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Attacco al Motu proprio: da Martini a Jesus (Parte IV)
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Un lettore, nome in codice «Milanese», scrive a proposito dei miei tre articoli sul «Motu proprio»: «Caro Savino, per quanto sia gustoso quello che scrive, deve proprio mettere un’altra puntata? Sono già a rischio esaurimento dopo tre».
La capisco, caro lettore, ma se ne faccia una ragione.
Si prenda un ricostituente, assuma dell’iperico contro la depressione, ma mi ascolti un’ultima volta.
Prometto che sull’argomento ho finito… per ora, ma non senza prima avere messo in luce alcune cose, che riguardano il «mondo tradizionalista».
Perché dalla lettura del numero di maggio di Jesus e dal suo sciagurato inserto, di cui ho parlato nella scorsa puntata, una cosa sola infatti è certa: questi maledetti retrogradi - i tradizionalisti, s’intende! - tanto hanno fatto, tanto hanno brigato nella curia romana, che hanno ottenuto finalmente la loro Messa.
Però adesso basta.
Che vogliono di più?
Se la celebrino e la smettano di rompere…  la mitica «comunione ecclesiale», s’intende.

Questo è in estrema sintesi il senso dei tre articoli che concludono l’inserto di Jesus, dedicato al Motu proprio.
Titoli eloquenti per una carrellata europea: «Italia: vescovi obbedienti, tradizionalisti aggressivi»; «Francia: con i tradizionalisti non c’è ‘pace liturgica’;  «Germania: i vescovi temono nuove tensioni».
I tre titoli ne recano in grassetto una parte e posti in sequenza è possibile costruire a sua volta questo titolo: «Tradizionalisti aggressivi, non c’è ‘pace liturgica’, [si] temono nuove tensioni».
Insomma, se non si ricompone la comunione ecclesiale, la colpa è loro, dei tradizionalisti, che sono aggressivi, non amano la pace, creano tensioni.
Nessun accenno alla catastrofe provocata da quarant’anni di ecclesiologia sciagurata, nessun
mea-culpa per il crollo delle vocazioni, nessuna autocritica per l’incapacità del «cristianesimo mondano» di reggere l’urto del «mondo», nessun riconoscimento dell’insipienza nell’analisi dei fenomeni della modernità, ancora «non pervenuta» la decodifica delle sue matrici spirituali anticristiane, fuori di orizzonte la comprensione delle matrici gnostiche della post-modernità, smarrite le cartelle cliniche dell’infarto nella pratica religiosa, passata ad esempio in Irlanda negli ultimi 20 anni dal 90 al 30%.

Evaporata la «nuova Pentecoste», sconvolta la «nuova primavera» della Chiesa (forse - chissà? - dai cambiamenti climatici), dilapidato un patrimonio spirituale immenso e millenario nel breve volgere di qualche lustro, invece di fare come il figliol prodigo e prendere coscienza di avere consumato la propria eredità (e anche la nostra, in verità!) «puttanneggiando» con ogni infezione spirituale, fino a ridursi a mangiar carrube coi porci, tentano periodicamente, sistematicamente, impudentemente di rifilarci di nuovo la «patacca del Papa buono», la versione ri-masterizzata del «discorso alla luna», l’amletica, «moderna», arrendevole, esausta pontificalità di Montini,
la vigorosa, dinamica, ferita, ecumenica, dialogica, forse dialettica, infine tremula e tragica immagine di Wojtyla, intercalando il tutto con il sorriso di Luciani, la pipa di Pertini, la barba di Toaff, il sari di madre Teresa e la zucca pelata del Dalai lama, su sfondo iridato in stile new-age.
Finiti gli anni del trionfalsmo dell’era woytiliana, dietro il cui enorme successo mediatico si è mimetizzato oltre ad un vuoto abissale delle coscienze, soprattutto una progressiva erosione dei codici stessi della Fede ad opera di una minoranza rivoluzionaria attivissima, l’era Ratzinger segna all’interno della Chiesa un riflusso che sembra un po’ Termidoro e potrebbe preludere all’Impero.
Ma se così fosse non ci sarebbe da rallegrarsene: l’Impero fu comunque l’Impero della Rivoluzione.

