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Credere alla Bibbia
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Sicuramente vera è la massima di chi sostiene il mondo dividersi in due blocchi contrapposti,
la cui dirimente essenziale è la fede assoluta nella sacra Scrittura.
Non ci sono modernisti o conciliaristi, tradizionalisti o sedevacantisti, neppure ortodossi o cattolici, tanto meno protestanti o atei, gnostici o teosofi, antroposofi o esoteristi, oppure newagers; esistono solo coloro che vogliono fidarsi di Dio e della sua Parola, fino in fondo e senza riserve o compromessi e gli altri che si adattano in un modo o nell’altro a temperare tale vigore esistenziale.
Di questo si tratta.
La fede nella Bibbia deve essere totale ed assoluta, non tollera subordinazioni concettuali né scientismi di parte.
Sembrerebbe, quindi, a ben vedere, che neppure molti ecclesiastici credano alla Parola di Dio. Perché sorprendersi?

Anche questo fu scritto e testimonia della verità della Rivelazione.
Non credono alla Parola di Dio, men che meno, coloro che la vorrebbero erigere a fortezza delle loro convinzioni: tutto il protestantesimo è ateo di fatto, perché non fidandosi di ciò che Dio afferma solennemente, pretende di saperne di più, negando le verità più elementari e palesi del cristianesimo.
«Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue… vero cibo… vera bevanda», parole dure già per gli ascoltatori dell’epoca, scandalose per un qualunque «evangelico» (protestante) che le senta interpretare nell’unico senso che possono avere: Gesù Eucaristia, veramente presente e vivo.
Neppure il cosiddetto cristianesimo esoterico crede alla Bibbia.
Deve leggerla secondo il proprio uso e consumo, evitando di sottomettersi alla stessa, piega il testo alle sue esigenze (un po’ come fanno i Testimoni di Geova).
San Paolo afferma che «questo mio corpo (non un altro!) risorgerà», nell’indicare così l’unicità dell’identità e della persona, confuta ogni favola reincarnazionista; eppure quanti cristiani sedicenti affermano di credervi (esoteristi in primis)!

Si obietterà: altri passi della Scrittura dicono diversamente!
L’obiezione non regge, perché la Scrittura non si può annullare e non esistono reali incompatibilità. Non possono citarsi il passo del «cieco nato», perché lì quel che davvero conta è la risposta del Maestro e non quel che si vorrebbe credessero gli apostoli che pongono la domanda, né tanto meno il fatto di Giovanni Battista ed Elia, che nel primo si sarebbe reincarnato (ipotesi smentita dallo stesso San Giovanni), perché suppone un’altra mancanza di fede e cioè l’escludere che Elia sia stato assunto in cielo con tutto il corpo!
Chi può selezionare ciò che è vero da ciò che è falso?
Solo la superbia.
Cosa induceva Bultmann a scartare dal novero del vero tutto quel che è soprannaturale?
Questo significa essenzialmente essere atei, non credere all’onnipotenza divina né al suo amore per l’uomo.
Perché credere solo a «certe» cose piuttosto che ad altre?
Chi sarà giudice delle prime o delle seconde?
E che valore assume in questo, tutto il resto?
La Bibbia o si prende tutta o si scarta in blocco!
Tertium non datur.

Il dato drammatico è che la scelta di campo del «tutto o nulla» spaventa quasi chiunque e quindi la si lascia cadere in un indefinito «chissà», senza accorgersi di essere in tal modo comunque precipitati nel «credere in nulla»!
Ateismo inconsapevole ma reale.
Forse anche per questo la coincidenza certa del papiro della grotta 7Q5 di Qumran destò tanto scalpore ed astio verso José O’Callaghan; forse per questo ancora furono ostracizzati studiosi come Tresmontant o Carmignac, i quali affermarono la redazione ebraica dei Santi Vangeli.
In entrambi i casi le risultanze scientifiche affermano una redazione dei testi sacri risalente ad un’epoca molto prossima alla predicazione di Gesù, con ciò stesso invalidando ogni successiva costruzione mitica o mitologica degli accadimenti narrati da parte delle comunità di credenti:
se infatti le prime redazioni avvennero nell’epoca in cui molti testimoni e detrattori avrebbero potuto facilmente contestarli (cosa che non accadde), come dubitare della loro veridicità?
E se così si sbriciola ogni ipotesi di scuola mitologica, anche le teorie «critiche», non sono più solide: come scrisse brillantemente Messori: «Ricorderemo dunque che tutte le ipotesi critiche si scontrano con il cumulo di difficoltà che abbiamo segnalato e in modo particolare con un problema che è apparso sempre più insuperabile: come ha potuto un uomo essere divinizzato in ambiente ebraico?».

In un caso come dell’altro, manca la fede nella sacra Scrittura.
Come si può pensare una Bibbia rivelata e poi abbandonata a se stessa, alle pastoie di ogni personale criterio interpretativo, alla Babele della confusione sovrana?
La fede nella Bibbia è necessariamente fede nella Chiesa, che di quella Bibbia deve (ed è) essere custode ed interprete autentico, secondo lo Spirito che animò tale Scrittura.
E che la Chiesa abbia tale potere non è attestato soltanto dalla logica, ma dalla Bibbia stessa! Questione di fede o di ateismo.

Stefano Maria Chiari

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