Costituzione USA stabilisce che chiunque sia nato sul suolo americano è cittadino a tutti gli effetti, indipendentemente dal Paese di origine dei genitori. 2) Enrico B. Accenti, Che America circonda Obama, EFFEDIEFFE.com, 4 novembre 2009. 3) Importante: al momento della stesura di questo articolo la Westboro Baptist Church del Kansas ha dichiarato di voler fare una (folle) protesta al funerale della povera bambina in quanto cattolica praticante. Lo Stato dell’Arizona ha passato una legge d’emergenza per proibire che tali imbecilli interferiscano con le esequie che saranno celebrate nella chiesa dove la piccola ricevette la prima Comunione pochi mesi fa. A maggior indice del livello di violenza che si può raggiungere, i cittadini di Tucson hanno dichiarato di voler fare di tutto affinchè i membri della Westboro Baptist Church non siano nelle vicinanze del funerale. Non è chiaro se questo attrito sfocerà in qualche forma di violenza.
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