Come nella Rivoluzione la borghesia, che ne era stata protagonista, rivendicava per sé la gestione del potere, eliminandone gli eccessi giacobini, pure utilissimi per lo scardinamento dell’ordine preesistente e indirizzandola verso uno sbocco moderato e poi neo-autoritario, funzionale questa volta al nuovo ordine, così temiamo possa accadere nella Chiesa: troppi moderati che hanno favorito l’aggiornamento conciliare, plaudito alle aperture al mondo, esaltato il dialogo interreligioso, proclamato come valore supremo quello della libertà religiosa, oggi plaudono a Ratzinger, al Motu proprio, alla «Messa in latino».
Ecco dunque che, mentre denunciamo le smaccate manovre per sterilizzare il Motu proprio e con esso disinnescare il dispiegarsi della piena potenza salvifica del Sacrificio di Cristo eternamente riattualizzato nella Messa, occorre comunque precisare a tutti quelli che da «destra» plaudono all’iniziativa del Papa che - mi si passi la metafora - qui non sono in gioco i pennacchi o le divise,
il ristabilimento dei protocolli e delle gerarchie.
Fuor di metafora e per tornare al Motu proprio, a noi interessa essenzialmente il ristabilimento della Verità, che è il Cristo, da cui discende ogni cosa.
La «lex orandi» deve essere cioè lo strumento per ristabilire la «lex credendi».

Io non credo nella fissità, ma neppure nella dialettica.
E’ possibile - perché no? - che si trovino nuove forme per esprimere Verità eterne: questo è sempre stato nella vita della Chiesa.
A condizione però che le verità restino immodificate e le forme siano acconce.
E’ possibile che le Verità vengano approfondite, a condizione che non vengano stravolte.
E’ possibile addirittura che le Verità vengano arricchite di nuove Verità (si pensi ai dogmi proclamati negli ultimi due secoli: Infallibilità pontifica, Immacolata Concezione ed Assunzione di Maria Santissima ), ma si tratta di Verità che confermano le precedenti, non che le sovvertono.

La Chiesa non ha avuto bisogno del Vaticano II per aggiornare il proprio lessico alla mutevolezza della realtà: diciamo che con un po’ di sapiente lentezza ha saputo cogliere ben prima del 1959
i segni dei tempi e si è sempre districata benissimo nel mondo, anche quando a guidarla non c’era un «Papa buono», ma magari un «Papa cattivo, peccatore, incestuoso».
Il mistero della Chiesa non sta infatti negli uomini di Chiesa: altrimenti Cristo non avrebbe scelto Pietro, ma Giovanni, come avrebbero fatto senz’altro molti teologi dell’aggiornamento
post-conciliare.
Il Mistero della Chiesa è dato dalla inabitazione in Essa di Cristo, dal Suo amore sponsale per Lei.
La questione è se la Chiesa si è o meno stancata del suo Sposo.
Questo è il vero problema.
Torniamo allora a parlare della Verità.
Lasciamo stare il Concilio Vaticano II: esso è solo l’ultimo, non certo il più importante, tra i Concilii della Chiesa.
Trattiamolo - visto che non è un Concilio dogmatico - come il terzo concilio Lateranense.
Qualcuno ricorda di cosa trattò?
No, eppure il dogma della Fede venne trasmesso egualmente.
Ecco, appunto, ripartiamo dai dogmi, dalla chiara, inequivocabile, proclamazione dei dogmi.
Dico questo, perché gli «aggressivi tradizionalisti» in fondo solo questo richiedono.
E a ragione.

Nella Lettera agli amici e benefattori, numero 72 del 14 aprile 2008, sua eccellenza monsignor Bernard Fellay superiore generale della Fraternità San Pio X si compiace del Motu Proprio, ma domanda se, dopo il ristabilimento della «lex orandi» seguirà o meno il pieno ristabilimento della «lex credendi» e pone alcune domande:

