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Confessare con la bocca, credere con il cuore
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«Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (Romani 10, 9).
Il cristianesimo vive di una logica interna indubbia che esige ed ottiene a chiunque voglia «approfittare» di questa potenza redentrice coerenza ed equilibrio a tutta la personalità.
Per questo richiede una piena corrispondenza tra intendimenti e prassi, tra pensiero e vita, tra mondo interiore e mondo esteriore.
Il pensare, a sua volta, deve, se vuole essere onesto ed autenticamente scientifico, mettersi in discussione ed aprirsi ad un radicale capovolgimento delle proprie convinzioni; l’umiltà, cioè l’accettazione del vero, nasce proprio da questo estremo e drammatico (se si vuole) momento intimo di vera conversione; implica fiducia nella Parola di Dio e diffidenza nei limiti umani.

In tal senso è oltremodo fuori luogo l’atteggiamento dell’iniziato o adepto (per fare una distinzione alla Guenon), che prescinda da tutto il proprio esistere - magari considerandolo alla stregua di una mera illusione percettiva, che sorge dall’inconsapevolezza - ma non voglia rinunciare davvero a se stesso, preferendo a tutto la propria effettiva natura divina.
Questo pericolo, che si nasconde dietro ogni gnosi (ed anche nel monismo orientale delle antiche credenze indù, buddiste e taoiste) è evitato alla radice dal cristianesimo.
Conoscere la verità che rende liberi, è sottomissione ad una volontà e ad una conoscenza superiore, quella di Dio, che lungi dal comportare una mortificazione della creatura-uomo, è per lui vero innalzamento alla visione della perfezione infinita.
Tutto questo significa che la Fede è il vero parametro di verità della ragione.

Quest’ultima, pur autonoma e non annichilita, anzi nobilitata ed innalzata al suo massimo sviluppo possibile, cede il passo al Mistero, nel momento sublime del Trascendente che si rivela; non c’è mai nulla di irrazionale o irragionevole, ma certamente di metarazionale.
Aderire alla Fede, significa unirsi alla Vita, perché credere è aprire le proprie interne facoltà all’inabitazione di Colui che è la Verità immutabile ed eterna, conformandosi ad Essa con tutto
il proprio essere.
Questo è tanto importante da generare un coinvolgimento totale della persona, la quale risulta investita da capo a piedi in tutto quel che pensa o fa.

Tutto ciò comporta una immersione profonda ed integrale della propria umanità nel Divino che si rivela e si dona.
Non può esistere un cristianesimo «della domenica»; o si entra dentro il Mistero (il baptizein, l’immersione, battesimale, appunto) oppure si è fuori, si vive una distonia interiore e a volte anche esteriore nella propria personalità ed identità spirituale.

In tal senso il «cristianesimo esoterico», così come il protestantesimo (non anche l’ortodossia (1), sono in rotta con la dimensione globale dell’uomo, perché postulano la carenza di un dato certo e non mutabile della Fede rivelata, sottoponendola alla mutazione sostanziale di un libero esame o al personale percorso iniziatico.
Se questo fosse il vero cristianesimo, Cristo avrebbe garantito nulla, in quanto poco o molto la sua figura sarebbe stata col tempo assorbita negli avatar indiani, dissolta in un interminabile fluire ed evolversi della consapevolezza spirituale verso una meta unica (magari sincretista), e soprattutto il cristianesimo sarebbe privo di quella certezza ed indubbia solidità dottrinale che suppone una rivelazione definitiva ed universale e quindi una capacità totale di redimere l’uomo ora e sempre.

La variabilità del messaggio infatti (come supposta dall’esoterismo che non dà certezze in tal senso e come realizzata dal protestantesimo, che la conferma nel suo pullulare di sette e divisioni) comporta un vizio di fondo, ossia l’impossibilità di affrancare l’uomo, partendo dalla verità, oggetto proprio dell’intelletto.
Se tale verità è soggetta a revisione, Dio è mendace e comunque non si dona all’uomo nell’integrale rivelazione di Sé, ma si nasconde dietro il velo di enigmatici e sibillini simbolismi.

Tutto questo contrasta tra l’altro con quanto attestato da San Pietro apostolo, ove dichiara che la Sacra Scrittura non è soggetta a personale interpretazione, attività invece inevitabilmente presente sia nell’atteggiamento protestante sia in quello esoterico.
Premesso questo, i versi di San Paolo ci dicono molto di più.

La confessione con la bocca implica una manifestazione pubblica della dimensione interiore: la testimonianza della fede, senza cui l’evangelizzazione è nulla.
Tale testimonianza si fonda su una verità: Gesù è il Signore.
Proclamare la Signoria di Cristo è un atto pubblico di estrema serietà, perché implica totale e radicale coerenza delle proprie attitudini comportamentali.
Se riconosco Cristo Signore, subordino ogni cosa della mia vita a Lui, fidandomi in tutto e per tutto, vivendo con consequenzialità la carità cristiana, l’amore per il prossimo, la vera pietà.
Confessare Cristo Signore mi impedisce di dare scandalo, mi impegna a confermare la fede con le parole e le opere, mi obbliga ad una totale revisione di me stesso e del mio relazionarmi; non chi dice Signore, Signore, ma chi fa la sua volontà, nel poco come nel molto, si salva.

Credere con il cuore, invece, sottintende un radicare in me stesso questa verità profonda, la Signoria di Gesù, e farla scendere nei livelli nascosti dell’interiorità, dove la solitudine con il Vero diviene autentico disvelarsi di sé, senza finzioni e sovrastrutture; ma quel che si chiede per la salvezza è ancor di più: è un credere alla Presenza viva di Cristo, non al suo ricordo.
Presenza quindi che implica una realtà indubbia: Gesù vivo e vivente, risorto dai morti; una realtà storicamente fondata e sempre attuale e dinamicamente toccante.
Gesù e la sua Persona dimorante nel cuore del credente che cambia la vita a seguito proprio di questo incontro rivoluzionario.

In questo senso, anche se non esaustivamente, la preghiera di Gesù, ossia l’invocazione del Santissimo nome di Gesù nel cuore, fatta con fede viva, che proclami la Signoria di Cristo in tutto e a tutto a Lui si sottometta e sottometta ogni cosa, il proprio destino, i propri cari, famigliari, amici, ecc, tutta la propria vita, è efficacissimo mezzo di non contraffatta esperienza spirituale.
Pregare Gesù con fede, sapendolo vivo e Signore, è gia unirsi a Lui ed invocarlo dentro (cioè nei recessi estremi del proprio vagabondare intimo), per essere una sola cosa con Lui.
«Rimanete in me ed io in voi».

Preghiera incessante che postula la vera Fede, unione della creatura con il Creatore, morte dell’uomo vecchio e completa apertura alla discesa infuocata dello Spirito.

Stefano Maria Chiari



1) Le reazioni degli ortodossi o simpatizzanti all’articolo scritto sulla «Schizofrenia ortodossa» mi obbligano a ribadire il mio amore per tutti gli elementi cattolici presenti in tali chiese, ma al contempo di precisare l’incoerenza strutturale che si rivela in seno a talune posizioni dottrinali assunte e polemicamente rinfacciate a Roma; forse il tono era esageratamente provocatorio, ma la discrasia di fondo esiste e si palesa proprio all’interno delle istituzioni, prescindendo da valutazioni di carattere personale. Nella Chiesa cattolica, al contrario, non è possibile rilevare incoerenze sistematiche e strutturali, ma soltanto (anche se purtroppo!) incongruenze personali e relativi scandali.

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