• Il compito fondamentale della Chiesa è di annunciare verità soprannaturali ed eterne?
• La denominazione classica di «false religioni» rivolta alle fedi diverse da quella cristiana è ancora valida?
• I termini «eretiche» e «scismatiche», che qualificano le religioni più prossime alla religione cattolica, sono spariti.
Perché?
• L’ecumenismo va inteso come sforzo che la Chiesa deve compiere per la conversione di tutti i cristiani ed un ritorno all’unità cattolica, o la costituzione di una nuova specie di unità «negoziata» che non richiede più alcuna conversione?
• Il dogma «extra Ecclesiam nullus omnino salvatur», richiamato nel documento Dominus Iesus parlando di Ecclesia, fa riferimento alla Chiesa cattolica o alla Chiesa di Cristo che non coincide con la Chiesa cattolica, ma che in essa vi sussiste?
• Le eresie diffusesi nel corpo ecclesiale negli ultimi decenni  sono denunciate o confermate?
• Se ora si afferma che la Chiesa non cambia, come possono tali cambiamenti essere perfettamente in linea con la Tradizione cattolica?
• Perché si permette che le università cattoliche persistano nelle loro divagazioni, l’insegnamento del catechismo resti uno sconosciuto e la scuola cattolica non esista più come specificamente cattolica?
• Come può questo nuovo modo di intendere la Chiesa essere ancora in armonia con la definizione tradizionale della Chiesa?

Domande pressanti, precise, ineludibili.
Comunque la pensiate, domande sensate, che hanno alla base principi di logica e
non-contraddizione: piaccia o meno «idem non potest simul esse et non esse sub eodem respectu».
Insomma è difficile dare torto ai «tradizionalisti», perchè effettivamente in gran parte del corpo ecclesiale si è realizzata la profezia di Paolo VI.
Era l’8 settembre del 1977 e Papa Montini - Montini dico, non Lefebvre! - sconsolato così si confidava all’amico Jean Guitton: «C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la Fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di San Luca: ‘Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?’. Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. [...] Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia».

In effetti il tema della Verità è centrale, esso rappresenta il nucleo della Fede cattolica.
Nel clima di «pax religiosa» inaugurata dallo «spirito di Assisi» quanti risponderebbero che per esempio, pur con tutto il rispetto verso tradizioni spirituali antichissime e pur riconoscendosi che in esse talvolta è presente qualche barlume di verità, la verità essenziale dell’induismo per un cristiano è quella di essere una «falsa religione»?
Quanti sarebbero disposti ad affermare che questa essenza sta nello stabilire se Gesù di Nazareth è il Messia atteso da Isreale o un Avatara, se Dio è l’energia del Brahaman o un Dio personale, se la Trinità è o meno la stessa cosa della Trimurti, se la vita dell’uomo è unica ed irripetibile o è destinata a riprodursi in molteplici esistenze fino a che non troverà la via della dissoluzione nel Brahaman, se il cosmo e quindi noi tutti facciamo parte di una dimensione reale o siamo solo un immenso gioco di nomi e forme, se infine ci attende una Salvezza o una Liberazione.
Poi è possibile parlare con tutti i brahmini del mondo, ma senza confusioni e senza infingimenti: il loro dio non è il Dio cristiano e cattolico.
E non lo è neppure quello dell’Islam: non è sufficiente essere monoteisti.
E non lo è neppure il dio giudaico, giacchè il giudaismo ha rifiutato precisamente il Logos di Dio, cioè il Suo Figlio, Gesù di Nazareth.
Per non parlare del buddismo, dell’animismo e di ogni altra forma evoluta o primitiva di spiritualità.
Quanto alle fedi cristiane: Lutero o Huss furono o no eretici?
L’autocefalia delle Chiese ortodosse è scisma o no?
E, pur nella loro meravigliosa spiritualità, gli ortodossi sbagliano a ritenere che lo Spirito Santo non procede dal Padre e dal Figlio?

A noi per secoli hanno insegnato di sì e questo è quello che perfino io ho imparato a memoria nel catechismo di San Pio X: «La Chiesa cattolica è infallibile, epperò quelli che rifiutano le sue definizioni perdono la fede e diventano eretici.
Si trovano fuori della vera Chiesa gli infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati.
Gl’infedeli sono quelli che non hanno il Battesimo e non credono in Gesù Cristo; sia perché credono e adorano false divinità, come gl’idolatri; sia perché pure ammettendo l’unico vero Dio, non credono in Cristo Messia; né come venuto nella persona di Gesù Cristo, né come venturo, tali sono i maomettani ed altri somiglianti.
Gli ebrei sono quelli che professano la legge di Mosè; non hanno ricevuto il battesimo e non credono in Gesù Cristo.
Gli eretici sono i battezzati che ricusano con pertinacia di credere qualche verità rivelata da Dio e insegnata come di fede dalla Chiesa cattolica, per esempio gli ariani, i nestoriani, e le varie sette dei protestanti.
Gli apostati sono coloro che abiurano, ossia rinnegano con atto esterno la fede cattolica, che prima professavano.
Gli scismatici sono i cristiani che, non negando esplicitamente alcun domma, si separano volontariamente dalla Chiesa di Gesù Cristo, ossia dai legittimi pastori.
Gli scomunicati sono quelli che per mancanze gravissime vengono colpiti di scomunica dal Papa, o dal vescovo, e sono quindi, siccome indegni, separati dal corpo della Chiesa, la quale aspetta e desidera la loro conversione
».

Per secoli, tutti hanno capito, talvolta - lo ammetto - fin troppo.

Oggi, dichiarando che la Fede era divenuta invece incomprensibile, l’aggiornamento del modo di esporre i suoi contenuti sta portando a rendere nebulosi i dogmi, sicchè il relativismo trova ampi spazi di diffusione.
Per esempio su questi temi il nuovo compendio catechistico è un testo per super-esperti, che espone alcune verità senza chiamare per nome nessuno.
Il tema della verità di Fede è esposto al numero con questa domanda: «Che cosa implica l’affermazione di Dio: ‘lo sono il Signore Dio tuo’ (Esodo 20,2)?».
Risposta: «Implica per il fedele di custodire e attuare le tre virtù teologali e di evitare i peccati che vi si oppongono. La fede crede in Dio e respinge ciò che le è contrario, come ad esempio, il dubbio volontario, l’incredulità, l’eresia, l’apostasia, lo scisma. La speranza attende fiduciosamente la beata visione di Dio e il suo aiuto, evitando la disperazione e la presunzione. La carità ama Dio al di sopra di tutto: vanno dunque respinte l’indifferenza, l’ingratitudine, la tiepidezza, l’accidia o indolenza spirituale, e l’odio di Dio, che nasce dall’orgoglio».
Per sapere però cos’è il dubbio volontario, l’incredulità, l’eresia, l’apostasia, lo scisma occorre prendere in mano il Catechismo della Chiesa cattolica, un  tomo di qualche centinaio di pagine che nessuno legge, sublime magari, ma - diciamolo - inaccessibile ai più, che dopo averla presa alla lontana ci spiega al paragrafo 2.088: «Il primo comandamento ci richiede di nutrire e custodire la nostra fede con prudenza e vigilanza e di respingere tutto ciò che le è contrario. Ci sono diversi modi di peccare contro la fede: il dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere. Il dubbio involontario indica l’esitazione a credere, la difficoltà nel superare le obiezioni legate alla fede, oppure anche l’ansia causata dalla sua oscurità. Se viene deliberatamente coltivato, il dubbio può condurre all’accecamento dello spirito».

Poi prosegue al paragrafo 2.089: «L’incredulità è la noncuranza della verità rivelata o il rifiuto volontario di dare ad essa il proprio assenso. ‘Viene detta eresia l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il Battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa; apostasia, il ripudio totale della fede cristiana; scisma, il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti’».

Provate voi a convincere la gente che si nutre di televisione e sms a leggere in «combinato disposto» paragrafi ed articoli del Catechismo e del suo compendio!
Qui c’è posto solamente per dubbiosi ed increduli di varia gradazione, ma il cristiano medio dove li colloca concretamente infedeli, ebrei, mussulmani, seguaci di Sai Baba?
Se questi ultimi ad esempio si mescolano anche ai cattolici, che diciamo?

La confusione regna sovrana e ognuno può dire la sua.
Per esempio - rileva Monsignor Fellay - proprio recentemente, a proposito della controversia sulla nuova preghiera per gli ebrei, rammenta che «i cardinali Kasper e Bertone hanno affermato che la Chiesa non li convertirà. Siamo alla confusione più totale e tutto, naturalemente, come conseguenza dell’aggiornamento che voleva rendere la Fede più comprensibile. Quanto ai mussulmani non è infrequente sentir dire da diaconi, sacerdoti, esponenti dei circoli ecumenici ed interreligiosi o tra le inarrestabili marciatrici della pace sulla tratta Perugia-Assisi che essi sono figli della «religione del libro». E tu prova a spiegare loro che perfino il nuovo catechismo chiarisce al paragrafo 108 che «la fede cristiana tuttavia non è una ‘religione del Libro’. Il cristianesimo è la religione della ‘Parola’ di Dio: di una Parola cioè che non è ‘una parola scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente’. Perché le parole dei Libri Sacri non restino lettera morta, è necessario che Cristo, Parola eterna del Dio vivente, per mezzo dello Spirito Santo ce ne sveli il significato affinché comprendiamo le Scritture»!

Qualcuno dirà che non è colpa della Chiesa se i cattolici sono ignoranti.
Verissimo, ma diciamo anche ad esempio che se il Catechismo anziché usare il termine «libri sacri» avesse detto «libri dell’Antico Testamento» avrebbe tolto ogni dubbio circa il fatto che ci rientrino anche i Veda e le Upanishad o il Canone buddista, come qualcuno ha potuto interpretare.
Quando si dice l’aggiornamento…

Dunque occorre che si torni a fare chiarezza.
Io credo che questo Papa abbia intrapreso la via giusta.
Ma capisco altresì perché da Ecône si precisi che «senza disperare, senza impazienza, noi constatiamo che i tempi per un accordo non sono ancora venuti… sarebbe molto imprudente e precipitoso lanciarsi sconsideratamente nel perseguimento di un accordo pratico che non sarebbe fondato sui princìpi fondamentali della Chiesa, e specialmente sulla Fede».

Tuttavia proprio Jesus riporta una intervista col cardinale Dario Castrillon Hoyos, colombiano, 79 anni e dal 2000 presidente della Pontificia Commissione «Ecclesia Dei», ove egli dice: «Ci sono segnali positivi, c’è un dialogo non interrotto. Ancora qualche giorno fa ho scritto una nuova lettera a monsignor Fellay, superiore della Fraternità, come risposta a una sua precedente. Oltre agli incontri e alla corrispondenza, ci sentiamo anche al telefono».
Poi una precisazione importante ed ulteriore: «Ritengo viabile la riconciliazione con la Fraternità San Pio X perché, come spesso abbiamo detto a ‘Ecclesia Dei’, non si tratta di un vero scisma ma di una situazione anomala nata dopo l’‘azione scismatica’ di monsignor Lefebvre nel conferire l’episcopato senza mandato pontificio, anzi contro la volontà espressa del Papa. Nel mio cuore ho la grande fiducia che il Santo Padre riuscirà a ricucire il tessuto della Chiesa con l’arrivo di questi fratelli alla piena comunione. Rimarranno sempre alcune differenze, come sempre abbiamo avuto nella storia della Chiesa».

Ecco, ma noi che possiamo fare?
I cattolici della fraternità San Pio X chiamano ad una «crociata del Rosario», chiedendo che «ognuno s’impegni a recitare il Rosario con regolarità in una precisa ora del giorno; visto il numero dei nostri fedeli e la loro distribuzione nel mondo intero - precisa monsignor Fellay - possiamo stare certi che tutte le ore del giorno e della notte avranno le loro voci vigilanti e oranti, voci che vogliono il trionfo della loro Madre celeste, l’avvento del Regno di Nostro Signore ‘come in cielo così in terra’».

Nell’unirmi a questa esortazione voglio non si dimentichi che quanto è accaduto, accade ed accadrà nella Chiesa ha innanzitutto una valenza soprannaturale.
La Chiesa sarà sempre perseguitata.
Non dobbiamo meravigliarci che sia così.
Questa persecuzione è stata annunciata da Gesù: «Ricordate la parola che io vi dissi: ‘Non c’è servo più grande del suo padrone’. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Giovanni 15,20).
Il Beato Pio IX soggiungeva che, alle tradizionali note della Chiesa, «una, santa, cattolica e apostolica», ne manca una: «e perseguitata».
Ora questa persecuzione non è essenzialmente opera delle potenze terrene, ma di quelle ultraterrene, non di quelle storiche e naturali, ma di quelle soprannaturali.
Alle forze soprannaturali ci si oppone con armi soprannaturali: tra queste in primo luogo la santa Messa.
L’abolizione del Sacrificio è il viatico all’irruzione delle forze del Male.
Chi si oppone al ritorno del Vetus Ordo vuole sempre più eliminare dalla Messa celebrata con il Novus Ordo l’idea di sacrificio e, volente o nolente, fa il gioco dell’Avversario.
L’attualizzazione nella Messa dell’Eterno sacrificio della Croce è la continuazione dell’opera redentrice di Cristo, che ha sconfitto il peccato e la morte.
Come è scritto nella Sacra Scrittura: «senza effusione di sangue non v’è remissione».

Questo concetto è rifiutato da molta della teologia attuale, che ha sposato Lutero contro il Concilio di Trento.
Pervertendo la nozione stessa della bontà infinita di Dio, si respinge l’idea che prima della venuta di Cristo occorreva offrire dei sacrifici cruenti per placare la Sua collera, e cioè per soddisfare la sua giustizia dopo il peccato originale.
E si respinge altresì l’idea che Gesù Cristo non ha voluto sottrarsi a questa legge.
Viene addirittura considerata come empia la dottrina cattolica tradizionale secondo cui nell’incarnazione, la santa Trinità ha decretato che il Figlio di Dio versasse il suo sangue per espiare i nostri peccati: sacrificio espiatorio come nell’antica legge, ma dove al posto del sangue dei capri e delle pecore ci sta il sangue di un Agnello Immacolato, il Cristo, con un valore infinito agli occhi di Dio: l’unico sacrificio di Redenzione.
Indubbiamente, oggi Gesù Cristo nella Messa non può più soffrire, e propriamente parlando non può più espiare, ma egli offre un sacrificio propiziatorio che placa la giustizia divina e che ci rende nuovamente propizi a Dio, per mezzo dell’applicazione delle soddisfazioni e dei meriti del Calvario, che vengono nuovamente presentati a Dio per mezzo della Vittima presente sull’altare sotto le apparenze del pane e del vino.
Il Motu proprio serva a tutti per recuperare il senso più profondo della Messa ed armi tutti, insieme con la Preghiera, nella battaglia contro Satana ed i suoi demoni.
Ma perchè questa lotta?

Perché la nostra natura indebolita dal peccato originale ci rende inclini al male e soggetti alla tentazione, dunque all’azione del maligno.
Scrive il Catechismo della Chiesa cattolica al paragrafo 407: «In conseguenza del peccato dei progenitori, il diavolo ha acquisito un certo dominio sull’uomo, benché questi rimanga libero. Il peccato originale comporta ‘la schiavitù sotto il dominio di colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo’. Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi».
E prosegue al paragrafo 409: «La drammatica condizione del mondo che ‘giace’ tutto ‘sotto il potere del maligno’ (1 Giovanni 5,19) fa della vita dell’uomo una lotta: ‘Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore,  fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio’».

Per questo compito i cristiani devono essere ben rivestiti dell’armatura di Dio: «State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti della corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete dunque in mano lo scudo della fede, con il quale potete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito» (Ef 6,14-18).
Per poter fare ciò, occorre ridare la Messa alle ànime, la Messa intesa come sacrificio espiatorio, sacrificio soddisfattorio, sacrificio propiziatorio.
Solo con la Santa  Messa, solo dall’altare è possibile ricostruire le coscienze di cattolici fedeli che vivano in stato di Grazia.
Solo dalla Grazia ricevuta ed accolta è possibile pensare di re-incoronare Nostro Signore Gesù Cristo, ed attuare quaggiù la preghiera che Egli ci ha insegnato: «Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra».

Seguiamo l’esempio di Bologna.
Mobilitiamoci in ogni diocesi, raccogliamo delle firme e chiediamo che ovunque sia concessa una Chiesa ove tornare a celebrare la Messa antica.
Andiamoci con devozione e partecipazione.
Perseveriamo.
Non limitiamoci ad imprecare contro il buio: accendiamo mille luci nella notte.
Il Signore farà il resto.

Domenico Savino


Cogliamo occasione da questo articolo per dare un annuncio inviatoci da un nostro lettore:

Dopo nove mesi ritorna la Santa Messa Tridentina all'Università Cattolica di Milano. L'ultima occasione in cui si era tenuta una celebrazione "Vetus Ordo" presso l'Ateneo di Padre Gemelli risaliva all'11 ottobre scorso, un successo incredibile: banchi affollatissimi, persone in piedi ai lati e nell'ingresso, alcuni addirittura rimasti fuori per la partecipazione troppo numerosa.

Passati diversi mesi di interruzione si avrà una seconda Funzione in rito antico:

MARTEDI' 1 LUGLIO ALLE ORE 18
PRESSO LA CAPPELLA SAN FRANCESCO


La redazione


Attacco al Motu proprio: da Martini a Jesus (Parte I)
Attacco al Motu proprio: da Martini a Jesus (Parte II)
Attacco al Motu proprio: da Martini a Jesus (Parte III)



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